Lezione 17 Il caso Dora

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Il caso Dora è paradigmatico perché, rispetto ai precedenti casi degli studi sull’isteria, Freud cambia radicalmente la modalità di procedere.
Tra il 1895 il 1901 egli scrive “L’interpretazione dei sogni”, elaborando il concetto di inconscio. Secondo la sua teoria vi sono due modi per studiare l’inconscio: l’interpretazione dei sogni e l’associazione libera.
Il caso di Dora è un caso piuttosto “pasticciato”: basti pensare che Dora seguiva Freud e proseguiva l’analisi anche quando lui era in vacanza! Ma si può dire che tutti i casi di Freud siano piuttosto pasticciati; il setting rigoroso è stato stabilito dopo. Io credo che le persone abbiano un rigore metodologico inversamente proporzionale alla loro genialità. Le grandi innovazioni, le novità, si verificano in personalità geniali, scarsamente rigide. Invece si può dire che gli analisti di oggi, rigidamente formati in una determinata scuola, siano in realtà dei “poveri” e modesti professionisti…
Il caso Dora è ancora oggi uno dei casi più interessanti, non solo sul piano psicoanalitico, ma anche su quello narrativo. È considerato uno dei capolavori della narrativa tedesca. Elogiato da T. Mann e da H. Hesse, Freud ricevette il premio Goethe per questo scritto.
I casi più famosi di Freud sono il caso Dora, l’uomo dei lupi, l’uomo dei topi, il piccolo Hans e il giudice Schreber. Quest’ultimo non è in realtà un caso di Freud, ma un’analisi fatta su un’autobiografia scritta dal paziente.
Il caso di Dora sarebbe oggi classificato come disturbo somatoforme, dove il sintomo fondamentale è il vomito.
Presentazione Caso Dora:
Si tratta del frammento di un’analisi durata soltanto tre mesi e quindi interrotta. Freud ritiene questo caso clinico assai importante per la comprensione dei processi mentali, facendo riferimento all’interpretazione dei sogni ma anche alla psicopatologia della vita quotidiana. Nel corso dell’indagine su questo caso, egli evidenzia, infatti, l’importanza dei gesti automatici, considerando in particolare un tic che Dora manifesta nel corso di una seduta, manipolando una borsetta.                                                                           
Nel corso del trattamento, Freud lascia che sia la paziente a scegliere di volta in volta l’argomento di cui parlare in seduta, e sottolinea l’estrema importanza del sogno, che ritiene essere uno dei canali preferenziali attraverso i quali la coscienza può rendere manifesto il materiale che è stato in qualche modo rimosso, perché non accettato, e quindi espulso dalla coscienza stessa.
Lo scopo dell’analisi non è solamente quello di capire i sintomi e di ridurne la gravità, ma anche di fare in modo che riemerga quella parte di attività mentale che è legata soprattutto all’età infantile. Si tratta di ripristinare i vari contenuti patologici nel loro significato reale ed autentico, e non in quello sostituito, di copertura, di ponte. Questi elementi rimossi riemergono manifestandosi con un determinato sintomo, che è l’equivalente del dolore emotivo: si tratta del dolore somatico, di conversione.
La conversione è in un certo senso paragonabile alla convertibilità di una moneta: per esempio, come una sterlina vale 2500 lire, allo stesso modo un determinato dolore somatico equivale ad un certo dolore psichico.
Viene descritta la famiglia di Dora, Freud parla di tutti i suoi componenti, soffermandosi in particolar modo sul rapporto tra il padre e la madre.
Il padre, al tempo dell’analisi di Dora, ha circa 70 anni; è uomo di talento, economicamente benestante, un professionista che nel corso della sua vita è stato colpito da varie malattie, tra le quali la tubercolosi. Ed è proprio a causa di questa che si reca, insieme alla famiglia, in una località vicina a Vienna, dove conoscerà la signora K. Poi, quando Dora ha 15 anni, viene colpito da una paralisi, determinata da un’infezione luetica, e quattro anni più tardi si sottopone al suo trattamento. Non dimentichiamo che in quell’epoca, nel 1901, la lue era la causa di circa l’80% delle malattie neurologiche!
La madre invece è una donna molto distante dal punto di vista emotivo, e ciò è evidente nel rapporto con la figlia Dora.


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Questa è la prima volta che si introduce nella psichiatria l’analisi socio-familiare. Un’analisi di questo tipo non era fino allora conosciuta. Non c’era certo da aspettarsi l’analisi dei singoli membri della famiglia da parte di personaggi come Janet, Charcot o Kräpelin, i quali non si sarebbero assolutamente interessati del carattere dei genitori. Anche in Freud stesso, precedentemente, gli studi sull’isteria erano stati assai diversi, focalizzati per lo più sull’evento accaduto, mentre ora Freud comincia a capire come tali fatti abbiano in realtà un’importanza relativa. Per lui questo tipo di analisi era di fondamentale importanza. Egli faceva quello che avrebbe fatto uno scrittore della sua stessa epoca: raccontava una storia, e proprio per questo andrebbe letto come si legge un racconto; tuttavia per questo stesso motivo veniva in un certo senso criticato dagli psichiatri dell’epoca. La modalità di Freud di esporre i casi clinici si avvicina più a quella del narratore, dell’autore di fiction che racconta le storie dei suoi personaggi. I narratori inglesi del ‘700, come lo fu prima di loro Shakespeare, erano interessati a come erano il padre o la madre. Questo nella psichiatria di quel tempo non esisteva. Freud, applicando questo aspetto narrativo, fa della psichiatria un’arte che non tutti sono in grado di praticare. Un’arte che molto spesso, anche oggi, è esercitata da gente che queste cose non le sa fare, non essendo dotata di sufficienti istanze creative né di adeguate capacità narrative.
I cugini della paziente presentano tratti nevrotici; il fratello ha spunti ipocondriaci, e così pure la zia.
Il caso di Dora è emblematico. Nell’analisi, Freud arriva solo fino ad un certo punto, poi si ferma.
Questo mi ricorda il caso del fratello di Luigi XIV, un omosessuale con la “passione” di castrare gli ospiti. La polizia doveva interrompere le indagini quando si scopriva che il colpevole era proprio il fratello del re. Mi ricorda anche il caso della principessa Sissi, moglie di Francesco Giuseppe d’Austria: la polizia seguiva le indagini, ma queste terminavano quando si scopriva che la colpevole era proprio la moglie dell’imperatore.
Fin dall’età di 8 anni Dora cominciò a sviluppare i primi sintomi nevrotici: a 12 anni soffrì di emicrania e di attacchi di tosse, che duravano dalle 3 alle 6 settimane.
Il caso inizia con la descrizione dell’ultimo fatto occorso, che viene raccontato a Freud dal padre di Dora, il quale si era recato in una località vicina a Vienna per motivi di salute, per il clima più salubre. Durante questo soggiorno la famiglia della paziente conosce la famiglia K., composta dal signore e dalla signora K. Nel corso della vacanza si instaura una stretta amicizia tra il padre di Dora e la signora K. Dora trascorre molto tempo con il marito. Ma un giorno succede un fatto: Dora sostiene che il signor K. le abbia fatto delle avances durante una visita al lago, e lo riferisce a suo padre, che tuttavia non le crede, anche in relazione al legame che vi era con la moglie del signor K.
Dora nutre una forte ammirazione per la signora K., forse anche eccessiva. Il suo rapporto con lei non è quello di una donna gelosa, rivale, ma di un’ammiratrice. Intuisce l’esistenza di una relazione tra suo padre e la signora K., e cerca spesso di trovare il modo per dividerli.
Qui Freud è preparato a trattare la tematica della relazione edipica, incestuosa, ma non ad affrontare il tema dell’omosessualità: lui stesso non si è ancora accorto della propria omosessualità, pur concedendo pressoché di tutto a Fliess; ad esempio, la possibilità di affermare, senza contraddirlo, “scemenze” come la sua teoria delle nevrosi collegate a disturbi dei turbinati nasali. Gli inviava persino alcune delle sue pazienti per eseguire interventi chirurgici ai turbinati, e capitò, in un’occasione, che Fliess vi dimenticasse le garze dentro. All’epoca dell’analisi di Dora Freud non era ancora preparato a riconoscere ed ammettere questa sua inclinazione.
L’esperienza del lago è qui il trauma psichico, però i sintomi in qualche modo si erano già creati prima, e per questo sono da ricondurre ad un trauma precedente.
Fino a questo momento per Freud gli isterici sono persone che in qualche modo sono state realmente abusate da un adulto, che ha compiuto un’azione seduttiva nei loro confronti. In seguito dirà che questo non è sempre vero, sostenendo l’idea che ciò possa essere frutto della fantasia dei bambini, che costruiscono questi falsi ricordi sulla base delle proprie istanze. Questo è quanto verrà anche sostenuto dalla psicoanalisi fino ai tempi più recenti: fino a quando l’esigenza del mondo moderno di trovare qualcuno a cui addossare necessariamente la colpa, porterà ad una sorta di “stagione dei pedofili”; quindi se i bambini sono isterici lo sono diventati perché hanno avuto a che fare con qualcuno che ha fatto loro del male. Invece molto probabilmente gli isterici sono proprio quelli a cui nessuno ha fatto delle avances!
Mentre era sul lago, il signor K. la baciò, e lei provò un forte disgusto. Sul fatto del disgusto, Freud spiega come la persona isterica molto spesso si trovi a provare stimoli sessuali vivendoli come spiacevoli.
Freud fa fatica ad avvicinarsi al concetto di ambivalenza. Oggi uno psichiatra direbbe: “Sporcacciona, in realtà ti faceva piacere!”, sostenendo che non è vero quanto riferito dalla paziente. Il concetto di ambivalenza si comprende con difficoltà, perché comporta la contemporanea presenza del “non ti faceva piacere” e del “non ti disgustava”, che insieme comportano sintomi che noi non riusciamo a decifrare finché non riconosciamo le due componenti, fuse in una sorta di ossimoro, ossia la presenza di due cose opposte, che normalmente non stanno assieme. Dal punto di vista concettuale è molto difficile immaginare la presenza simultanea di queste due componenti, mentre in realtà sul piano emotivo qualsiasi momento perverso della nostra vita può essere rappresentato.
La sensazione di disgusto fa riferimento non solo al bacio, ma anche alla puzza dei genitali, e quindi sta proprio ad indicare l’ambivalenza. Per Freud il disgusto ha il significato della rimozione di un erotismo orale rimasto latente. Questa è la grande intuizione di Freud: questo bacio diventa disgusto per l’odore dei genitali, per la vicinanza, per l’aspetto esteriore. Il bacio è una manifestazione dell’erotismo orale; e allora bisogna presupporre la regressione, e cercare la spiegazione nella sessualità più antica, coinvolta in queste dinamiche. Qui Freud pone la base di quello che scriverà nei saggi sulla teoria sessuale. Si tratta della base clinica di quello che poi diventerà la teoria. Freud dirà: “Questo signore la baciava, e lei, disgustata, credeva di sentire l’odore dei suoi genitali, e vomitava, perché le sembrava di sentire l’odore degli escrementi” …
C’è poi un legame con il sogno del bacio tra suo padre e la signora K.: Dora riferisce che, durante il sogno, sentiva odore di fumo, e questo elemento è fondamentale, poiché permette a Freud di risalire al momento del bacio.
Una volta le sensazioni che una ragazza preadolescente o adolescente provava nell’abbracciare il padre, erano spesso connesse al sentore di tabacco, che implicava l’elemento virile; tant’è vero che le case di profumi hanno sempre fatto profumi contenenti tabacco! L’uomo doveva odorare di tabacco per apparire virile ed essere sensuale.
Un altro sintomo che comincia ben presto ad evidenziarsi è l’afonia. Dora viene colpita da afonia durante l’abbraccio del signor K., e questo indica che la voce manca così come manca il suo amore per il signor K. “Cosa parlo a fare se non provo l’amore?” Questa è un’intuizione straordinaria! Siamo nel 1901, Freud dice cose che oggi daremmo per scontate, considerando il passaggio dalla metafora al sensoriale, “non parlerò più”. In effetti, la spinta emotiva di una determinata età, tende normalmente ad essere sublimata col tempo. Questa spinta si ha soltanto quando una persona ha trovato “l’amor suo”. Per poter essere una persona dotata realmente di voglia di fare le cose, bisognerebbe perciò essere sempre innamorati! Un consiglio che viene dalla psicoanalisi: “siate sempre innamorati!”
Dora scriveva moltissimo, non poteva parlare. Siamo nell’epoca dei “rapporti epistolari”, sebbene fossero ancora poche le persone che sapevano scrivere.
Freud ritiene fondamentale il fatto che tutti i sintomi di Dora siano in realtà un modo per attirare l’attenzione del padre: il presunto amore per il signor K. risulta quindi il tentativo di attirare l’attenzione di suo padre, e questo si manifesta anche attraverso l’interesse che Dora mostra nei confronti dei figli del signor K. Dora qui cerca di prendere il posto della signora K., di essere la moglie del signor K., e questo dopo aver incontrato una volta la signora K. In compagnia di suo padre.
Quindi l’afonia sarebbe la rappresentazione e la realizzazione, che la fantasia offre, dei suoi impulsi sessuali, che però nel soggetto isterico si presentano con delle reazioni inconsce.
Bisogna inserire nel contesto di allora anche questo nuovo aspetto. Cosa poteva fare Dora? Doveva rappresentare, in termini coscienti, degli eventi che aveva nel suo inconscio, attraverso un’operazione di “traduzione”.
Dora sosteneva che la signora K. fosse innamorata di suo padre, anche perché egli era un uomo piuttosto facoltoso. Ma a questa spiegazione se ne accosta un'altra, quella che il padre fosse impotente. La tosse spasmodica voleva rappresentare l’appagamento sessuale orale, che aveva percepito nel sogno, tra suo padre e la signora K. Freud intuisce di avere a che fare con l’oralità, tramite la tosse e l’afonia. Ma come può parlare delle fantasie di rapporto sessuale orale? In quei tempi era assai difficile affrontare tale argomento.
Questi elementi di traduzione erano però vissuti sul piano emotivo. Tuttavia il linguaggio motivazionale che guida la formazione dei sintomi, attinge energia non solamente dalla sessualità normale, ma anche da quella rimossa. E qui Freud introduce il concetto di perversione, ritenendo che alcune nevrosi siano il “negativo” delle perversioni, trattandosi di rappresentazioni di ciò che è rimosso. Parlando di “negativo”, Freud aveva evidentemente in mente la fotografia.
Mentre nella perversione il contenuto emerge con il suo equivalente; il vomito, per esempio, come espressione di puro disgusto, nella nevrosi emerge, al contrario, il suo rimosso: dove c’è il vomito c’è in realtà il piacere orale. A partire da queste considerazioni, Freud comincia a porre le basi della sua teoria. Nel suo primo saggio sulle perversioni, che evidentemente lo attraggono molto, si accorge innanzitutto del fatto che i bambini siano in realtà tutti “perversi polimorfi”, e che la sessualità, infantile, orale, anale, attraversi dei passaggi obbligati per arrivare alla sessualità adulta. In seguito scrive il secondo saggio sulla sessualità infantile.
Ma chi si sarebbe permesso, nel 1901, di scrivere un saggio sulla sessualità infantile, quando, secondo l’accordo generale, per “convenzione”, si faceva addirittura finta di non vedere, negandola, l’erezione dei bambini, della quale però tutti in realtà si sono sempre accorti?
Il terzo saggio tratta dello sviluppo sessuale adolescenziale, spiega cosa succede ad un certo punto a questa sessualità infantile perversa descritta nel primo saggio, che deve essere modificata, per poi passare alla sessualità dell’adulto, che non è più polimorfa e aspecifica. Se tale passaggio non avviene, ne risulta una perversione.
Quando un sintomo si presenta nella sua forma originaria, risulta più facile giungere al suo significato. Se invece questo sintomo viene modificato, vi saranno molte difficoltà nella sua analisi e decodificazione.
Qui inoltre si ha il pensiero prevalente, che nel caso di Dora è il forte attaccamento verso il padre. Tale legame infantile, per lei inaccettabile, viene in qualche modo modificato, a scopo protettivo, e viene riportato all’amore per il signor K. In realtà questa passione nasconde qualcos’altro, e cioè la bisessualità di Dora.
Il sogno fatto la sera seguente alla gita sul lago viene ripetuto per altre tre volte.
“In una casa c’è un incendio – mi raccontò Dora – Mio padre è in piedi davanti al mio letto e mi sveglia. Mi vesto rapidamente. La mamma vorrebbe ancora salvare il suo scrigno dei gioielli, ma il babbo dice: ‘Non voglio che io e i miei bambini bruciamo a causa del tuo scrigno dei gioielli’. Scendiamo in fretta, e appena sono fuori mi sveglio” [O.S.F., Vol. 4, pag. 353]
Freud inizia l’analisi del sogno chiedendo a Dora qual era la prima cosa che le veniva in mente, e lei gli racconta di un litigio che era avvenuto il giorno prima tra i suoi genitori, perché la madre aveva chiuso a chiave la camera del fratello. Si trattava di una stanza che comunicava con il salotto, ed era una via di uscita per poter accedere al bagno. Il padre voleva che tale porta rimanesse sempre aperta, per il timore che durante la notte potesse accadere qualcosa, e che il fratello non potesse quindi lasciare la camera, come ad esempio nel caso di un forte temporale. Questo era stato il motivo del litigio. Poi Freud procede chiedendo a Dora quante volte aveva fatto questo sogno, e lei risponde di averlo rifatto per tre notti; il motivo per cui un sogno si ripete più volte, sta a significare la sua appartenenza ad un desiderio inappagato. Successivamente Freud analizza ogni frase, una per una. In particolare pone la sua attenzione alla fase iniziale del sogno, quella in cui il padre di Dora, accanto al suo letto, le diceva di alzarsi. Questo si riferiva ad un fatto che si era verificato pochi giorni prima, in seguito alla gita al lago: Dora era molto stanca ed era andata a letto per riposarsi, ma ad un certo punto si era risvegliata trovando accanto al suo letto il signor K., che nel sogno era stato poi sostituito con il padre. Spaventata, Dora, nei giorni successivi a questo episodio, aveva cercato la chiave della sua stanza per chiudersi dentro mentre si cambiava gli abiti, per paura che qualcuno potesse entrarvi, ma la chiave non c’era più. Dora si era convinta che la chiave fosse stata presa dal signor K., che viene visto, in un certo senso, come il suo persecutore. Nel sogno Dora lo aveva sostituito, cambiandolo nel suo contrario, con la figura del padre che stava in piedi, davanti al suo letto, per portarla via, come il suo salvatore, perché lo stare in quella casa era diventato assai pericoloso, poiché l’avrebbe potuta portare a dover accettare le avances del signor K., che lei sentiva come insistenti. Il fatto di vestirsi in fretta indica questa sua paura di essere trovata nuda dal signor K., vissuto come persecutore.
Soltanto un desiderio molto forte ed inconscio trova la forza di creare un sogno, soprattutto quando si riferisce ad una componete affettiva di tipo infantile.
Freud cerca di chiarire il sogno, passandolo in rassegna. “Lasci stare questo… questa cosa invece cosa le fa venire in mente?”. Il paziente rimaneva spesso “terrorizzato” dal tono degli analisti di allora, che adesso non si sognerebbero più di operare in questo modo! Egli sostiene: “Va bene, abbiamo capito, c’è la stanza, la chiave, la porta è chiusa, c’è il signor K. che entra e la trova svestita, …e lei desidera, per via del padre che si mette in lite con la madre, che il signor K. si avvicini a lei, bambina poco vestita, elemento un po’ perverso…”.
Freud cerca quindi di dimostrare questa sua concezione.
C’è inoltre la simbologia della chiave. Oggi non avremmo alcun dubbio nell’attribuire il significato della chiave e della toppa! Ma allora c’era bisogno di spiegarlo alla gente, per convincerla: siccome la chiave entra nella toppa… il riferimento è chiaramente di tipo sessuale! Il problema per Freud è di convincere le persone della veridicità delle proprie spiegazioni, inserendole nel contesto giusto.
Freud prosegue analizzando la seconda parte del sogno: “La mamma vorrebbe ancora salvare il suo scrigno dei gioielli”. Il cofanetto dei gioielli è chiamato “porta gioie”, che nel sogno viene sostituito con un'altra parola; e “gioielli” è un’altra parola sostituita nel sogno, che sta per “gocce”: si tratta degli orecchini che erano stati regalati dal padre di Dora alla moglie, e che però non erano stati graditi, in quanto la madre di Dora si aspettava piuttosto un braccialetto.
Le viene quindi in mente un regalo che le aveva fatto il padre, che lei aveva invece accettato molto volentieri, sapendo inoltre che quando si riceve un regalo si deve fare qualcosa per contraccambiare, e questo per lei ha un significato ben diverso, cioè il contraccambiare il rapporto con il signor K. Inoltre, quello che non era stato accolto dalla madre, era stato invece ben gradito da Dora, che poteva perciò dare al padre quello che la madre non avrebbe potuto dargli, così come neanche la signora K., perché il rapporto tra il signore e la signora K. era diverso da quello tra il padre e la madre di Dora.
Notare: il portagioie, il piacere, le gocce, gli orecchini, lo sperma: “io sì che posso dargli piacere” ...
La goccia è una parola che indica il bagnare il letto. Non si riferisce soltanto all’enuresi. Dora, quando era bambina, faceva dei sogni e bagnava il letto. Ora viene fatta una sostituzione, con la parola “gioiello”. A questo punto Freud comprende il significato delle fiamme nel sogno, chiedendo a Dora che cosa vi fosse sulla scrivania. Lei inizialmente risponde di non vedere niente, ma in realtà c’è un pacchetto di fiammiferi. E Dora dice che i fiammiferi non si dovrebbero dare ai bambini, perché i bambini “giocando con il fuoco possono bagnare il letto”. Da questo punto in poi subentra il suo rifiuto di parlare dei problemi dell’infanzia e dell’enuresi.
Freud apre la strada al concetto della perversione infantile. Inizia a fare un elenco delle perversioni, arrivando a parlare della sessualità infantile, la quale è strutturalmente perversa. Questa considerazione non era mai stata fatta prima di allora! Chi avrebbe mai osato dire che il bambino è un perverso polimorfo, essendo più simile ad un “angioletto” innocente?
Freud arriva quindi a parlare della masturbazione infantile. Chiede a Dora se nella sua infanzia si fosse mai masturbata, e lei nega. Però, attraverso l’analisi dell’atto sintomatico, mentre Dora risponde, capisce che gli stava mentendo, perché, mentre parlava, la ragazza aveva manipolato una borsetta che aveva fra le gambe. Freud a questo punto comunica a Dora il significato di tale reazione, attuata come gesto sintomatico, cioè compiuto al di là della coscienza, e che significa che lei non gli aveva detto la verità.
È notevole il coraggio di Freud nel chiedere, nel 1901, ad una ragazza della “buona borghesia”, se si fosse mai masturbata! Ovviamente i “buoni borghesi” ne facevano poi di tutti i colori…Basti ricordare Nietzsche, che era omosessuale, sadico, perverso, e la fotografia della Salomè nel carro, la frusta in mano, che giocando tratta Nietzsche e Rilke come due cavalli da tiro!
Freud, coraggiosamente, chiede alla ragazza di interpretare l’atto sintomatico manifestato. Egli capisce a questo punto anche il significato di un altro sintomo: la dispnea.
Questo, molto probabilmente, era insorto dopo che Dora, da bambina, aveva udito dei suoni di natura sessuale che provenivano dalla stanza dei genitori. E tali suoni, apparentemente incomprensibili a livello della coscienza per una bambina di quell’età, erano stati in realtà intuiti a livello inconscio. Questo episodio aveva causato in Dora uno spostamento della masturbazione da una sessualità di tipo infantile a qualcosa di più angoscioso, provocando infine il sintomo.
Il sintomo della dispnea era dunque un modo di partecipare allo sforzo del padre sentito quella notte, e che si riproponeva durante gli sforzi fisici, in questo caso durante la gita.
Freud aveva di fronte una ragazza con i seguenti sintomi: tosse, dispnea, vomito. E lui le faceva domande sulla sua masturbazione! Qualsiasi medico di allora sarebbe stato pesantemente criticato dai pazienti: “Sei tu che sei uno sporcaccione!”
La dispnea rispecchia da un lato l’amore infantile che Dora provava nei confronti del padre e la sua gelosia per la madre, e dall’altro lato rievoca la situazione attuale, con la paura di essere sporcata ed i rischi connessi all’accettazione delle avances ricevute.
Si vede come qui Freud proceda con un elevato livello di esplorazione scientifica. È, per un certo verso, un modo di procedere simile a quello di Darwin, che nell’opera “l’Origine della specie” espone la sua teoria parlando dell’evoluzione operata dalla selezione naturale, riportando l’esempio degli animali delle Galapagos. Per esempio, tutti gli uccelli hanno il becco, alcuni lungo e sottile, altri invece corto e tozzo, pur essendo pressoché uguali per gli altri aspetti. E uno dei due tipi di uccelli si sta estinguendo. Questa è la spiegazione di Darwin: siccome l’umidità delle Galapagos si era abbassata, gli insetti si erano spostati più in profondità nella corteccia degli alberi; perciò soltanto gli uccelli che erano “nati sbagliati”, con un becco deforme, geneticamente “tarati”, riuscivano a raggiungere gli insetti, mentre l’altro tipo di uccelli, quelli originariamente con il becco più corto, erano condannati a morire di fame e ad estinguersi.
Anche se molti concetti sono stati rivisti e riadattati, e sebbene molte cose non siano più ritenute valide, a Freud resta il merito di aver aperto una finestra sul mondo “sotterraneo” dell’uomo, che non era mai stato affrontato in termini scientifici prima di allora.
Ad esempio, Proust, nato nel 1872, in quell’epoca aveva circa 30 anni, e non aveva di certo in mente la struttura mentale che narrerà in seguito. Proust s’inventa una casa che in realtà non conosce, e dall’alto si vede l’interno; lui si trova lì a guardare. Altrimenti, da narratore, come farebbe a descrivere quello che sta accadendo? E in questa sua fantasia vede una Mademoiselle che, mentre ha un rapporto omosessuale con la sua amica, sputa nella foto del padre morto.
Bisogna dire che una cosa è la narrativa, e diverso è invece un inquadramento preciso, l’esposizione della “legge teorica” che Freud offre.
Le pagine da lui scritte sono come un macigno, fanno presagire un vero e proprio cambiamento culturale, non solo scientifico-psichiatrico.
Le due grandi innovazioni del secolo scorso sono il marxismo e la psicoanalisi, entrambe destinate a fallire. Ci troviamo di fronte ad una finestra aperta sul mondo dell’uomo. Freud, per la sua innovatività, potrebbe essere paragonato a Sant’Agostino, a Newton…
Ritorniamo al caso Dora. Freud evidenzia la correlazione tra il signor K., la signora K. e il padre di Dora, che ha una relazione con la signora K., … Ma dove si colloca Dora all’interno di tutto questo? La signora K. è la moglie del signor K., il quale fa delle avances a Dora, o per lo meno Dora se lo rappresenta come un uomo che la ama. Il padre di Dora è l’amante della signora K. E allora la posizione di Dora quale può essere se non quella di identificarsi con la signora K., per essere amata dal signor K. o dal padre stesso? L’unico modo per essere amata è dunque quello di identificarsi con la signora K.
Passiamo ora al secondo sogno di Dora. Esso avviene alcune settimane dopo il primo.
I principali argomenti su cui stavano allora discutendo Dora e Freud erano sul perché lei avesse taciuto per alcuni giorni la scena del lago, e sul perché avesse poi improvvisamente raccontato tutto ai genitori. Freud capisce che qui c’è l’anello debole. Egli inizialmente sembra offendersi per il fatto che Dora non gli avesse raccontato praticamente nulla. Evidentemente si stavano muovendo i primi passi per instaurare una relazione profonda.
Freud non è affatto convinto da questa storia delle confessioni fatte tardivamente: “Perché dire queste cose che normalmente non si usa confessare?”. E come mai Dora si era offesa così tanto da dare una sberla al signor K. per la proposta ricevuta? La ritiene una reazione esagerata. Egli è un uomo della sua epoca, l’800. “Va beh, ti ha fatto una proposta, ma almeno tienila per te, digli di no e basta!”. Nel secolo XXI ci saremmo tutti indignati, aiutati dai vari articoli di fondo… Freud era un uomo esperto, un borghese che conosceva la vita. Ma allora il contesto era assai differente, non c’erano i mass media!
Dora, dopo aver raccontato il sogno, farà ancora due sedute di due ore, ma poi interromperà l’analisi; fa un drop-out, perché presto si accorge che Freud ha capito ciò che lei ha dentro, mentre in realtà lei non vorrebbe farglielo capire affatto. Dora intuisce che Freud non è uno come tanti altri, e che a lui non avrebbe potuto continuare a nascondere o a mascherare le cose... Il sogno fu il seguente:
“Mi aggiro per una città che non conosco, vedo strade e piazze che non mi sono familiari. Giungo poi in una casa dove abito, vado nella mia camera e trovo lì una lettera della mamma. Mi scrive che poiché sono fuori di casa all’insaputa dei genitori, non aveva voluto scrivermi che il babbo era malato: ‘adesso è morto e, se vuoi, puoi venire’. Allora vado alla stazione e domando un centinaio di volte: ‘Dov’è la stazione?’. Ricevo sempre la risposta: ‘A cinque minuti.’ Poi vedo davanti a me un fitto bosco in cui mi addentro e mi rivolgo lì a un uomo che incontro. Mi dice: ‘Altre due ore e mezzo’. Si offre di accompagnarmi. Rifiuto e vado da sola. Vedo la stazione davanti a me e non la posso raggiungere. Qui ho il solito senso d’angoscia che si prova nei sogni quando non si può andare avanti. Poi eccomi a casa; nel frattempo devo aver fatto il viaggio, ma non ne so nulla. Entro nella guardiola del portiere e gli chiedo del nostro appartamento. La cameriera mi apre e risponde: ‘La mamma e gli altri sono già al cimitero’. [Ibidem, pag. 379]
Oggi Freud avrebbe detto: “Domani se ne andrà… Oggi è l’ultima seduta”. È evidente: c’è una partenza, non si può proseguire il viaggio, e c’è il cimitero. Al cimitero, chi doveva essere morto, se non Freud? E qual è il modo più diretto ed immediato per fare “morire” lo psicoanalista se non quello di andarsene?
Si possono fare interpretazioni sulle associazioni rilevate in questo sogno, sul suo vagare da sola in una città a lei estranea, fra strade e piazze sconosciute. Si aggiunge poi a tutto questo (nelle associazioni al sogno), il fatto di vedere, in una piazza, un monumento, e di parlare di un album che le era stato regalato da un giovane ingegnere, e che proprio il giorno prima Dora aveva cercato per mostrarlo a degli ospiti. Questo album era conservato dentro ad una scatola, e Dora aveva chiesto ripetutamente alla madre dove fosse questa scatola. Freud ritiene che, nel sogno, il chiedere più volte “dov’è la stazione?” riproponga la domanda posta alla madre il giorno prima: “dov’è la scatola?” (simbolo femminile). La stessa domanda, mentre si trovava a passeggio in una città sconosciuta, poteva essere in relazione al fatto che Dora, proprio il giorno precedente, aveva accompagnato un suo cugino a visitare Vienna, e questo le aveva ricordato quando era stata a Dresda. In quest’ultima occasione anche lei aveva visitato una città sconosciuta. Ma, a differenza del cugino, Dora si era rifiutata di farsi accompagnare nella visita. Si era poi fermata per due ore a guardare un quadro raffigurante la Madonna.
Freud nota in modo acuto l’identificazione di Dora con questo giovane ingegnere che vaga per la città sconosciuta, e glielo dice.
Dora vaga da solo in una città sconosciuta, vede strade e piazze.
La paziente assicura che la città certamente non è B., come avevo subito pensato, ma una città in cui non è mai stata. Le faccio naturalmente osservare che potrebbe aver visto quadri o fotografie e averne tratto le immagini del sogno. In seguito a questa osservazione la paziente aggiunge il particolare del monumento sulla piazza e subito dopo scopre donde esso provenga. A Natale aveva ricevuto un album con vedute di una località climatica tedesca, e aveva cercato questo album proprio il giorno precedente, per mostrarlo a certi parenti che erano loro ospiti. L’album stava in una scatola, e siccome non le riusciva di trovarla, aveva chiesto alla madre: “Dov’è la scatola?”. In una delle riproduzioni si vedeva una piazza con un monumento. L’album le era stato regalato da un giovane ingegnere che Dora aveva conosciuto di sfuggita nella città industriale. Il giovanotto, che per rendersi più rapidamente indipendente aveva accettato un impiego in Germania, non tralasciava occasione per farsi ricordare, ed era facile immaginare che quando la sua posizione fosse migliorata avrebbe chiesto la mano della ragazza. Ma bisognava aspettare, ci sarebbe voluto del tempo.
La passeggiata attraverso la città sconosciuta era sovradeterminata. Era innanzitutto in rapporto con uno degli spunti occasionali del giorno prima: un giovane cugino era venuto a passare le feste a casa di Dora e la paziente aveva dovuto fargli visitare Vienna. Si trattava naturalmente di uno spunto del tutto insignificante; ma il cugino le aveva ricordato la sua prima visita a Dresda, durante la quale aveva girato per la città come una straniera senza trascurare naturalmente di visitare la celebre Pinacoteca. Un altro cugino, che l’accompagnava e che conosceva Dresda, si era offerto di farle da guida nella visita alla galleria. Ma ella aveva rifiutato ed era andata da sola, fermandosi davanti ai quadri che le piacevano. Davanti alla Sistina era rimasta due ore in estatica ammirazione. Quando le domandai che cosa le fosse tanto piaciuto in quel quadro, dapprima non seppe dirmi nulla di preciso, alla fine rispose: “La Madonna”.
È certo che queste associazioni appartengono al materiale formativo del sogno; esse includono particolari che ritroviamo inalterati nel contenuto onirico (“aveva rifiutato ed era andata da sola”; “due ore”). Si noti che gli elementi “figurativi” corrispondono ad un punto nodale nella trama dei pensieri onirici (le vedute dell’album, i quadri di Dresda) (…) La paziente, in questa prima parte del sogno s’identifica con un giovane uomo. Egli vaga in un paese straniero, si sforza di raggiungere una meta, ma viene trattenuto, deve avere pazienza, deve aspettare (...) … nel sogno, il padre era morto e Dora se ne era andata arbitrariamente da casa. A proposito di questa lettera, ricordai subito alla paziente la lettera d’addio ch’ella aveva inviato ai genitori. Questa lettera era destinata a spaventare il padre per fargli lasciare la signora K., o almeno a vendicarsi di lui… [Ibidem, da pag. 380 a pag. 382]
Ritroviamo i temi di vendetta, moralismo, gelosia. “Non si deve andare con la signora K.!”. Ma gelosia per chi? Per il padre che va con la signora K., o per la signora K. che va con il padre? Chi è l’oggetto della gelosia? Chi è il/la rivale? Non è affatto semplice stabilirlo!
Bisogna cercare di vedere le cose in modo obiettivo, la realtà è molto sfaccettata. Cercare di stabilire chi ha torto o chi ha ragione è sempre molto difficile, e soprattutto è difficile scoprire le complesse motivazioni che guidano il nostro comportamento.
Sarebbe ovvio concludere che si tratta della figlia, del padre che tradisce la mamma, della lettera di una figlia disperata…, ma in realtà il problema è un altro!
Come mai la mamma scrive, nel sogno: ‘… “se vuoi” puoi venire’? Da dove viene questo “se vuoi”? Dora si ricorda che questa espressione era contenuta nella lettera in cui la signora K. l’aveva invitata a recarsi sul lago. E a questo punto Freud riporta l’attenzione alla vicenda della gita al lago, e chiede a Dora di descrivergli nuovamente i particolari, come se si fosse dimenticata di riferire qualcosa nel racconto fatto precedentemente. Allora Dora si ricorda che il Signor K. le aveva detto: “Lei sa che mia moglie non mi dà più niente…”. In quel momento Dora si arrabbiò moltissimo, gli diede uno schiaffo e scappò via.
Questo schiaffo nasce nel momento in cui il signor K. parla dell’indisponibilità sessuale della moglie. Il significato di tale gesto non è: “Mi offendi con le tue profferte impudiche”. Lo schiaffo significa: “Non posso tollerare che tu denigri la signora K.”.
Dora era quindi scappata via, aveva fatto il giro del lago e poi aveva chiesto ad un uomo quanto avrebbe dovuto camminare per tornare indietro, e lui le aveva risposto: “due ore”. Poi Dora era tornata a prendere il battello, e qui aveva incontrato nuovamente il signor K., che l’aveva pregata di non raccontare a nessuno l’accaduto.
Il bosco nel sogno è simile al bosco del lago. A Dora ricorda un bosco che aveva visto in un quadro nel quale erano raffigurate delle ninfe.
A questo punto Freud collega una sua fantasia, e dice:
A questo punto la mia supposizione diviene certezza. Che “stazione” (Bahnhof) e “cimitero” (Friedhof) stessero a indicare i genitali femminili era già abbastanza singolare, ma fin da allora aveva indirizzato la mia attenzione, già desta, verso un vocabolo analogamente costruito, “vestibolo” (Vorhof), che in anatomia sta a indicare una determinata parte del genitale femminile. Ma poteva trattarsi di un errore ingegnoso. Ora, ogni dubbio svaniva con l’intervento delle “ninfe” sullo sfondo della “fitta foresta”. Una vera e propria geografia sessuale simbolica! Per “ninfe” … s’intendono infatti le piccole labbra situate sul fondo della “spessa foresta” del pelo pubico. [Ibidem, pag. 383]
Stazione (Bahnhof), vestibolo-ingresso (Vorhof), ninfe... Che cosa fanno notoriamente le ninfe? Scappano, perché i fauni le vogliono deflorare.
Una persona che impiega termini così “tecnici”, deve molto probabilmente aver letto un libro di anatomia o un’enciclopedia. Freud comunica questo suo pensiero a Dora, e l’interpretazione è molto efficace perché emergono degli elementi prima non ricordati. Dora aveva dimenticato che nel sogno vi era anche questa immagine di lei che andava tranquillamente in camera sua, e qui cominciava a leggere un libro.
Freud replica che di solito non si leggono “tranquillamente” questi libri, perché si ha paura che possano entrare improvvisamente i genitori! Quindi uno dei motivi di “vendetta” può essere proprio una rivolta contro la costrizione dei genitori. Tuttavia il padre nel sogno era morto, e lei poteva quindi leggere o amare a suo piacimento.
A questo punto Freud rivede anche l’episodio che Dora aveva riportato in precedenza, di quando sua zia era molto malata, e lei era andata a trovarla, al contrario di suo zio, che non aveva potuto fare altrettanto, perché il cuginetto aveva avuto un attacco di appendicite. Dora dice che, in effetti, in quel periodo aveva letto un’enciclopedia, e aveva appreso dei sintomi che potevano comparire nell’appendicite. Anche lei, quando la zia morì, aveva avuto un’appendicite, ma con una sintomatologia un po’ strana, con difficoltà a camminare sulla gamba sinistra.
In seguito Dora aggiunge al sogno un altro particolare: si vede in modo molto chiaro mentre sale le scale. A questo si lega il fatto che lei, con l’appendicite, aveva avuto difficoltà a camminare. Allora Freud pensa che tale malattia potesse essere collegata alla volontà di punirsi per la lettura che aveva fatto: non tanto per la lettura “innocente” dei sintomi dell’appendicite, ma, per il risultato di uno spostamento, nel senso di una lettura più “colpevole”.
Dora si era dunque fabbricata una malattia come quella di cui aveva letto i sintomi nel dizionario, per punirsi di quella lettura; ma dovette riconoscere che la punizione non poteva riferirsi alla lettura dell’innocente voce sull’appendicite, bensì essa era il risultato di uno spostamento dopo che una lettura più colpevole si era annessa alla prima, e il cui ricordo si nascondeva ora sotto quello della contemporanea lettura innocente. [Ibidem, pag. 386]
A questo punto Freud chiede a Dora quando era comparsa questa appendicite, e Dora risponde che si era verificata nove mesi dopo l’episodio del lago. Si tratta chiaramente di una fantasia del parto! Anche questa difficoltà nel camminare acquisisce un senso per Freud: Dora aveva fatto un “passo falso”, non avrebbe potuto di certo partorire dopo la scena del lago! Freud utilizza e restituisce questa fantasia di parto:
“Se Lei ha partorito nove mesi dopo la scena del lago e poi ha sopportato fino ad oggi le conseguenze del suo passo falso, ciò significa che nell’inconscio Lei ha deplorato l’esito di quella scena. Lei, quindi, lo ha corretto nel suo pensiero inconscio. La premessa della Sua fantasia di parto, è che allora qualche cosa sia successo, che Lei abbia allora vissuto e provato tutto ciò che più tardi avrebbe attinto dall’enciclopedia. Vede, allora, che il Suo amore per il signor K, non finì con quella scena, ma, come sostenevo io, è continuato fino ad oggi, benché, certo, Lei ne fosse inconscia”. [Ibidem, pag. 387]
Dora reagisce: “Ma come, io ti vengo a dire che quel maledetto mi ha fatto delle avances e tu mi dici che io lo amo ancora?!”. È assurdo, ma vero…
C’è poi un altro punto, quello del momento in cui Dora va dal portinaio. Avrebbe dovuto chiedere: “abita qui il signore…?”. Freud non dice il nome della persona in questione.
Il conflitto è tra il bisogno di verità dell’inconscio e la difesa serrata che l’Io oppone a tutte quelle situazioni che possono metterlo in contrasto con la realtà esterna. Non è il conflitto della nevrosi, è il conflitto della vita! Tra il bisogno di esprimersi come si è, ed il bisogno di starne attenti, perché l’essere “come si è” porta a sensi di colpa, ad angoscia, ecc.
Se una persona ritenesse di poter diventare fredda e sterile andando in analisi sarebbe certamente matta! Nessuno lo vorrebbe. Una persona non può diventare un robot che riesce a prevedere tutto, che conosce tutto quello che c’è nell’inconscio! Se voi andaste a una riunione del direttivo della società psicoanalitica, rimarreste meravigliati nel vedere i membri litigare “come dei matti” su questioni alquanto infantili… Una persona deve, in una certa misura, poter ‘sguazzare’ nei propri mali.
Questo urto tra il bisogno interno di espressione dell’inconscio e il bisogno di frenarlo non è la radice della malattia. Questa è la grande intuizione della psicoanalisi….
Freud rileva la presenza di vocaboli con ‘senso sconveniente’, mentre nell’enciclopedia questi termini in realtà non c’erano. Era stata la signora K. a parlarle di queste cose, la stessa persona che poi l’aveva in un certo senso ‘tradita’.
Nel sogno si percepisce una certa generosità da parte di Dora, che prova un amore omosessuale verso l’amica.
C’è infine la terza seduta, l’ultima.
Dora dice a Freud che si tratta di una scelta maturata da 15 giorni. Egli replica paragonando questa comunicazione al preavviso che usualmente veniva dato ad una governante. Dora dice che anche i Signori K. avevano una governante, che poi se ne era andata. Questa governante aveva raccontato a Dora che il signor K. le aveva fatto delle avances, e le aveva detto che ormai la moglie non gli dava più niente, le stesse parole che aveva poi usato con Dora.
Si percepisce il senso di trionfo, “tua moglie non ti dà niente, la signora K. ama me” … E da qui lo schiaffo che nasce, rivolto contro sé stessa, per la colpa conseguente al senso di trionfo proveniente dal proprio interno, come quando l’amante sente dal compagno traditore l’antica menzogna “mia moglie non mi da niente”. E’ evidente il senso di rivalità, qui omosessuale.
Freud anticipa di 60 anni non solo la psicoanalisi, ma anche la cultura. Se si prova a ricercare l’omosessualità nella letteratura, certamente la si ritrova. Leggendo la “Certosa di Parma”, l’“Educazione Sentimentale”, “Madame Bovary”, vi si trova un continuo riferimento all’omosessualità...
Freud, nel caso di Dora, intuisce la sottostante relazione omosessuale.
Questo per i Greci non era un problema. Basti leggere il lamento di Achille sulla morte di Patroclo, per intuire che lui era certamente il suo amante!
La governante aveva scritto ai suoi genitori quanto accaduto, e loro le avevano risposto di andarsene da quella casa. Tuttavia la ragazza per un po’ era rimasta, sperando che il signor K. cambiasse idea, e che riprendesse le sue attenzioni verso di lei. Allora Freud disse a Dora che capiva a questo punto il motivo dello schiaffo, perché, nel momento in cui il signor K. aveva usato le stesse parole che aveva detto alla ragazza, affermando che “sua moglie non gli dava niente”, lei aveva provato un sentimento nuovo, la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
“come si permetteva costui di trattarla come una governante, come una serva?” L’orgoglio offeso si aggiungeva alla gelosia e a ragionevoli motivi coscienti, era veramente troppo.
E poi Freud mostra una serie di identificazioni tra Dora e la giovane governante. Il fatto che Dora avesse voluto congedarsi da Freud con un preavviso di 15 giorni, come aveva fatto la governante, gli aveva fatto subito pensare a questa identificazione. E così pure la lettera del sogno, così come c’era stata la lettera della governante, ed anche il periodo trascorso prima di comunicare ai genitori l’accaduto, di nuovo 15 giorni… Lui dice che questo era molto simile a quanto accaduto a quella ragazza, che era disperata, e che nonostante le accuse che aveva fatto al signor K., in realtà sperava che questi tornasse da lei.
A questo punto Freud fa notare a Dora che, se lei avesse ceduto alle tentazioni, questa sarebbe stata l’unica soluzione possibile.
Per questo credo che Le è tanto rincresciuto che l’esito sia stato diverso, e per questo lo ha corretto con la fantasia che si è espressa con l’appendicite. Dev’essere stata una grave delusione per Lei, vedere che le Sue accuse, invece di portare a nuovi approcci da parte del signor K., provocavano da parte sua solo dinieghi e calunnie. Lei confessa che nulla la manda in collera più di sentire che qualcuno crede che la scena sul lago sia frutto della sua immaginazione. Adesso so che cosa Lei non vuole che le venga ricordato: che Lei si era immaginata che la corte del signor K. fosse cosa seria e che egli non avrebbe desistito finché Lei non l’avesse sposato.
Un piccolo borghese della sua epoca, non avrebbe potuto facilmente accettare il travolgente amore omosessuale di Dora per la signora K. Freud giunge a dire: "Tu sei stata sedotta; in realtà ti aspettavi che la cosa continuasse, speravi che il signor K. ti rapisse su un cavallo bianco e che ti portasse con sé per poi farti partorire dopo nove mesi, ossia la tua appendicite". Egli aveva quindi capito quasi tutto, ma si è visto sbarrare la strada dal pregiudizio che le donne andavano solo con gli uomini e gli uomini con le donne. Freud non riusciva ancora ad accettare l’idea dell’omosessualità, e ciò deriva in parte dalla sua stessa omosessualità, ed in parte dalla consapevolezza che la sessualità femminile è sempre stata complicata...
Dora, in parte a ragione, ribatte: “Tu sei fuori strada, non capisci niente… Ma cosa vieni a dirmi, che volevo fare l’amore con il signor K.?”. Freud poteva anticipare molte cose, ma questo no!
Indubbiamente Dora compie un atto di vendetta interrompendo l’analisi, annullando così la speranza di Freud di poterla guarire.
Chi come me risveglia, per combatterli, i peggiori demoni che solo imperfettamente domi vivono nell’animo dell’uomo, non deve attendersi di essere risparmiato in questa lotta.
Nel proscritto inizierà a parlare del transfert.
Qui egli dice: "Se muovi l’Acheronte, poi non ti puoi aspettare gratitudine, che il paziente ti dica ‘bravo’… Più vicino sei alla verità, più il paziente la nega". Qui le verità erano due: l’incesto e l’omosessualità. Freud si era addentrato nella verità incestuosa, ma si era mantenuto ben lungi da quella omosessuale.
Vediamo ora la seduta rivelatrice
La malata esordì con queste parole:
- Sa dottore, che oggi è l’ultima volta che sono qui?
- Non posso saperlo, perché non me l’ha mai detto.
- Sì, mi ero proposta di tener duro fino a capodanno; ma non voglio aspettare più oltre la guarigione.
- Sa bene che è sempre libera di smettere. Oggi però lavoreremo ancora. Quando ha preso la Sua decisione?
- Quindici giorni fa, mi pare.
- Questo mi fa pensare ai “quindici giorni” di preavviso che dà una cameriera o una governante.
- Anche i K. Avevano una governante che dette il preavviso, quando li andai a trovare al lago.
- Ah sì? Non me ne aveva mai parlato. Racconti, per piacere.
- C’era in casa una giovane come governante dei bambini, che si comportava in modo stranissimo con il signore: non lo salutava, non gli rispondeva, se a tavola le chiedeva di passargli qualche cosa non si muoveva, insomma lo trattava come se non fosse esistito. Anche lui, però, non era troppo gentile con lei. Uno o due giorni prima della scena al lago, la ragazza mi prese da parte perché mi doveva dire una cosa. Mi raccontò che il signor K. in un periodo in cui la signora era stata assente per varie settimane le si era avvicinato, si era messo a farle una corte violenta e a supplicarla di accontentarlo; diceva che la moglie non gli dava niente, eccetera.
- Proprio le stese parole che aveva usato nel corteggiarla prima che lei gli desse lo schiaffo.
- Sì. La ragazza gli dette retta, ma dopo un po’ di tempo egli non si occupò più di lei e da allora essa prese ad odiarlo.
- E la governante si licenziò?
- No, voleva dare il preavviso ma non lo fece. Mi disse che appena s’era accorta che egli l’abbandonava aveva informato i genitori, gente onesta che abita in Germania. I genitori le dissero di lasciare immediatamente quella casa, poi, vedendo che non lo faceva, le scrissero che non volevano più saperne di lei e che non ritornasse a casa.
- E perché non era partita?
- Diceva che voleva aspettare un altro po’ per vedere se nel signor K. non si producesse alcun mutamento, ma che non poteva continuare a vivere così e che se il signor K. non cambiava avrebbe dato il preavviso e se ne sarebbe andata.
Vedete qui l’identificazione di Dora. Ci sta e non ci sta...
- E che è successo poi della ragazza?
- So solo che se ne è andata.
- Non ebbe un bambino in seguito a quell’avventura?
- No.
Come sempre succede nel corso dell’analisi, venivano dunque alla luce altri fatti reali che contribuivano a risolvere i problemi posti precedentemente. Potei dire a Dora:
- Adesso capisco il motivo dello schiaffo con cui Lei rispose alle profferte del signor K. Non era un sentirsi offesa per la proposta ricevuta...
Qui Freud fa un passo falso…
…ma una vendetta di gelosia. Quando la governante le raccontò quella storia, Lei si valse ancora della sua arte di non tener conto di tutto quello che non si accordasse coi Suoi sentimenti. Ma nel momento in cui il signor K., usando le stesse parole che aveva detto alla ragazza, le disse che “sua moglie non gli dava niente”, Lei provò un sentimento nuovo, la goccia che fece traboccare il vaso: come si permetteva costui di trattarla come una governante, come una serva? L’orgoglio offeso si aggiungeva alla gelosia e a ragionevoli motivi coscienti; era veramente troppo. Per dimostrarle quanta influenza abbia ancora su di Lei la storia della governante, le mostrerò diverse identificazioni con costei sia nel sogno che nella sua condotta. Lei ha raccontato ai suoi genitori ciò che le era successo (cosa che fino ad ora non ci eravamo spiegati), proprio come la ragazza aveva scritto ai suoi.
Freud vuole dimostrare la veridicità delle sue intuizioni, qui interviene quasi sadicamente: “Ti faccio vedere come ti metti nei panni della governante”.
Freud non ha ancora una teoria consolidata dietro di sé, deve prima dimostrare quanto osservato a sé stesso, ma nel corso di questo tentativo diventa un po’ tormentoso, poiché i sentimenti feriti sono molto grossi.
- Lei si congeda da me col preavviso di quindici giorni, proprio come una governante. La lettera del sogno, con cui le si permette di tornare a casa, corrisponde alla lettera dei genitori alla governante, che glielo proibiscono.
- Allora perché non informai subito i genitori?
Allora, nel 1904, secondo la legislazione austriaca ai tempi dell’imperatrice austro-ungarica Maria Teresa, le domestiche dovevano dare un preavviso di 15 giorni…
- Quanto tempo aspettò per farlo?
- La scena successe l’ultimo di giugno; parlai alla mamma il 14 luglio.
- Di nuovo quindici giorni, allora, il periodo caratteristico per una persona di servizio! Adesso posso rispondere alla Sua domanda. Lei, certo, ha capito bene quella povera ragazza. Non voleva andarsene subito perché sperava ancora, aspettando, che il signor K. tornasse a volerle bene. Per lo stesso motivo Lei ha aspettato per altrettanti giorni, per vedere se avrebbe rinnovato la sua proposta, perché se l’avesse fatto avrebbe pensato che era una cosa seria, che non voleva giocare con Lei come con la governante.
- Qualche giorno dopo la mia partenza mi mandò ancora una cartolina illustrata.
- Sì, ma siccome poi non successe più nulla, Lei dette libero corso alla vendetta. Posso persino immaginare che allora Lei sperasse ancora nel ripiego di indurlo, con la Sua accusa, a farlo venire dove stava lei.
Si capisce come viene inserita la storia della governante, e come Freud, in realtà credo più per un suo risentimento, dal momento che Dora non voleva più continuare l’analisi, si metta a fare un atto di accusa, “tu sei una brutta troia di serva!”
 Vediamo ora un’interessantissima pagina in cui troviamo una serie di termini che sono alla base della psicoanalisi.
Ho anche voluto mostrare che la sessualità non è un deus ex machina che interviene isolatamente in un qualche punto del meccanismo caratteristico dei processi isterici, ma costituisce al contrario la forza motrice di ogni singolo sintomo e di ogni singola manifestazione di un sintomo.
Qui Freud mostra come la sessualità non sia solamente la forza motrice di ogni singolo sintomo, “siccome non hai l’orgasmo inizi a manifestare degli attacchi convulsivi”, ma sia ben al di sopra: la sessualità permea tutta la struttura del comportamento umano. Egli afferma, in contrasto con la filosofia idealistica e spiritualistica del ’900, che la sessualità umana è una componente fondamentale di tutti i tipi di comportamento.
Tale contrasto s’inasprisce ulteriormente quando, nel 1924, De Sanctis scrive un libro sulla vocazione religiosa, in cui attribuisce l’origine della vocazione religiosa alla sublimazione e alla perversione. Si può quindi capire la risposta dei Gesuiti, che allora costituivano la Società Cattolica, che, nel Concordato del ’29, richiesero che uno degli accordi tra Stato e Chiesa fosse l’abolizione della psicoanalisi. La psicoanalisi fu perciò abolita in Italia non a causa del Fascismo, che non aveva i mezzi culturali, e forse neppure motivi, per vedere nella psicoanalisi un pericolo.
Infatti, quando ci fu l’inchiesta fascista, un capo della Polizia fece una relazione privata a Mussolini, e scrisse: “Sono delle persone che non valgono niente, seguono un viennese che si chiama Freud, ma sono assolutamente ininfluenti sul piano politico”.
Al contrario la Chiesa riconosce il pericolo della psicoanalisi, che consiste nell’elemento teorico e filosofico, e la conseguenza sta nella famosa enciclica del 1929, nella quale, tra le cose di abolire, si annovera la psicoanalisi.
Anche i biologi erano coinvolti in questo scontro. Darwin aveva capito che l’affermazione di una specie sulle altre era legata ad un successo riproduttivo che permetteva un migliore adattamento. Se l’istinto alimentare è alla base del comportamento e della sopravvivenza, lo stesso si ha per la sessualità.
Il conflitto fra tali insopprimibili esigenze istintuali ed il bisogno di salvaguardare la purezza della spiritualità crea dei “tabù”. Prendete il “Fascino discreto della borghesia” di Bunuel, in cui tutti facevano i loro bisogni in pubblico, uno vicino all’altro, ma poi quando mangiavano si ritiravano in uno stanzino: qui il rovesciamento dei motivi di pudore ne evidenzia il carattere di “tabù”. Se visitate una villa romana del primo secolo, a Piazza Armerina o sul lago di Garda a Sirmione, vi accorgerete che i gabinetti consistevano in tanti buchi disposti in cerchio, l’uno vicino all’altro, e pare che, a dire di Marziale che lo ha raccontato, quando qualcuno aveva bisogno di una raccomandazione, aspettava che il “pezzo grosso” andasse lì e gli si metteva vicino, perché si riteneva che quello fosse il momento migliore…
Freud non fa altro che mettere in gioco la sessualità.
I fenomeni morbosi sono, per così dire, l’attività sessuale del malato. Un singolo caso non potrà mai dimostrare una tesi così generale; ma io non posso che ripetere in ogni occasione, perché in ogni occasione ne ho la riprova, che la sessualità è la chiave del problema delle psiconevrosi e delle nevrosi in genere. Chi la disdegna, non sarà mai in grado di forzare l’accesso. Attendo ancora notizie di ricerche che contraddicano questa tesi o ne limitino la portata.
Finora ho inteso al riguardo solo espressioni di malcontento o d’incredulità personali, cui è sufficiente ribattere con le parole di Charcot: “Ca n’empêche pas d’exister”. (Questo non impedisce di esistere)
Questo caso, della cui storia clinica e del cui trattamento ho qui pubblicato un frammento, non è neppure atto a porre nella sua giusta luce il valore della terapia psicoanalitica. Non soltanto la brevità del trattamento (appena tre mesi), ma anche un altro fattore inerente al caso hanno impedito che la cura terminasse con quel miglioramento, riconosciuto dal malato e dai parenti, che si ottiene in generale e che si avvicina più o meno alla guarigione completa.
Qui Freud cerca di giustificarsi. Gli mancava la sicurezza, che invece aveva Galileo, nell’affrontare le domande che gli venivano poste, trovandosi in una struttura borghese in cui bisognava stare attenti a fare certe affermazioni, dal momento che la messa al bando “colpisce più del coltello” ...
Risultati soddisfacenti di questo tipo vengono raggiunti quando i fenomeni morbosi sussistono solo in forza del conflitto interno tra gli impulsi connessi con la sessualità. In questi casi si riscontra un miglioramento del malato nella misura in cui si è contribuito a risolvere i suoi problemi psichici traducendo il materiale patogeno in materiale normale. Le cose vanno in modo diverso se i sintomi sono messi al servizio di motivi esterni, com’era accaduto nel caso di Dora negli ultimi due anni. Si rimane sorpresi e talora si può essere sfiduciati nel vedere che le condizioni del malato non si modificano in modo sensibile neppure ad analisi molto avanzata.
 
Se c’è un guadagno secondario è inutile fare un’analisi! Che senso ha analizzare chi, grazie alla sua nevrosi, ha quattro milioni al mese di pensione? Perché farlo guarire se poi non può più ricevere tale somma?
Anche in questi casi, tuttavia, la realtà è meno brutta di quel che sembra; i sintomi, è vero, non scompaiono durante il lavoro analitico, ma se ne vanno qualche tempo dopo, quando ormai sono sciolti i rapporti col medico
Freud evidenzia qui il problema di Dora, una ragazza poco più che adolescente, che si trova a vivere in un mondo oppressivo, fatto di matrimoni infelici, caratterizzato da una sessualità terebrante, assurda, senza libertà, da una lotta contro la perversione, da una realtà nella quale, per avere un minimo di libertà sessuale, bisognava costruire una serie di menzogne e sovrastrutture, come avere l’amante di nascosto. Questa sessualità per una ragazza di sedici anni doveva essere certamente un incubo. L’unica salvezza per una giovane donna era quella di essere debole di mente. Si aveva quindi un interesse, un guadagno secondario.
Nel libro di Michelet, “La strega”, scritto nel 1840, sessant’anni prima di Freud, questo autore, uno dei più grandi storici francesi, dice: “Ma la strega che cos’era? Era un grido di libertà della donna di fronte alla repressione sessuale”.
Qui la sessualità della donna è ancora legata ai fattori socio-culturali dell’epoca. Vi sarà negli anni ’70 del ‘900 il grande movimento di liberazione sessuale, che porterà maggior libertà sessuale, niente verginità. Si tratta di un movimento in netto contrasto con l’ideologia sessuale di quell’epoca, che tutt’oggi non è riuscito a trovare il giusto equilibrio. Esso, infatti, comporta una serie di problemi, come il considerare la sessualità al centro di tutto, quando, in realtà, si tratta di un aspetto particolare dell’integrazione globale nella personalità.
Debbo aggiungere qualcosa a spiegazione di questo dato di fatto. Si può affermare che, in tutti i casi, la formazione di nuovi sintomi cessa durante la cura psicoanalitica. Ma la capacità produttiva della nevrosi non è per questo affatto spenta; essa si esercita creando un particolare tipo di formazioni mentali, per lo più inconsce, che possono denominarsi traslazioni.
Qui per la prima volta si parla del transfert, usando il termine ‘traslazioni’. Freud avrebbe potuto usare il termine ‘trasloco’.
Cosa sono le traslazioni? Sono riedizioni, copie degli impulsi e delle fantasie che devono essere risvegliati e resi coscienti durante il progresso dell’analisi, in cui però — e questo è il loro carattere peculiare — a una persona della storia precedente viene sostituita la persona del medico. In altri termini, un gran numero di esperienze psichiche precedenti riprende vita, non però come stato passato, ma come relazione attuale con la persona del medico.
Ecco l’importanza delle traslazioni, non riferite al passato, ma nell’‘hic et nunc’. Ad esempio, tutte le volte che fate l’interpretazione “lei ama me come una volta …”: dovete fare attenzione, perché i sentimenti sono riferiti al presente, all’oggi; se sono dell’ieri, riconosciuti come riferiti al passato, non sono più così forti!
Vi sono traslazioni il cui contenuto non differisce in nulla da quello del modello, se si eccettua la sostituzione della persona; queste sono allora, per seguire la metafora, vere e proprie “ristampe” o riedizioni invariate. Altre sono compiute con più arte, subiscono una mitigazione del loro contenuto, una sublimazione, come io la chiamo.
Si tratta di una “ristampa”, oppure di una “nuova edizione”.
E sono persino capaci di divenire consce appoggiandosi su una qualche particolarità reale, abilmente utilizzata, della persona del medico o del suo ambiente. In questo caso non si tratta più di ristampe, ma di rifacimenti.
A questo punto Freud arriva a spiegare la relazione con la signora K.
Più passa il tempo dopo la fine di quest’analisi e più mi pare probabile che il mio errore tecnico consistette nel non essermi avveduto, e nel non aver detto in tempo alla malata, che il suo impulso erotico omosessuale (ginecofilo) per la signora K. era la più forte delle sue correnti psichiche inconsce. Avrei dovuto intuire che non altri che la signora K. aveva potuto essere la sorgente principale delle sue conoscenze in materie sessuali, quella stessa signora K. che l’aveva poi accusata di troppo interesse per quegli argomenti. Infatti era troppo particolare il fatto che Dora conoscesse tutti gli argomenti più scabrosi … e cercare i motivi di questa singolare rimozione. Il secondo sogno me li avrebbe allora rivelati. Lo sfrenato desiderio di vendetta che si esprimeva in questo sogno era soprattutto inteso a nascondere la corrente contraria, la generosità con cui Dora perdonava il tradimento dell’amica amata nascondendo a tutti che era stata proprio lei a darle quelle cognizioni di cui più tardi ci si era serviti per denigrarla. Prima di riconoscere l’importanza della corrente omosessuale negli psiconevrotici mi sono spesso arenato nel corso del trattamento o mi sono smarrito completamente.
Questa è la conclusione a cui arriva Freud, il quale però, all’epoca del trattamento, non aveva ancora capito che il problema non era la Signora K., bensì si trattava di un amore omosessuale, arcaico e primitivo, che investiva la mamma, e che si ritrovava nel presente, in qualche modo, sul piano dell’‘hic et nunc’ come elemento omosessuale: “Io voglio essere amata, accarezzata, tenuta dalla signora K., dalla quali vorrei essere coccolata, manipolata e provare piacere”.
Tutti gli uomini presenti nei racconti di Dora servono da ponte per arrivare alla Signora K. Quale situazione è migliore del fatto di innamorarsi della signora K., amante di suo padre e moglie del signor K., il quale vorrebbe stare con lei? E qual è il modo migliore per segnalare il suo bisogno di dipendenza masochistica, se non identificandosi con la serva?
La serva, secondo i canoni dell’800, veniva usata e quindi ‘gettata’ dall’uomo, per poi ritornare tra le braccia della mamma con questo tipo di relazione.
Era la Signora K. che le raccontava le storie, che le insegnava i nomi, non l’enciclopedia, come Freud aveva invece inizialmente pensato. Siamo tra l’800 e l’inizio del ‘900, una ragazza poteva apprendere questi termini solamente da qualcuno di casa. Egli non aveva capito che questa donna, giovane ma pur sempre più matura, aveva con la ragazzina una relazione omosessuale reciproca. La parola ‘sessuale’ era il massimo che si poteva dire.
Freud fa questa aggiunta 14 anni dopo; riconosce di essersi “smarrito per la strada”: “lui non vede, ma dietro sé si illumina”.
Finisce così il caso di Dora.


 

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Lettura consigliata:
LACAN E IL "CASO DORA"
http://www.psychiatryonline.it/node/7219

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