Relazione Orsini

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ORSINI BRUNO, Relatore: Il fatto che questa legge sia stata affidata alla Commissione in sede legislativa non credo possa csimermi dal sottolineare la grande rilevanza ed il grande significato che trascende, io credo, gli aspetti tecnici della politica sanitaria per investire il più generale problema del rapporto tra i sani ed i diversi, ovvero il rapporto dei più nei confronti di minoranze fastidiose, talvolta pericolose, e comunque diverse, definite - con un'espressione sintomatica di un atteggiamento psicologico fondamentalmente errato - come alienati, e cioè come persone la cui mente è considerata aliena, estranea, diversa da quella dei cosiddetti normali.
Tale atteggiamento è condizionato dalla scarsa conoscenza dell'esatta natura delle malattie mentali, da pregiudizi e da paure irrazionali che, per il loro carattere collettivo, spesso determinano reazioni espulsive, largamente eccedenti le corrette necessità di una giusta difesa sociale.
Sarebbe fuori luogo ricordare qui la lunga e drammatica storia che i malati psichici hanno vissuto nel corso dei secoli. è noto che fino alla fine del '700 il malato mentale venne considerato, quasi esclusivamente, come un individuo pericoloso ed inguaribile e, come tale, spesso rinchiuso in carcere. Non a caso uno dei peni forti dell'agiografia psichiatrica positivista è costituito dalle immagini di Chiarugi e di Pinel che, proprio negli anni tra il 1700 ed il 1800, liberano i pani dalle catene in cui erano avvinti nei luoghi di detenzione per portarli nei primi ospedali psichiatrici, da loro stessi fondati.
Permeato di éultura positiva, il 1800 propose alla società del tempo un'interpretazione della malattia mentale formulata in termini rigidamente biologici; evidentemente la cultura positivista, per la sua stessa natura, considerava soltanto marginali ed accessori i fatti sociologici, culturali e psicologici, incidenti sulla genesi e sul manifestarsi e divenire delle malattie mentali.
Tuttavia, il concetto allora prevalente nell'opinione pubblica, e quindi nel legislatore, era ancora quello dell'inguaribilià e della pericolosità dei malati di mente, i quali, pertanto, dovevano essere prima di tutto custoditi e poi, magari, anche curati in luoghi per lo più lontani dai centri abitati, dove dessero cioè il minor fastidio.
Le terapie di shock (oggi certo discusse, ma la cui efficacia, in determinati casi è fuori discussione), in primo luogo, e quelle psicofarmacologiche, in secondo luogo, consentirono di capovolgere la prognosi di molte malattie mentali, e - comunque di ridurre drasticamente nel tempo e nell'entità le autentiche manifestazioni di pericolosità.
Naturalmente, la stessa crescita delle potenzialità terapeutiche poneva in crisi le istituzioni psichiatriche di ricovero; a mano a mano che esse si trasformavano in entità capaci di guarire, diventava intollerabile l'atmosfera poliziesca che gravava su di esse. Il personale reclutato per custodire si dimostrava numericamente e qualitativamente non idoneo a curare; gli stanziamenti - sufficienti per una istituzione statica - erano palesemente inadeguati per una struttura che doveva necessariamente assumere, ed assumeva per quanto possibile, un ruolo attivamente terapeutico. Inoltre, le acquisizioni della psichiatria dinamica consentivano di identificare e descrivere disturbi psichici da spedalizzazione protratta: in altri termini, veniva dimostrato che molte manifestazioni psicopatologiche regressive, presentate da malati lungodegenti negli ospedali psichiatrici, non erano diretto effetto della malattia originaria, bensì della nociva azione esplicata su di essi dalla desocializzazione conseguente alla condizione di ricoverato cronico. Tuttavia tali fatti oggettivi ed incontestabili e tali intuizioni scientifiche non riuscirono a prc» durre modificazioni sostanziali nelle strutture, palesemente inadeguate e per molti aspetti antiterapeutiche, delle istituzioni psichiatriche sociali italiane incentrate sugli ospedali psichiatrici, sino al 1968, allorché si concretizzarono pur timide misure legislative riformatrici.
I motivi di tale pauroso ritardo, per cui abbiamo pagato e stiamo tuttora pagando un durissimo prezzo in termini di sofferenza umana e di costi sociali, credo siano stati almeno tre: il primo di ordine culturale, il secondo di ordine socio-economico il terzo connesso alle generali vicende della politica sanitaria italiana nel suo complesso.
Oggi appare, finalmente, evidente la necessità che i servizi psichiatricj facciano parte integrante del servizio sanitario nazionale a pieno titolo e in condizioni di assoluta parità, prevedendo a tal fine che ogni provvedimento in materia tenga conto di due essenziali principi: la necessità di garantire una continuità terapeutica, e di conseguenza l'unitarietà del servizio stesso; l'inserimento sempre più intimo dei servizi psichiatrici nella trama sociale.
A queste finalità si è ispirato il disegno di legge sull'istituzione del servizio sanitario nazionale che inserendo i servizi psichiatrici in un sistema sanitario ristrutturato poteva dare una risposta adeguata alle esigenze che ho ricordato.
Tuttavia, per le note ragioni, si è reso necessario ciò che nessuno di noi voleva: cioè una ennesima legge stralcio che, non potendo affrontare i problemi della salute mentale nel complesso del servizio sanitario nazionale, in qualche modo li regolamenti senza pregiudicarne l'inserimento finale nel servizio sanitario del nostro paese.
E' nata così la legge ora al nostro esame, che parte da un principio che in molti abbiamo sostenuto: il principio che i trattamenti sanitari obbligatori non sono una caratteristica esclusiva dei disturbati psichici, che, con adeguate garanzie, è possibile adottare anche senza il consenso e la volontà del soggetto, ma che la loro adozione va ricondotta a motivi di salute connessi primariamente allo stesso interesse dell'individuo, e secondariamente, all'interesse della salute di tutti.
Si è sostenuta per decenni la necessità di una legislazione speciale per i malati di mente, argomentando che i disturbi psichici potevano creare a volte condizioni pericolose, per cui era necessario predisporre situazioni di intervento terapeutico anche contro la volontà del malato e che ciò rendeva necessarie una serie di misure particolari che garantissero il rispetto dei diritti costituzionali.
Il provvedimento al nostro esame rileva giustamente che, se è necessario il trattamento sanitario obbligatorio in determinate situazioni psicopatologiche (ma meno frequentemente di quanto si possa immaginare>, esso può avvenire anche per motivi di altra natura (vaccinazioni, quarantene). Per questo il disegno di legge parla, in linca gencralc, di trattamento sanitario obbligatorio. Peraltro esso affronta in modo specifico il trattamento sanitario obbligatorio per le malattie mentali, dato che per le malattie non psichiatriche esiste un'ampia legislazione, che va certamente coordinata, ma che regola sufficientemente la materia anche se dispersa in testi diversi : per natura, sede e temporalità di emanazioe. Per i trattamenti sanitari obbligatori di interesse psichiattico era ed è necessario un ampio rinnovamento della normativa vigente, per le ragioni che ho accennato all'inizio. E il disegno di legge al nostro esame risponde pienamente a questa necessità di innovazione.
L'articolo I contiene i principi di ordine generale della nuova disciplina sugli accertamenti e i trattamenti sanitari volontari e obbligatori, e precisa che essi vanno espletati nel rispetto dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione e nella consapevolezza della necessità di pronittovere il più rapidamente possibile le condizioni per il consenso e per la partecipazione dell'infermo al trattamento sanitario
L'articolo 2 introduce in modo diretto la tematica relativa ai trattamenti sanitari obbligatori di interesse psichiatrico e definisce le condizioni per le quali essi possono essere adottati, condizioni che ripudiano il concetto difensivistico e reattivo dell'accertamento della vera o presunta pericolosità del malato di mente nei confronti degli altri; sottolinea inoltre la necessità che il trattamento sanitario obbligatorio avvenga in condizioni di degenza ospedaliera, se constatato da più sanitari che tale trattamento può essere espletato correttamente solo in ospedale, per l'assenza di condizioni intraospedaliere che ne consentano l'effettuazione senza il ricovero.
Nel provvedimen o si sottolinea ripetutamente clic il trattamento sanitario dei malati di mente - ove possibile - non deve avvenire in condizione di ricovero, ma nelle condizioni ambientali o cliniche
di vita del soggetto e si mette in risalto la priorità dell'intervento nell'ambito territoriale e la concentrazione degli sforzi, del l'organizzazione, delle spese nell'ambito extra ospedaliero, pur regolamentando come necèssario, quelle situazioni eccezionali in cui il trattamento sanitario obbligatorio deve avvenire in condizioni di ricovero ospedaliero,
L'articolo 3 contiene le modalità degli accertamenti e dei trattamenti sanitari obbligatori e sanziona il diritto alla sceltà del medico e del luogo di cura sulla base del Principio di libertà Sancito dalla c stituzione e ribadito dal disegno di legge di riforma sanitaria. La politica cui si ispira appunto l'istituzione del servizio sanitario nazionale è caratterizzata da quattro prindpi fondamentali che sono quello della globalità del trattamento sanitario, della universalità dei destinatari, dell'uguaglianza del trattamento sanitario e del rispetto della dignità della persona, comprendendo in questo il suo diritto di scelta, per quanto possibile, libera, del luogo di cura e del medico.
L'articolo 4 disciplina il procedimento attraverso cui può essere stabilito il trattamento sanitario obbligatorio e introduce una serie di garanzie, come l'intervento del magistrato a tutela della decisione presa dal sindaco -in quanto autorità sanitaria. La decisione del trattamento obbligatorio è solo di carattere sanitario, nell'interesse del malato, e l'intervento del giudice non è un intervento decisionale, ma di controllo e di convalida di un provvedimento. Il sistema delle garanzie è successivamente rafforzato dagli articoli 5 e 6 in cui si preirede la possibilità di ricorso sia in sede amministrativa che giurisdizionale facol tizzando chiunque, non solo l'interessato, a controllare l'adeguatezza del provvedimento previsto dalle norme, molto civili, della legge.
I successivi articoli 7 e 8 sono di carattere organizzativo e riprendono sostanzialmente i contenuti dell'articolo 54. elaborato dalla Commissione sanità della Camera, del disegno di legge istitutivo del servizio sanitario nazionale.
Questo sistema Organizzativo prevede l'attribuzione immediata alle regioni, che sono costituzionalmente titolari dei compiti di assistenza sanitaria ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, delle funzioni in materia di assistenza ospedaliera psichiatrica e in particolare delle funzioni di prOgrammazione e di coordinamento per l'integrazione dei presidi e dei servizi psichiatrici di igiene mentale extra ospedalieri con le strutture ospedaliere. Debbo precisare àhe il disegno di legge al nostro esame, che è un provvedimentoponte in previsione del più organico sistema della rifoaha sanitaria, compie una scelta che qualcuno può anche giudicare timida e che è oggettivamente parziale, mantenendo alle province la titolarità di alcuni servizi, cercando peraltro di superare il rischio della dicotomia che si può determinare tra una competenza amministrativa regionale del servizio ospedaliero e una competenza provinciale dei servizi extra ospedalieri prevedendo delle convenzioni e sottolineando la competenza programmatoria della regione sul complesso della materia.
Personalmente avrei preferito che sin d'ora tutta l'assistenza psichiatrica passasse àlle regioni, camminando così più velocemente verso quel disegno che è comune a tutte le fone politiche, cui questa proposta si avvicina sensibilmente, ma che sarà raggiunto solo con l'istituzione del servizio sanitario nazionale.
Il disegno di legge prevede, altresì, un progressivo adeguamento delle responsabilità dei compiti e dei trattamenti economici e normativi degli operatori psichiatrici a quelli di tutti gli altri operatori sanitari e questa esigenza di perequazione, di superamento della frammentarietà e della divisione normativa, organizzativa e gestionale del sistema sanitario italiano costituisce tino dei compiti principali cui rende la linea di politica sanitaria complessiva che abbiamo indicato.
Anche in questo caso dobbiamo registrare che la legge costituisce un passo in avanti anche se', come viene sottolineato nel testo, altri passi debbono essere percorsi rinviando in sede di riforma sanitaria la completa perequazione, sia pur in una prospettiva graduale, delle condizioni degli operatori psichiatrici a quelle degli altri operatori sanitari italiani di uguale categoria e con le stesse responsabilità.
Desidero ora soffermarmi brevemente sul destino degli ospedali psichiatrici. Il disegno di legge stabilisce che i ricoveri obbligatori e volontari debbono essere attuati in specifici servizi psichìatrici da istituirsi negli ospedali generali indicati dalla regione, non casualmente, ma nel quadro di un disegno programmatorio che dovrebbe condurre all'istitun.6ne di questi servizi ospedalieri per ogni unità sanitaria locale. Nel testo del disegno di legge (la Commissione potrà perfezionare questo punto) si prevede una stretta integrazione con i servizi psichiatrici sul territorio, ma occorre sottolineare la priorità, almeno quantitativa, degli interventi sul territorio rispetto a quelli ospedalieri.
Pertanto, gli attuali ospedali psichiatri si assumeranno sempre di più la caratteristica, che già in gran parte hanno, di una realtà diretta a reagire alle situazioni ) di cronicità e sedimentazione che si sono stabilite nel corso dei decenni e troveranno il loro progressivo superamento da un lato nella inevitabile diminuzione degli Ospiti, che il disegno di legge indurrà 'e dall'altro in un'accorta politica regionale che sappia destinare all'area di interventi assistenziali ciò che surrettiziamente viene oggi contrabbandato come una realtà me-dica acuta, mentre non lo è.
Chi come me ritiene che la psichiatria sia mèdicina non può non rendersi conto che molte volte, attraverso il meccanismo degli ospedali psichiatrici, si è cronicizzata una patologia che non è medica e che semmai è di sradicazione e di impossibilità della nostra società di mantenere nel suo seno elementi che hanno la caratteristica degli emarginati e degli esclusi piurtosto che dei malati in senso stretto.
Si apre un grande spazio per l'iniziativa delle regioni (il Parlamento dovrà continuare ad indicare i principi negli strumenti legislativi di tipo sanitario ed assistenziale che sono allo studio) affinché questa triste Popolazione di oltre Cinquantamila italiani, che stanno negli ospedali psichiatrici il più delle volte senza che sia indispensabile la loro enucleazione dal contesto sociale, trovi, nei modi e nelle forme compatibili con le loro condizioni e con le possibilità del paese, forme di reinserimento parziale o totale nella vita sociale.
Questo disegno di legge, come ho già detto, costituisce un importante passo avanti per risolvere tale problema. Credo che il provvedimento sia perfettibile, ed
i singoli commissari e i diversi gruppi po-litici potranno migliorarne le caratteristiche, ad ogni modo, si tratta di un provvedimento civile ed umano in linea con gli orientamenti nazionali ed internazionali in materia di prevenzione e riabilitazione dei disturbati psichici e proprio per questo con serena coscienza ne raccomando l'approvazione.

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