INSIDE OUT - Recensione di Andrea Falsetti

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15 ottobre, 2015 - 20:44
di: Andrea Falsetti
Anno: 2015
Regista: Pete Docter
Inside out è il nuovo film d’animazione realizzato dai Pixar Animation Studios e distribuito da Walt Disney Pictures. Diretto da Pete Docter e co-diretto da Ronnie Del Carmen, si basa su un’idea originale dello stesso Docter, che ha partecipato anche alla stesura della sceneggiatura.
Pete Docter è un regista sempre attento ai bambini e ai loro vissuti emotivi.  Con Monsters & Co. ha portato gli spettatori all’interno delle paure che un bambino affronta ogni sera prima di addormentarsi mentre in Up ha fatto commuovere durante la ricerca di una figura paterna. Docter questa volta analizza la fase di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza con l’aiuto della protagonista, Riley, e delle sue emozioni.
 
Riley è una bambina di undici anni, cresciuta in una famiglia serena e con un’infanzia felice. Ricca di amici e appassionata di hockey, deve affrontare un cambiamento radicale: il trasferimento della propria famiglia in un’altra città. Riley immagina una casa accogliente e un luogo felice ma deve scontrarsi presto con la realtà. La casa è vuota, sporca e sicuramente fredda per una bambina. In città non conosce nessuno e tutte le sicurezze acquisite nel suo luogo di origine, non ci sono più.
Lo stress non colpisce solo lei: anche i genitori risentono del cambiamento e devono dividersi tra il lavoro, la loro bambina e una casa da rimettere in piedi. Qui si rivela l’importanza di ogni membro della famiglia, infatti, sarà la stessa Riley a introdurre un elemento di gioco per stemperare le tensioni e ricreare l’intesa familiare.
Questa durerà poco. Riley non può sorreggere questo carico di emozioni negative e crolla in un pianto ricco di sofferenza durante la presentazione ai suoi nuovi compagni di classe, proprio durante il ricordo dei bei momenti familiari nella sua città natale che, da essere portatore di gioia, si fa’ malinconico.
 
A fronte di questa narrazione degli eventi, la storia dipana una trama parallela che riguarda un altro mondo, quello interiore, la cui complessità non ha nulla da invidiare alla realtà esterna, coinvolto con essa in un rapporto d’influenza reciproca.
Le emozioni di Riley sono nate e cresciute con lei. Hanno assistito e contribuito ai momenti cruciali della sua vita, colorando affettivamente i suoi ricordi e costruendo giorno per giorno la sua personalità.
Gioia è la protagonista indiscussa dell’infanzia di Riley, in cui ogni pretesto giustifica il riso e il gioco. Ha sempre spinto Riley a scoprire e sperimentare il mondo esterno, costituendo il rinforzo positivo che guida ogni bambino nello sviluppo e nell’apprendimento.
Ecco poi Paura, ossuto spilungone che cerca di preservare Riley dai pericoli esterni (e interni) fino a diventare un po’ troppo apprensivo quando si tratta di affrontare nuove situazioni. Quindi Disgusto, una piccola snob che odia i broccoli e Rabbia, perfetto ritratto di un’emozione che può perdere (e far perdere) il controllo.
Infine Tristezza. Nella crescita di Riley, Tristezza è sempre vissuta ai margini del gioco, piena di colpa per essere così triste e goffa, così diversa dai prorompenti quattro compagni.
Le cinque emozioni guidano Riley da una centrale di controllo, provvista di una console dei comandi e di un generatore di ricordi, al cui centro troneggia il contenitore dei ricordi di base, pilastri del carattere e dell’umore di Riley.
Ḗ importante sottolineare che le emozioni non governano Riley come una marionetta ai loro comandi: il loro comportamento è influenzato dall’esterno, dall’interazione tra loro e dagli stessi ricordi. Non esiste staticità ma solo ricorsività, poiché questo microcosmo è Riley stessa. Questo è evidente nel momento cruciale della storia di Riley: il pianto davanti ai compagni.
Riley comincia a parlare alla classe motivata da Gioia, la quale vuole trasmettere entusiasmo e sicurezza. Qui compare Tristezza che, nel goffo tentativo di aiutare, cambia il colore emotivo del ricordo felice che Gioia ha rievocato per dare ispirazione a Riley. Il comportamento di Tristezza non è casuale ma frutto di una risposta emotiva di Riley al ricordo di quei momenti, in paragone alla realtà che sta affrontando.
 
In questo punto la vita di Riley cambia. Nel suo interno si crea una frattura: Gioia, nel tentativo di dissuadere Tristezza dal modificare i ricordi di base, finisce per perderli e vi si lancia all’inseguimento nei meandri della memoria. La seguirà Tristezza, lasciando il comando in mano alla paura, al disgusto e alla rabbia.
Riley, da essere una bambina solare e attiva, diventa introversa e aggressiva. Non può esternare la sofferenza di quel terremoto emotivo che sta affrontando se non con la rabbia e l’ansia di rimanere intrappolata in un ambiente che sente ostile.
Così litiga con il suo amico d’infanzia, smette di giocare a hockey per sfuggire alla frustrazione di una sconfitta e infine decide di fuggire da casa alla ricerca della sua vita precedente in Minnesota.
 
Contemporaneamente, nel microcosmo interno, si svolge un bellissimo e drammatico viaggio nella mente di Riley. Gioia e Tristezza devono riportare i ricordi di base al loro posto ma orientarsi nella mente non è facile, specie nel labirinto della memoria. Qui incontreranno Bing Bong, l’amico immaginario che ha accompagnato Riley nell’infanzia. Bing Bong è frutto della fantasia della bambina: un po’ elefante, un po’ delfino, un po’ zucchero filato e piange caramelle. Non essendo più chiamato al gioco dalla sua bambina ormai vaga per la mente di Riley, ma ne conserva l’affetto e si propone di aiutare le due emozioni per il bene della piccola.
I tre attraverseranno e scopriranno nuove realtà, come il pericolo del pensiero astratto, la magia del cinema del Sogno e le inquietanti prigioni del subconscio.
Il sogno ricopre un ruolo importante, in cui i vissuti sono riproposti in chiave emotiva, secondo come questi siano stati percepiti nella veglia. Nel sogno irrompe il subconscio, le cui porte possono spalancarsi rivelando pericoli assopiti. Anche questo non è casuale ma guidato dalle emozioni che, infatti, portano scompiglio in una regia del sogno già preparata, come durante le riprese di un film. Docter continua a sfruttare una linea narrativa per spiegare il funzionamento di dinamiche complesse come quella che lega il sogno al reale e alle emozioni.
Infine sarà Bing Bong, àncora nell’infanzia, a stravolgere la situazione. Capisce che la salvezza di Riley dipende dal suo sacrificio e senza indugio permette a Riley di dimenticarlo a beneficio del cammino delle due emozioni e, quindi, della crescita della bambina.
 
Nel frattempo Gioia comprende l’importanza di Tristezza, in una delle scene più toccanti del film. Ecco il ricordo di Riley che affronta una delusione per una partita di hockey. In quel momento, senza tristezza, i suoi genitori non l’avrebbero consolata e non le sarebbe ritornato così presto quel sorriso gioioso sulle labbra: anche un’emozione così dolorosa è indispensabile per affrontare le difficoltà.
Così, in un impeto di creatività, Gioia riporta Tristezza alla base e le permette di salvare Riley. La bambina era ormai ad un passo dall’abbandono della propria famiglia. Su un autobus diretto in Minnesota è assalita da una tristezza profonda: comprende che non può abbandonare i suoi genitori, al contrario, ne ha assoluto bisogno. Torna a casa e scoppia in lacrime, esprimendo tutto il suo malessere per la nuova situazione familiare e aprendo uno spazio di condivisione che porterà la famiglia a decidere di trasferirsi nuovamente nella loro vecchia città.
Riley è cambiata: è cresciuta. Lo stesso le sue emozioni, che hanno adesso a disposizione una consolle di comando più complessa e con un grande bottone rosso chiamato “Pubertà”. L’adolescenza è appena iniziata.
 
Quale trauma è più grande del passaggio dall’infanzia all’adolescenza? Docter lo rappresenta bene con questo trasferimento da una città sicura, protetta e accogliente in un mondo nuovo, che appare ostile e in cui si è sempre più adulti e meno figli da accudire.
E quale momento migliore per parlare di emozioni, se non in quella fase in cui sono più intense e mutevoli? I veri protagonisti di Inside Out sono i cinque personaggi nella mente di Riley: Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura. Queste non sono più impedimenti alla ragione ma elementi portanti del funzionamento del se’. Sono raffigurate come ponte tra la realtà e la raffigurazione interna, tant’è che al momento della perdita di una di esse si crea una frattura: ecco l’apatia, il ritiro sociale, la perdita di interessi e le idee di fuga. Una possibilità è che Docter si sia ispirato alle idee del neuroscienziato portoghese Antonio Damasio, il quale postula una coscienza guidata dalle emozioni, ribaltando il “cogito ergo sum” cartesiano.


Secondo Damasio la coscienza è fondata su tre elementi portanti: le emozioni, le sensazioni e il sentire una sensazione. L’uomo interagisce con l’esterno provando delle emozioni, definite “stati emotivi interni”, che produrranno una reazione del corpo visibile ma ancora inconscia. Solo in seguito l’organismo rileva un cambiamento nella propria rappresentazione corporea, diventando cosciente della nuova sensazione. Questo avviene anche in Inside Out, in cui le emozioni “sentono” la tristezza di Riley e vi interagiscono solo dopo la sua comparsa a livello conscio.
Tra tutte le emozioni, Docter offre un posto di rilievo alla più bistrattata, la tristezza. In una società in cui essere tristi è un segno di debolezza e si cerca di eliminare a tutti i costi un sorriso capovolto e allargarlo forzatamente all’insù, il regista vuole comunicare che la tristezza non è sempre da scacciare, anche in un bambino, che nell’immaginario collettivo non può che essere gioioso e pieno di energie. Un bambino invece sperimenta: questo non riguarda solo gli affetti positivi ma anche momenti di forte difficoltà, dove la tristezza consente una pausa per riflettere e conoscere meglio se stesso. Inoltre permette agli altri, soprattutto ai genitori, di entrare in empatia con il suo dolore e aiutarlo a superare un ostacolo o ad affrontare sentimenti dolorosi.
 
Tra umorismo intelligente e divertenti citazioni polanskiane (“Forget it Jake, it’s Cloudtown”), Docter crea un film per adulti camuffato da intrattenimento per bambini. Non è nuovo a questi giochi di prestigio e spero continui così: c’è bisogno di emozioni, a tutte le età.
 
 
Fonti
 
Bosse T., Jonker C., Treur J., <<Formalisation of Damasio’s theory of emotion, feeling and core consciousness>>  Consciousness and Cognition, vol. 17, n. 1, pp. 94–113, 2008.

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