Sulla femminilità (2003)

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Ancora un numero de La Psicoanalisi sulla femminilità. E non sarà di certo l’ultimo. Perché il futuro, pensiamo noi, è da quella parte.
Il futuro della psicoanalisi, per esempio. Sebbene Freud sia stato così spesso frainteso proprio dalle appartenenti al gentil sesso, il suo primato fallico è stata la chiave che ha permesso a Lacan di aprire una porta che era rimasta murata per secoli. E che forse, lo temo e ne tremo, potrebbe rimurarsi di nuovo.
E’ stato necessario infatti, prima, pagare lo scotto alla logica del funzionamento dell’inconscio per quello strano primato fallico proposto da Freud. Forse strano non è, dato che tutta la civiltà si basa su di esso, eppure strano lo è, almeno nel senso che resta sempre ciò che è rimosso : il fallo è talmente evidente che è invisibile.
Se dunque nella logica inconscia si dà il dovuto al primato fallico, valido per i portatori sani o non sani di pene e valido anche per l’altra metà dell’umanità, ne consegue che il primato fallico vuol dire, ponendosi dal lato maschile, che tutto è sotto il fallo. E tuttavia non è tutto. Prima che le femministe gridino allo scandalo, e pur dando loro ragione perché effettivamente il fallo è scandaloso, ascoltiamo l’altra metà della verità : la donna è non-tutta.
O dio ! In che baratro siamo finiti ! Non solo siamo tutti sotto il tallone dello stivale fallico, ma l’altra metà del mondo è non-tutta. Che vuol dire ? Forse castrata, tagliata, malmenata, venduta, zittita, lapidata come un qualsiasi quotidiano potrebbe testimoniare. Non si tratta infatti di un orrore antico, ma di un orrore presente, attuale, senza compassione e senza pietà.
Sarebbe questo il messaggio della psicoanalisi ? Un messaggio da maschilista ?
No. Non lo è. Anche se non è neppure un messaggio da femminista.
Cerchiamo di leggere, con le chiavi di Lacan.
Sì, è così, tutto ciò che è dell’ordine del maschile è sotto il primato del fallo. Che esso si mostri in rutilanti o misere appendici di carne o di pubblici o privati poteri. Sì, la donna non è tutta. Eppure questo non vuol dire altro se non che ella non è tutta sotto il primato del fallo, poiché sfugge, almeno in parte, al potere come alla follia fallica, con tutte le sue norme, le sue normalità e le sue normalizzazioni.
In altri termini, c’è un « litorale, ossia quel che figura che un intero dominio fa per l’altro frontiera »[1], che indica che c’è un altro regno che non è un impero. Lo conosciamo ancora troppo poco. Forse non lo conosciamo ancora. Anche perché le donne stesse non sanno bene come orientarsi né sanno dare le indicazioni che occorrono. Senza parlare di coloro che, ponendosi dalla parte dei maschi, quando arrivano a questo bordo, hanno solo paura.
La psicoanalisi ci insegna che il futuro è da quella parte. Non già perché sarebbe l’Eden. Ma perché, in questo nuovo regno, l’essere che parla potrebbe trovare, forse, altre creazioni e altre invenzioni.
E’ in quel regno che soffia la poesia. Come pure la mistica e la musica. E’ in quel regno che, in tutt’altra lunghezza d’onda, potrebbe, infine, aver diritto di parola la democrazia. Una democrazia che non sia la ridicola ripetizione, sotto velate spoglie, di un impero fallico o oligarchico che non sa fare altro che rimirarsi in uno specchio narcisistico, chiedendo ai sudditi di identificarsi e a tutti gli altri di sottomettersi.
Il numero della rivista riporta la sesta lezione del Seminario Ancora di Lacan, concessaci gentilmente da Einaudi, che tratta di Dio e del godimento de La donna che non esiste. Ed è di Jacques-Alain Miller l’articolo dal titolo « La teoria del partner ». La copertina è tratta dall’istallazione di Caroline Peyron « Laps ».



[1] J. Lacan, « Lituraterra », in La Psicoanalisi, n. 20, Astrolabio, Roma 1996, p. 12.
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