Tutti sono folli, ossia delirano (2017)

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Questo numero de La Psicoanalisi ha sulla copertina una foto di Judith Miller, figlia di Jacques Lacan.
Judith ci ha lasciati nella notte tra il 6 e il 7 dicembre scorso. Abbiamo pensato di ricordarla dedicandole questo numero. Il lettore vi troverà un suo testo dal titolo Scientismo, rovina della scienza. Eric Laurent, che riprende il testo, mostra in che modo Judith sia stata capace di rivelarsi una valida guida alla lettura di Lacan.
Inoltre questo numero riporta la giornata di studio tenuta al Centre Saint Louis dell'Ambasciata di Francia presso la Santa Sede. La giornata, organizzata dall'Università di Palermo in collaborazione con l'Istituto freudiano, ha avuto come titolo Letteratura e letterarietà in Jacques Lacan. Il lettore troverà interventi su Joyce, Althusser e Derrida, Raymond Queneau, Antonin Artaud, André Gide, perfino un intervento sulla Dolce Vita di Fellini, inoltre un testo sull'origine della lirica europea e un altro sul pronome 'Tu'. L'articolo di J.-A. Miller ripreso dal volume L'orgeuil de la littérature (Genève) pubblicato in onore di Roger Dragonetti completa questi testi riuniti come in un florilegio.
  Veniamo ora al brevissimo testo di Lacan del 22 ottobre 1978.
Jacques-Alain Miller spiega, nel corso 2007-2008 del suo Orientamento lacaniano, l'origine di questo breve scritto. Egli aveva chiesto a diverse persone una testimonianza di quanto era stato fatto nel Dipartimento di Psicoanalisi dell'Università di Parigi VIII. Naturalmente l'aveva chiesto anche a Lacan. Lacan aveva preso un foglio e aveva vergato qualche breve frase, lasciando poi che J.-A. Miller completasse la parte dove vengono elencati gli apporti sorti in quattro anni di insegnamento.
Lacan parte dai quattro discorsi. Fa riferimento dunque al discorso del padrone, al discorso dell'universitario, al discorso dell'isterica e al discorso dell'analista. Ora, solo quest'ultimo, afferma, non si prende per la verità. Per questo motivo sarebbe opportuno che fosse lui a dominare. Purtroppo il discorso dell'analista esclude, di per sé, ogni dominio e potere. Perché? Per il fatto che il discorso dell'analista non si appoggia sul significante. Quindi "non insegna niente. Non ha niente di universale: proprio per questo non è materia di insegnamento".
Allora, "come fare a insegnare quello che non si insegna?", si domanda Lacan. "Ecco dove Freud ha mosso i primi passi", continua. E conclude: Freud "ha considerato che tutto è sogno e che tutti (se è consentita una tale espressione), tutti sono folli, ossia deliranti".    
L'universale affonda le sue radici nel sapere. Ma il sapere sa distinguersi forse dalla credenza? Chi è veramente bravo da riuscire a separare il sapere dalla credenza? Ora, della credenza, almeno di quella, tutti ne sono imbevuti. Proprio come tutti i folli, appunto.
Tutto ciò è dimostrato nel primo passo che, rispetto all'universale, fa l'insegnamento. Ma il secondo passo, ossia quello fatto dall'insegnamento rispetto al particolare, occorre dimostrarlo, dice Lacan. E' quello che egli fa dopo aver modulato, per non cadere in contraddizione, il suo 'tutti' nel suo inciso messo tra parentesi, ricorda J.-A. Miller.
Il particolare, dunque. Ossia, in termini analitici, l'oggetto. Lacan dice che "qualunque oggetto è buono [sebbene] si presenti sempre male". Certo, dopo il bombardamento che il capitalismo ci propina tramite i media, non ci troviamo forse con una profusione di oggetti simil-oggetto a, come si direbbe simil-pelle?
 A dire il vero, capitalismo o no, basterebbe il fantasma per constatare che vediamo il mondo attraverso un prisma, il quale ce lo fa vedere - strutturalmente - in modo deformato. Così anche nel particolare ci troviamo a fare i conti con la credenza - delirante, anche qui.
Non c'è dunque solo la credenza delirante per gli ideali, per quanto altisonanti essi siano. C'è anche la credenza delirante per il plusgodere. Credenza delirante che ha gamme cangianti, che vanno dagli oggetti futili del capitalismo all'oggetto della sublimazione, all'oggetto degno di amore (o di odio), ma anche a quell'oggetto che uno psicoanalizzante scova nel suo cammino: sinthomo, lo chiama Lacan.

 

GIULIO PACI Il suono dell'universo

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