DI DIRITTO E DI ROVESCIO
Legge e Giustizia dalla parte dei più fragili
di Emilio Robotti

Un giorno come tanti. Non per #Lucano, non per #riace, non per tutti/e noi.

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1 ottobre, 2021 - 10:03
di Emilio Robotti

E’ una mattina come tante. Con i bambini, tra la colazione e l’andare a scuola, conversazioni semiserie avviate da loro su temi fantastici (Venom, un supereroe Marvel, Fortnite) e scientifici/filosofici (i buchi neri e il paradosso dell’uovo e della gallina). Divertimento, orgoglio, buonumore dopo la giornata di ieri, particolarmente pesante, e quella che si prospetta oggi: mille cose, tra le quali un atto difensivo particolarmente complicato per una situazione difficile, una udienza, per una di quelle cause dalle quali guadagnerai molto meno che da altre, ma nelle quali un errore, una superficialità, un po’ di sfortuna o di fortuna, tua o del Giudice, può decidere la vita di una persona. La vita è fatta così, piccole e grandi cose. Piccole cose che possono abbatterti, grandi cose dalle quali puoi rialzarti. Un bambino, un incontro, un amore o un dolore, un tramonto o un’alba, possono cambiare la tua vita per sempre, darti il buonumore o precipitarti nella depressione. Penso a Lucano, 13 anni di carcere, che spero verranno annullati, che per ora non farà, ma così pesanti. Non posso fare a meno di ricordare quei pochi atti processuali a suo carico dei quali, per la mia professione, ho potuto vedere e discutere con altri Colleghi e Colleghe. A quelle pronunce precedenti alla condanna appena arrivata. Di considerare quei sette capi di imputazione dai quali è stato assolto, ma nonostante i quali è stato condannato al doppio della pena richiesta dall’accusa per i soli capi di imputazione rimasti. “Le sentenze non si criticano, si impugnano”, sento che continuano a ripetermi nella testa le voci dei miei Maestri e delle mie Maestre. Ma penso a quello che ha fatto Lucano, certamente tra errori o pasticci, a quello che voleva fare, alle sue motivazioni, a cosa ha significato per la sua, la nostra terra, la nostra umanità. A cosa significherebbe la sconfitta totale di quell’esperienza che lui ha avviato ed è stata brutalmente distrutta. Non ho mai avuto la fortuna di conoscere di persona Lucano. Ma quando ho sentito della condanna, ho avuto paura per lui. Non del carcere, ma che crollasse di fronte ad una mazzata così forte ed incomprensibile. Vorrei abbracciarlo, se potessi, e dirgli di non lasciarsi andare. Che sono con lui, che siamo tanti con lui, che non abbiamo bisogno di un altro martire. Che vogliamo veder nascere nuovi progetti come quello avviato da lui, correggendo gli errori necessari, abolendo un sistema che costringe le persone ad attraversare mari e scavalcare muri, per lasciarli un limbo per anni e poi buttarli via come un calzino. Condannando chi, come Lucano, a tutto questo si oppone cercando, pacificamente, di essere umano e persino rigenerare territori che stanno morendo sotto il peso della criminalità organizzata ed un potere marcio, che da il suo peggio nella normativa sull’immigrazione, un po’ peggiorata e un po’ migliorata via via lasciando intatto un sistema malato, moralista nei suoi esponenti e in molti casi privo di qualsiasi etica ed umanità. Ti abbraccio #Lucano, spero che qualcosa ogni giorno riesca a darti la forza di attendere l’assoluzione che meriti. Nelle aule di giustizia, e nella storia, perché sono donne e uomini come te che fanno la storia. L’illustrazione è di Mauro Biani, da Il Manifesto, 2019

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