Seconda giornata - Mercoledì 6 maggio

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23 novembre, 2012 - 18:42

Prof. Antonio Temerari: Stati mentali non integrati nella letteratura.

Che cos'è la non integrazione? Partiamo da una definizione di integrazione; rendere completo sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo un materiale, inserire in una struttura economica, sociale, politica, civile il vissuto come evidenziato da Devoto e Colli.
Quindi la non integrazione rimanda a concetti come separazione, indipendenza funzionale, scissione e incomunicabilità tra le parti. In ultima analisi non integrazione rimanda a disordine.
Passiamo adesso a parlare di non integrazione nei Disturbi di Personalità: i soggetti borderline scindono le loro rappresentazioni di sé e degli oggetti nelle parti positive e negative. Pertanto oscillano tra rappresentazioni totalmente positive e totalmente negative senza un punto di vista integrativo come ha sottolineato Kernberg. O come ha evidenziato Ryle, i borderline oscillano tra diverse rappresentazioni di ruolo tra loro dissociate, senza la consapevolezza dei processi di transizione che portano da una rappresentazione di ruolo ad un'altra. O per dirla con Liotti soggetti borderline (e i disturbi dissociativi) possono avere simultaneamente rappresentazioni multiple e contraddittorie di sé e dell'altro dove si confondono, nello stesso momento, i ruoli di salvatore, persecutore e vittima. Nei nostri studi abbiamno evidenziato come nella mente di questi soggetti spesso si affollano, contemporaneamente, temi di pensiero, emozioni, scopi, problemi molteplici e disparati, senza che il soggetto riesca a stabilire un ordine o una gerarchia di rilevanza.
Veniamo ora a Dostoevskij:
Aleksjèj Karamazov si è recato dal “Capitano”, un vinto dalla vita, espulso dall'esercito che vive in miseria con la sua famiglia. 
Il Capitano era stato picchiato e insultato dal fratello di Aleksjèj, Dmitri, e la scena si era svolta davanti al figlio di dieci anni della vittima. 
Mosso a pietà per il bambino che aveva assistito all'umiliazione del padre e per le condizioni della famiglia, offre del denaro al Capitano.

“ - Ascoltate, Aleksjèj Fjòdorovic, ascoltatemi, adesso è giunto il momento in cui bisogna ascoltarmi, perché voi non potete neppur comprendere che cosa possano significare per me adesso questi duecento rubli, - continuava il poveretto, cadendo a poco a poco in una specie di tumultuosa, quasi selvaggia esaltazione. Sembrava fuori di sé e parlava con una foga straordinaria, come temendo che non gli si lasciasse dir tutto. - A parte che questo denaro è onestamente acquistato, provenendo da una così stimata e santa “sorella”, sapete voi che ora posso curare la mammina e Nìno_ka, la mia figliuola, il mio buon angelo gobbo? È venuto da me, per la sua bontà di cuore, il dottor Herzenstube, le ha visitate tutt'e due per un'ora intera: “non ci capisco nulla” ha detto; nondimeno l'acqua minerale che si trova nella farmacia del luogo (lui l'ha prescritta) indubbiamente le farà del bene; le ha prescritto anche dei bagni medicinali per le gambe. Ma l'acqua minerale costa trenta copeche, e bisogna berne forse quaranta mezzine. E così io presi la ricetta e la misi sul palchetto sotto le icone, ed è ancora là. A Nìno_ka poi ha ordinato di fare dei bagni caldi in una certa soluzione, e tutti i giorni, mattino e sera; ora, come si può fare una cura simile da noi, nella nostra magione, senza donna di servizio, senza aiuto, senza tinozza e senz'acqua? E Nìno_ka è un reuma solo, non ve l'ho ancora detto, la notte le duole tutto il lato destro, essa soffre e, lo credete? , quell'angelo di Dio si fa forza per non renderci inquieti, non geme per non svegliarci. Noi mangiamo quel che capita, quel che si trova, ma lei prende per sé l'ultimo boccone, che si potrebbe gettare soltanto ai cani. 
“Io non valgo questo boccone, lo tolgo a voi, io vi sono di peso”: ecco quel che vuole esprimere il suo angelico sguardo. Noi la serviamo, ma questo le pesa: “io non lo merito, non lo merito, sono una storpia indegna, buona a nulla”; e figuratevi se non lo merita, quando è lei che con la sua angelica mitezza implora Dio per noi tutti, e senza di lei, senza la sua dolce parola, da noi ci sarebbe l'inferno; perfino Vàrja ha ammansita. Ma non condannate neppure Vàrvara Nikolàjevna, è anche lei una disgraziata. È giunta da noi nell'estate, con sedici rubli, li aveva guadagnati dando lezioni e li aveva messi da parte per il viaggio, per tornare a Pietroburgo in settembre, cioè adesso. Ma noi abbiamo preso i suoi quattrini e li abbiamo mangiati, e adesso non ha più di che tornare, è così, sissignore. E non potrebbe neanche tornare, perché lavora per noi come una reclusa, ne abbiamo fatta una bestia da soma, ha cura di tutti, rammenda, lava, scopa il pavimento, corica la mammina, e la mammina è capricciosa, la mammina è piagnucolosa, la mammina è pazza, signorsì!... e così adesso, con questi duecento rubli, io posso prendere una serva, capite, Aleksjèj Fjòdorovi_, posso curare quelle care creature, e manderò la studentessa a Pietroburgo, comprerò della carne di manzo, stabilirò una nuova dieta. O Signore, ma questo è un sogno!
Alyò_a era oltremodo lieto di aver procurato tanta felicità e di vedere che il poveretto accettava di essere reso felice. 
- Un momento, Aleksjèj Fjòdorovi_, un momento, - e il capitano si aggrappò a un nuovo sogno, apparsogli tutt'a un tratto, e si rimise a blaterare con frenetica loquacità, - sapete voi che io e Iljù_a ora attueremo forse per davvero il nostro sogno? Compreremo un cavallino e un carro coperto, un cavallino morello, lui voleva assolutamente che fosse un morello, poi partiremo come ieri l'altro avevamo immaginato. Io conosco un avvocato in provincia di K., un amico di infanzia; mi ha fatto dire da persona sicura che, se andassi mi darebbe un posto di segretario nel suo ufficio, e chi lo sa? Forse me lo darebbe...Allora, farei salire la mammina, farei salire Nìno_ka, Iljùsceèka lo metterei a guidare e io me ne andrei a piedi bel bello, così li porterei via tutti... O Signore, se potessi soltanto riscuotere un piccolo credito spallato che ho qui, allora forse ne avrei a sufficienza anche per questo!”
“Alyò_a avrebbe voluto abbracciarlo, tanto era contento. Ma, gettatogli uno sguardo, si fermò bruscamente: quello stava lì, col collo teso, con le labbra tese, con una faccia pallida da persona fuori di sé, e moveva la bocca, come per dire qualcosa: non ne usciva alcun suono, ma lui continuava a muover le labbra; faceva impressione.
- Che cosa avete? - e Alyò_a, senza sapere il perché, ebbe un sussulto.
- Aleksjèj Fjòdorovi_... io... voi... - mormorava con parole mozze il capitano, guardandolo fisso in modo strano e selvaggio, con l'aria di chi si decida a buttarsi giù da una montagna, e nello stesso tempo con una specie di sorriso sulle labbra, - io... voi... Non volete che adesso vi faccia vedere un certo giochetto? - bisbigliò a un tratto con voce rapida e ferma, e ormai le sue parole non erano più mozze.
- Che giochetto?
- Un giochetto, un certo giochetto di prestigio, - continuava a bisbigliare il capitano: la parte sinistra della sua bocca si contrasse,l'occhio sinistro ammiccò, ed egli guardava sempre Alyò_a, senza staccarsene, come se fosse inchiodato a lui.
- Ma cosa avete? Quale giochetto? - gridò quegli, ormai veramente spaventato.
- Ecco quale, guardate! - strillò il capitano.
E, mostratigli i due biglietti da cento, che sempre, durante l'intero colloquio, aveva tenuto insieme per un angoletto fra il pollice e l'indice della mano detsra, li afferò a un tratto con una specie di accanimento, li strizzò e li strinse forte nel pugno destro. 
- Avete visto, avete visto! - gridò, pallido e frenetico, ad Alyò_a; e improvvisamente levò in alto il pugno e, con tutta la forza del braccio, scagliò sulla sabbia i due biglietti spiegazzati, - avete visto? - tornò a stridere, indicandoli col dito. - Ebbene, eccovi! ...
E, alzato il piede destro, si buttò con rabbia selvaggia a calpestarli, gettando esclamazioni e ansando a ogni colpo.
- Ecco i vostri denari! Ecco i vostri denari! Eccoli! Eccoli! - 
A un tratto fece un balzo indietro e si raddrizzò davanti ad Alyò_a. Tutta la sua figura spirava una fierezza indicibile.
- Riferite a quelli che vi hanno mandato che lo strofinaccio non vende il suo onore! - gridò, tendendo il braccio in aria. Poi si voltò rapidamente e si mise a correre, ma non aveva ancora fatto cinque passi che, voltatosi tutto di nuovo, fece ad Alyò_a un segno di addio con la mano. E prima di essere corso avanti per altri cinque passi, si volse ancora indietro per un'ultima volta, questa volta con la faccia non più contratta dal riso, ma invece tutta scossa dal pianto.
Con voce lacrimosa, rotta e soffocata, gridò precipitosamemte:
- E che avrei detto al mio ragazzo, se avessi accettato il vostro denaro come prezzo del nostro disonore? - e, detto questo, si mise a correre, ormai senza più voltarsi. Alyò_a lo seguì con uno sguardo di inesprimibile tristezza. Oh! Egli capiva che quell'uomo fino all'ultimo momento non aveva saputo neppur lui che avrebbe strizzato via i biglietti. Il fuggente non si volse più indietro e Alyò_a lo sapeva che non si sarebbe più voltato. Rincorrerlo e chiamarlo non volle, sapeva lui il perché. Quando poi quello sparì dalla vista, Alyò_a raccattò i due biglietti. Erano molto sgualciti, schiacciati e affondati nella sabbia, ma interi e anzi frusciarono come nuovi, quando Alyò_a li allargò e li stirò. Dopo averli stirati, li ripiegò, se li ficcò in tasca e andò da Katjerìna Ivànovna a riferirle l'esito del suo incarico.”

Dostoevskij non ci ha descritto un processo interiore di cambiamento di punto di vista.Né alcun segno di processo di cambiamento appare all'esterno tanto che Aleksjej sta per abbracciare il capitano e rimane esterrefatto del repentino mutamento di stato mentale.
Anche noi restiamo sorpresi di uno stupore molto simile a quello che ci fanno provare i nostri pazienti borderline.
Ciò che fa nascere lo stupore è che le due parti del capitano sembrano entrambe autentiche. Sono parti di lui, non finge. Quello che accade è che non entrano in conflitto. Non si influenzano reciprocamente, si alternano ignorandosi a vicenda. 
L'opera di Dostoevskij è piena di personaggi che “fino all'ultimo non sanno neppure loro” quale sarà la conclusione delle loro azioni.
Questo fenomeno nasce dalla profonda contraddittorietà dei personaggi. Ma la contraddittorietà, ci avverte, è l'essenza dell'animo umano. La contraddittorietà è, a sua volta, figlia delle complessità.
Quale criterio per distinguere la normale contradditorietà dalla non integrazione? 
Proviamo la nostra definizione di integrazione: la capacità di riflettere sugli stati e sui contenuti mentali in modo da coglierne l'incompatibilità e i conflitti e stabilire una gerarchie di rilevanza che dia al comportamento il livello di coerenza necessario ai fini adattivi.
I pazienti borderline e con altri disturbi di personalità non sono più contraddittori dei normali ma sono più deboli nello strumento con cui gestire le contraddizioni.
Ma cosa fa l'integrazione? Per spiegarci proponiamo due esperimenti mentali che proponiamo sovente anche ai nostri pazienti. Per prima cosa il lettore pensi alla persona che ama di più al mondo. Ora, quale che sia l'immagine e la scena evocata, se lo stato mentale è integrato, le rappresentazioni sono coerenti. Il viso della persona amata difficilmente sarò stato rappresentato con un ghigno sinistro e il tono emotivo che accompagnava la rappresentazione sarà stato d'affetto. Difficilmente si saranno affacciate emozioni di rabbia o di paura. Ciò che supponiamo qui non essere avvenuto al lettore è esattamente ciò che avviene in uno stato mentale non-integrato. Provi ora il lettore a pensare al momento di maggiore rabbia provata verso la stessa persona amata. In caso di integrazione, pur avendo sperimentato due rappresentazioni di segno emotivo opposto non sentirà di avere due rapporti diversi con due persone diverse né avrà provato l'impressione di essere una collezione di stati mentali giustapposti. Possiamo ora avvicinarci alla risposta alla domanda sulla funzione dell'integrazione. In caso di stati mentali integrati la coerenza e la continuità dell'atteggiamento comportamentale verso la persona amata si sarà sostanzialmente mantenuta. All'inverso, in caso di non-integrazione, esse saranno state perdute.
Il risultato adattivo fondamentale della capacità di integrare stati mentali diversi è la coerenza nel comportamento. La complessità dei nostri stati mentali rende necessaria questa funzione senza la quale smarriremmo la direzione nel mondo. E' la capacità integrativa che ci consente di pesare diversi stati, attribuire a ciascuno la sua rilevanza, prevedere le loro variazioni e elaborare strategie di padronanza. L'Odissea, il poema dell'inganno e della sagacia, sembra costituire il momento di presa coscienza dell'umanità della potenza della padronanza metarappresentativa ottenuta grazie alla capacità integrativa dell'autocoscienza. Ulisse sa di voler tornare ad Itaca e sa che desidera ascoltare il canto delle sirene. Grazie alla sua capacità d'integrazione sa anche che l'ascolto del canto divino produrrà una variazione catastrofica dei suoi stati mentali, cancellando il desiderio del ritorno e mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Prevede però, anche la variazione successiva, in cui, lontano dalla diretta influenza del canto, tornerà in lui il desiderio del ritorno. Egli sa riconoscere e prevedere tre variazioni di stati mentali: lo stato di conflitto in cui due desideri incompatibili convivono, lo stato in cui domina il desiderio di lanciarsi sugli scogli, lo stato in cui domina nuovamente il desiderio del ritorno. La strategia di padronanza attuata, farsi legare al palo, emerge dalla complessità delle competenze metarappresentative dell'eroe e merita perciò l'attributo di “elegante”, come ogni soluzione semplice che scaturisce da una conoscenza sofisticata. La capacità di integrare stati mentali diversi all'apparenza si pone al vertice delle gerarchie delle funzioni metarappresentative. Tuttavia tra le diverse funzioni è, forse, quella la cui natura risulta più elusiva e difficile da cogliere appieno. Da un lato essa dipende da funzioni più basiche. Supponendo un immaginario modulo dell'integrazione, è intuitivo, ad esempio, che debba ricevere informazioni dai moduli del monitoraggio. Per integrare gli stati mentali occorre riconoscerli, in primo luogo identificandone le componenti.

STEFANO FERRACUTI
IL POSITIVISMO DI CESARE LOMBROSO E LA PSICHIATRIA FORENSE CONTEMPORANEA

Cesare Lombroso nasce a Verona il 6 novembre 1835, da famiglia ebrea safardita di commercianti. La madre, Zefira, ebbe una grande influenza su di lui. Uno zio, David Levi, era un patriota che gli trasmise l’irrequietezza intellettuale. Il padre era uomo pio e religioso. 
Carattere ribelle, venne tolto da scuola ed educato privatamente
Gentile indicò in Molenschott il “primo ispiratore della filosofia lombrosiana”.
Nelle prefazione alla traduzione Lombroso scrisse:
Tu levi lo sguardo al grande concetto del Moleschott. che, cioè, ogni forza, animale, vegetale o intellettiva, sia sempre una manifestazione e un effetto delle proprietà della materia, la quale si regge, dall’eternità, senza l’uopo o l’impulso di volontà superiori, solo perché avvinta in un circolo fecondo, in cui i detriti le spoglie dei vegetali giovano alla vita degli animali e viceversa, ed in cui, viceversa, la materia inorganica serve alla composizione ed alimento degli esseri organizzati e questi ritornano a loro volta inorganici, restando, quindi la materia sempre una ed eterna che viva o morta si presenti
Ufficiale nell’esercito piemontese, partecipò alla II Guerra di Indipendenza, venendo premiato per una pubblicazione sulle ferite da arma da fuoco e iniziando a sviluppare osservazioni antropologiche sui soldati Dislocato in Calabria rimase particolarmente impressionato dalle condizioni di vita della popolazione. Iniziò a insegnare psichiatria nel 1863, invitato da Panizza, lasciando l’esercito nel 1865. Pubblicò diverse osservazioni cliniche, tra cui dei casi di mania in corso di difterite, suggerendo che altri organi potevano essere coinvolti nella malattia. Nel 1866 ebbe la cattedra di psichiatria. Dal 1868 concentrò la sua attenzione sulla pellagra, convincendosi che la malattia derivasse da una tossina prodotta nelle cattive condizioni ambientali di stoccaggio del mais. Da ciò derivarono innumerevoli controversie accademiche che lo condussero ad accettare la cattedra di medicina legale a Torino nel 1876. Si era sposato nel 1870 avendo diversi figli. Nel 1871 fu inviato per un anno a dirigere l’ospedale psichiatrico di Pesaro, dove sviluppò l’idea dei manicomi criminali. In quel periodo esaminò i reperti antropologici di oltre 400 criminali A Torino nel 1888 divenne medico carcerario e nel 1890 professore di psichiatria. Nel 1885 si svolse il primo congresso di antropologia criminale.
Già nel 1868 in Azione degli astri e delle meteore sulla mente umana scrive che:
“le malattie, i suicidj, li omicidj, le alienazioni mentali credevasi un effetto di forze incognite” 
Lombroso afferma che gli effetti della natura sopravanzano di gran lunga quelli dell’educazione e il delitto è:
Una sventurata produzione naturale. Una forma di malattia congenita la quale merita sequestro, cura piuttosto che pena o vendetta”
Da queste considerazioni esce rafforzata in Lombroso la convinzione scientifica che libera dall’imprevedibile e che sostiene la naturalità e materialità della storia umana anche nelle sue produzioni morali e individuali.
ATAVISMO
In un significato generale è un segno di costrizione, indicatore del fatto che il passato di un organismo rimane celato immediatamente al di sotto della sua superficie presente e può frenarne i futuri progressi
Il germe fecondato di uno degli animali superiori .. È forse l’oggetto più meraviglioso in natura. Nella dottrina della reversione [atavismo] .. Il germe diventa un oggetto molto più meraviglioso, poiché, oltre ai mutamenti visibili cui è sottoposto, dobbiamo credere sia affollato di caratteri invisibili .. Separati da centinaia o migliaia di generazioni dal tempo presente: e questi caratteri ... sono pronti a evolversi ogni qualvolta l’organizzazione sia disturbata da certe condizioni note o ignote
Darwin: Variation of Animal and Plants under Domestication (1868)
Il criminale è classificabile come una anomalia, parzialmente patologica e parzialmente atavica, una forma di rinascita dell’uomo primitivo

VILLELLA
In una grigia e fredda mattina del dicembre 1870, analizzando il cranio del brigante Villella... mi apparve tutto ad un tratto, come una larga pianura sotto un infiammato orizzonte, risolto il problema della natura del delinquente, che dovea riprodurre così ai nostri tempi i caratteri dell’uomo primitivo giù giù fino ai carnivori”
Il che spiega le analogie tra delinquenti, popoli “selvaggi”, folli e razze preistoriche.
Queste caratteristiche ancestrali mostrano semplicemente un arresto ad una fase evolutiva precedente.
Verzeni
Pellagroso, idiota e figlio di idioti aveva ucciso molte donne, succhiando il loro sangue e traendo piacere dal nutrirsi della loro carne.
Lombroso ne dedusse che un simile comportamento brutale poteva essere spiegato solo sulla base dell’atavismo, ossia del ritorno al primitivo, ad una condizione subumana. 
La teoria mutò con le diverse edizioni: nella seconda edizione considerava il suicidio come una forma di mancanza di autopreservazione. Nella terza edizione affermò che la promiscuità sessuale o il furto erano conseguenza del fatto che i capi volevano mantenere il controllo delle donne e degli oggetti per loro, dal che ne derivava che la morale e la pena sono una conseguenza del crimine. Nella IV e V ed. iniziò ad affermare che il prognatismo, le asimmetrie facciali, la barba irregolare, il naso deforme, la fronte piccola ecc. erano tratti criminali, descrivendo tipi fisici per ogni classe di reati. 
Successivamente descrisse la fisiologia e la psicologia del delinquente nato, la sua soglia dolorifica, il suo senso dei colori, l’acuità visiva ecc. ritenendo che il frequente mancinismo che si trova nei delinquenti corrisponde all’ambidestria dei bambini e dei primitivi
L’atavismo era citato negli scritti di Tanzi e Riva, i quali scrivevano, a proposito della paranoia, che la natura del selvaggio si nasconde nell’intimo di ogni individuo e Giuseppe Segi parlava di un modello “geologico” del cervello. Ne parlavano anche Mantegazza e Morselli.
Era però inteso in senso disomogeno, inter
pretandolo in senso evoluzionistico, senza distinguerlo dalla degenerazione della specie e dai comportamenti anormali L’originalità di Lombroso consiste nell’aver congiunto e legato l’idea di atavismo al delinquente nato, peraltro aprendo la strada all’”orda primordiale” di Freud. 
La follia morale
Lombroso equiparò il “folle morale” con il delinquente nato. L’idea datava addirittura a Abercrombie (1780-1844) il quale aveva identificato uno stato in cui tutti i sentimenti di bontà e giustizia sono soppressi, mentre l’intelligenza rimane normale. Nel 1801 Pinel aveva sviluppato le sue tesi e Pritchard nel 1867 aveva affermato che la mancanza di senso morale era una forma di infermità.
Questa condizione, secondo Pritchard si pone a metà strada tra la normalità e la malattia, nello stato che probabilmente corrispondeva alla delinquenza. Queste persone erano incapaci di comprendere la differenza tra bene e male. In comune con l’atavismo vi era l’idea che del predominio di una mentalità primitiva, lontana dal pensiero razionale e scientifico.
Lombroso, nella III ed. Dell’Uomo Delinquente riconosce che l’idea non è sua, trovandone i segni nel comportamento dei bambini che possono agire in modo violento, osceno o crudele, venendo controllati dall’educazione, dalle abitudini e dalla convenienza e affermando che quando questi fattori sono inadeguati, per mancanza di educazione o di per costituzionalità si avrà una forma di “morale infantile” ovvero una “Follia morale”.
Prosper Despine
Lombroso lo cita più volte nell’introduzione all’Uomo Delinquente.
Nella sua “Psychologie Naturelle del 1868 aveva sostenuto che i delinquenti hanno una regola costante data dall’assenza di senso morale e l’insensibilità che da ciò deriva l’assenza di coscienza del bene e male e del rimorso. Questa anomalia esclude queste persone dal libero arbitrio. Essendo psichicamente incompleto il delinquente è affetto da follia morale congenita che deriva a anomalie cerebrali. Il crimine non è un prodotto del libero arbitrio. 
Henry Maudsley
Fondatore del British Journal of Psychiatry. Fortemente organicista, parlava di una “Distinct criminal class of beings who herd together in our large cities” e di una varietà morbosa e degenerata della specie umana che comprende idioti, imbecilli, cretini e alienati.
Non riteneva, però, che vi fossero teorie abbastanza esatte da modificare la legislazione criminale e che non vi erano ragioni per sottrarre i delinquenti ad una punizione esemplare. 
L’epilessia
Dalla IV edizione la tesi della follia morale venne progressivamente sostituita dall’epilessia. 
Il soldato Misdea aveva ucciso sette persone e ferito altre tre, per poi dormire 12 ore e risvegliarsi completamente amnesico. Lombroso ne dedusse che il comportamento non poteva essere spiegato all’atavismo ma vi erano “caratteristiche morbose comuni con l’epilessia”.
Lombroso cercava altri fattori causali al crimine perché molti elementi somatici e comportamentali dei delinquenti non potevano essere spiegati dall’idea di regressione.
Quando Lombroso parla di epilessia descrive una modificazione di coscienza, dove, al posto della crisi tonico clonica vi è l’esplosione di rabbia e violenza. “a volte gli attacchi si manifestano solo con parossismi di rabbia o con impulsi primitivi”.
Lombroso ampliò il ruolo sociale, biologico e culturale dell’epilettico accettando l’idea di Moreau de Tours’ della grande melanconia ovvero del rapporto (e l’analogia) tra l’attacco epilettico e il momento di ispirazione del genio Così facendo Lombroso stabilì una connessione tra non solo tra epilessia e comportamento criminale ma anche tra epilessia e l’idea di genio, idee che si trovano ulteriormente elaborate in Zolà e Nietzsche. 
La donna delinquente
Lombroso riconosceva che nelle donne vi sono meno stimmate criminali. Identificò nella prostituzione l’equivalente del crimine e della degenerazione. Prostitute e delinquenti nati hanno in comune:
la mancanza del senso morale, la stessa durezza di cuore, la stessa indifferenza al biasimo sociale .. La stessa mancanza di prevedere le conseguenze dei loro atti, la stessa mobilità e pigrizia e la ricerca dei piaceri facili, per le orge, per l’alcool e la stessa vanità ...psicologicamente la prostituta è un criminale, non commette crimini per la sua debolezza fisica
La teoria di Lombroso non è basata solo su aspetti costituzionali. 
Indicò che la povertà, l’ambiente, il costo del cibo, l’alcolismo, l’attività delle bande criminali, la corruzione, sono fattori inducenti il crimine. Nella sua opinione la povertà contribuisce al crimine perché favorisce le malattie degenerative. La carcerazione favorisce lo sviluppo della criminalità. Era contrario all’isolamento e alla detenzione dei minori. Il trattamento penitenziario doveva essere individuale
Suggerì che l’eccessiva densità di popolazione aumenta il crimine, una migliore distribuzione delle ricchezze e l’eliminazione della tortura lo riduce 
Era contrario alla funzione retributiva della pena, favorendo la prevenzione. 
Le banche avrebbero dovuto lavorare nell’interesse delle persone e i pubblici officiali essere onesti. 
L’alcolismo doveva essere trattato in centri appositi. 
L’unità familiare previene la criminalità. 
Era contrario alla pena in relazione alla gravità del fatto, mentre favoriva la detenzione indeterminata se non imputabili. Riteneva che i giudici non fossero le persone migliori per giudicare i rei e proponeva misure alternative alla detenzione. Era favorevole ad un “completo disarmo”
Il crimine politico era un importante problema anche allora. 
Lombroso aveva definito un “delinquente occasionale” senza connessioni con l’atavismo, dove ricadevano gli autori di reati colposi, quelli che difendevano l’onore o la famiglia ecc. e i “delinquenti abituali” dati da fattori sociali, come i mafiosi. 
I delinquenti politici erano “uomini che abbracciano l’idea di progresso”, includendo geni, pazzi, santi e criminali. Lombroso afferma che è l’idea della maggioranza che decide se un fatto è criminale
“La prima condizione di una azione per essere considerata delittuosa e che sia compiuta da una minoranza”. Lombroso cercò stimmate negli anarchici, anche se in altre occasioni afferma siano “belli”, e che loro passione è l’antitesi del “criminale nato”.
L’anarchia è però una regressione all’atavismo e che la miglior cura per la loro condotta è un socialismo moderato in un regime democratico, essendo motivati da un ideale di giustizia. 
Questa ambiguità è riflessa nella valutazione che fece di Passanante, che avrebbe avuto caratteristiche regressive, ma anche da mattoide. 
La scuola Positiva
La rivista di Filosofia Scientifica era curata da Morselli e l’Archivio di Psichiatria, Scienze Penali e Antropologia Penale fondata da Lombroso, Ferri e Garofalo.
Ferri propose una riforma del Codice Penale completamente positivista, negando fermamente l’idea del libero arbitrio, sostenendo la supremazia della sociologia e affermando che il diritto penale è una branca della stessa. Secondo la Scuola Positiva la società non ha il diritto di punire, lo deve solo fare per difendersi dalla malattia chiamata crimine e il solo scopo del Diritto Penale è la prevenzione. I processi devono essere una valutazione scientifica. 
Lo spiritismo
Nel 1888 dopo aver pubblicato un articolo in cui criticava lo spiritismo venne inviato a partecipare a delle sedute con Eusapia Palatino, cambiando idea sui fenomeni paranormali ed iniziando un interesse per il paranormale che si concluse solo con la sua morte il 19 ottobre 1909. 
Nel 1897 andò a Mosca per un congresso dove si incontrò con Tolstoj, incontro dove lo scrittore mantenne un atteggiamento guardingo nel timore di essere classificato come folle e Lombroso si convinse che lo scrittore confermava le sue teorie sul genio. 
Cosa è rimasto del pensiero lombrosiano? 
Più di quanto ci si possa immaginare:
I manicomi criminali sono sopravissuti a tutte le leggi, compresa la 180 e sono integrati nel SNN con il decreto Prodi.
L’idea che il reato è espressione della personalità e che il crimine non è un problema morale
La Scuola Positiva ha imposto l’idea che la legislazione deve “capire” il criminale e escludere l’irresponsabile dalle sanzioni. 
I suoi metodi erano inaccettabili, ma l’idea della ricerca di fattori biologici nella causalità del comportamento criminale è sua.
Il concetto di personalità antisociale come espressione di una linea evolutiva che parte dall’infanzia su fattori costituzionali (ADHD, Ipercinesia) e continua nella pubertà e adolescenza a seconda dei fattori di accudimento e sociali è lombrosiana. 
Gli studi che si occupano dei rapporti tra tempo meteorologico e crimine addirittura citano Lombroso .
La natura genera il criminale ma la società gli fornisce le condizioni per esprimersi
Il suo determinismo dato dalle “stimmate” biologiche non impedisce l’idea di un “progresso” e ci ricorda che il conflitto tra razionale ed irrazionale non è risolvibile nel nostro tempo, poiché comportamento e pensiero sono espressione della natura umana

La follia del potere e il potere della follia
Carlo Maci

PREMESSA Nascono problemi sia di metodo che di contenuto quando si cercano di applicare dimensioni cliniche della psicopatologia individuale alla psicopatologia delle masse. Freud sottolineò la differenza qualitativa che separa le due aree di osservazione, per poi comunque cimentarsi in Totem e tabù e nel Disagio della civiltà. Fromm e Adorno cercarono di interpretare psicologicamente il nazionalsocialismo.
Hegel dopo aver riscattato la follia, non più come l’altro dallo spirito ma l’altro dello spirito, sostenne che la mente umana è sempre esposta al rischio di perdersi nell’alternativa tra delirio di controllo e onnipotenza, da una parte, e scatenamento del vuoto, dell’assenza dall’altra. Da qui Hegel denunciò le derive del terrore e dell’anarchia, delle dittature e delle rivoluzioni: i torbidi e vorticosi rapporti tra mente umana e potere, tra follia del potere e potere della follia, quando viene meno quella continua tensione tra l’Io e il Noi.
Ernesto De Martino parlò di una sorta di invariante antropologico transculturale (apocalittica), le cui attuazioni marcano tutte le epoche storiche di transizione.
Tale invariante può essere riconosciuto anche nelle catastrofi psicopatologiche individuali...(dimensione molecolare) oltre che nelle derive culturali collettive, rappresentate, dai manifesti ideologici (dimensione molare) che ispirano piani politici e religiosi di potere ...
- Il compito della psicopatologia culturale è quello di cogliere i rapporti di reciproco influenzamento e determinazione tra la dimensione molecolare e quella molare; per dare una prima risposta alle domande sollevate da accadimenti storici che a intervalli periodici mettono a rischio radicale, al tempo stesso, l’individuo ( crisi della presenza) e il mondo (vissuti di fine del mondo) Callieri, 1955 e De Martino 1977. 
IPOTESI L’invariante apocalittica può accomunare la dimensione molare a quella molecolare nella struttura politica totalitaria e nella mente paranoica, possibile equivalente psicopatologico, tramite alcune correlazioni o meglio contaminazioni?
CONSIDERAZIONI INIZIALI
Entrambe sono assetate di coerenza, organizzandosi intorno all’autoreferenzialità del ragionamento logico e della concezione della verità come adeguazione assoluta e perfetta. 
Entrambe vivono la parte affettiva con terrore e alto controllo. 
Entrambe cercano di svelare insidiosi complotti. 
Entrambe vivono drammaticamente il problema della leadership e della paranoia genesi.
La prima ricorre regolarmente al terrore, scaricato soprattutto sull’uomo comune, per aumentarne il senso di insicurezza, altre volte ricorre ad una seduzione impropria e regressiva.
La seconda nel rapporto con l’altro, familiare o estraneo, spesso utilizza un clima di minacciosità e sopraffazione più o meno velata, attraverso un suo proporsi deciso e puro, altre volte spaventa con la sua rabbia disforica, altre volte appare compiacente per sedurre, per sviare altrove.
CORRELAZIONE: Patologia Identitaria
Nella ricostruzione di un passato, di un periodo storico come nella narrazione di un’esistenza abbiamo una follia del potere ed un potere della follia che privano il resoconto storico di un criterio di verifica o di controprova (proprio perché il criterio di montaggio della prova e di costruzione della controprova coincidono). 
La coerenza quindi non sta nel contenuto o nella costruzione di un percorso , ma nella plausibilità del rovesciamento dei criteri di partenza; per dirla con Popper della falsificazione di questi criteri proposti. Criteri, posizioni che sono invece proposti come idee senza parole, un po’ come i siti web neonazisti.
George Orwell nel libro 1984 ci presenta quelle passioni de-personalizzanti, nelle quali si mescolano odio e aggressività, senso di superiorità e paura.
Emozioni che insieme ad una visione del mondo semplificata e dualistica ci richiamano alla mente le terribili dittature del secolo scorso.
Orwell è riuscito difatti a mettere a fuoco, in maniera esemplare, quella dinamica paranoica, che ha strutturato e ancora oggi struttura molte delle pratiche identitarie, non solo quelle che hanno riguardato i due esempi di “politica estrema” del Novecento. 
Joseph Paul Gobbels nel 1931 pubblica il volume intitolato Kampf un Berlin, in cui teorizza il “soldato politico” e scrive: 
“Uomini fanatici e pronti a battersi incondizionatamente ... L’individualità è negata ... la massa per noi è soltanto materiale informe. Solo grazie alla mano dell’artista nasce dalla massa un popolo e da un popolo una nazione ...”
Aggiunge infine: 
“Colui che può considerare un fatto sotto diversi aspetti perde sicurezza e rigore nel giudicare ... La realtà non va esposta, ma se necessario, va deformata, quanto basta per conseguire l’obiettivo propagandistico”. 
A questo riguardo riporto il pensiero di George Orwell in un suo scritto del 1941: “Molto presto nella mia vita ho notato che nessun evento è correttamente riportato sui giornali, ma in Spagna, per la prima volta, ho visto servizi giornalistici assolutamente privi di ogni rapporto con i fatti, privi persino di quel rapporto implicito in qualsiasi menzogna ordinaria. Ho visto resoconti di grandi battaglie, laddove non c’erano stati scontri, e silenzio assoluto laddove centinaia di uomini erano stati uccisi ... e ho visto giornali a Londra riprendere queste falsità come fatti veri”.
Pratiche identitarie che necessitano di un potere che non solo manipola le informazioni sui fatti del mondo, ma anche distrugge la memoria storica, distruggendo il criterio di verità e di realtà. Si produce così una sorta di “menzogna istituzionalizzata”, sapendo che la memoria riscritta condizionerà l’attenzione dell’oggi, nello Stato come nel paranoico.
I soggetti in questione così potranno aderire meglio alla riscrittura della storia proposta. 
Il paranoico come il Partito ha una capacità “creativa” di rilettura del passato e di lettura del presente. Entrambi sono patologia dell’identità storica, per un eccesso di difesa dell’Io ( Io blindato) e dello Stato ( Dittature).
II CONSIDERAZIONE:posizione contro-fobica>tempo
In 1984, come in un delirio paranoico, è la contingenza come cifra del reale, con la sua imprevedibilità e le sue contraddizioni, a dover essere negata; è il tempo che passa con le nascite e le morti che insidiano il controllo del tempo. Così O’Brien, uomo del Partito, dice nel libro: “Ogni essere umano è condannato a morire, il che costituisce la maggiore di tutte le possibili sconfitte. Ma se egli riesce a fare una completa, totale sottomissione e rinuncia, se riesce a evadere dalla sua stessa identità, se si può completamente confondere nel partito, in modo da essere il Partito, allora riesce a diventare onnipotente ed immortale”.
Queste parole del protagonista di 1984 ci ricordano il meccanismo difensivo controfobico del paranoico nei riguardi del tempo che scorre e che ritroviamo spesso nel potere folle, nel potere dittatoriale.
Un esempio per tutti quel Niyazov, auto-proclamatosi presidente a vita del Turkmenistan nel 1993 e deceduto nel 2006 per gravi complicanze da diabete mellito.
Durante la sua dittatura vide bene di riproporre la sua immagine ovunque ( TV-giornali ...), arrivando anche a farsi fare una sua statua tutta d’oro di 12 m, ma non ancora soddisfatto ebbe l’originale idea di cambiare i nomi delle stagioni, del mesi e dei giorni con quelli dei suoi familiari e parenti.
Quando al tempo della vita che passa si affianca il tempo di una malattia cronica grave, il vissuto di perdita è maggiore Altre volte nella storia, durante le dittature, si sono cambiati i nomi ai giorni, ai mesi e agli anni, in una sorta di espansività oltre il tempo, nel tentativo diffondersi per l’eternità. 
Il rapporto con il tempo che trascorre, che avanza ci evoca quindi il rapporto con il tempo del paranoico, che contro-fobicamente cerca di controllarlo tramite un’anticipazione impossibile. Inoltre quella tendenza, dei regimi totalitari, a negare la contingenza, con le sue contraddizioni ed ombre, con gli eventi imprevisti e non determinati ci ricorda quella mancanza del paranoico di quella capacità negativa, di cui parla il poeta Keats e ripresa puntualmente da Arnaldo Ballerini in Caduto da una stella. Figure della identità nella psicosi (2005).
Capacità negativa che permette agli uomini di attraversare quei periodi caratterizzati da incertezze, oscurità, incoerenze, senza muoversi emotivamente verso risposte frettolosamente separative, verso difese rigide, binarie e totalitarie; verso una ricerca affannosa delle ragioni, di un’idea esplicativa.
A questo proposito un caso paradigmatico, una storia vera del 900, è la biografia di un apolide, Arthur Koestler, ebreo di origine, nato a Budapest nel 1905 e morto suicida a Londra nel 1983: sionista e comunista, giornalista liberale e militante rivoluzionario, intellettuale raffinato e spia in azione. 
Scrive in uno dei suoi libri ‘La scrittura invisibile. Autobiografia 1932-1940’, uscito nel 1969: “Non avevo più amici al di fuori del Partito ... era divenuto la mia famiglia, il mio nido, la mia patria spirituale. All’interno di esso si poteva litigare, brontolare, sentirsi felici o infelici; ma lasciare il nido, per quanto limitante e maleodorante potesse a volte essere , era divenuto impossibile.” Si coglie qui bene il vissuto dentro un sistema-chiuso-settario, una dimensione paranoica della politica.
Scrive Koestler in Buio a mezzogiorno, il suo lavoro della maturità, uscito postumo nel 1990:
“Tutti i nostri principi erano giusti ... ma i risultati erano sbagliati. Questo è un secolo malato. Abbiamo diagnosticato la malattia e le sue cause con esattezza microscopica, ma ogni qual volta abbiamo applicato il bisturi nuovi mali si sono sviluppati. La nostra volontà era pura e ferma, avremmo dovuto essere amati dal popolo. Ma il popolo ci odia. Perché siamo tanto odiati? Abbiamo portato al popolo la verità e sulle nostre labbra essa suona come una bugia ...”. Nella Scrittura invisibile scrive: “Il denominatore comune della loro colpa è di aver posto gli interessi del genere umano al di sopra degli interessi dell’uomo, di aver sacrificato la morale per l’utile, i Mezzi per i Fini ...”. 

Sempre Koestler scriverà in un suo libro del 1978 ‘Il principio di Giano ’: “Le aberrazioni più frequenti della mente umana sono dovute al perseguimento ossessivo di qualche verità parziale, considerata come l’intera verità ... ovvero un olone che si spaccia per la totalità.
Dietro le azioni dei riformatori, dei ribelli, degli esploratori e degli innovatori che smuovono il mondo, c’è sempre un motivo intimo, il più delle volte le conseguenze di una delusione, di un timore o di una colpa. I felici sono di rado curiosi.” In queste righe ritroviamo forti consonanze paranoicali: una parte per il tutto, le idee dominanti catatimiche, Il paranoico pur di trovare una fede sarebbe disposto a tutto ...
il movente affettivo, il progetto grandioso-riparativo-innovativo e la lettura di proprie difficoltà come ostacoli posti volutamente e celatamente da altri...
Le teorie complottistiche, come le idee paranoiche, hanno una logica binaria, insita nella natura umana, oltre che nel senso di separare la logica della vita dalla logica dell’idea anche nel senso di interno-esterno, di amico-nemico, di vittima-carnefice. Difatti anche oggi quando si parla di gruppi criminosi, di mafie in espansione, di poteri collusi si è tentati, comprensibilmente di leggere questi fenomeni con una logica binaria, più semplice, più veloce e più rassicurante; ma così si rinuncia a rilevare, forse perché molto ansiogene, tutte quelle condizioni intermedie, ambivalenti e meno distinte che contribuiscono più di altre all’ espansione del fenomeno in aree nuove. La stessa storia del nazismo viene ricordata soprattutto per il periodo buio, dell’ultimo decennio, con i campi di sterminio, su cui si deve mantenere viva la memoria, ma al contempo si è oscurato il periodo preparatorio in cui ci fu una via democratica, ricca di suggestioni filosofiche (Platone, Evola ...), insidiosamente favorente la nascita del nazionalsocialismo. 
Kohut ci ha ricordato come il nazifascismo nacque da un vissuto di ingiusta sconfitta del popolo germanico, nella prima guerra mondiale, imputabile ad un complotto economico mondiale ebreo-cristiano (la crisi del 1929), come intesa segreta tra questi gruppi per organizzare atti ostili e dannosi contro di esso. Di contro il nazifascismo rispose con una persecuzione sempre più dichiarata e manifesta contro il popolo ebraico, contro il sionismo, prendendosi il diritto di dar voce a tutte le componenti dell’antisemitismo. 
A questo riguardo uno storico delle istituzioni politiche, Francesco Ingravalle, analizza il periodo successivo alla Grande Guerra, la crisi del 29, descrivendo i principali movimenti anti-occidente ed il loro aggregarsi sulla: “Negazione della razionalità moderna, della razionalità ‘borghese’ come strumento di trasformazione della realtà sociale, negazione del ruolo dei diritti dell’individuo, affermazione del collettivo: a destra della razza (biologica e/o spirituale), a sinistra dello Stato dei Soviet. Si tratta di visioni monolitiche, nell’essenziale, che tendono a configurare progettualmente uno spazio politico e sociale totalitariamente unitario ...”. Da Il nichilismo politico, 2007. 
- L’assunto infondato che un gruppo di rivali stia unendo le proprie forze contro di noi è una teoria del complotto ristretto, una nostra paranoia. 
- La paura che gli ebrei o i massoni stiano cercando di prendere il potere del mondo è una teoria del complotto mondiale. 
- “Le teorie del complotto ristrette sono eterne, risalgono alle prime forme di vita sociale ed esistono ovunque. 
- Al contrario le teorie del complotto mondiale hanno una storia: si generano a partire da una determinata situazione storica in Europa e risalgono a due secoli e mezzo fa, al tempo dell’illuminismo.”
Daniel Pipes, Il lato oscuro della storia. L’ossessione del grande complotto. 1997.
. Molti storici delle dottrine politiche affermano che con la Rivoluzione Francese nacquero le teorie complottiste mondiali: da un lato i Giacobini e dall’altro i Controrivoluzionari, difatti entrambi adducevano agli altri la paternità del complotto (massoni, ebrei, giacobini, filosofi dei lumi contro aristocrazia, chiesa cattolica, potere economico...).
Le teorie complottiste sono spiegazioni semplificate della complessità del reale, concezioni schematiche e binarie del mondo, basate sull’esistenza di un unico rapporto amico-nemico, di un’unica esistenza inclusione-esclusione. Il 17 settembre del 1793 si promulgò la “legge dei sospetti” con conseguenti delazioni selvagge; il 10 giugno 1794 venne abolito il diritto di difesa.
V CORRELAZIONE: logica binaria, separativa e manichea.
Dall’11 settembre, in particolare, stiamo assistendo a un riarmarsi di scudi identitari, che pur con una funzione protettiva dichiarata, tendono però ad alzare il livello dell’autoreferenzialità e con essa l’intensità dei conflitti. Assistiamo al riaffermarsi di teorie cospirazioniste e complottistiche che se nell’immediato rassicurano la nostra mente, in cerca di una risposta logica-coerente-veloce, si rilevano in realtà pericolose, in quanto disorientanti strumenti di negazione della complessità del reale e massicciamente proiettive di aspetti interni.
Sembra quindi prevalere o ritornare in auge una logica separativa, fondata sull’idea che con il nemico non ci sia alcuna possibilità di mediazione.
La posizione del nemico non è né comprensibile e né spiegabile, poiché la si riconosce solo come corpo insidiosamente estraneo e da rimuovere il prima possibile.
Si rinnega quindi una sorta di approccio genealogico o se vogliamo storico-anamnestico.
Si perde così la possibilità di individuare quelle dinamiche preparatorie e predittive, sempre presenti sia nella paranoia come nelle posizioni politiche più insostenibili, dove spesso la costruzione è più celata e complessa di quel che appare o che vuol far apparire. 
VI CORRELAZIONE: tutto è segno, il significante soverchia il significato, non è permessa l’ambivalenza cognitiva e affettiva.
Massimo Recalcati in un suo recente lavoro, ‘ Paranoia e ambivalenza ’ (2007) , scrive:
“Siamo qui di fronte a una legge che definisce il funzionamento complessivo di ogni istituzione e di ogni legame sociale e che pone un problema generale: come la necessaria affermazione di una propria particolarità può non necessariamente evolvere verso una sua difesa paranoica? Come, in altri termini, è possibile tracciare il confine dell’identità senza esteriorizzare sull’Altro-nemico l’ambivalenza, dunque la divisione costitutiva dell’identità? L’appartenenza è essenziale per definire un’identità ma laddove essa tende a irrigidirsi (paranoicamente), sfocia inevitabilmente in una chiusura nei confronti dell’Altro e, dunque, in un suo progressivo isterilmento... la vera follia non è nello smarrimento dell’identità dell’Io ma nel credersi davvero un Io, nel porsi come un’identità senza divisioni.”
Quindi da un lato abbiamo una vocazione totalitaria del pensiero ideologico, dove la visione del mondo si accompagna ad una sistematizzazione totalizzante. Dall’altro lato abbiamo il paranoico che si nutre di certezze, che ricerca evidenze in cui tutto è segno, dove il significante soverchia il significato, dove non può esistere il non-senso, dove abbiamo una totale corrispondenza tra l’Idea e la realtà, senza contraddizioni, senza posizioni dialettiche, non potendo ammettere il conflitto. Da ciò la paranoia esige, continua Recalcati; “l’esclusione del carattere strutturale della categoria freudiana dell’ambivalenza, che non è tanto una patologia dell’affettività, quanto la condizione stessa dell’affettività, poichè contempla quell’ inconscio che il paranoico rifiuta perché entra in contrasto con quel regime separativo e proiettivo attuato. “
RIASSUMENDO:dimensione molare/molecolare
I Correlazione – patologia identitaria.
II Correlazione – meccanismo di difesa contro/fobico nei riguardi del tempo in divenire; mancanza della capacità negativa.
III Correlazione – la parte per il tutto; l’idea, la fede, il partito sopra tutto, il fine sopra il mezzo e sopra l’individuo.
IV Correlazione – teorie complottiste.
V Correlazione – logica binaria, separativa e manichea.
VI Correlazione – tutto è segno, il significante soverchia il significato; non è permessa l’ambivalenza affettiva, il conflitto.
CONSIDERAZIONI FINALI:
Appare chiaro, quindi, come il pensiero paranoicale viva in fieri con l’uomo, come una componente strutturale dell’Io (Lacan), e che possa espandersi ogni qual volta entri in giuoco una qualche forma di aspettativa, di aspirazione, di potere.
Laddove l’uomo senta dei diritti da far valere, sia personali che storico/sociali, laddove senta il rischio che la sua autostima ed il suo potere venga meno, laddove si senta offeso e attaccato.
Laddove provi paura o tema di essere attaccato, là dove pensi che qualcuno lo voglia escludere e/o svergognare, là dove pensi che qualcuno si voglia appropriare di un suo godimento, di una sua cosa.
Possiamo quindi rilevare come dalla diagnosi storica e dalla diagnosi clinica, come dalla storia dei popoli e dalla storia del singolo vi sia una sorta di inclinazione del potere verso la paranoia e al contempo una sorta di inclinazione paranoica verso il potere.
In questo senso sembra più insidiosa, più destabilizzante e più drammatica la follia della paranoia rispetto alla più manifesta ed accettata, perché più distante, più distinguibile e più isolabile, follia della schizofrenia. Questa difatti agendo meno nel reale, nella storia, appare più ingenua, più innocua, più fragile, più poetica poiché meno forte e meno attratta dal potere.

MARIO ROSSI MONTI
La metamorfosi psicotica nel mondo: Repulsion
 La relazione del prof. Rossi Monti prende spunto dal film “Repulsion” di R.Polanski del 1965. Storia di una giovane donna che fa la manicure a Londra e che nel giro di qualche giorno assiste alla propria metamorfosi psicotica .
Il film comincia con l’immagine dell’occhio della protagonista e termina con la stessa immagine in un altro contesto storico della protagonista.
Simbolica è anche l’immagine della crepa, simbolo della trasformazione che sta per accadere in Carol..La protagonista guarda il mondo intorno a lei e sente sinistri scricchilìolii. Ciò che scricchiola è lei e non il mondo. Queste due immagni, l’occhio e la crepa, riescono a descrivere nel film ciò per cui mancano tutte le analogie dell’esperienza umana. Infatti le parole spesso non bastano per descrivere alcuni fenomeni. L’occhio che guarda tali fenomeni deve allora essere diverso, deve essere spirituale.
L’immagine della crepa è significativa. Una prima crepa si presenta mentre Carol cammina per Londra e ad un certo punto si fissa su una crepa che vede sul marciapiede. Altre crepe si identificano nel vissuto di Carol, verso un senso di catastrofe imminente.Una terza crepa: la sua casa, il suo sé va incontro ad una crepa.
R. Polanski, continua il prof. Rossi Monti, ha un accesso privilegiato alla follia. “La follia fa paura perché si arriva a sé stessi...Se non avete più le certezze...tutto diviene spaventoso”, dice Polanski della follia. E’ ciò che succede quando si perde l’ovvietà natuale.
Il “guado” che si evidenzia dal film ha ad un estremo , la psicosi ad uno stato nascente, l’apertura di una porta su di un’altra realtà. Questa è una fase di transito, nel senso che non si può sostare, si avanza o si regredisce. All’altro estremo il delirio come spiegazione, in una sorta di percorso ad imbuto. Carol perde così progressivamente la qualità dell’esperienza. Nella fase in cui Carol si trova a vivere, le cose perdono la loro scontatezza.
Il prof. Rossi Monti evidenzia due concetti fondamentali per comprendere l’esperienza della crepa, del delirio, entrambi rintracciabili nel film
Il concetto di Perplessità: dalla depersonalizzaizone alla perplessità \ le cose non sono più le stesse \ atmosfera inquietante (perdita della familiarità del mondo)
Il concetto di Salienza (Kapur 2003): è qualcosa che ti salta all’occhio. Gli elementi nel film del mondo di Carol che assolvono alla funzione della salienza sono il rasoio, che porta nella casa, mondo limpido e immacolato, l’amante della sorella di Carol che vive con lei, e un coniglio scarnificato.

In questa fase dell’esperienza di Carol ogni oggetto fa da supporto per il ribaltamento
A tal proposito Borges afferma che “ogni cosa, anche la più banale, può diventare germe d’inferno”.
Questa incapacità di elaborare l’oggetto percettivo “ dalla magnificenza del dettaglio alla trappola del delirio” porta alla crepa del mondo interiore di Carol.
“Stare così vicini alla realtà in maniera tale che nessuno ne può più uscire”, dice Polanski.
L’ultima immagine è l’occhio di Carol bambina, tratta da foto di famiglia. Lo sguardo della bambina si volge fiducioso verso la composta dignità della figura paterna, uno sguardo di chi ha già visto una crepa, una crepa con le figure di attaccamento (trauma)
La crepa spacca la realtà in due strati.
Come sperare di avvicinare il paziente se non si conosce almeno un po’ ciòl che sta vivendo?

GIORGIO MANCINI
“EFFETTO CINEMA”. IL CINEMA NELLA LOTTA ALLO STIGMA

La relazione ha per contenuto un’esperienza concreta del prof. Mancini presso l’università de L’Aquila.
Nella lotta al pregiudizio e allo stigma nell’ambito della salute mentale e’ fondamentale l’attivita’ di prevenzione e promozione della salute, nonche’ di lotta al pregiudizio e allo stigma, in relazione all’incremento progressivo della richiesta di intervento e alla difficolta’ di farvi fronte
Il pregiudizio, giudizio anticipato, è opinione preconcetta che determina atteggiamenti ingiusti, e’ di grave danno sia per i soggetti coinvolti, sia per i risultati del nostro lavoro Il pregiudizio ha come fondamento alcuni assiomi :
il malato mentale e’ incomprensibile
ne deriva che
il malato mentale e’ imprevedibile
quindi
il malato mentale e’ pericoloso
infine
il malato mentale e’ inguaribile
E’ sempre attuale l’affermazione di Albert Einstein : “e’ piu’ facile disintegrare un atomo che un pregiudizio”
Il cinema nella lotta allo stigma.
Il contesto :
il completo e definitivo superamento , alla fine degli anni ’90, dell’ ex ospedale psichiatrico dell’aquila il trasferimento dell’istituto cinematografico dell’aquila “ la lanterna magica” in un edificio presente nell’area dell’ex o. p.
la fase di riorganizzazione del dipartimento di salute mentale della asl dell’aquila secondo gli orientamenti della psichiatria di comunita’
la possibilita’ di usufruire di finanziamenti nazionali specifici per la salute mentale
Affinita’ e collegamenti tra cinema , psichiatria e psicologia:
hanno origini quasi contemporanee:
nel 1895 i fratelli lumiere effettuarono le prime proiezioni cinematografiche nello stesso anno freud e breuer presentarono i primi studi sull’isteria mentre kraepelin dava un rinnovato impulso alla psichiatria clinica

hanno spesso oggetti di interesse comuni:
l’uomo, la famiglia, la societa’
hanno, nel corso della loro evoluzione, mantenuto un collegamento co
stante, con una prospettiva bilaterale:
il cinema osserva gli psichiatri e gli psicoterapeuti

gli psichiatri e gli psicoterapeuti osservano e interpretano i film 
La specificita’ del linguaggio cinematografico, che consente di spaziare con la fantasia senza porsi piu’ limiti di tempo e di spazio, rende il mezzo cinematografico straordinariamente indicato alla rappresentazione del mondo introspettivo, dei problemi e misteri della mente, della incapacita’ dell’uomo, in alcuni momenti, di sapersi adattare ad un mondo esterno sempre piu’ veloce e sempre piu’ in trasformazione.
Il cinema e’ cresciuto nel xx secolo in stretta simbiosi con l’uomo “moderno”, di cui conosce ormai tutto: del resto, e’ l’uomo che “ fa” il cinema ad operare con esso, consciamente o meno, una rappresentazione di se’.
Ma “ l’effetto cinema” opera anche attraverso le modalita’ di “fruizione del mezzo”: 
la “ comunita’ “ della sala cinematografica
lo spegnersi delle luci, il buio in sala
gli intervalli luminosi
Tutto concorre a determinare un clima particolare nel quale gli avvenimenti, le immagini, i suoni, le espressioni, gli sguardi, le musiche trasmettono emozioni con speciale intensita’ .

VITTORIO VOLTERRA 
Stravaganze e lepidezze in psicoterapia nel cinema
 Psicoanalisi e cinema nascono insieme nel 1895, in Europa.

Successivamente il cinema ha avuto espansione in USA e poi nuovamente in Europa.
Cinefili o no il cinema fa parte del nostro immaginario, della nostra memoria, della nostra vita. E costituisce, come la psicoanalisi, qualcosa che ha a che fare con la nostra cultura; e che assume un linguaggio universale. Il cinema ai primi del 900 (ex. dr. Mambuse)
Dopo gli anni ‘70 psicanalisiti e psichiatri sono stati trattati molto male dal mondo del cinema, dopo un iniziale “periodo d’oro”.
Il film che viene proiettato è in insieme di 12 altri film. Alcuni vecchi, altri più recenti. Tratta di cose un po’ “stravaganti”.. 
Cinema e dispositivo iconico della mente
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Giuseppe Riefolo Società Psicoanalitica Italiana DSM RM.E

Premessa: critica della funzione del film su un registro analitico
film da decodificare
il film come prodotto ‘nevrotico’ significato
b. film da godere
film come funzione alfa trasformazioni (f. iconica).
Quindi: Funzione depositario (Pichon-Riviére)
depositario è un oggetto che contiene e autorizza la simbiosi fra caratteristiche contrastanti di una serie di oggetti prima che questi procedano verso la discriminazione reciproca. 
Funzione iconica
Artemidoro (II sec. d.c.)
5 tipi di sogni: 
1. sogno: rivelazione attraverso un’immagine nascosta; 
2.visione, quando un uomo vede da sveglio ciò che ha fatto durante il sonno; 
3. oracolo, 4. fantasia, 5. apparizione
“La visione è la rielaborazione di un ricordo” (Freud, 1899)
funzione iconica/funzionamento mentale: 
“... la formazione di engrammi determinati senso-motoria-mente fa parte della primissima parte dello sviluppo cognitivo” (Piaget)
“la predominanza del senso ottico, sia reale che immaginaria, è tale che influenza la nostra capacità di pensiero” (Bion, 1974, 110). 
“il primo tassello è un pittogramma visivo... Il problema dell’uomo è avere una mente. Una mente funzionante crea continuamente immagini” (Ferro, 2002,18- 19). attenzione fluttuante “... onde cogliere così l’inconscio del paziente con il suo stesso inconscio” (Freud, 1922, 443). 
funzione iconica/funzionamento mentale 
Revérie: sensazioni e immagini “...che di solito sembrano completamente scollegate da ciò che il paziente dice e fa in un particolare momento” (Ogden, 2001, 16) “Quando l’ascolto si concentra eccessivamente su qualcosa che sta ‘dietro’ il linguaggio, l’interpretazione diventa aridamente esplicativa” (Ogden, 2001, 65) “ Un’immagine vale mille scene” (Bollas, 2000, 141). 
Funzione iconica
a. Freud. Nel VI cap.(1899) la raffigurabilità è descritta come processo specifico all’interno del lavoro onirico, allo stesso titolo della condensazione, spostamento ed elaborazione secondaria. Nella 29 lez, 1933, il sogno è una “lingua primitiva priva di grammatica”. 
b. Bion: fila C: “ritengo che occorra pensare che i sogni appartengano ad una categoria C molto più estesa, di gran lunga più estesa di una categoria che comprenda soltanto immagini visive o altre immagini sensoriali” (Bion, 1992, p.325) 
c. Aulagnier. (1975)
Violenza primaria pittogramma;
Violenza primaria: “ogni incontro mette il soggetto di fronte ad una esperienza che è in anticipo rispetto alle sue possibilità di risposta nel momento in cui la subisce” (Aulagnier, 1975, 68).
“il primo tassello è un pittogramma visivo” (Ferro, 2002, 18). 
“ il più elementare livello di organizzazione simbolica che entra in opera nella mente dell’analista è quello della immaginazione iconica” (Hautmann, 1993, 113).
d. Edelman.“la capacità di costruire una scena offre il vantaggio di mettere in relazione eventi nuovi con eventi che possono essere stati importanti per l’apprendimento nel passato” (1992, 184).
“... le categorizzazioni di parti del mondo separate e non casualmente connesse si possono correlare e riunire in una scena” (1992, 184-185). 
Freud. “la trascrizione delle percezioni, del tutto incapace di pervenire alla coscienza si struttura in base ad associazioni di simultaneità. L’inconscio è la seconda trascrizione ordinata in base ad altre relazioni, per esempio, causali” (Freud, 1896, lettera 112 del 6 dicembre, 237). 
Kaes, 38. con i kleiniani la scena viene pensata come rappresentazione dello spazio psichico del sognatore” 
e. Botella C e S.: “... il lavoro della raffigurabilità è un processo psichico fondativo che, sviluppandosi sulla via regressiva, sarebbe determinato dalla tendenza a far convergere tutti i dati del momento, stimoli interni ed esterni, in una sola unità intellegibile, volta a legare tutti gli elementi eterogenei presenti in una simultaneità atemporale sotto forma di una attualizzazione allucinatoria, la cui forma originaria più elementare sarebbe una raffigurabilità” “la raffigurabilità non può essere ridotta all’immagine” 
Raffigurabilità e lavoro di raffigurabilità 
“...il risultato è “una figura” ...; è il lavoro in doppio il cui risultato rivela ciò che esistendo già nell’analizzando allo stato non rappresentabile, come negativo del trauma, può finalmente accedere alla qualità rappresentazione” “si produce nell’analista una raffigurabilità, spesso rivelatrice di qualcosa di irrappresentabile che esiste nell’analizzando” (Botella C.&S., 2001) “considerazione della raffigurabilità”: attrazione selettiva delle scene ricordate visivamente che vengono toccate dai pensieri del sogno (Freud, 1899, cap.7). Il sogno prende la via regressiva e “acquista raffigurabilità” (p. 523). 
f. Hautmann (1993) 
immagini come “... il formarsi della prima pellicola di pensiero... forme iconiche di K... un disegno con intenzionalità analitica” 
Cinema e funzione iconica della mente: 
il film) è una storia per immagini” (S. Field, 1984);
“...(il cinema) arricchisce i nostri sensi di una profusione di immagini, di forme e di impressioni da renderlo una sorta di dono..” (Andreas-Salomé, 1913, 115).
“il mito può essere considerato una forma primitiva di pre-concezione (Bion, Elementi.., 114...). 
L’organizzazione per immagini non è dovuta alla censura, ma ci giunge come stimolo ed induzione esterna ad associare. (es: percorso del “domino”) 

La coppia analitica, organizzata e prescritta da Freud, sostanzialmente ripropone la funzione delle due posizioni del sogno e del film: c’è la cosa e la possibile rappresentazione – da un altro vertice – della cosa. 
Si tratta di attribuire alla cosa (?) infiniti vertici di rappresentabilità (?). 
La posizione iconica, o della visione del film è una posizione dell’ordine materno: essere accolti da una dimensione di immagini che sono lì per noi. L’uscita dal cinema o la fine dell’esperienza del sogno sono dell’ordine paterno: è il momento in cui confrontiamo i nostri significati con quelli degli altri e con quelli supposti del regista. 
Infatti: 
“...bisogna comunque tener presente che una rappresentazione iconica, ... di per sé non afferma nulla e che ad essa deve essere conferita, attraverso, o nella lingua, una funzione...” (Loch, 1984, 254). Vedere è la prima forma di necessario incontro fra diversità: 
l’analista legge il discorso del paziente utilizzando il proprio vocabolario di immagini: “il paziente... mentre mi racconta il sogno anch’io vi partecipo. Viaggio in bus, intravedo il mare...” (Bollas, 1999, 30) 
l’analista mette a disposizione il proprio inconscio 
È la prima attivazione della f. alfa: “Le impressioni dell’evento vengono rimodellate come immagine visiva...e in questo modo tramutate in una forma idonea ad essere immagazzinata nella mia mente (Bion, 1992) “...la mia esperienza analitica è compatibile con uno sviluppo che procede dalla immagine visiva completa alla elaborazione in termini non visivi” (Ferro, 2002, 112). 
Quindi: ... un video
È una storia comune; 
Storie da descrivere e da vedere; 
Una storia che “vale mille altre scene” (Bollas)
I luoghi, i personaggi o gli interventi possono essere descritti; le relazioni e le emozioni si possono solo evocare;
È un dispositivo per curare la fatica e la passione del lavoro terapeutico: serve a se stessi e alla comunicazione con i colleghi.
Serve per la manutenzione dei servizi e della nostra mente.

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