abolizione del tso

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Che ne dite del fatto che noi possiamo costringere a curarsi un paziente psichiatrico con il tso e obbligarlo ad assumere farmaci che potenzialmente possono dare morte improvvisa e che a lungo andare danno quasi sempre una sindrome metabolica che aumenta di molto il rischio cardiovascolare. Noi per legge costringiamo un paziente alla sindrome metabolica, al rischio di infarto ed altro per non consentirgli sdi essere matto. Tra l, altro se non gli facciamo il tso potremmo essere anche accusati di omissione. Per legge se il paziente psichiatrico non riconosce diessere ammalato e non vuole curarsi devo esporlo a rischi tremendi per la sua salute "organica"anche perche' la legge me lo impone, se no abbandono, colpa etc.
mi piacerebbe aprire una discussione serena su questo aspetto peculiare del nostro lavoro.

Ecco un evento importante politicamente a Napoli, cui non ho potuto partecipare sul tema TSO...

https://www.facebook.com/events/307961446001943/?ref=22

Credo sia ideologico non dare farmaci prima o darli solo dopo o di più la sera e solo noi o anche le altre autorità...

Esite uno studio che MISURA la PERICOLOSITA' SOCIALE dei pazienti PSICOTICI per la FAMIGLIA, per gli ESTRANEI e al VOLANTE o stiamo solo parlando tra amici?

Qualcuno, magari per motivazioni diverse e piu' valide delle mie proporrebbe l'abolizione del tso e la sostituzione con modalita' meno coercitive di trattamento.?

OK ci sono molte forme di applicazione, ci sono varie interpretazioni più o meno corrette. Ma in ogni Stato esistono delle forme di trattamento coatto. Che alternativa proponiamo al TSO?

L'alternativa e' trattamento volontario e la possibilita' di rifiutare le cure come per tutti i"normali" che possono scegliere di drogarsi, di morire perche' non vogliono cambiare la pila di un pacemeker " non voglio in piena coscienza e consapevolmente dipendere da una macchinetta"; voglio continuare a bere alcoolici pur sapendo che mi fara' molto male, etc.grazie a tutti per gli importanti contributi.

totalmente inacettabile dal punto di vista medico ed etico per me
e' una distorsione del concetto di liberta' che puo' anche portare a gravi conseguenze.

riprendo perchè non inteso un quesito, se volete paradossale, da me proposto in questa sede qualche post fa: 'per chi vale l'obbligatorietà?' e liquidato con qualche considerazione legittima quanto ovvia di carattere giuridico amministrativo, a proposito della 'normatività' o giù di lì
in realtà quell'interrogativo intendeva sollecitare una postura interrogativa, dove più frequenti sono quella 'adempitiva' piuttosto che 'difensiva'
se noi ci soffermiamo per più di un istante sulla possibilità che il carttere di obbligatorietà riguardi più l'assunzione del provvedimento che non la sua accettazione, rimandiamo a livelli di responsabilità,(etica ancor prima che deontologicae nonostante quella legale) non consueti l'atto decisionale che troppo spesso, nella sua proceduralità e nei suoi rimandi organizzativo-opearativi, traduce e tradisce un intenzione liquidatoria, grossolanamente chirurgica, della complessità della 'crisi', personale e di contesto alla quale invece sembrerebbe voler rispondere con impiego di risorse spesso esuberante nei modi quanto rudimentale nelle premesse e inefficace negli esiti
mantenere provocatoriamente ma euristicamente il baricentro dell' 'obbligarietà, di cura più che di trattamento, su Servizio e professionisti vincolerebbe l'uno e gli altri a non semplificare quella complessità umana, clinica, esistensiva e perfino epistemica in una successione di atti insieme burocratici e repressivi, che nullificano il carattere di garanzia per il cittadino fragilizzato (e non per la comunità 'minacciata'o per il professionista 'previdente' ) che l'intero dispositivo era previsto avesse in origine
L'obbligatorietà di cura (to care more than to cure) tornerebbe ad essere vincolo e opportunità di costruzione di alternative ad hoc meno semplificate e approssimative, 'obbligando' Servizio e professionisti ad una condotta meno ricattatoria e seduttiva di quella che si adotta nei migliori dei casi, e meno poliziesca e deresponsabilizzante di quella che si delega ad altri nei peggiori dei casi
TSO potremmo allora ancor più paradossalmente dire come Obbligatorietà di Trattamento delle Sciatterie di pensiero e di azione che riducono uno dei comportamenti più delicati e sfidanti della nostra pratica, che dovrebbe essere di salute mentale e di comunità, ad accidente ingombrante per la routine e per la statistica o motivo di estenuanti negoziazioni per striminziti protocolli d'uso e abuso consensuale del diritto e dei diritti
Nessuna semplificazione ideologica o scientista o economicistica può ridurre la questione tra 'si' e 'no', senza implicare coscienze individuali e collettive su questioni fondanti che il dispositivo, nel contesto del processo di riforma dell'intero sistema sanitario in origine aveva e su questioni attuali che nel contesto di desertificazione etica e culturale dentro e fuori i Servizi, si pongono quotidianamente anche a partire del 'senso', oltre qualsiasi retorica, della sua applicazione o meno quanto a ragioni, criteri, obiettivi, modi e modi alternativi d'intervento

Provo a rispondere a Giancarlo in termini violutamente semplificati per consentire credo PER me una maggiore comprensione del tema in oggetto.
Procedero' per punti col sistema delle domade e delle risposte il tutto volutamente semplificato cercando se possibile l'essenzialita' in entrambi i casi:
1) Il TSO e' una "sconfitta' nei confronti delle buone partiche terapeutiche? Si ma non si puo' affermare che questa sia la sola risposta ho nozione di paziente seguiti benissimo che hanno subito TSO necessari all'interno di percorsi terapeutici e/o psicopatologici
2) Il TSO ha ache fare con errori o eccessi nella sommimistrazione di psicofarmaci? Nella mia esperienza assolutamente no ma parlo della mia esperienza ultratrentennale
3) Il TSO puo' venire imposto dall'esterno per "pressioni" di avrio genere? Non mi e' MAI capitato ma non posso escluderlo a priori 9anche se la cos anon ha a che vedere con qualsivoglia buona pratica)
4) Il TSO e' necessario come strumento? Si per ragioni cliniche legali e etiche e' uan grave responsabilita' che lo spichiatra deve assumersi ineluttabilmente
5) Si potrebbe afre a meno del TSO in psichiatria? Per me no a meno che parlaimo di un mondo perfetto che non esiste purtroppo sia dal punto di vista della qualita' dei servizi sia per qunato concerne supporti esterni. Va per latro ribadito che sempre nella mia personale esperienza ultratretenanle il ricorso al TSO e' percentualmente raro rispetto al numero totale dei ricoveri e mnolto spesso a fronte di una PROPOSTA non si passa alla CONVALIDA trasformando in Pronto Soccorso un TSO in un ricovero volontario.
A me pare summing up che si faccai un po' di confusione il ricovero in ambito ospedaliero e' una realta' spesso richiesta dai pazienti e' una tapap "possibile" all'interno di una percorso terapeutico.

noi, in colloquio, tutti..io,facendo seguito alle preziose puntualizzazioni di Francesco Bollorino

al punto 1 - non avendo una rappresentazione bellicita del lavoro di salute mentale, ma salutarmente conflittuale, non considero il TSO una 'sconfitta' o una 'vittoria' di chicchessia, perchè anch'io nella mia quarantennale storia professionale e istituzionale ho molti casi in cui il TSO ha rappresentato un'occasione importante di continuità di realzione a fronte di rischi immanenti di vissuti abbandonici o di distrazioni etiche

ovvero il problema è: ho fatto tutto il possibile per accedere ad alternative o ho agito in automatico date le coordinate procedurali e le abitudini esecutive?..parliamone

al punto 2 - non esiste alcun rapporto deterministico causa-effetto o logico vincolo-opportunità tra TS e abuso farmacoqualcosa, perchè esistono abusi quotidiani dellla risorsa farmacologica che non hanno bisogno del contesto emergenziale per manifestare il loro potenziale maligno

ovvero il problema è: il ricorso al farmaco nell'ordinarietà del lavoro di cura e nella extra-ordinarietà delle situazione di acuzie/emergenza/urgenza/crisi resta un mezzo o diventa un fine?

al punto 3 - l'imposizione (sic!) del TSO ad un Servizio altrimenti non orientato a proporlo o convalidarlo, piuttosto che il TSO che 'scavalca' la responsabilità del Servizio, sono espressioni non necessariamente di abuso altrui, ma certamente di 'debolezza' del Servizio per scarso radicamento territoriale, scarsa autorevolezza negoziale interorganizzativa e comunitaria, natura 'd'attesa ' della sua rappresentazione presso i propri operatori e i contesti in cui opera

ovvero il problema è: qual'è il livello di visibilità, accessibilità, affidabilità e governabilità di quel Servizio in quel territorio?

al punto 4 - la necessarietà del TSo è congiunturale e contestuale, mai assoluta e non può corrispondere ad una soluzione di corto circuito per atti omissivi e/o abusivi pregressi

ovvero il problema è: ciò che rende necessario il provvedimento coercitivo è la precauzione difensiva del Servizio/professionista rispetto a scrupoli legalistici o paure giudiziarie, o una meditata e sofferta scelta di responsabilità una volta vagliate ed esperite tutte le alternative possibili?

al punto 5 - la indispensabilità del ricorso al TSO non può essere nè ideologicamente pregiudiziale nè definitivamente empirica, ma può e deve essere esposta al vaglio permanente di quello spirito critico e di quella responsabilità etica e di quella pratica/politica dei diritti tanto fondantiall'origine del processo di riforma dei Servizi psichiatrici, quanto oggi e da troppo tempo rarefatti nei percorsi di formazione e di cura, come ancor più nei precetti pretestuosamente scientisti e miseramente economicistici dell'ideologia manageriale e delle sue parodie

ovvero il problema è . cosa facciamo noi per presidiare lo spirito e la norma , la matrice e l'orizzonte di quel grande progetto di riforma delle culture e della organizzazioni, dei saperi e delle pratiche, delle coscienze e delle convivenze, che è, dovrebbe essere ancora, dovrà tornare ad essere la 'de-istituzionalizzazione'?

vorrei aggiungere che come detto e' connaturata al disturbo mentale la non coscienza di malattia per la quale e' nato il TSO. Al tempo stesso la violazione della norma costituzionale della liberta' di cura OBBLIGA uno Stato di Diritto ad avere una legge che regoli la "violazione" questi sono i fatti.
Detto cio' se da un lato e' evidente nella mia essperienza clinica che l'istituto non e' usato molto e spesso non si passa dalal proposta alla convalida dall'altro non si puo' escludere che vi siano realta' in cui il TSO e' usato con maggiore frequenza essenzialmente come un collega ha scritto per la bassa qualita' globale dell'assistenza al malato sulle cui ragioni non si puo' general;izzare ma che certamente e' un problema su cui meditare.

Detto cio' la donanda di Stefano e' assolutamente pertinente: quale alternativa NON IDEOLOGICA al TSO correttamente messo in atto?

Su questo mi piacerebbe sentire pareri visto che a me non vengono in mente alternative plausibili e adeguate alla bisogna.

Un'ultima considerazione: non vedo rapporto tra prescrizione di psicofarmaci e regime coattao di ricovero. Interrogarsi sugli effetti specie a lungo termine delle terapie psicotrope e' assolutamente corretto ed etico ma questo vale per tutte le terapie attuate in tutte le situazioni intra ed extra ospedaliere ma associare il tema al TSO e' mettere assieme le pere con le mele

Interessante dibattito.
Nella mia esperienza quasi trentennale ho usato molto raramente farmaci nei tso. Il paziente pur obbligato alla fine viene accompagnato - nei casi da me trattati - dalle forze dell'ordine senza che io debba somministrargli alcunchè.
Piuttosto è più importante l'uso che si fa del tso. I pazienti seguiti dalla mia equipe molto raramente arrivano al tso.
Infatti quasi sempre sono costretto ad effettuare tso perchè chiamato dal 118 per pazienti sconosciuti o seguiti in maniera saltuaria , senza visite domiciliari o senza adeguato coinvolgimento della famiglia.
Molto spesso se il paziente è seguito in maniera ravvicinata nel tempo , con visite frequenti , con contatti pregnanti con il contesto in cui vive e con sostegno psicologico anche il farmaco può essere dosato adeguatamente e ben scelto e usato anche a dosi "tossiche" ma per un tempo molto limitato

Ormai anche io limito molto l'uso di farmaci durante l'esecuzione del tso. Noi accompagniamo il paziente in spdc con i vigili e stando a Ischia ci spostiamo sull'isola con una autoambulanza poi saliamo su una idroambulanz, traversata e infine nuova ambulanza all' arrivo in porto di pozzuoli o di napoli per raggiungere l'spdc campano dove abbiamo trovato il posto letto. I farmaci meglio utilizzarli in ospedale soprattutto se il paziente e'sconosciuto e da noi localita' turistica dove si passa da 60000 abitanti in inverno a punte di 400000 d' estate spesso si lavora con sconosciuti anche stranieri. Ma quello che mi domando e' quanti pazienti trattati in tso dopo 10 anni non stanno assumendo piu' farmaci e quanti aarvano alla conclusione che se non assumeranno piu' farmaci, potrebbero incorrere in un nuovo tso?

condivido cio' che ha scritto Gaetano dal mio lato di psichiatra osperdaliero non posso che confeermare le sue parole e aggiungo: il tema del TSO rischia di divenire "ideologico" se decotestualizzato un po' come ikl tema della contenzione che e' "cattiva" a prescindere mentre l'aumento delle terapie serali per i pazienti che "rompono" e' "buona" .. suvvia.. Proviamo a vedere la realta'.
Un fatto e' certo i nostri farmaci fanno bene e non fanno bene al tempo stesso e il tema "etico" di uan terapia integrata che li riduca e' questo si' un tema importante su cui meditare

Nella mia lunga esperienza, i TSO che ho effettuato per la maggior parte non sono stati mie iniziative, ma sovradeterminati da pressioni esterne, quali il 118, il medico di base, aurorita' locali, forze dell'ordine. Pressioni a cui spesso riesce difficile reggere, ma che soprattutto mettono a rischio la parte piu' fragile, il paziente (designato?) potendolo indurre a reazioni incontrollate e incontrollabili. Spesso mi e' stato possibile, lavorando sul contenimento delle ansie ambientali, riuscire a posporre l'intervento trasformando il TSO in ASO, nell'ottica di limitare il piu' possibile l'idea di urgenza in paichiatria trasformandola in prima battuta in emergenza. Questo mi ha portato a riflettere sulla idoneita' che il TSO venga assimilato ad atto clinico, perche' le situazioni non altrimenti gestibili erano sostanzialmente quelle in cui erano presenti acting di rilevanza penale. A questo punto, perche' lo psichiatra? Forse per una forma di buonismo, o meglio di soggezione ad una legge in cui esiste il doppio binario, dove chi compie reato, se in odore di patologia psichiatrica, va trattato diversamente da un comune cittadino? E' diverso nel bene e nel male, e per lui non valgono le leggi normali?

A mio avviso dovrebbero valere le leggi normali e non prevedere" un trattamento buonista differenziato"come a volta sembra accadere. Mi capita ancora di sentire forze dell'ordine che dicono e' pazzo non lo possiamo toccare dovete provvedere voi. Siamo sicuri che tutti i barboni che dormono per strada hanno tutti le rotelle a posto e non solo problemi economici, perche' non facciamo loro un tso per ripulirli se non vogliono accettare le cure?

la logica della legge del 1904 era quella della pericolosita' quella della 833 e' invece basata sulla cura delal malattia mentale in quanto malattia ma con delle specificita' che "possono" portare alal necessita' CLINICA di attiavre un TSO . Non mi sono MAI sentito ne' in colpa ne' spinto a fare un TSO e ho molto spesso eviato di convalidare la proposta agendo sul Paziente in Pronto Soccorso.
Non posso ovviamente generalizzare ma non mi risultano pressioni esterne per istaurare il procedimento da parte di alcuno visto che in buona sostanza e' lo spichiatra che con la CONVALIDA attiva il processo e ripeto nella mia vita lunga di psichiatra di Pronto soccorso sono piu' i TSO NON CONVALIDATI che quelli convalidati.
Le domande per me sono altre e riguardano le buone pratiche con o senza TSO

Sono convinto che, se volessimo realmente parlare in termini di buona pratica, dovremmo sforzarci di non burocratizzare la salute mentale seguendo logiche legislative, e ritrovare la capacita' di leggere con occhi attenti ai codici affettivi. Il TSO comunque lo si voglia intendere e giustificare oggi, e sottolineo oggi non quando fu legiferato, sottintende un rapporto asimmetrico, di violazione dell'altro: un intervento comunque drammatico. Si tratta allora di negoziare, di non porre avanti il proprio narcisismo giustificato da necessita' non necessariamente obbiettivabili, e spesso forzatamente inquadrabili come necessita' terapeutica. Porsi come obbiettivo il primum non nocere, inteso come evitare di creare ulteriore sofferenza non accettando che il fine giustifichi i mezzi. E per piacere, non ripetere che quanto e' ideologia.

Questo commento a mio avviso centra perfettamente i problemi nei quali ci troviamo spesso nell' esercizio delle pratiche quotidiane. Mi trova d'accordo in ogni sua parte.
Puo' essere un ottimo punto di partenza per una discussione ancora piu' interessante.
Grazie

io non sono un "appasionato" di TSO li sempre cercati spesso con successo di evitare cio' che non capisco e' al di la' della teoria cosa fare per evitare di arrivarci nekl mondo reale intendo non nell'arcadia psichiatrica che forse non e' mai essistita.
Mi preme ribadire che se partiamo dal TSO come fallimento terapeutico (senza generalizzazioni) assolute mi pare un giusto punto di partenza a cui dare gambe operative e linee guida condivisibile, elsewhere il rischio dell'ideologia deafferentata dalal realta' e' grande e concreto

l'asserto di un' assimilazione automatica del TSO all'assunzione coatta di farmaci, anche se ha una sua giustificazione in qualche modo statistica e perfino epidemiologica e comunque empirica, non è così ovvio e scontato da autorizzare una naturalizzazione di quel nesso e delle procedure che lo alimentano e lo riproducono
Piuttosto l'osservazione dellla fatalità presunta di quel nesso nelle pratiche consolidate dei Servizi deve interrogarci sulla inversione permanente in esse del rapporto fini/mezzi (ti faccio il TSO percheè tu non assumi i farmaci prescritti che non sono più tra i possibili mezzi, ma la cui somminitrazione è diventata l'obiettivo centrale e strategico dell'azione di cura) e nella trascuratezza i quelle pratiche di una ragione fondante, epistemica e euristica, del lavoro di salute mentale che è la costruzione delle altenative, come antidoto alla standardizzazione dell'offerta e alla serialità degli interventi
Altro ci sarebbe poi da dire sull'uso contentivo del farmaco ('camicia di forza farmacologica') anche in termini etici e non solo di governo del rischio
Discussione aperta, magari

prima questione: l'obbligatorietà chi riguarda? chi propone e /o dispone o chi subisce, il trattamento? (quesito solo apparentemente paradossale o naive)

seconda questione: cosa si fa nelle pratiche quotidiane per accedere ad ogni possibile alternativa a quella evidente coercizione della libertà personale che il provvedimento comporta?

terza questione. perchè è così poco praticata nei Servizi la possibilità del TSO extraospedaliero?

quarta questione: il numero dei TSO rispetto ai ricoveri piuttosto che ai cittadini in carico al Servizio, è di per sè indice di qualità o sarebbe meglio indagare i perchè causali e finali del provvedimento, come anche gli effettidell'averlo assunto o evitato con alternativa o evitato senza alternativa?

...solo per cominciare

Nel momento in cui si norma qualcosa siamo tutti obbligati al rispetto delle norme, l'obbligatorieta' vale per tutti. Extra ospedaliero o no il tso equivale a somministrazione di farmaci e ai rischi sd essi connessi senza che il paziente abbia molta voglia di assumerli.
'Grazie

il problema posto in questi termini e' MAL POSTO: i pazienti ricoverati hanno spesso BISOGNO di farmaci TSO o NON TSO. Sulla liceita' di prescriverli sui dosaggi sulle buone pratiche si possono aprire dibattiti non ideologici e supportati da dati rispetto ai comportamenti ma cio' nulla ha a che vedere col TSO come istituto che non puo' mancare in ALCUNA LEGISLAZIONE PSICHIATRICA. Io non ho mai visto abusi sparae nel mucchio mi pare poco utile ad uan discussione utile appunto.

Mi piacerebbe una liberta' di cura fino in fondo e forse e' vero che il problema sia mal posto, mi picerebbe comunque sapere se tra di noi ci sono persone che abolirebbero il tso anche per motivazioni diverse dalle mie.
Grazie a tutti

Provo ad intervenire punto per punto:
a) e' nella natura dei disturbi mentali il rifiuto delle cure e la non coscienza di malattia e il legislatore ha un obbligo COSTITUZIONALE di normare i ricoveri necessari tecnicamente che comportino la non accettazione del ricovero stesso da parte dell'ammalato. E' uan norma ineludibile
b) le percentuali di TSO rispetto ai ricoveri volontari nella mia sperienza ultratrentennale di Pronto Soccorso sono una percentuale davvero minuscola rispetto alal maggioranza dei ricoveri effettuati in regime di accordo terapeutico col paziente
c) mettere insieme i danni da farmaci presi per lungo tempo con l'istituto del TSO che e' tipicamente un intervento di urgenza psichiatrica non ha correlati logici. fermo restando il problema degli effetti metabolici che coinvolge TUTTA la popolazione dei pazienti e non solo quelli acui viene fatto il TSO
d) il tema TSO semmai andrebbe discusso in altri termini: ha senso per esempio il trasporto di un malato in regime di TSO da una comunita' terapeutica dove e' seguito da anni, per esempio, ad un SPDC dove viene svolto un intervento di urgenza per farlo poi ritornare in Comunita'?
passo parola

Quante persone oggi rischiano la loro vita per malattie "organiche"per le quali rifiutano qualunque intervento medico? Eppure non e' possibile costringere queste persone a curarsi. Quando espongo ai neurolettici un paziente con disturbi mentali lo espongo subito e non cronicamente a rischio di morte improvvisa, pur rispettando tutte le precauzioni possibili. Tso significa sicuramente assunzione di farmaci e dopo un tso quanti pazienti mi chiedo sospendono questi farmaci e non continuano ad assumerli per anni se non a vita. Cio' non mi spinge a credere che l' abbandono del paziente psichiatrico sia la scelta migliore, ma neanche l'obbligo delle cure con farmci che hanno effetti collaterali marcati mi sembra giusto se imposto per norma. Quando curiamo un "matto" noi medici disponiamo del suo corpo che sotto l'effetto dei farmaci si trasforma. Spesso il motivo dei ricoveri sono da ricercare nel rifiuto di terapie da parte di pazienti dallo scompenso e dalla difficolta' a stare in cmunita'. Quindi l'allontanamento il ripristino della terapia coatta e il ritorno.
Grazie a tutti per i contributi prr me importantissimi.

Avendo vissuto fin dalal prima ora il tema del TSo debbo dire che la sua primigenia interpretazione non limitava l'intervento alle sole situazioni psichiatriche ma le successive interpretazioni della Cassazione hanno circostritto l'uso al SOLO ambito psichiatrico.
Il tema etco della liceita' delle cure e dei loro effetti a lungo termine e' appunto un tema etico su cui val pena meditare ancorche' ci troviamo di fronte alla classica coperta troppo corta e temo che qualunque sia la direzione che si sceglie si lascia scoperto il problema.
Per altro la domanda che dobbiamo SEMPRE porci e' cosa sia meglio per il paziente io di happy fools ne ho conosciuti proprio pochi se non nessuno.... e chi dice il contrario la fa per ideologia e non per verifica clinica.
Sia chiaro: migliore e' il trattamento INTEGRATO del paziente meno farmaci servono su questo non ci piove


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