Riflessioni (in)attuali
Uno sguardo psicoanalitico sulla vita comune
di Sarantis Thanopulos

LA VITA NON CERCA LA SICUREZZA

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3 aprile, 2017 - 16:40
di Sarantis Thanopulos

Biagio De Giovanni ha contestato “il luogo comune che chi invoca la sicurezza è di destra, chi invoca la libertà è di sinistra”. A suo dire: “la sicurezza è il primo diritto di ognuno, viene prima di ogni altro diritto, assicurare la conservazione della vita e il suo agevole movimento furono il contenuto del primo “contratto” che, alle soglie dell’età moderna, si stabilì tra lo Stato e i suoi, allora, sudditi”.
Ci si può chiedere se la sicurezza, intesa come “conservazione della vita” e del suo “agevole movimento”, sia stata davvero un diritto inalienabile dei sudditi o, piuttosto, una concessione funzionale al mantenimento di uno Stato centralizzato, interessato a concentrare nelle sue mani un potere normativo in cui le restrizioni sovradeterminavano decisamente le aree di libertà. L’idea della sicurezza come “valore”, nasce come strumento di assoggettamento dei desideri dei sudditi a un potere piramidale, in cambio della soddisfazione, ineguale, dei loro bisogni e di stabilità (il potere d’arbitrio incarnato nel sovrano assoluto).
Dove la contrattazione è circoscritta nel campo dei bisogni -in cui gli esseri umani sono ineguali- prevale il diritto del più forte e i “diritti umani”, appannaggio di tutti, non esistono, se non nella forma negativa di limitazione necessaria del privilegio. Il diritto del più debole è espressione della restrizione del diritto del più forte. Ha il significato della compensazione e resta avulso da una condizione paritaria degli esseri umani. Segnala che è il divieto a definire il diritto e non il contrario.
Quando la  sicurezza non deriva dal diritto di mantenersi vivi sul piano del desiderio, è al servizio di un principio omeostatico dell’esistenza. È un diritto paradossale alla difesa perpetua dalla vita. Fondata apparentemente su condizioni materiali, è in realtà, un bisogno psichico. L’essere umano ha come esigenza primaria la rappresentazione di sé e del suo ambiente in termini che rendano sensata la sua esistenza. Il bisogno di stabilità è relato alla necessità di una coesione accettabile del suo apparato psichico, anche quando la sua precarietà è dovuta alle condizioni oggettive, materiali della sua esistenza.
Perciò, spesso agisce secondo una visuale deformata della realtà, che nuoce ai suoi interessi materiali e affettivi. La precarietà non spinge automaticamente a trasformare le condizioni reali che la determinano, può portare a una semplificazione, distorsione della complessità, nel tentativo di stabilire un ordine psichico (individuale e collettivo) coerente. Non sorprende che, il più delle volte, la classe politica, invece di eliminare le cause della criminalità, punti non tanto a reprimere i delinquenti, quanto a compiacere l’opinione comune su di loro.
La sicurezza non è un “valore” di per sé, è parte del supporto logistico dell’esistenza. L'amore, la ricerca scientifica, l’arte, il lavoro creativo, prediligono la meraviglia e l’imprevedibilità, non disdegnano la vulnerabilità, né l’incertezza. La domanda di sicurezza (che sostituisce la domanda ben più impegnativa di una fiducia nella complessità) è uno strumento di manipolazione che consente di trasformare il desiderio in bisogno, ingannandolo, e di drogare la vita.
La dissociazione del bisogno dal desiderio e la rivendicazione del suo primato portano a destra. Nella contraddizione della sinistra, che spesso li sovrappone, il capitalismo si è incuneato (con tutta la tendenza suicida per l’umanità che si annida nel suo nucleo più oscuro, che gli fa da motore), riuscendo a portare l’orologio del tempo dei diritti democratici reali di parecchi decenni indietro.
 

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