CLINICO CONTEMPORANEO
Attualità clinico teoriche, tra psicoanalisi e psichiatria
di Maurizio Montanari

Perchè tanto odio? Note semicliniche attorno congresso scaligero sulla familgia tradizionale.

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8 aprile, 2019 - 22:27
di Maurizio Montanari
Un sentimento trabordava nelle parole di diversi partecipanti alle assise della kermesse veronese dedicata alla Famiglia: l’odio. Si, in pochi consessi si è annusato l’odore dell’odio cosi’ diffuso, così innervato. Ho ascoltato i commenti degli spettatori che vi hanno partecipato. Odio per la diversità, odio per l’omosessualità ( il grande nemico comune), avversità nemmeno tanto malcelata verso l’emancipazione femminile, odio verso l’aborto. In pratica odio per tutto ciò che osi mettere piede fuori dal recinto blindato del matrimonio e della cosiddetta famiglia ‘tradizionale’.

Dio è stato tirato in ballo cosi’ tante volte, che qualcosa sull’amore me lo sarei aspettato. Vanamente, perché qua non si parlava nè di misericordia, nè di compassione, quanto piuttosto della difesa di un ordine costituito da uomini che hanno posto il loro personalissimo Dio a garante quel contenitore chiamato famiglia ‘normale’ , sui lati oscuri della quale scrissi due righe (https://www.ilfattoquotidiano.it/…/ddl-pillon-da-t…/4755425/) . In pratica è la messa in scena della famiglia di cui parla Recalcati, padre, madre , figlio e Dio. Solo nella sua forma piu' aggressiva.

Ciò che non convince non sono (ovviamente) tanto le obbrobriose e terrificanti teorie espresse pacatamente davanti ai microfoni (su tutte spiccavano per ferocia la ‘cura ‘ per l’omosessualità, la dannazione eterna per chi abortisce, l’aids come ‘punizione’ per la sodomia). Ma sono le urla, le grida. Quando le virtu’ sono gridate ai quattro venti in maniera eccessiva, iperbolica, celano sempre qualcosa di molle e sospetto.
Commenti violenti di coniugi blindati ( ‘ mia moglie non parla, parlo io’) , legati a doppia mandata in una coppia ‘regolare’, che sentivano il bisogno assoluto di gridarla al mondo come la sola via possibile. Assordanti dichiarazioni di ‘felicità’ drighignate di uomini con la bava alla bocca e sguardo cupo. L’incontro con Dio esaltato in gruppo come in una curva ultras da stadio. Pacifici padri col colpo in canna rivolto ad un mondo immaginario popolato da meretrici.
Chi è in pace, non grida. Chi lo fa, non è in pace Chi sbraita, chi si erge paladino furioso di battaglie epocali, è ben lontano da una pacificazione interiore. L’urlo assolve ad una funzione di copertura di un interessamento, una velata passione, un attenzione radicata verso ciò che si cerca di contrastare. E’ tutta roba con la quale il soggetto in qualche modo si è confrontato, che ha maneggiato. In qualche misura chiama in causa qualcosa di lui.
Quanto interesse deve esserci verso l’omosessualità, se ciò attanaglia la mente di molti intervistati che hanno probabilmente passato notti insonni nella ricerca di una ‘terapia’, o si sono dedicati con zelo all’approfondimento di teorie che sostengono come ‘ la penetrazione anale sia usata in iniziazioni sataniche’. E quanto fascino e timore deve suscitare la femminilità, se conclavi di austeri papà si autoconvocano per redigere e modernizzare l’antico imperativo del ' le donne? devono stare a casa'. Cosa dire poi della prostituzione? Quanti commenti! Quanta conoscenza insospettabile! Quanto sbraitarne per non immaginare che qualcosa del meretricio ingaggi gli animi di chi vi dedica tanta curiosità. Se due donne che si baciano o due uomini che limonano mettono tensione in una coppia che grida a i quattro venti la propria virtuosa solidità, probabilmente tanto solida non è.

Una lezione può essere tratta da manifestazioni come questa. La famiglia può diventare incubatore o barriera di odio. La parola chiave nel cercare di erigere degli anticorpi all’odio è l’ educazione. Non si pensi però ad un uso banale di questo strumento, educare non significa soltanto trasmettere la felicità della vita, il desiderio del futuro, la bontà, e via dicendo. Ciò non è per tutti, poiché in tante famiglie il corredo in dote è fatto da tessuti pesanti e rattoppati: lutti, infelicità, avversità economiche disgreganti, separazioni conflittuali. Povertà crescente. Per evitare che le dichiarazioni a margine della manifestazione scaligera diventino nel tempo senso comune, è necessario trasmettere ai figli la nocività del processo di deresponsabilizzazione. Ciò che la sorte dà, sovente non è colpa dell’altro, quanto un elemento da elaborare. Se tra le quattro mura insorge un problema economico, irrompe una malattia, il datore di lavoro licenza un genitore, o l’amore tra coniugi finisce, fomentare un clima permeato dalla certezza che la colpa è dei vicini, del collega di lavoro, degli stranieri, dei politici, in pratica dell’altro, porta come conseguenza l’iscrizione nel bambino di questo modello che lo indurrà a non assumersi mai una sola responsabilità. Paranoicizzare gli eventi della vita, cioè eleggere un capro espiatorio davanti al figlio, significa predisporlo da adulto a rispondere verso ogni avversità con la colpa verso l'altro, che si sedimenterà blindando ogni possibile percorso di elaborazione.

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Condivido. Si è fatta l'abitudine al linguaggio dell'odio e a tante altre cose errate che banalizzano la politica e la convivenza collettiva. Certe espressioni "tradizionaliste" nascondano paure, angosce, depressioni, paranoie e tanto altro. Senza volere scadere nelle generalizzazioni l'odio individuale e collettivo è la manifestazione evidente di un disagio. Chi è in pace con se stesso non desidera e non cerca l'odio dell'altro.


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