LA PSICHIATRIA PER BENE
Dialoghi sulle buone pratiche in Psichiatria
MARIO MAJ : Identità culturale e prospettive della Psichiatria
3 maggio, 2019 - 19:56
La psichiatria è una disciplina in costante e significativa evoluzione.
Come in ogni altro ambito di conoscenze la sua evoluzione si determina solo in parte per accumulo , ovvero per la somma di dati e scoperte che ne ampliano la possibilità di comprensione dei fenomeni mentali e, in particolare, di che cosa determini il disturbo mentale . La psichiatria, come altri saperi vede al suo interno momenti di profonda discontinuità , di assettamenti e cambiamenti di paradigma, ovvero della modalità e del metodo con cui le conoscenze si organizzano intorno alla loro specificità e alla definizione dell’oggetto del loro sapere e su come lo stesso oggetto è definito e il sapere concepito. Gli stessi psichiatri spesso sono consapevoli degli elementi di crisi o di difficoltà ma non sempre sanno leggere con precisione le linee di fondo dei cambiamenti in atto.
Su questi temi , questi anni, vi son stati interessanti dibattiti alcuni dei quali ospitati dalla rivista World Psychiatry che è oggi, di fatto, la più importante rivista di psichiatria del mondo non solo per la qualità e l’autorevolezza dei suoi contributi ma anche in considerazione della sua diffusione in tutti i paesi e della scelta della Wolrd psychiatric Association di renderla una rivista accessibile on line universalmente e liberamente in 10 lingue e della quale allego il link della versione in inglese http://wpanet.org/detail.php?section_id=10&content_id=421.
Numerosi articoli hanno riguardato il futuro della psichiatria e della professione di psichiatra, la natura delle conoscenze e delle competenze necessarie a questa professione , la natura della specificità della psichiatria le caratteristiche e i segnali di un cambiamento di paradigma, la funzione culturale e sociale delle conoscenze psichiatriche.
Ho voluto chiedere a Mario Maj che è l’editor della rivista una sua riflessione intorno a questo dibattito e alcune sue valutazioni sulla evoluzione della psichiatria e qualche consiglio per quei professionisti che volessero essere attenti a questo dibattito. Il parere di Mario Maj è rilevante non solo perché è l’ editor della rivista , non solo per il suo ruolo ultratrentennale di professore di psichiatria, ma, anche semplicemente, perché è uno degli psichiatri al mondo maggiormente influente e lucido nelle sue analisi e nelle sue ricerche . Un ricercatore che ha affrontato sempre questi temi senza riduzionismi ma sostenendo e incoraggiando la ricerca e il confronto fra approcci e concezioni diverse della psichiatria.
Gerardo Favaretto: Potresti indicarci almeno tre tra i principali nodi del dibattito sulla identità della psichiatria che oggi ne caratterizzano il momento di crisi ed evoluzione ?
Mario Maj : I tre nodi che indicherei sono quello della diagnosi (di cui alcuni mettono in discussione l’attendibilità e l’utilità in psichiatria), quello della ricerca sulle “cause” dei disturbi mentali (che secondo alcuni non avrebbe prodotto negli ultimi decenni alcun risultato significativo), e quello delle terapie psichiatriche (di cui si mette in dubbio l’efficacia). Quando si attacca la nostra disciplina, oggi, si fa in genere riferimento ad uno o più di questi aspetti.
In realtà, rispetto a ciascuno dei tre temi suddetti, è in atto da tempo un’evoluzione significativa, che deve essere portata all’attenzione dell’opinione pubblica.
Per quanto concerne il primo tema, oggi appare sempre più chiaro che la diagnosi (cioè, l’atto di ricondurre il singolo caso ad un “tipo”, tra quelli compresi nei sistemi ufficiali di classificazione) conserva in psichiatria una sua utilità clinica (come punto di partenza e di riferimento), ma non è sufficiente ai fini dell’impostazione dell’intervento terapeutico. Alla fase della diagnosi deve sempre seguire quella della caratterizzazione clinica dettagliata del singolo caso, rispetto ad una serie di variabili: dimensioni psicopatologiche, stadio di evoluzione del disturbo, variabili antecedenti (come la storia familiare, le esposizioni ambientali precoci e gli antecedenti psicopatologici), e variabili concomitanti (come il funzionamento cognitivo, il funzionamento sociale, l’abuso di sostanze, le comorbidità fisiche e psichiatriche). Oggi la pratica clinica in psichiatria, quando attuata ad un certo livello, prevede entrambe le fasi suddette. La diagnosi resta necessaria, perché senza di essa noi clinici ci perderemmo in un mare magnum di variabili, ma è soltanto un primo passo.
Per quanto riguarda il secondo tema, bisogna chiarire bene che i disturbi mentali non possono essere ricondotti al modello delle malattie infettive, ciascuna delle quali ha una “causa” specifica. Essi si avvicinano piuttosto al modello dei tumori, che in genere non hanno una causa specifica ma riconoscono a livello di popolazione una serie di fattori di vulnerabilità e di fattori protettivi, di natura in parte genetica e in parte ambientale, che intervengono in misura differente (e di solito non esattamente o niente affatto ricostruibile) in ogni singolo caso. La ricerca etiologica in psichiatria ha avuto uno sviluppo molto significativo negli ultimi decenni, che ha portato all’individuazione per vari disturbi mentali di una serie di fattori di vulnerabilità sia genetici che ambientali (molto meno sappiamo al momento, purtroppo, per quanto concerne i fattori protettivi), nonché di diversi modelli dell’interazione complessa tra questi fattori. Molti fattori di vulnerabilità si associano a vari disturbi mentali, e il tentativo in atto è quello di delineare “profili” o “costellazioni” di fattori di vulnerabilità che si associno in misura altamente significativa ad un determinato disturbo mentale ma non agli altri. Gli sviluppi della trascrittomica (studio dell’espressione dei geni, anche a livello dei singoli tessuti, nel nostro caso a livello cerebrale) cominciano adesso ad integrare quelli della genomica. Il progresso della ricerca etiologica in psichiatria, dunque, c’è stato e continua ad esserci anno dopo anno, ma sta andando in una direzione diversa da quella che si poteva prevedere alcuni decenni fa.
Per quanto concerne il terzo tema, le evidenze disponibili documentano che le terapie che noi usiamo in psichiatria (sia quelle farmacologiche che le psicoterapie) sono almeno altrettanto efficaci di quelle usate da altre branche della medicina per le patologie di loro competenza. I dati comparativi tra l’efficacia dei farmaci antipsicotici e dei farmaci antipertensivi, ad esempio, non lasciano dubbi a questo proposito. Il vero problema è che il divario tra l’“efficacia” (cioè, l’impatto sulla patologia bersaglio nelle condizioni controllate dei trials clinici) e l’“efficienza” (cioè, l’impatto sulla patologia bersaglio nelle condizioni cliniche ordinarie) è decisamente maggiore nel caso dei nostri interventi che in quello di molte terapie usate da altre branche della medicina. Ciò si deve alla maggiore influenza, nel caso dei nostri interventi, dei fattori cosiddetti “aspecifici” (che riguardano, cioè, la persona del terapeuta, la persona e le aspettative del paziente, la relazione tra il terapeuta e il paziente, le dinamiche familiari e quelle relative al contesto sociale in cui il paziente è inserito). Lo sforzo oggi in atto è di sviluppare la consapevolezza da parte degli psichiatri, già durante la loro formazione, dell’importanza di questi fattori “aspecifici”, e la capacità di riconoscerli nel singolo paziente, di analizzarli, di gestirli e possibilmente di utilizzarli a vantaggio della terapia.
Gerardo Favaretto: Alcuni autori sostengono che lo psichiatra sia una professione a rischio per il futuro , che potrebbe non esistere più stretta fra neuroscienze e psicologia . Qual è secondo te , invece il futuro della professione di psichiatra ?
Mario Maj : La psichiatria è l’unica professione che riflette in modo adeguato la complessità della mente e dei suoi disturbi. Essa può apparire più disomogenea e “divisa” di altre professioni, ma la coesistenza nel suo ambito di diversi orientamenti dottrinali e terapeutici rappresenta una ricchezza e non un limite (purché, naturalmente, questi orientamenti vengano presentati e coltivati come complementari anziché come in contrapposizione tra loro). Altre professioni possono apparire più coese e omogenee, ma questo riflette l’unilateralità della loro visione, insufficiente da sola ad affrontare la complessità dei disturbi mentali. La nostra professione potrà sopravvivere ed anzi accrescere la sua influenza nella misura in cui riuscirà ad integrare le sue varie componenti. In ciascuna delle tre aree che abbiamo prima delineato, la necessità di questa integrazione appare evidente: la caratterizzazione del singolo caso, la ricostruzione dei fattori di vulnerabilità e protettivi, l’impostazione e l’attuazione degli interventi terapeutici, richiedono l’integrazione di approcci differenti. Altre professioni potranno intervenire in ciascuna di queste aree, ma la sintesi richiederà sempre la professionalità specifica dello psichiatra.
Gerardo Favaretto: Quali sono le letture che indicheresti come indispensabili a un giovane in formazione ?
Mario Maj : La Psicopatologia Generale di Karl Jaspers, possibilmente nella sua versione in lingua inglese anziché in quella italiana (la cui qualità è purtroppo scadente), rappresenta la prima lettura fondamentale per lo psichiatra in formazione, perché delinea l’epistemologia della nostra professione. Per quanto riguarda la clinica, la conoscenza comunque indispensabile dei sistemi diagnostici ufficiali e delle linee guida terapeutiche accreditate a livello internazionale dovrà essere integrata da diverse letture. Indico adesso, soltanto a titolo esemplificativo, venti volumi “classici” e quindici lavori pubblicati nei decenni passati, che ogni psichiatra, a mio parere, dovrebbe conoscere.
Come in ogni altro ambito di conoscenze la sua evoluzione si determina solo in parte per accumulo , ovvero per la somma di dati e scoperte che ne ampliano la possibilità di comprensione dei fenomeni mentali e, in particolare, di che cosa determini il disturbo mentale . La psichiatria, come altri saperi vede al suo interno momenti di profonda discontinuità , di assettamenti e cambiamenti di paradigma, ovvero della modalità e del metodo con cui le conoscenze si organizzano intorno alla loro specificità e alla definizione dell’oggetto del loro sapere e su come lo stesso oggetto è definito e il sapere concepito. Gli stessi psichiatri spesso sono consapevoli degli elementi di crisi o di difficoltà ma non sempre sanno leggere con precisione le linee di fondo dei cambiamenti in atto.
Su questi temi , questi anni, vi son stati interessanti dibattiti alcuni dei quali ospitati dalla rivista World Psychiatry che è oggi, di fatto, la più importante rivista di psichiatria del mondo non solo per la qualità e l’autorevolezza dei suoi contributi ma anche in considerazione della sua diffusione in tutti i paesi e della scelta della Wolrd psychiatric Association di renderla una rivista accessibile on line universalmente e liberamente in 10 lingue e della quale allego il link della versione in inglese http://wpanet.org/detail.php?section_id=10&content_id=421.
Numerosi articoli hanno riguardato il futuro della psichiatria e della professione di psichiatra, la natura delle conoscenze e delle competenze necessarie a questa professione , la natura della specificità della psichiatria le caratteristiche e i segnali di un cambiamento di paradigma, la funzione culturale e sociale delle conoscenze psichiatriche.
Ho voluto chiedere a Mario Maj che è l’editor della rivista una sua riflessione intorno a questo dibattito e alcune sue valutazioni sulla evoluzione della psichiatria e qualche consiglio per quei professionisti che volessero essere attenti a questo dibattito. Il parere di Mario Maj è rilevante non solo perché è l’ editor della rivista , non solo per il suo ruolo ultratrentennale di professore di psichiatria, ma, anche semplicemente, perché è uno degli psichiatri al mondo maggiormente influente e lucido nelle sue analisi e nelle sue ricerche . Un ricercatore che ha affrontato sempre questi temi senza riduzionismi ma sostenendo e incoraggiando la ricerca e il confronto fra approcci e concezioni diverse della psichiatria.
Gerardo Favaretto: Potresti indicarci almeno tre tra i principali nodi del dibattito sulla identità della psichiatria che oggi ne caratterizzano il momento di crisi ed evoluzione ?
Mario Maj : I tre nodi che indicherei sono quello della diagnosi (di cui alcuni mettono in discussione l’attendibilità e l’utilità in psichiatria), quello della ricerca sulle “cause” dei disturbi mentali (che secondo alcuni non avrebbe prodotto negli ultimi decenni alcun risultato significativo), e quello delle terapie psichiatriche (di cui si mette in dubbio l’efficacia). Quando si attacca la nostra disciplina, oggi, si fa in genere riferimento ad uno o più di questi aspetti.
In realtà, rispetto a ciascuno dei tre temi suddetti, è in atto da tempo un’evoluzione significativa, che deve essere portata all’attenzione dell’opinione pubblica.
Per quanto concerne il primo tema, oggi appare sempre più chiaro che la diagnosi (cioè, l’atto di ricondurre il singolo caso ad un “tipo”, tra quelli compresi nei sistemi ufficiali di classificazione) conserva in psichiatria una sua utilità clinica (come punto di partenza e di riferimento), ma non è sufficiente ai fini dell’impostazione dell’intervento terapeutico. Alla fase della diagnosi deve sempre seguire quella della caratterizzazione clinica dettagliata del singolo caso, rispetto ad una serie di variabili: dimensioni psicopatologiche, stadio di evoluzione del disturbo, variabili antecedenti (come la storia familiare, le esposizioni ambientali precoci e gli antecedenti psicopatologici), e variabili concomitanti (come il funzionamento cognitivo, il funzionamento sociale, l’abuso di sostanze, le comorbidità fisiche e psichiatriche). Oggi la pratica clinica in psichiatria, quando attuata ad un certo livello, prevede entrambe le fasi suddette. La diagnosi resta necessaria, perché senza di essa noi clinici ci perderemmo in un mare magnum di variabili, ma è soltanto un primo passo.
Per quanto riguarda il secondo tema, bisogna chiarire bene che i disturbi mentali non possono essere ricondotti al modello delle malattie infettive, ciascuna delle quali ha una “causa” specifica. Essi si avvicinano piuttosto al modello dei tumori, che in genere non hanno una causa specifica ma riconoscono a livello di popolazione una serie di fattori di vulnerabilità e di fattori protettivi, di natura in parte genetica e in parte ambientale, che intervengono in misura differente (e di solito non esattamente o niente affatto ricostruibile) in ogni singolo caso. La ricerca etiologica in psichiatria ha avuto uno sviluppo molto significativo negli ultimi decenni, che ha portato all’individuazione per vari disturbi mentali di una serie di fattori di vulnerabilità sia genetici che ambientali (molto meno sappiamo al momento, purtroppo, per quanto concerne i fattori protettivi), nonché di diversi modelli dell’interazione complessa tra questi fattori. Molti fattori di vulnerabilità si associano a vari disturbi mentali, e il tentativo in atto è quello di delineare “profili” o “costellazioni” di fattori di vulnerabilità che si associno in misura altamente significativa ad un determinato disturbo mentale ma non agli altri. Gli sviluppi della trascrittomica (studio dell’espressione dei geni, anche a livello dei singoli tessuti, nel nostro caso a livello cerebrale) cominciano adesso ad integrare quelli della genomica. Il progresso della ricerca etiologica in psichiatria, dunque, c’è stato e continua ad esserci anno dopo anno, ma sta andando in una direzione diversa da quella che si poteva prevedere alcuni decenni fa.
Per quanto concerne il terzo tema, le evidenze disponibili documentano che le terapie che noi usiamo in psichiatria (sia quelle farmacologiche che le psicoterapie) sono almeno altrettanto efficaci di quelle usate da altre branche della medicina per le patologie di loro competenza. I dati comparativi tra l’efficacia dei farmaci antipsicotici e dei farmaci antipertensivi, ad esempio, non lasciano dubbi a questo proposito. Il vero problema è che il divario tra l’“efficacia” (cioè, l’impatto sulla patologia bersaglio nelle condizioni controllate dei trials clinici) e l’“efficienza” (cioè, l’impatto sulla patologia bersaglio nelle condizioni cliniche ordinarie) è decisamente maggiore nel caso dei nostri interventi che in quello di molte terapie usate da altre branche della medicina. Ciò si deve alla maggiore influenza, nel caso dei nostri interventi, dei fattori cosiddetti “aspecifici” (che riguardano, cioè, la persona del terapeuta, la persona e le aspettative del paziente, la relazione tra il terapeuta e il paziente, le dinamiche familiari e quelle relative al contesto sociale in cui il paziente è inserito). Lo sforzo oggi in atto è di sviluppare la consapevolezza da parte degli psichiatri, già durante la loro formazione, dell’importanza di questi fattori “aspecifici”, e la capacità di riconoscerli nel singolo paziente, di analizzarli, di gestirli e possibilmente di utilizzarli a vantaggio della terapia.
Gerardo Favaretto: Alcuni autori sostengono che lo psichiatra sia una professione a rischio per il futuro , che potrebbe non esistere più stretta fra neuroscienze e psicologia . Qual è secondo te , invece il futuro della professione di psichiatra ?
Mario Maj : La psichiatria è l’unica professione che riflette in modo adeguato la complessità della mente e dei suoi disturbi. Essa può apparire più disomogenea e “divisa” di altre professioni, ma la coesistenza nel suo ambito di diversi orientamenti dottrinali e terapeutici rappresenta una ricchezza e non un limite (purché, naturalmente, questi orientamenti vengano presentati e coltivati come complementari anziché come in contrapposizione tra loro). Altre professioni possono apparire più coese e omogenee, ma questo riflette l’unilateralità della loro visione, insufficiente da sola ad affrontare la complessità dei disturbi mentali. La nostra professione potrà sopravvivere ed anzi accrescere la sua influenza nella misura in cui riuscirà ad integrare le sue varie componenti. In ciascuna delle tre aree che abbiamo prima delineato, la necessità di questa integrazione appare evidente: la caratterizzazione del singolo caso, la ricostruzione dei fattori di vulnerabilità e protettivi, l’impostazione e l’attuazione degli interventi terapeutici, richiedono l’integrazione di approcci differenti. Altre professioni potranno intervenire in ciascuna di queste aree, ma la sintesi richiederà sempre la professionalità specifica dello psichiatra.
Gerardo Favaretto: Quali sono le letture che indicheresti come indispensabili a un giovane in formazione ?
Mario Maj : La Psicopatologia Generale di Karl Jaspers, possibilmente nella sua versione in lingua inglese anziché in quella italiana (la cui qualità è purtroppo scadente), rappresenta la prima lettura fondamentale per lo psichiatra in formazione, perché delinea l’epistemologia della nostra professione. Per quanto riguarda la clinica, la conoscenza comunque indispensabile dei sistemi diagnostici ufficiali e delle linee guida terapeutiche accreditate a livello internazionale dovrà essere integrata da diverse letture. Indico adesso, soltanto a titolo esemplificativo, venti volumi “classici” e quindici lavori pubblicati nei decenni passati, che ogni psichiatra, a mio parere, dovrebbe conoscere.
- Dementia Praecox o il Gruppo delle Schizofrenie di E. Bleuler
- Trattato di Psichiatria di E. Kraepelin
- The Triune Brain in Evolution di P. MacLean
- Depressione Grave e Lieve di S. Arieti
- Le Psicosi Endogene di K. Leonhard
- Interpretazione della Schizofrenia di S. Arieti
- L’Io Diviso di R.D. Laing
- Malattia Maniaco-Depressiva di F.K. Goodwin e K.R. Jamison
- L’Anoressia Mentale di M. Selvini Palazzoli
- Patologia del comportamento alimentare di H. Bruch
- Il Suicidio di E. Durkheim
- L’Automatismo Psicologico di P. Janet
- Per un’Antropologia Fenomenologica di L. Binswanger
- La Perdita dell’Evidenza Naturale di W. Blankenburg
- Il Ruolo della Diagnosi in Psichiatria di R. Kendell
- Medico, Paziente e Malattia di M. Balint
- Attaccamento e Perdita di J. Bowlby
- Terapia Cognitiva della Depressione di A.T. Beck
- Introduzione alla Psicoanalisi di S. Freud
- Psichiatria Sociale ed Epidemiologia Psichiatrica di A.S. Henderson
- Stresses and strains of homeostasis di W.B. Cannon (Am J Med Sci 1935)
- The treatment of depressive states with G 22355 (imipramine hydrochloride) di R. Kuhn (Am J Psychiatry 1958)
- A study of bipolar (manic-depressive) and unipolar recurrent depressive psychoses di C. Perris (Acta Psychiatr Scand 1966)
- The need for a new medical model: a challenge for biomedicine di S.L. Engel (Science 1977)
- Anxiety reconceptualized: gleaning from pharmacological dissection di D. Klein (Mod Probl Pharmacopsychiatry 1987)
- Implications of normal brain development in the pathogenesis of schizophrenia di D. Weinberger (Arch Gen Psychiatry 1987)
- Subjective experiences of schizophrenia di J.S. Strauss (Schizophr Bull 1989)
- Clinical use of the five-factor model: an introduction di P.T. Costa (J Pers Assess 1991)
- What are the functional consequences of neurocognitive deficits in schizophrenia? di M. Green (Am J Psychiatry 1996)
- Long-stay patients discharged from psychiatric hospitals: social and clinical outcomes after five years in the community. The TAPS Project 46 di J. Leff (Br J Psychiatry 2000)
- Psychosis as a state of aberrant salience di S. Kapur (Am J Psychiatry 2003)
- Early intervention in psychosis: concepts, evidence and future directions di P. McGorry (World Psychiatry 2008)
- The dopamine hypothesis of schizophrenia: version III di O.D. Howes (Schizophr Bull 2009)
- Neurocircuitry of addiction di G.F. Koob e N. Volkow (Neuropsychopharmacology 2010)
- Physical illness in patients with severe mental disorders di M. De Hert (World Psychiatry 2011)
Aggiungerei, inoltre, l’Anthology of Italian Psychiatric Texts da me curata con Filippo Ferro per la World Psychiatric Association, reperibile sulla Wiley Online Library.
Gerardo Favaretto: La psichiatria si sta rivelando essere sempre di più un punto di vista nella conoscenza dell’umano originale e specifico : dalla sua attività terapeutica proviene lo stimolo per una conoscenza sempre più approfondita delle dinamiche che determinano i disturbi mentali . Su questo oggi si dispone di approcci diversi , spesso fra loro integrabili . Hai più volte sostenuto che ci debba essere una distinzione fra ciò che concerne la conoscenza e la cura della malattia mentale e la questione della salute mentale , cosi come la conosciamo in Italia che riguarda anche l’aspetto sociale e della fragilità. Che ruolo ritieni lo psichiatra debba avere nell’ambito più generale della salute mentale ?
Mario Maj : La psichiatria, non diversamente dall’oncologia o dalla cardiologia, dovrebbe occuparsi non soltanto della diagnosi e caratterizzazione clinica, dello studio dell’etiologia e della patogenesi, della terapia e della riabilitazione delle patologie di sua pertinenza, ma anche della promozione della salute a livello della popolazione e, per quanto oggi possibile, della prevenzione delle patologie suddette.
I livelli di coinvolgimento degli psichiatri nella promozione della salute mentale sono essenzialmente quattro: awareness-raising/networking, education, promozione e coordina-mento dell’intervento di altre figure professionali, e intervento diretto in situazioni specifiche. Questi quattro livelli di coinvolgimento sono oggi descrivibili nelle quattro aree principali della promozione della salute mentale: quella perinatale e postnatale, quella nei bambini e negli adolescenti, quella nei luoghi di lavoro e quella nella terza età.
Awareness-raising/networking significa richiamare l’attenzione degli interlocutori fondamentali nella comunità (amministratori, colleghi delle altre specialità mediche, medici di medicina generale, insegnanti, genitori) sui temi della salute mentale, e costruire “reti” nella comunità con i partners suddetti. Education significa informare tali interlocutori sulle modalità attraverso cui può essere attuata la promozione della salute mentale, e formare varie figure professionali all’attuazione degli interventi validati dalla ricerca. Le attività di awareness-raising degli psichiatri dovranno essere sempre nutrite dalla conoscenza della letteratura scientifica. Esse debbono avere, cioè, una valenza tecnica oltre a quella politica o ideologica, e non ridursi alla proposizione di una banale folk psychology. Esempi di awareness-raising sono la promozione della consapevolezza dell’impatto di vari fattori di rischio sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti (abuso fisico e sessuale, conflitti e disgregazione familiare, abuso di sostanze, gravidanze precoci) e la promozione dell’inserimento di quesiti riguardanti la salute mentale nei questionari di screening somministrati alle donne gravide.
Gli interventi da attuare nell’ambito della promozione della salute mentale debbono avere una base di evidenza scientifica. Nuovi interventi possono essere sperimentati, ma il canale della sperimentazione deve essere tenuto distinto da quello dell’implementazione nella pratica ordinaria, e la sperimentazione deve seguire le regole comuni a tutte le sperimentazioni (un protocollo predefinito, l’approvazione di un comitato etico, il consenso informato delle persone coinvolte, l’individuazione post-hoc degli esiti da valutare, e la loro valutazione da parte di persone diverse da quelle che hanno praticato l’intervento). Esempi di interventi di promozione della salute mentale validati dalla ricerca, da affidare di norma ad altre figure professionali, ma che gli psichiatri possono sollecitare e coordinare, sono quelli comportamentali volti a prevenire il fumo e l’uso di alcool e droghe durante la gravidanza, i programmi scolastici multimodali per la prevenzione del bullismo, gli interventi (motivazionali, di problem solving, di supporto sociale) per le persone che hanno perso il lavoro, e gli interventi volti a promuovere nella terza età stili di coping adeguati per far fronte alla perdita del coniuge.
Le nuove competenze acquisite dagli psichiatri nel campo della promozione della salute mentale debbono essere considerate aggiuntive e non sostitutive rispetto a quelle cliniche tradizionali, e le une possono “nutrire” le altre, come sta avvenendo in oncologia e in cardiologia.
Gerardo Favaretto: Tu sei stato presidente della Società di psichiatria Italiana , presidenza durante la quale ho collaborato e che ho molto apprezzato , della società Europea e della World Psychiatric Association : secondo te le società scientifiche hanno un ruolo ancora significativo ? come possono sostenere lo sviluppo e la evoluzione della psichiatria ?
Mario Maj : La missione di una società psichiatrica nazionale comprende diversi aspetti. Tra essi, il compito di influenzare in modo decisivo le politiche del suo paese per quanto riguarda la tutela della salute mentale e l’assistenza psichiatrica; di promuovere campagne di sensibilizza-zione sui temi della salute mentale, diffondendo messaggi chiari, basati sulle evidenze scientifiche disponibili, e non influenzati dalle ideologie; di favorire, orientare e contribuire direttamente alla formazione e all’aggiornamento, ai vari livelli, degli operatori della salute mentale; di contribuire a migliorare la qualità della pratica clinica, anche attraverso la produzione e la diffusione di linee guida; di favorire lo sviluppo di collaborazioni tra vari centri in ambito scientifico.
A livello internazionale, alle componenti suddette si aggiunge il compito fondamentale di favorire la diffusione delle nuove conoscenze nell’ambito della clinica, della ricerca e dell’organizzazione dell’assistenza in quelle aree geografiche che – soprattutto per motivi linguistici e finanziari – sono isolate dalla comunità scientifica. Nel caso della rivista World Psychiatry, ad esempio, il fatto che essa sia accessibile gratuitamente online anche in lingua russa permette di raggiungere le molte migliaia di psichiatri – non soltanto nell’Europa Orientale ma anche nell’Asia Centrale – che sono in grado di comprendere soltanto il russo e che non hanno accesso alle riviste scientifiche né ai congressi internazionali. Durante la mia presidenza della World Psychiatric Association, inoltre, un’attività fondamentale fu la realizzazione – in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità – di corsi di formazione per operatori della salute mentale sull’intervento a favore delle vittime dei disastri naturali. Diversi operatori formati in quei corsi furono reclutati successivamente in occasione degli eventi disastrosi che si verificarono in Sri Lanka, in Indonesia e ad Haiti. Un’associazione internazionale come la World Psychiatric Association ha inoltre naturalmente il compito di favorire la creazione di società psichiatriche nazionali laddove esse non esistono, e di sostenere quelle già esistenti nella realizzazione delle attività sopra descritte, anche attraverso iniziative (di formazione, di organizzazione di gruppi di ricerca) a livello regionale o continentale.
Gerardo Favaretto: La psichiatria si sta rivelando essere sempre di più un punto di vista nella conoscenza dell’umano originale e specifico : dalla sua attività terapeutica proviene lo stimolo per una conoscenza sempre più approfondita delle dinamiche che determinano i disturbi mentali . Su questo oggi si dispone di approcci diversi , spesso fra loro integrabili . Hai più volte sostenuto che ci debba essere una distinzione fra ciò che concerne la conoscenza e la cura della malattia mentale e la questione della salute mentale , cosi come la conosciamo in Italia che riguarda anche l’aspetto sociale e della fragilità. Che ruolo ritieni lo psichiatra debba avere nell’ambito più generale della salute mentale ?
Mario Maj : La psichiatria, non diversamente dall’oncologia o dalla cardiologia, dovrebbe occuparsi non soltanto della diagnosi e caratterizzazione clinica, dello studio dell’etiologia e della patogenesi, della terapia e della riabilitazione delle patologie di sua pertinenza, ma anche della promozione della salute a livello della popolazione e, per quanto oggi possibile, della prevenzione delle patologie suddette.
I livelli di coinvolgimento degli psichiatri nella promozione della salute mentale sono essenzialmente quattro: awareness-raising/networking, education, promozione e coordina-mento dell’intervento di altre figure professionali, e intervento diretto in situazioni specifiche. Questi quattro livelli di coinvolgimento sono oggi descrivibili nelle quattro aree principali della promozione della salute mentale: quella perinatale e postnatale, quella nei bambini e negli adolescenti, quella nei luoghi di lavoro e quella nella terza età.
Awareness-raising/networking significa richiamare l’attenzione degli interlocutori fondamentali nella comunità (amministratori, colleghi delle altre specialità mediche, medici di medicina generale, insegnanti, genitori) sui temi della salute mentale, e costruire “reti” nella comunità con i partners suddetti. Education significa informare tali interlocutori sulle modalità attraverso cui può essere attuata la promozione della salute mentale, e formare varie figure professionali all’attuazione degli interventi validati dalla ricerca. Le attività di awareness-raising degli psichiatri dovranno essere sempre nutrite dalla conoscenza della letteratura scientifica. Esse debbono avere, cioè, una valenza tecnica oltre a quella politica o ideologica, e non ridursi alla proposizione di una banale folk psychology. Esempi di awareness-raising sono la promozione della consapevolezza dell’impatto di vari fattori di rischio sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti (abuso fisico e sessuale, conflitti e disgregazione familiare, abuso di sostanze, gravidanze precoci) e la promozione dell’inserimento di quesiti riguardanti la salute mentale nei questionari di screening somministrati alle donne gravide.
Gli interventi da attuare nell’ambito della promozione della salute mentale debbono avere una base di evidenza scientifica. Nuovi interventi possono essere sperimentati, ma il canale della sperimentazione deve essere tenuto distinto da quello dell’implementazione nella pratica ordinaria, e la sperimentazione deve seguire le regole comuni a tutte le sperimentazioni (un protocollo predefinito, l’approvazione di un comitato etico, il consenso informato delle persone coinvolte, l’individuazione post-hoc degli esiti da valutare, e la loro valutazione da parte di persone diverse da quelle che hanno praticato l’intervento). Esempi di interventi di promozione della salute mentale validati dalla ricerca, da affidare di norma ad altre figure professionali, ma che gli psichiatri possono sollecitare e coordinare, sono quelli comportamentali volti a prevenire il fumo e l’uso di alcool e droghe durante la gravidanza, i programmi scolastici multimodali per la prevenzione del bullismo, gli interventi (motivazionali, di problem solving, di supporto sociale) per le persone che hanno perso il lavoro, e gli interventi volti a promuovere nella terza età stili di coping adeguati per far fronte alla perdita del coniuge.
Le nuove competenze acquisite dagli psichiatri nel campo della promozione della salute mentale debbono essere considerate aggiuntive e non sostitutive rispetto a quelle cliniche tradizionali, e le une possono “nutrire” le altre, come sta avvenendo in oncologia e in cardiologia.
Gerardo Favaretto: Tu sei stato presidente della Società di psichiatria Italiana , presidenza durante la quale ho collaborato e che ho molto apprezzato , della società Europea e della World Psychiatric Association : secondo te le società scientifiche hanno un ruolo ancora significativo ? come possono sostenere lo sviluppo e la evoluzione della psichiatria ?
Mario Maj : La missione di una società psichiatrica nazionale comprende diversi aspetti. Tra essi, il compito di influenzare in modo decisivo le politiche del suo paese per quanto riguarda la tutela della salute mentale e l’assistenza psichiatrica; di promuovere campagne di sensibilizza-zione sui temi della salute mentale, diffondendo messaggi chiari, basati sulle evidenze scientifiche disponibili, e non influenzati dalle ideologie; di favorire, orientare e contribuire direttamente alla formazione e all’aggiornamento, ai vari livelli, degli operatori della salute mentale; di contribuire a migliorare la qualità della pratica clinica, anche attraverso la produzione e la diffusione di linee guida; di favorire lo sviluppo di collaborazioni tra vari centri in ambito scientifico.
A livello internazionale, alle componenti suddette si aggiunge il compito fondamentale di favorire la diffusione delle nuove conoscenze nell’ambito della clinica, della ricerca e dell’organizzazione dell’assistenza in quelle aree geografiche che – soprattutto per motivi linguistici e finanziari – sono isolate dalla comunità scientifica. Nel caso della rivista World Psychiatry, ad esempio, il fatto che essa sia accessibile gratuitamente online anche in lingua russa permette di raggiungere le molte migliaia di psichiatri – non soltanto nell’Europa Orientale ma anche nell’Asia Centrale – che sono in grado di comprendere soltanto il russo e che non hanno accesso alle riviste scientifiche né ai congressi internazionali. Durante la mia presidenza della World Psychiatric Association, inoltre, un’attività fondamentale fu la realizzazione – in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità – di corsi di formazione per operatori della salute mentale sull’intervento a favore delle vittime dei disastri naturali. Diversi operatori formati in quei corsi furono reclutati successivamente in occasione degli eventi disastrosi che si verificarono in Sri Lanka, in Indonesia e ad Haiti. Un’associazione internazionale come la World Psychiatric Association ha inoltre naturalmente il compito di favorire la creazione di società psichiatriche nazionali laddove esse non esistono, e di sostenere quelle già esistenti nella realizzazione delle attività sopra descritte, anche attraverso iniziative (di formazione, di organizzazione di gruppi di ricerca) a livello regionale o continentale.
NDR: Nel momento in cui abbiamo pensato a questo nuovo spazio su Psychiatry on line Italia, lo abbiamo immaginato anche e soprattutto come un "luogo" di dibattito il più possibile allargato.
Per questa ragione da una lato rivolgiamo un CALDO INVITO agli utenti registrati della rivista a pubblicare, in calce a questo e ai pezzi che seguiranno, il loro commento volto ad arricchire e allargare la proposta culturale e clinica che vogliamo portare avanti, dall'altro abbiamo, appositamente, aperto una PAGINA FACEBOOK DEDICATA ALLA RUBRICA dove il dialogo e il confronto sui contenuti proposti e segnalati potrà essere portato avanti anche da chi non è UTENTE REGISTRATO.
Commenti
CHIARIMENTI IN MERITO ALL'APPELLO PER UNA DONAZIONE ALLA RIVISTA PSYCHIATRY ON LINE
mi permetto di sollecitare la tua valutazione per un sostegno alla nostra campagna e in forma di donazione e in forma di diffusione presso amici e colleghi del mio appello.
LEEGI: http://www.psychiatryonline.it/node/7918
Dice Mario Maj:
"Indico adesso, soltanto a titolo esemplificativo, venti volumi “classici” e quindici lavori pubblicati nei decenni passati, che ogni psichiatra, a mio parere, dovrebbe conoscere."
Nell'elenco non vi è traccia di DSM che purtroppo è assurto al ruolo di Textbook non essendolo.... Parole da meditare profondamente!!!!