DI DIRITTO E DI ROVESCIO
Legge e Giustizia dalla parte dei più fragili
di Emilio Robotti

COVID-19: resistenza civile sull’orlo del baratro.

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18 ottobre, 2020 - 20:03
di Emilio Robotti

 

Il grafico della Fondazione GIMBE spiega cosa sta succedendo in questi giorni. Sono le terapie intensive, oggi già sature a Milano, ma la progressione è la stessa per il numero di persone positive e per quelle ospedalizzate. In Campania è di ieri la comunicazione di sospendere i ricoveri programmati, sia medici che chirurgici, stante la disponibilità di ormai un numero esiguo di posti letto di degenza.

Perciò  il CTS (il comitato scientifico che supporta il governo), ma anche il Prof. Galli a Milano, chiedono un immediato lockdown per le città di Genova (sì, Genova), Milano, Napoli, avvisando che sta per succedere qualcosa di molto grave. Di fronte a questo, assistiamo al solito balletto: “è il governo a doverlo decidere", "no, sono le Regioni”; “ bisogna fare la didattica a distanza e chiudere alle 21 ristoranti o bar”, “no aprirli fino a mezzanotte.” “Palestre aperte”, “no chiuse”.

Lo stesso balletto accade qui in Liguria ed a Genova, mentre piano piano ALISA,l’Agenzia Regionale Sanitaria, inizia a pensare, dopo 129 casi di covid-19 nelle RSA di questi ultimi giorni, a tutelare i pazienti fragili chiedendo (lo ha chiesto solo venerdì scorso, 16 ottobre!!!!) alle strutture private una manifestazione di interesse ad offrire strutture da almeno 12 posti per pazienti fragili alla tariffa di € 143,00/giorno.

La paura dei vertici di ALISA è forse quella di non riuscire a sfuggire ad una seconda indagine giudiziaria per una nuova ecatombe nelle RSA dopo quella di marzo e aprile.

E nulla, nulla, per assistere le persone malate a casa. Si chiede di non recarsi al pronto soccorso, esattamente come lo si chiedeva a marzo e ad aprile, per non mettere sotto pressione il Sistema Sanitario. Ma chi si ammala ed ha sintomi, cosa deve fare se non verificare di avere o meno la Covid-19, e se è positivo, come può curarsi da una malattia che la medicina ormai definisce “clinicamente polimorfa”, ad altissima contagiosità anche durante il periodo di incubazione, con una risposta individuale che va dall’assenza o quasi di sintomi a sintomi gravissimi e alla morte, che può evolvere da una situazione simil influenzale ad una mortale in brevissimo tempo, per la quale è fondamentale intervenire con le cure al momento possibili nell’immediatezza. Come può curarsi stando a casa e senza essere visitato?

Dove sono lo”tsunami di tamponi”, il “poderoso piano” per la sanità regionale annunciati dal Presidente Toti prima e dopo le elezioni regionali, alternati al va tutto bene, apriamo tutto, no le mascherine, anzi sì le mascherine qui e là no, poi chiudiamo un quartiere a La Spezia o uno a Genova (ma via per via, sulla base del proprio consenso elettorale o della superficialità più totale, difficile distinguere)?

Che cosa possono e devono fare i Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera scelta? A chi si possono rivolgere i cittadini spaventati, con o senza sintomi, o quelli ammalati? Dove è finita la prevenzione non solo della Covid-19, ma di ogni altra patologia, il controllo delle patologie croniche, degli anziani e dei disabili e dei minori, con i CUP di fatto chiusi, le prestazioni di diagnosi e cura con tempi di attesa indegni o continuamente rimandate? Oggi persino quelli con i soldi debbono aspettare per le prestazioni o anche solo per i tamponi (ormai almeno una settimana per un tampone in laboratorio privato). 

Dove è la trasparenza, quando la Regione ci presenta il rapporto tra tamponi eseguiti e numero di positivi senza scorporare i tamponi eseguiti sulle persone “guarite”, per nascondere così che la diffusione del contagio è più veloce e che il numero di tamponi eseguito è sempre insufficiente e quasi ridicolo (ed è un riso amaro), senza essere variato di molto dalla fine della prima ondata della pandemia.

Ecco, di fronte a questo e al salire del numero dei contagi, al riempirsi delle terapie intensive, non può che salire la rabbia o la depressione. La rabbia contro l’irresponsabilità istituzionale, la rabbia - o la depressione, appunto - anche per l’evidente incapacità dell’opposizione (e mi ci metto anche io, seppure solo candidato nella lista civica Sansa e non certo professionista della politica) di denunziare tutto questo e sconfiggere una amministrazione ed una politica cialtrona e autoreferenziale.

La rabbia contro coloro che hanno votato Toti e la sua alleanza, condannandoci ad altri cinque anni di malagestione.

Ma non è il tempo nè della rabbia, nè della depressione. E’ il tempo della sopravvivenza, della resistenza. Civile sì, ma implacabile. Il Consiglio regionale non è ancora entrato in carica. Ebbene, i vecchi consiglieri (di cui alcuni confermati nel nuovo consiglio) ne chiedano la immediata convocazione per chiedere conto a Toti e alla Giunta uscente come a quella entrante. Toti ha già annunciato che terrà la delega alla sanità fino alla fine dell’emergenza, voi vi fidate di Lui, lo abbiate votato o no? A chi telefonerete, se vi capiterà di aver bisogno di un tampone o di essere curati, a Toti direttamente?

I buoi sono ormai scappati dalla stalla, potremo solo sostenerci a vicenda tramite le comunità, le reti di vicinato, il tessuto associativo nei quartieri. Per fare la spesa a coloro in quarantena, che in assenza di strutture alternative, se positivi, avranno contagiato tutti i conviventi inevitabilmente. Per aiutarli a gettare quella spazzatura che non viene ritirata dalle istituzioni, e nei pochissimi casi in cui viene ritirata, solo dopo giorni e giorni che è marcita nell’appartamento. Sperando, nel frattempo, di non ammalarci e usando ogni precauzione, distanziamento, mascherine, gel e lavaggi mani compresi.

Ora che i buoi sono scappati, possiamo però raccogliere dati e testimonianze. Possiamo prendere nota delle telefonate ai numeri della ASL che non rispondono, delle risposte evasive, conservare nota delle telefonate, delle mail, meglio ancora PEC e raccomandate per chiedere interventi, tamponi, cure, per utilizzarle domani. Non per chiedere il giudizio della Storia, ma per inchiodare i responsabili politici e non solo di questa situazione domani, in ogni luogo possibile: sui mezzi di informazione, sui social, in procura della repubblica, nei tribunali civili.

Perché questo non accada di nuovo, alla terza o quarta ondata Covid-19 o in altra futura occasione. Perchè appunto questa era ed è la resistenza, oggi resistenza civile: lottare e sopravvivere, combattere per sè e gli altri, aiutarsi. E intanto, pensare a noi ed ai nostri cari: quale futuro vogliamo, certamente migliore di questo squallido e deprimente, quando non mortale, presente.

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