PSICHIATRIA E RAZZISMI
Storie e documenti
Politiche coloniali inglesi nel XIX° secolo in India e assistenza psichiatrica
Lo studio delle varietà delle esperienze e dei progetti colonialisti europei aiuta a far luce sul modo con cui pregiudizi razzisti e psichiatria si influenzarono reciprocamente: il caso della British India.
Razzismo e pregiudizi razzisti ebbero grande peso nel governo della British India. Al riguardo, Philip Mason, per 20 anni membro dell’Indian Civil Service, direttore dell’Istituto delle relazioni razziali, che seguì il percorso che portò all’Indipendenza dell’India nel 1947, ha affermato che ai tempi delle rivolte del 1857[1], l’orgoglio di razza nei quadri coloniali britannici era diventato ancora più forte, tanto che arrivarono a definirsi “aristocrazia ereditaria dell’umanità”.
Prima della istituzione del British Raj, ossia di un regime di amministrazione diretta dell’India da parte del Governo britannico, era stata la East India Company, nota in Italia come Compagnia delle Indie, fino al suo scioglimento nel 1858 da parte della regina Vittoria, a operare nel subcontinente indiano più come forza di governo che come impresa commerciale di import-export; i suoi funzionari erano amministratori, giudici, diplomatici e potevano contare su un Esercito e una Marina molto forti.
La Compagnia aveva raggiunto l’India dal mare e per questo la sua influenza e il suo potere si diffusero a partire dai porti principali, ciascuno dei quali era capitale di una Provincia, amministrata da un Presidente e da un Consiglio che si occupavano anche dall’assistenza ai folli europei e non. Ciascuna di queste Province aveva storie, composizioni etnica religiosa e sociale diverse.
I primi stabilimenti per folli furono aperti in tali province nelle ultime decadi del 18° secolo su iniziativa di medici della Compagnia che li gestirono come istituti privati; nel corso della prima metà del 19° secolo, questi istituti furono sottoposti ai governi provinciali. Di seguito tre esempi.
- Bengala: Istituzioni separate per nativi ed europei
- Madras: segregazione razziale e sistemazione in pensione
La città di Madras era divisa in 3 quartieri distinti: il Forte per i britannici, Maqua Town per i battellieri, Blacktown per i mercanti indiani. Questo assetto fu mantenuto per tutto il periodo coloniale e lo sviluppo sociale che ne conseguì si riflesse sul modo con cui furono governati gli asili per folli.
Fino al 1820 c’erano 4 asili di piccole dimensioni a Chittoor, Trichinopoly, Tellicherri e Masulipatnam , con un numero di ingressi da 4 a 5 l’anno. Quello di Masulipatnam era di proprietà del dr. Valentine Conolly ed accoglieva sia indiani che europei ma solo finché il suo proprietario rimase in India, perché poi tale pratica fu abbandonata. I costi furono ridotti notevolmente a seguito della scelta di sistemare i civili europei folli “in pensione” in case di privati o presso le proprie famiglie, mentre i militari europei furono custoditi in celle adiacenti l’ospedale del Reggimento o in prigioni.
Il Madras Medical Board mise a punto uno schema di classificazione dei pazienti non-britannici, privilegiando il criterio del retroterra razziale al posto di quello della posizione sociale al momento dell’ammissione. Questa scelta, con la “retrocessione” di alcuni nativi e “meticci” a “sottocasta”, portò a un considerevole risparmio nei costi di gestione.
- Bombay: la segregazione razziale nelle istituzioni di una città cosmopolita
Per lo studio delle relazioni fra il concetto di razza e la gestione degli istituti manicomiali, è importante il modo con cui i britannici andarono modificando giudizi e criteri con cui si consideravano le persone di sangue “misto”, gli eurasiatici. Nei primi tempi della Compagnia delle Indie i matrimoni misti furono fortemente incoraggiati: nel 1687 il Consiglio dei Direttori della Compagnia informava i dipendenti della grande importanza per il futuro delle unioni dei “nostri soldati con donne native”, unioni per le quali si prevedevano anche sostegni economici per le madri e i nati., i contributi sarebbero stati erogati fino al giorno in cui il nato fosse stato cristianizzato.
La scelta si basava sulla convinzione che i matrimoni misti avrebbero contribuito ad aumentare l’influenza della compagnia nelle comunità indiane, oltre che a contrastare l’attivismo dei cattolici francesi e portoghesi, specie in Madras. Nel 18° secolo tale orientamento provocò fondati timori che gli eurasiatici avrebbero potuto essere favoriti a discapito dei britannici nei servizi civili, militari e navali della Compagnia. Nel secolo successivo, il 19 °, il timore della concorrenza degli eurasiatici e di quello che gli stessi avrebbero potuto pretendere dal Governo britannico si tradussero in aperta discriminazione. Pesarono al riguardo i timori legati alle vicende della rivolta anticoloniale di Haiti, che era stata guidata da elementi di “sangue misto” e si era conclusa nel 1804 con l’indipendenza della colonia.
Prima del 1780 i casi di discriminazione nell’accesso degli eurasiatici agli asili per folli furono pochi, ma nel 1820 erano già molto aumentati. Nel 1831, in occasione del rinnovo dello Statuto della Compagnia, gli eurasiatici benestanti di Calcutta inviarono una petizione nella quale lamentavano le difficoltà dei propri membri ad accedere agli studi medici più qualificati, in parte per i costi da sostenere per acquisire il buon possesso della lingua inglese, in parte per il ridursi dei guadagni: nel 1831 i medici eurasiatici esercitanti a Calcutta erano 4 su 20; chi si laureava in Inghilterra, al ritorno, era discriminato in ragione della sua nascita.
Le ragioni di razza, insieme a quelle di classe sociale, furono accolte ufficialmente a Madras nel 1798 nelle istruzioni dei Direttori della Compagnia delle Indie:
"Al fine di preservare il prestigio che il nostro Carattere Nazionale ha acquisito nei confronti delle menti dei nativi indiani è di grande importanza il mantenimento del Potere Politico che abbiamo in Oriente, così come siamo convinti che il fine sia perseguibile […] mantenendo tutte le distinzioni dei nostri principi, tratti, costumi Nazionali."
Gli eurasiatici risposero dolendosi del fatto che la separazione fra i governanti coloniali e il resto della popolazione orientale andava a colpire soprattutto le loro comunità di “meticci”, finendo col relegarle fra le “razze native”. E proponevano di essere considerati “soggetti britannici”.
La discriminazione contro gli eurasiatici sulla base di motivazioni di classe e orientamenti razzisti rimase del tutto incontestata proprio in Madras.
Il numero di Eurasiatici ricoverati negli asili aumentò in modo consistente: a Calcutta, gli Eurasiatici che nel 1821 costituivano 1/7 della popolazione degli internati, nel 1840 passarono a 1/3 della stessa. Mentre tutti gli Europei dopo un anno di ricovero erano rimpatriati, gli Eurasiatici continuavano a rimanere negli asili; gli Indiani erano più facilmente ricoverati perché di altra razza, religioni, usi.
Le situazioni dei pazienti “meticci” potevano essere assai diverse fra di loro: la gran parte degli Eurasiatici furono classificati come “poveri”, o, al meglio, piccoli commercianti o impiegati di basso livello; la gran parte erano cristiani e potevano essere considerat di costumi europei. Poteva anche capitare che fossero ritenuti meritevoli della protezione della Compagnia e che, come gli Armeni, fossero contrapposti agli Indiani e oggetto di trattamenti migliori.
Gli Eurasiatici più poveri erano destinati ai manicomi per asiatici, mentre gli Eurasiatici più ricchi non erano esclusi dai manicomi per europei, insieme agli Armeni.
Durante il corso dei primi quattro decenni dell’Ottocento, la Compagnia delle Indie si batté per essere esentata da qualsiasi obbligo verso i nativi Indù e maomettani. Nella tradizione del paternalismo in uso nelle relazioni commerciali, dirigenti della Compagnia argomentavano di avere obblighi solo nei confronti dei folli Europei loro dipendenti. Le idee sulle razze si mischiavano ai pregiudizi di classe.
Dopo le rivolte del 1857, la Compagnia delle Indie fu sciolta e iniziò il British Raj, gioiello della Corona britannica, ossia il dominio diretto del Governo Britannico sull’India che durò novant’anni, fino al 1947.
Nota: le informazioni sono tratte da Waltraud Ernest, Colonial policies, racial politics and the development of psychiatric institutions in early nineteenth century British India, in W. Ernst and B. Harris, Race, science and medicine 1700-1960, Routledge, London 1999.
Mantova, 1 febbraio 2021