RECENSIONE A "La follia di Hölderlin" DI GIORGIO AGAMBEN

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1 febbraio, 2022 - 17:30
Autore: GIORGIO AGAMBEN
Editore: Einaudi
Anno: 2021
Pagine: 241
Costo: €19.00
La veduta
Quando lontano va la vita abitante degli uomini,
dove lontano splende il tempo delle viti
e vicini sono i vuoti campi dell'estate,
la selva appare con la sua scura immagine;
 
che la natura compia l'immagine dei tempi,
che essa si fermi e quelli subito trascorrano,
è per la perfezione, l'altezza del cielo risplende
per l'uomo, come alberi incoronati di fiori.

24 maggio 1748
(ultima poesia di Friedrich Holderlin)
 
La poesia riportata in esergo dovrebbe rappresentare l'ultima o una delle ultime poesie di Friedrich Holderlin, poeta fra i più grandi e conosciuti della letteratura mondiale e vero e proprio Padre (Vater) dello Spirito (Geist) della nazione germanica.
La vita del poeta tedesco è racchiudibile a grandi linee in due macroperiodi principali: il primo che va dalla nascita (1770) al periodo dell'impazzimento (1805/06); il secondo che va dal 1806 al 1843- anno della morte- in cui il poeta risiederà stabilmente quale ospite in una torre di proprietà di un falegname, il signor Zimmer, che si prenderà sapientemente cura di lui.
Giorgio Agamben è un filosofo noto ai più per aver sviluppato i concetti di Homo Sacer, Stato di eccezione, biopolitica- su cui non mi soffermerò in questa recensione- e per essersi opposto insieme a Massimo Cacciari e ad altri intellettuali allo stato di "Dittatura Sanitaria" corrente in corso di pandemia e paragonando il presidente del consiglio e il governo attuale a Hitler e al nazismo.
Ma poniamo in "epochè" le precedenti questioni riguardanti la Weltanschauung dell'autore del libro e di alcuni suoi sodali e soffermiamoci ordunque su quella "vita abitante" che Friedrich Holderlin trascorre- da folle-  dal 1806 al 1843 nella torre sulle rive del fiume Neckar.




Concediamoci ordunque una digressione tornando all'indietro nella vita del Poeta senza la quale non si potrebbero ben comprendere le ragioni del suo successivo "divenir folle": nato nel 1770 da una famiglia che aveva creato nel passato per il proprio staterello- la Svevia- funzionari devoti e uomini di chiesa, frequenta come scuola il celebre Stift di Tubinga studiando fra gli altri con i famosi filosofi Hegel e Schelling. Legge Schiller, Klopstock, i lirici greci, i canti di Ossian. E comincia a comporre sempre con uno sguardo "incantato" rivolto all'antichità classica:

«[…] Spira entusiasmo nei cantori
inesauribile il colmo di bellezza
infinito il mare del sublime
ma prima d'ogna cosa io t'ho eletta
con tremito profondo io ti vidi
con tremito profondo io t'ho amato
te, regina del mondo, te, Urania
[…]»
(dall'Inno alla dea dell'Armonia)
 
Iniziando le guerre post- rivoluzionarie della Francia con l'Europa sposa appieno la causa "rivoluzionaria" ed entra, con Hegel, in un circolo giacobino. Confida alla madre, preoccupata dei suoi entusiasmi giacobini, che peggio di come si sta in Germania, non si può stare in nessun luogo: ma è troppo portato alla contemplazione poetica per tradurre in azione i suoi ideali politici. In settembre conosce Isaac von Sinclair, colui che gli sarà forse l'amico più devoto lungo tutta la sua parabola esistenziale: Sinclair si avvia a intraprendere la carriera diplomatica ed è un fervente repubblicano.
Il 20 settembre 1793 Holderlin si laurea in Teologia e lascia lo Stift che aveva un modus operandi alquanto conservatore per le sue idee ed il suo amore per la Libertà. A questo punto, cerca ardentemente un posto da Precettore facendosi anche raccomandare da Schiller e lo ottiene (insegnamento di matrice rousseauiana) lavorando presso varie famiglie. Comporrà varie poesie e liriche ed il celebre romanzo "Iperione".
Il libro che recensisco è costituito da tre parti: 1) un prologo, 2) la cronaca ed 3) un epilogo.
1) Il prologo inizia la narrazione all'incirca dal 1802 anno in cui il Poeta abbandonava l'ennesimo ruolo di Precettore a Bordeaux e faceva ritorno in Germania presso la casa materna, periodo in cui cominciano a notarsi le primi crisi psichiche e l'inizio del percorso che prenderà il suo definitivo svolgimento nella "lunga notte" di Tubinga presso la torre del falegname Zimmer. In particolare Agamben ci tiene a descrivere le testimonianze raccolte riguardanti la nobiltà e la bellezza di Holderlin che vanno progressivamente incontro a quella che Morel descriverà come degenerescence e la psichiatria attuale partendo da Eugen Bleuler nel 1911 e successivamente con la manualistica neokraepeliniana di scuola nordamericana come schizofrenia di tipo catatonico seppur conservando come evidente il Genio evidenziato dall'opera precedente la follia e dalle poesie (o idilli) della Torre.
2) La cronaca narra dal 1806 al 1809 in maniera parallela la "vita abitante" del Poeta nella Torre e insieme la vita di Goethe ed in generale dell'Europa Continentale (Francia napoleonica e Germania in primis). Successivamente vengono descritte le usanze del poeta, i rituali, le visite di curiosi e ammiratori che riceveva, mentre lo stato psicopatologico che  vedeva unirsi la vena produttiva artisticamente parlando e la regressione causata dalla malattia fino a giungere alla morte nel 1843.
3) L'epilogo si conclude con una breve disamina delle condizioni psichiche del letterato e della "mise en forme" dei suoi idilli nella Torre. In particolare, da quanto si apprende, negli ultimi anni di vita il quadro demenziale e di indebolimento della coscienza identitaria era arrivato ad un tale stato di cose che per denominarsi egli utilizzò una pluralità di nomi alquanto "bizzarri" (Scardanelli, Killalusimeno, Scaliger Rosa, Salvator Rosa, Buarroti). Lo studio agambeniano sull'estetica del linguaggio holderliniano è fortemente particolareggiato ed attento. 
Sicuramente un libro da leggere seppur ostico soprattutto nelle parti più tecniche (ricordiamo che è un filosofo a scrivere e non uno psichiatra o uno psicopatologo) ma che illumina su una vita e un'opera fra le più affascinanti e a tratti misteriose della letteratura mondiale di tutti i tempi.
 
 
 

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