Tv italiana e affini passacarte USA.

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21 febbraio, 2022 - 08:20
Di questi giorni siamo tormentati da annunci apocalittici sulla terza guerra mondiale. Io c’ero, alla seconda,  e mi basta. È vero che tutto è possibile perché come recita un adagio popolare “la madre dei cretini è sempre incinta”, ma un conto è la stupidità un conto il bluff e la malafede. Sul piano internazionale nessuno è tanto scemo da non capire che si tratta di una pericolosissima partita di poker tra russi e americani. Biden e Putin se le promettono (differentemente) per via mediatica e per intermediarie cancellerie. Il cinismo, l’intelligenza e l’astuzia di Putin, la conosciamo fin da quando veniva a prendere ripetizioni in Sardegna dal Cav. fortunatamente trombato alla corsa del Quirinale. Nessuno, appena minimamente informato, si meraviglia del tavolo bianco di Putin lungo quasi quanto una porta di calcio, dove ha sbattuto tutti gli intermediari inviatigli da Biden, sapendo del “lettone” regalato all’amico di Arcore. 

  

Quello degli USA è un vizio antico. Tullio Vecchietti un giornalista politico romano, che fu anche segretario del PSIUP, dopo la scissione, conosciuto per le sue battute folgoranti ebbe a dire (molti anni fa ma io c’ero e me lo ricordo) che il governo italiano poteva abolire la “Farnesina” ossia il Ministero degli esteri, tanto per eseguire i dispacci dei Segretari di Stato USA, bastava il Ministero delle Poste, e gli andava largo! Basta ricordarsi che l'atlantismo dei tempi di De Gasperi come sforzo cooperativo tra l'Europa occidentale e gli USA, non ha più senso a 77 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Tra l’altro, l’adesione al Patto Atlantico del 1949, osteggiata dai comunisti, ricordo che non fu una passeggiata neppure per la DC. i Dossettiani erano contrari, i Gronchiani, invece proponevano il “terzaforzismo”, tra Patto atlantico e COMECON, con un ruolo di autonoma mediazione per Italia ed Europa (gli sconfitti). Il dibattito divenne incandescente nella primavera del 1949, da un lato Gedda, capo delle armate dell’Azione Cattolica, sul versante opposto don Primo Mazzolari e Igino Giordani. Fu battaglia senza esclusione di colpi. 

 

Togliere un po’ di ragnatele invece di pompare angoscia noo? Rammentare che il Piano Marshall è roba stantia del 5 giugno 1947. Che il linguaggio da guerra fredda dopo 33 anni dal crollo del muro di Berlino (9 novembre 1989) sembra il teatro delle ombre cinesi. Che rispolverare la NATO, il trattato decrepito del “Patto Atlantico, del 4 aprile 1949, firmato a Washington, per ficcarci dentro la povera Ucraina, è come piantare un dito nell’occhio alla Russia che è pur sempre fra le tre maggiori potenze mondiali.  

 

Sono 8 anni che ai confini orientali dell’Ucraina c’è una guerra a bassa tensione, combattuta più per immagini di "contractors" russi (il “Gruppo Wagner la legione straniera di Putin) a favore o contro l’uno o l’altro dei due contendenti variamente esibiti, che da truppe regolari. Quello che Putin sapeva di potersi prendere senza tante storie era la Crimea oltre al Donbass e questo ha fatto fin dal 19 marzo 2014. È chiaro che nessuno vuol farsi fregare ma anche i bambini sanno che una terza guerra mondiale distruggerebbe quel che resta del pianeta terra, così attivamente maltrattato da tutti gli umani e per giunta malato di pandemia virale da oltre 2 anni, che sembra non dar tregua anche per i prossimi altri 2-3. Qualcuno ci lascia le penne, ogni tanto, ma questi giochi sono pericolosi ed è chiaro che i due principali interessati (USA-Russia) devono parlarsi direttamente e scambiarsi ciò che loro solo sanno, poiché il nemico occulto di entrambe è la Cina. Inutile mandare ambasciatori col pennacchio. Fa solo colore, senza che il danno e il pericolo cessi. 

 

Vladimir Putin, un vigoroso settantenne di Leningrado (7 ottobre 1952), ex direttore dei servizi segreti (KGB-FSB), erede, più o meno legittimo, dal 1999, di Boris Eltsin (del quale voci malevole sussurrano sia figlio di uno dei suoi cuochi), di fatto tiene saldamente in mano le redini di quelle entità di potere che nell’arco della storia sono state la Russia imperiale zarista, annientata dalla rivoluzione d’ottobre del 1917, caduta poi nelle mani di Stalin, che ha guidato l’URSS, fino alla "glasnost" e "perestrojka", di Michail Sergeevič Gorbačëv e infine di Eltsin.  

 

Come si è arrivati allo status quo? Basta ripassare brevemente la storia. Nella Conferenza di Jalta che si tenne in Crimea nella prima settimana di febbraio 1945 nei pressi di Livadija, durante la Seconda guerra mondiale, i capi politici dei tre principali paesi Alleati decisero di spartirsi le zone d’influenza mondiale, a guerra finita. I protagonisti furono Josif Stalin per l’Unione Sovietica, Franklin Delano Roosevelt per gli USA, Winston Churchill per il Regno Unito. Stalin era in vantaggio strategico con l’Armata rossa a 80 chilometri da Berlino. Li guidava il leggendario generale Zukov quello "che non ha mai perduto una battaglia",  adorato dai soldati che, dopo aver sfondato la linea nazista con l'operazione Vistola-Oder (inverno 1944-45), vi giunse per primo battendo sul tempo gli americani. Prese possesso delle macerie del bunker di Hitler e l'8 maggio 1945 Keitel gli firmò la dichiarazione di resa di tutte le forze armate tedesche! 

 

Gli alleati occidentali, invece arrancavano. A fatica si erano liberati dalle pastoie delle Ardenne, ma in Italia la “Linea gotica” pareva inespugnabile e Berlino distava ancora 700 chilometri. Successivamente, i trattati di pace di Parigi, firmati nella capitale francese il 10 febbraio 1947, sancivano la fine della seconda guerra mondiale, rimescolando un po’ le carte e allargando il tavolo dei giocatori. Ma era chiaro a tutti che la guerra contro l’Asse, l’avevano vinte le armate di URSS e USA e il primo ministro inglese Winston Churchill. 

 

La storia va sempre riletta attentamente, perchè ha sempre allievi neghittosi e distratti che la trovano noiosa nel migliore dei casi, o la riscrivono a proprio tornaconto nel peggiore. 

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