Quarta giornata - Sabato 24 febbraio

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3 dicembre, 2012 - 18:11

 


Dipendenze da psicoterapia
G. Martini, F. Barale, G. Zucchini, I. Carta, S. Mungo

In una affollata aula, Martini apre i lavori portando il caso di un'analisi “classica” durata quasi sette anni riflettendo sulle dinamiche della dipendenza che si costituiscono durante il trattamento, specie nella fase conclusiva: viene proposta una distinzione tra dipendenza “benigna”, “maligna” e “terapeutica”.
Barale individua i fattori di rischio che contribuiscono all'insorgenza di tale fenomeno e sottolinea che la dipendenza patologica in taluni casi, specie coi soggetti gravemente disturbati, è un dato “umano” da accettare.
Mungo ha stressato la topica dei rischi della regressione e dei comportamenti infantili durante la terapia.
Zucchini e Carta accennano al concetto della dipendenza collegandolo al tema dell'oggetto percettuale e del fantasma inconscio: sullo sfondo la suggestiva storia de “Il Piccolo Principe”.

 


Morte e rinascita dell'isteria
C. Maggini, R. Rossi, F. Scalzone, A. Siracusano, A. Dotti

cInizia il simposio la Dottoressa Gariboldi che, nelle veci del Prof. Maggini, espone alcuni dati epidemiologici riguardanti il disturbo istrionico di personalità: emerge che la comorbilità è più frequente con gli altri disturbi di personalità del cluster B e che l'elemento comportamentale è più evidente di quello cognitivo.
Il Prof.Rossi, ricordando come Freud fosse stato affascinato proprio dall'isteria, sottolinea il suo significato simbolico, metaforico ed economico; inoltre identifica come nella vita di tutti i giorni ed in ogni persona vi sia una parte di menzogna, se deve affrontare una situazione psichica scarsamente sopportabile e che non permette compromessi accettabili, e quindi di isteria.
Il Prof. Scalzone evidenzia come il nucleo centrale della psichiatria dell'800 era il sintomo visto come un eccesso di energia in un'idea che, carica di desiderio, si traduce nel soma.
Il Prof. Dotti pone in relazione il destino dell'isteria con quello della paranoia; ambedue scomparse dalla nosografia e come l'isteria possa avere una comorbilità con la paranoia stessa. 

 


Il craving
L. Pani, I. Maremmani, P. P. Pani, M. Ceccanti, G. Perugi
 

L. Pani si sofferma sugli aspetti neurochimici del craving; sottolinea come sia spesso associato all'esposizione a stimoli dopaminergici, come la stimolazione intermittente della droga, secondaria al suo uso e all'astinenza, danneggi circuiti essenziali a livello della corteccia orbitofrontale ed ipotizza per il futuro la possibilità di un trattamento in grado di modulare l'attività cellulare a quel livello.
I. Maremmani parla del craving per l'eroina; presenta uno studio nel quale utilizzando il CRAV-HERO, scala di autovalutazione per il craving da oppiacei, ha correlato il craving con elementi psicopatologici (depressione, somatizzazione, ossessività, rabbia, sensitività interpersonale, ansietà, fobie, ideazione paranoica, ideazione psicotica) trovando due tipi di popolazioni, una con bassi livelli di craving (0,4) ed una correlazione significativa con tutti gli elementi psicopatologici e l'altra con livelli decisamente più elevati di craving (91) e correlazione significativa solo con depressione, rabbia ed ossessività. In conclusione quando il craving è basso non sembra esistere una specifica psicopatologia, mentre quando questo è elevato esisterebbe una psicopatologia specifica a connotarlo che sembra rimandare ad un ambito affettivo, ad una sorta di depressione agitata presente nel soggetto in preda al craving.
P. P. Pani dopo aver evidenziato gli elementi comuni tra abuso di sostanze e disturbi dell'alimentazione parla di un'associazione fra uso di sostanze e consumo di cibi altamente gratificanti e palatabili con possibilità di una transizione da un disturbo all'altro e di un influenzamento reciproco tra componente tossicomanica ed alimentare. In particolare nel corso di uno studio (ancora di tipo preliminare) ha evidenziato una correlazione inversa fra consumo di alcool e di cibi altamente palatabili che si aggiunge alle evidenze già presenti ed anche una correlazione inversa fra consumo di cannabinoidi e di cibi palatabili che andrebbe ulteriormente esplorata.
La relazione di M. Ceccanti (non intervenuto di persona), inizia con l'evidenziazione di come il craving costituisca una componente centrale della dipendenza da alcool, disturbo di solito gravato da un'elevata incidenza di ricadute. Viene presentato uno studio sull'uso del naltrexone per controllare il craving da alcool; i risultati di tale studio evidenziano una diminuzione del consumo di alcool e dell'intensità e frequenza del craving solo lievemente superiore e statisticamente non significativa rispetto ai controlli (seguiti presso il loro centro, ma senza la somministrazione di naltrexone).
G. Perugi parla della dipendenza da benzodiazepine e della sua gestione. Accanto alla presenza del più noto effetto tossico legato all'assunzione di dosi elevate di bdz, parla anche della meno nota intossicazione cronica da bdz assunte alle dosi terapeutica caratterizzata da irritabilità, disforia, disturbi di memoria e nella concentrazione, impulsività, ansia e depressione e, negli anziani, persino delirium ed allucinosi, forse legata a danni a livello ippocampale. Ricorda inoltre come le ricadute possano avvenire anche dopo molti anni. Per la sospensione, oltre alla benzodiazepine a lunga emivita, vengono impiegati anche alcuni antidepressivi ed antiepilettici. 

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