Intervista alla dott.ssa L. Sala, Università di Parigi, Francia
Qual è l'importanza e quali le problematiche derivanti dalla figura del traduttore “culturale” nella psicologia del profondo?
L'esigenza di tale figura deriva da una diverso background di tradizioni e cultura che si riscontrano nelle popolazioni. Ad esempio in Costa d'Avorio le figure di attaccamento sono rappresentate da tutti gli adulti , dove per adulti si intende individui dai 10 anni in su, che stanno intorno alla famiglia; in Francia i bambini vengono abbandonati presto: già a due-tre mesi; in Svezia invece c'è un maggiore coinvolgimento della figura paterna, infatti essi chiedono un periodo di aspettativa per accudire il proprio figlio, a differenza di Africani e dei Mussulmani in genere che non accudiscono direttamente.
Le diversità non riguardano solamente le figure di accudimento, ma anche le modalità sensoriali tramite cui si esercita il contatto tra caregiver e bambino: prevalentemente tattili in alcune culture e visive in altre.
La cultura ha un peso importante nello sviluppo del sintomo, come possiamo notare per i disturbi dell'alimentazione che in Giappone hanno una bassa prevalenza , analogamente all'Africa nera, per la scarsa valorizzazione data al corpo femminile e che sono molto influenzati dai mass-media.
Chi può essere il traduttore “culturale”?
Può essere sia un semplice interprete che due terapeuti che parlano la stessa lingua del paziente in gruppi circolari di 10-15 come descritto da T. Nathan.