Report dalle sale congressuali

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28 novembre, 2012 - 18:06

L�autoimmunita� in neurologia (I. Bonanni, F. Cioli, L. Leonardi, M. Pizzorno). 

Il secondo giorno di lavori all�annuale congresso della SIN si e� aperto con un corso di aggiornamento su un tema di grande rilevanza : l�autoimmunit� in neurologia.
Il Professor Adorini (Universita� di Milano) ha spiegato che la funzione primaria del sistema immunitario e� di preservare l�identita� biologica dell�individuo (self) eliminando possibili fonti di antigeni estranei (nonself), quali batteri e cellule infettate da virus. Cio� richiede una precisa discriminazione fra self e nonself e questa essenziale caratteristica del sistema immunitario si e� evoluta ad un sofisticato livello di complessita� nei vertebrati superiori. La strategia di base e� stata quella di generare un vasto repertorio potenziale di recettori antigene-specifici, distribuirlo clonalmente in linfociti diversi e quindi eliminare cellule capaci di riconoscere antigeni self, rendendo contemporaneamente possibile il differenziamento di linfociti potenzialmente capaci di riconoscere antigeni nonself. Due popolazioni di linfociti, le cellule T e B esprimono recettori antigene-specifici e quindi ci si potrebbe aspettare che la discriminazione fra self e nonself venga effettuata da entrambe queste popolazioni cellulari, ma questa non � molto stringente per le cellule B in quanto in individui normali si pu� osservare una alta frequenza di cellule B capaci di produrre autoanticorpi. Anche se l�inattivazione delle cellule B autoreattive ha certamente un ruolo nell�induzione e nel mantenimento della tolleranza immunitaria, una efficiente risposta anticorpale richiede, nella maggior parte dei casi, la cooperazione di cellule T e quindi la discriminazione self-nonself e� particolarmente critica a questo livello. Il mantenimento della tolleranza al self, mediato dalla mancanza di cellule T cooperanti appropriate, e� stato anche postulato per cellule T citotossiche CD8+ reattive ad antigeni extra-timici, suggerendo che la discriminazione fra self e nonself soprattutto mediata da linfociti CD4+.
Il Professor Barnaba (Universita� di Roma) si � soffermato sui meccanismi cellulari ed umorali dell�autoimmnuita� con particolare riferimento alla recente scoperta del ruolo delle caspasi (enzimi proteolitici coinvolti nei processi di apoptosi cellulare) nella generazione di frammenti peptidici che vengono successivamente presentati alle cellule del sistema immunitario. Agire su queste molecole , inibendone l�attivita� e quindi inibendo la produzione di frammenti antigenici, potrebbe rappresentare, in futuro, una nuova strategia terapeutica nelle malattie autoimmuni.
Successivamente il Prof Nobile-Orazio (Universita� di Milano) ha discusso sulla patogenesi delle neuropatie disimmuni. Gli studi degli ultimi venti anni hanno permesso di chiarire, almeno in parte, numerosi aspetti immunopatogenetici di diverse forme di neuropatia, ampliando il capitolo delle neuropatie a possibile origine immunomediata. Tali studi hanno inoltre permesso di allargare il bagaglio diagnostico del neurologo, introducendo nella pratica clinica la ricerca di marker immunologici di tali malattie. La miglior definizione di una loro origine autoimmune ha inoltre permesso di ampliare le possibilit� terapeutiche di tali malattie, molte delle quali rispondono positivamente alle terapie immunomodulanti. In questa rassegna ci limiteremo ad analizzare i principali aspetti immunopatogenetici di alcune di queste polineuropatie.
In seguito e� stato affrontato il tema degli autoanticorpi nella miastenia gravis ( Prof Evoli, Universita� di Roma). Gli anticorpi anti-recettore dell�acetilcolina (AChR) sono dosabili nel 85% dei pazienti con miastenia gravis (MG) generalizzata e nel 50% dei casi con sintomi puramente oculari. Sono IgG policlonali, appartenenti prevalentemente alle sottoclassi IgG1 e IgG3, che esercitano la loro azione patogena mediante lisi focale complemento mediata e modulazione antigenica. L�alterazione della tolleranza che conduce alla produzione degli anticorpi anti-AChR e� probabilmente differente nelle diverse patologie timiche associate alla MG (iperplasia e timoma) e cio� spiega le diverse risposte anticorpali e cliniche alla timectomia. Nei pazienti con MG generalizzata AChR-negativa sono presenti, con frequenza variabile dal 26% al 47%, IgG contro il recettore protein-chinasico muscolo-specifico MuSK. I meccanismi d�azione di tali anticorpi, costituiti prevalentemente da IgG4, non sono ancora chiari. Essi appaiono associati a ristretti fenotipi clinici, caratterizzati, fra l�altro, da assenza di anomalie timiche. Nella MG associata a timoma e, meno frequentemente, nella MG ad esordio tardivo, sono presenti anticorpi contro antigeni muscolari (anti-titina ed anti-recettore della rianodina) ed anti-citochine (IFNa ed IL-12), il cui significato patogenetico e� in discussione.
Il corso d�aggiornamento si e� concluso con l�intervento del Prof. Tavolato (Universita� di Padova) che ha esposto gli aspetti clinico-diagnostici delle vasculiti del SNC, un gruppo eterogeneo di malattie rare. Per tali patologie e� necessaria una diagnostica accurata vista la disponibilita� di terapie efficaci anche per patologie a decorso spesso sfavorevole. Si distinguono vasculiti primarie del SNC, in cui la malattia e� limitata al SNC (rare) e vasculiti secondarie del SNC ad una malattia sistemica, da causa nota (es. infezioni) o non nota (es. collagenopatie). L�iter diagnostico e� impegnativo nelle vasculiti primarie, vista l�assenza di segni sistemici; � gi� predeterminato se le manifestazioni insorgono in corso di malattia sistemica nota, anche se in quest�ultimo caso la diagnosi differenziale dovra� includere le infezioni opportunistiche del SNC. La diagnosi si basa sul quadro clinico e sulle indagini strumentali, RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) e angiografia. Le tecniche di imaging sono utili anche per indirizzare la scelta della sede da sottoporre a biopsia, sia a livello del SNC che sistemico.

Simposio: Riconoscere e trattare il paziente bipolare: una sfida per il neurologo (L. Amara, M. Fenocchio, E. Fiscella, W. Natta, G. Sciaccaluga) 

Apre i lavori M.Mascolo con una revisione clinica del concetto di bipolare, a partire dalla malattia bipolare di un tempo fino ad arrivare al concetto di disturbo bipolare; e di come, negli anni, il concetto si sia poi evoluto fino ad arrivare all' idea di spettro affettivo, concetto alla luce del quale si e' infine inquadrato anche il concetto di temperamento.
Cita a tal proposito una frase di Akiskal " I would suggest that the affective temperaments rappresent the most prevalent phenotipic expression of genes underlying bipolar disorders�". L' ipertimia e' un concetto legato al temperamento, con il termine di ipomania invece si intende una situazione clinica piu' vicina alla psicosi in quanto tende a scomparire la consapevolezza di malattia del soggetto. Passa poi ad inquadrare i vari tipi e sottotipi di disturbo bipolare e i nuovi tentativi di classificazione, per superare la vecchia dicotomia tra bipolare I e II.
E infine la ciclotimia, un "falling in and out of love�" secondo Rosenthal, che rappresenta il serbatoio della creativita' nell' arte e nella vita; forse per mantenere aperto un dibattito sul confine tra normalita' e patologia e tra adeguatezza comportamentale e creativita' artistica presenta una rassegna di pittori a partire da Jeronimus Bosch fino ad arrivare a Rene' Magritte passando per il grido di Munch. 
Segue l'intervento di G.U. Corsini, sul tema: "Gli anticonvulsivanti nella cura e stabilizzazione del paziente bipolare: uno standard ineguagliabile? Oltre il controllo dei sintomi umorali: la neurogenesi da antipsicotici atipici". E' innegabile la complessita' nell'identificazione del disturbo bipolare, motivo per cui ancor piu' difficile sembra essere trovare il meccanismo biologico alla base di esso. Come nel caso di altre patologie psichiatriche, anche in questo caso diversi farmaci, a partire dai sali di litio, hanno aiutato a comprenderne gli aspetti classificativi e patogenetici.
E' difficile comunque classificare i farmaci, a partire dal fatto che la categoria "stabilizzatori dell'umore", indispensabile nella pratica clinica, non e' riconosciuta, ad oggi, dalla FDA. Segue poi una trattazione sui meccanismi d'azione dei farmaci stabilizzatori e la possibiliya' di individuarne uno comune a tutti. Si e' citato in particolare uno studio su litio, acido valproico e carbamazepina dal quale e' emerso un ruolo significativo del fosfatidilinositolo, risultato uno dei markers piu' importanti nell'azione di litio e acido valproico. Inoltre altri studi (modelli in vitro, su animali e sull'uomo per certi aspetti) hanno rivelato che i 3 farmaci sopraccitati hanno anche azione neuroprotettiva. Forse, infatti, uno dei veri meccanismi degli stabilizzatori e' proprio l'azione sulla plasticita', da alcuni autori definita metaplasticita' o plasticita' sinaptica, determinata dai fattori trofici, di cui uno dei piu' importanti e studiati e' il BDNF (Brain Derivede Neurotrophic Factor). Si e' visto in modelli animali che l'olanzapina determina un aumento significativo, dopo 28 giorni di terapia, dell'mRNA per il BDNF, a differenza dell'aloperidolo che determina una riduzione. Tale fenomeno plastico pone i presupposti al piu' ampio fenomeno della neurogenesi.
A conclusione del simposio, C. Bellantuono e C. Vampini, hanno sintetizzato in maniera chiara ed esemplare le linee guida del trattamento della mania acuta e quello a lungo termine del paziente bipolare, focalizzando il discorso sulle attuali evidenze in merito ad efficacy ed effectiveness dei principali farmaci considerati. E' emerso, comunque, il bisogno di ulteriori ed approfonditi studi. 

Simposio: il futuro terapeutico nelle demenze - Le demenze frontotemporali (prof. M. Tabaton, universit� di Genova): riassunto dell' intervento (A. Leonardi) 

Il termine di demenza frontotemporale (FTD) viene utilizzato per descrivere un ampio spettro di entit�, caratterizzate da notevolissima eterogeneit�. La dimostrazione di forme familiari associate a parkinsonismo, causate da mutazioni del gene che codificaper la proteina tau (FTD con Parkinsonismo associato al cromosoma 17, ha oggi determinato la collocazione delle demenze frontotemporali all'interno del capitolo delle taupatie. Tuttavia � stato dimostrato che la presenza di quadri neuropatologici con patologia della tau riguarda solo una percentuale minore di casi sporadici e familiari di demenza frontotemporale. Pi� frequentemente il quadro neuropatologico si caratterizza per reperti aspecifici: spongiosi, gliosi e rarefazione neuronale. Le FTD presentano un quadro clinico caratterizzato essenzialmente da importanti alterazioni comportamentali che precedono, anche di molti anni, la comparsa di un quadro di demenza conclamata.
La demenza frontotemporale, a causa della frequente comparsa precoce di disturbi psichici e comportamentali, � frequentemente confusa, all'esordio, con una patologia psichiatrica. � a tal proposito cruciale l'approccio neuropsicologico, con la caratterizzazione dei diversi domini cognitivi ( e quindi memoria, linguaggio, funzioni esecutive, abilit� prassiche e visuospaziali). Il secondo livello diagnostico � rappresentato dalla valutazione del neuroradiologo, che consente di evidenziare un'atrofia simmetrica o asimmetrica a carico dei lobi frontali e temporali.
Le neuroimmagini funzionali sono di particolare importanza nei casi in cui l'atrofia lobare non sia severa. L'aspetto pi� tipico � quello di un'ipoperfusione ed ipometabolismo delle regioni pi� anteriori del cervello. La diagnosi differenziale con la malattia di Alzheimer si basa sulla valutazione clinica; come detto sono elementi suggestivi di FTD la precoce comparsa di disturbi comportamentali (aggressivit�, apatia, disinteresse per la cura della propria persona), la presenza di importanti disturbi del linguaggio, la relativa conservazione di memoria ed orientamento. Al momento non esistono terapie curative per queste forme di demenza. E' stata pero'dimostrata un'utilit� degli antidepressivi inibitori del re-uptak della serotonina (SIRS) nella gestione dei problemi comportamentali; l'uso di basse dosi di antipsicotici "atipici", cioe' di seconda generazione, si � inoltre dimostrata efficace nel contenere le manifestazioni di aggressivit� di questi pazienti.

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