Report convegno
La Professoressa Veneselli presenta la tematica del congresso, facendo riferimento alla sua esperienza clinica diretta di Primario del reparto di Neuropsichiatria Infantile dell’ Ospedale G. Gaslini di Genova, ed introduce i relatori che parleranno della Sindrome di Asperger, analizzandola nei suoi vari aspetti.
LA SINDROME DI ASPERGER: ASPETTI CLINICI
Prof. M. Zappella, Primario della Divisione di Neuropsichiatra Infantile, Siena
La Sindrome di Asperger è definibile come una condizione umana resa ‘patologia’ dalle esigenze della società contemporanea, in cui la capacità di relazione e comunicazione, presupposto del consumismo, è fondamentale per un funzionamento almeno discreto nelle varie aree, da quella lavorativa a quella scolastica.
Per primo affrontò l’argomento Hans Asperger, che descrisse le caratteristiche principali dei soggetti affetti: grande difficoltà di relazione e goffaggine motoria accanto a spiccate abilità intellettive(a questo proposito è rilevante l’influenza dell’ambiente). Altri autori si occuparono della Sindrome con contributi significativi (citata Lorna Wing, USA). Attualmente è classificata all’interno della prima sezione dell’Asse I del DSM-IV-TR, tra i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo.
La Sindrome di Asperger ha una prevalenza dello 0,4%, con un rapporto M:F di 9:1; è caratterizzata da grave inadeguatezza nelle relazioni sociali, interessi ristretti o presentati in modo ripetitivo e continuo, con effetto limitante sulla comunicazione: diversamente dal Disturbo Autistico, la difficoltà non è, infatti, nel desiderio di comunicazione, che, anzi nell’Asperger è presente, ma nel modo in cui essa viene ricercata dal bambino.
L’eziologia è molto probabilmente genetica, e alcuni studi sembrano collegarla ad un difetto che sia all’origine anche del Disturbo Autistico, per quanto non sia stato accertato.
Clinicamente emerge una precoce difficoltà nella creazione dei rapporti sociali, presente già nei primi mesi di vita, che tuttavia esita in una richiesta diagnostica non prima, di norma, dell’età della scuola materna o elementare; è necessaria un’accurata anamnesi in quanto il disturbo può non emergere in un rapporto a due con il terapeuta.
Alcuni aspetti sembrano accomunare i soggetti affetti:
- ipomobilità del viso, sguardo sfuggente, laterale;
- la relazione è effettivamente ricercata, ma con modalità alterate;
- l’approccio sociale è rigido e spesso basato su regole difficili da modulare; ;
- tendenza a riproporre di continuo i temi di interesse personale;
- difficoltà nella relazione prevalentemente dipendente da alterata comunicazione non verbale, mancato contatto oculare;
- necessaria concretezza e programmi a breve termine; intolleranza dell’attesa come situazione indefinita.
- possibili alterazioni nell’area sensoriale (in particolare iperacusia).
Per quanto riguarda il linguaggio, il soggetto affetto da Sd. di Asperger presenta buone capacità, con un QIV che spesso supera il QIP; tuttavia la prosodia è frequentemente monotona ed è deficitaria la capacità di comprendere metafore e concetti astratti. Ciò che lede la relazione è, comunque, il continuo ripresentare le stesse tematiche (riguardanti l’arte, la filosofia, la politica, la matematica, etc.), accompagnando spesso il linguaggio con un atteggiamento del corpo (sguardo, mani, corpo) intrusivo, con scarsa empatia, interesse e comprensione verso il mondo interiore altrui: è infatti evidente una compromissione della Teoria della Mente. E’ da rilevare, tuttavia, che il fatto di perseguire con tale enfasi e passione pochi argomenti in modo estremamente approfondito renderà possibile una collocazione nel mondo del lavoro nell’area prescelta, con un funzionamento globale sufficiente ed una vita quasi normale. Altri comportamenti riscontrabili sono posture inusuali, goffaggine, gestualità accentuata, scarsa capacità organizzativa, etc.
La Sindrome. di Asperger richiede spesso diagnosi differenziale da altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, i quali spesso presentano maggiore compromissione della comunicazione e della teoria della mente.
Non è raro che si trovi in comorbidita’ con Disturbi del Sonno, Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, Disturbi dell’Umore, Disturbi d’Ansia, Sindrome di Tourette.
La prognosi dei soggetti affetti da Sindrome di Asperger è migliore di quella degli autistici, e in 1/3 dei casi il soggetto avrà anche un lavoro ed una vita soddisfacente; alcuni studi indicano remissione sintomatologica nel 12% dei casi. Bisogna tuttavia considerare il rischio sociale di questi soggetti (bullismo, emarginazione, etc) e la necessità di un ambiente che stimoli le loro notevoli capacità, come una situazione familiare e scolastica accogliente. E’ consigliabile, inoltre, la prevenzione della Sindrome Metabolica attraverso uno stile di vita sano, controllato e stimolante.
Le terapie attuabili sono: psicoterapia individuale o di gruppo (omogeneo o eterogeneo) accompagnamento del Compagno Adulto, ovvero una persona che lo aiuti scegliere di volta in volta il comportamento socialmente più adeguato.
I LIMITI E LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE NELL’AMBITO DELLA SINDROME DI ASPERGER
Dottoressa P.Visconti, Ambulatorio Autismo, U.O.NPI. Dipartimento di Neuroscienze dell’ospedale Maggiore, Bologna
La Dott.ssa P. Visconti inizia il suo intervento citando il libro di Marc Segar dal titolo "Guida alla sopravvivenza per le persone con la sindrome di Asperger" pubblicato nel 1997 in Inghilterra e poi in Italia.
Marc Segar era uno scrittore britannico affetto da sindrome di Asperger deceduto a 23 anni, che decise di scrivere una sorta di "manuale di sopravvivenza" con lo scopo di migliorare la qualita’ di vita degli autistici all’interno della nostra societa’. I suoi lavori sono stati tra i primissimi scritti ad offrire una prospettiva piu’ approfondita su tale condizione vista dall’interno. Marc Segar conclude il suo libro con questa frase " le persone autistiche devono capire scientificamente cio’che le persone non autistiche capiscono con il solo istinto".
Dopo questa breve parentesi introduttiva, la dott.ssa Visconti illustra l’argomento centrale del suo intervento: i limiti e la diagnosi differenziale nella sindrome di Asperger.
La Sindrome di Asperger fa parte dei Disturbi Pervasivi dello sviluppo, oggi piu’ ragionevolmente definiti Disturbi dello spettro autistico per l’estrema variabilita’ dei quadri clinici.
Per quanto riguarda i disturbi dello spettro autistico gli studi di prevalenza condotti nel 2009 indicano:
- per il disturbo Autistico una prevalenza di 2/1000.
- per i disturbi dello spettro autistico una prevalenza di 6-7/1000.
Per la sindrome di Asperger non ci sono studi di prevalenza soddisfacenti, perche’ tale disturbo e’ stato identificato e inserito solo nel 2003 all’interno dell’ ICD-10; non possiamo, dunque, avvalerci di tutti gli studi precedenti, poiche’ pochi sono incentrati sulla sindrome di Asperger, e la prevalenza pare essere 1/3 - 1/4 dei soggetti autistici: una quota decisamente inferiore rispetto alla prevalenza valutata all’estero per questo tipo di disturbo.
Quando la sindrome di Asperger venne proposta all’attenzione della psichiatria infantile anglosassone nel 1981, venne fatto riferimento non ad una patologia distinta dall’autismo , come classicamente descritto,ma piuttosto ad una situazione clinica all’interno di un " continuum autistico".
La Wing e la Gould nel 1979 caratterizzarono la "triade autistica"composta da:
- anomalie dell’interazione sociale
- anomalie nella comunicazione verbale e non
- immaginazione povera e stereotipata
Successivamente nel 1988 valutarono questi 3 aspetti in soggetti ritardati e non ritardati. Identificarono anche delle tipologie di interazione sociale, aggiungendo alla tipologia del riservato anche quella del passivo, dello strano e del solitario:
- Tipologia "RISERVATO": persone indifferenti, distaccate, che si caratterizzavano per la presenza di stereotipie motorie, buone capacità meccaniche e abilità visuo-spaziali e disabilita’ cognitive medio-gravi (disturbo autistico).
- Tipologia "PASSIVO": disturbo autistico con una sintomatologia meno florida che si manifesta piu’ tardivamente.
- Tipologia " STRANO":personaggi un po’ "naif" con ottime abilita’ cognitive (autismo ad alta funzionalità: HFA)
- Tipologia "SOLITARI": corrispondenti ai soggetti Asperger (SA).
La Wing tuttavia non aveva specificato l’esatto numero di caratteristiche cliniche necessarie per la diagnosi, mentre successivamente alcuni gruppi di ricerca internazionali proposero vari criteri diagnostici fino ad arrivare alla sintesi emersa nel 1993-94 nei manuali ICD-10 e DSM-IV.
Tutt’oggi il dibattito e’ acceso, soprattutto quando vengono prese in considerazione eventuali differenze in merito a ritardo del linguaggio e goffaggine motoria, quali criteri restrittivi per l’inclusione di pazienti in studi di ricerca o eventuali distinzioni rispetto a forme di incerta validita’ nosografica, quali Disturbo Autistico ad Alta Funzionalita’(HFA), Disturbo Semantico-Pragmatico o Disturbo evolutivo dell’emisfero destro. Esistono infatti diverse situazioni di comorbidita’ o diagnosi differenziale con Disturbi Del Linguaggio, Disturbo Semantico-Pragmatico, Disturbo Non Verbale Del Linguaggio, Sindrome Di Tourette, Depressione, Ansia, Psicosi-Schizofrenia e MID (Multidimensioned Impared Disorder).
Alla luce di tali problematiche, la dott.ssa Visconti illustra uno studio focalizzato sulla comparazione qualitativa tra 3 gruppi: SA (Asperger), HFA( disturbo autistico ad alta funzionalità) e PDD NOS ( disturbo autistico)ai fini di rilevare eventuali differenze riscontrabili e indicatori precoci desumibili dalla valutazione. Ci si chiede pertanto se esistono elementi distintivi e se si puo’ quindi parlare di quadri "cluster" o se invece ci troviamo di fronte ad un continuum di situazioni cliniche, che differiscono apparentemente solo per età e livello di sviluppo.
Nel corso degli anni sono stati condotti anche interessanti studi sulla risonanza magnetica funzionale di pazienti HFA e SA; nel 2002-05 era stata riscontrata nei pazienti con Asperger una riduzione di sostanza grigia a livello fronto-striatale , nel cervelletto e nelle zone temporali, ed un aumento di sostanza bianca attorno ai gangli basali. Questo condurrebbe ad una diminuzione dell’inibizione ed a una uscita indiscriminata di stimoli, ragione per cui i soggetti HFA e SA faticano ad elaborare stimoli in maniera globale e si soffermano piuttosto sui singoli dettagli e non su una visione d’insieme: ne derivano pensieri e un linguaggio caratterizzati da azioni ripetute. Tale situazione e’, peraltro, simile a cio’ che accade in altri disturbi come DOC, Schizofrenia, Distubo Di Tourette. Altri studi condotti successivamente non condividevano queste valutazioni.
La letteratura corrente mette in luce una possibile correlazione con comorbidita’ psichiatriche rispetto a 3 fasce di eta’:
- Eta’ prescolare e scolare (comorbidita’ in prevalenza con Fobia Sociale, DOC,ADHD E Depressione)
- Eta’ adolescenziale(comorbidita’ in prevalenza con Disturbo D’ansia Sociale , ADHD,Disturbo Oppositivo Provocatorio)
- Eta’ adulta (comorbidita’ con schizofrenia, Disturbi Psicoticie Disturbi Bipolari).
Le categorie diagnostiche che risultano piu’ suscettibili a una diagnosi differenziale sono: HFA, Depressione,OCD e Schizofrenia.
A conclusione del suo intervento, la dott.ssa Visconti ribadisce la complessita’ diagnostica in un campo che necessita di indagini semeiologiche sempre piu’ accurate, dove la sindrome di Asperger rappresenta non solo un modello per indagini neurobiologiche sulla condizione autistica, ma anche una "linea di confine" con alcune patologie psichiatriche.
LA VALUTAZIONE NEUROPSICOLOGICA NELLA SINDROME DI ASPERGER
Dottoressa A.M.Hufty, Sinapsy Centro Neuropsicologia e Riabilitazione Cognitiva e del linguaggio
La dott.ssa Hufty focalizza l’attenzione su alcuni quesiti non ancora risolti del tutto:
- Esistono profili specifici per la sindrome di Asperger?
- La valutazione neuropsicologica puo’ aiutarci a fare una diagnosi differenziale, in particolare con HFA, disturbo semantico pragmatico, e altri?
Sostiene pero’ che la sfida maggiore sia quella di programmare tutto quello che avviene dopo la diagnosi sia per i ragazzi che per gli adulti.
Dopo questa breve introduzione, si analizza l’importanza della valutazione neuropsicologica che rappresenta tra l’altro il tema centrale dell’intervento della dott.ssa Hufty.
Non c’e’ accordo sulle caratteristiche cognitive presenti nella sindrome di Asperger dal punto di vista neuropsicologico, ma generalmente si concorda su alcuni punti:
- presenza di un QI normale ( QI >70)
- QIV significativamente superiore rispetto a QIP (al contrario di cio’ che accade nell’HFA)
Ultimamente anche questo ultimo punto e’ in discussione (Manjiviona e Prior 1999) tanto che si e’ iniziato a pensare che la valutazione neuropsicologica non abbia un ruolo decisivo nella diagnosi differenziale tra SA, HFA, PDD NOS e DSP (disturbo semantico-pragmatico) e NLD. La sindrome di Asperger, infatti, presenta alcune caratteristiche cognitive che sono del tutto simili a queste altre condizioni patologiche.
La selezione dei gruppi da valutare e la presenza di risultati che devono riflettere i criteri diagnostici per la SA, rappresentano le principali difficolta’ di interpretazione degli studi neuropsicologici.
La dott.ssa Hufty presenta due studi classici sulle caratteristiche primitive dell’Asperger :
1) Il primo studio e’ quello di Klin del 1995, per il quale erano stati reclutati 40 soggetti (21 con SA e 19 con HFA)e sottoposti a test di intelligenza; i risultati mostravano:
- una differenza significativa tra QIV(quoziente intellettivo verbale )e QIP (quoziente intellettivo di performance)nei pazienti con Asperger e tendenzialmente il contrario nei pazienti con HFA.
- quasi la totalita’ dei pazienti SA presentano un profilo cognitivo tipico del disturbo di apprendimento non verbale(NDL), presentando tra gli altri segni: difficolta’ motorie grossolane e fini, disturbo dell’analisi visuo-spaziale, difficolta’ di coordinazione occhio-mano e superiorita’ per quanto riguarda la memoria sia verbale che visiva.
Quasi tutti i bambini del campione analizzato potevano soddisfare i criteri diagnostici per NDL, ma non viceversa (i bambini con SA non rientravano nei criteri diagnostici del NDL).
Questo studio presentava un problema di fondo rappresentato dalla selezione dei pazienti con SA eseguito secondo i criteri diagnostici del DSM-IV o ICD-10 aggiungendo la presenza di goffaggine motoria e interessi ristretti. Quello che invece distingue i soggetti HFA dai pazienti con SA sono soprattutto disturbi linguistici e superiorita’ nella memoria visiva su quella verbale negli HFA.
2) Il secondo studio e’ quello di Manjiviona e Prior del 1999, che ha valutato 56 bambini (35 con SA e 21 con HFA) selezionati rigidamente soltanto secondo i criteri del DSM Ive ICD-10.
I 56 bambini sono stati sottoposti a una batteria di test neuropsicologici specifici: WISC-R, torre di Londra (funzioni esecutive), 3 probleming solving della Termann Merrill’ (2 di tipo verbale e 1 su figure),figura di Rey in copia e a memoria e il COWAT(Controlled Oral Word Association Test) simile al FAS o all’Animal Naming Test.
I risultati apparivano totalmente diversi da quelli del precedente studio:
- Non si evidenziavano differenze significative tra i 12 gruppi di bambini, né differenze tra QIV e QIP nei soggetti con SA.
- Nelle prove di fluenza non si riscontrava differenza con i soggetti normali, né per la Torre di Londra, tranne una maggior tendenza alla violazione delle regole alla Torre di Londra e un numero di mosse superiore.
- Sia HFA che SA presentavano difficolta’, rispetto ai soggetti normali, per quanto riguarda le prove di assurdita’ verbale.
Gli autori sottolineavano solamente in generale un livello cognitivo complessivo superiore per i pazienti con SA. Si evidenziavano pertanto profili simili per soggetti HFA e SA interpretati come la dimostrazione di un semplice continuum di gravita’ tra HFA e SA.
La sindrome di Asperger sarebbe dunque una forma piu’ lieve di HFA: i soggetti con SA sarebbero dunque HFA con un livello cognitivo migliore.
Per questo studio non ci sono dunque conclusioni poiche’ non sono emerse prove o risultati che differenzino in qualche modo HFA da SA.
La valutazione neuropsicologica, dunque, non aiuta a fare una diagnosi differenziale; tuttavia risulta indispensabile per la programmazione di un intervento riabilitativo efficace.
Gli aspetti cognitivi dei pazienti con SA sembrano quindi caratterizzati da:
- QI >70 (livello cognitivo normale).
- Generalmente QIV superiore rispetto a QIP.
- Linguaggio ben sviluppato dal punto di vista formale , ma difficolta’ nell’uso del linguaggio(metafore, linguaggio implicito, uso e interpretazione linguaggio non verbale).
- L’apprendimento scolastico corrisponde al livello cognitivo generale , tranne che per alcuni aspetti come la comprensione della lettura , risoluzione di problemi scritti e interpretazione di grafici matematici.
- Deficit delle funzioni esecutive :pazienti SA presentano un profilo cognitivo rigido caratterizzato dalla mancanza di flessibilita’ , impulsivita’ e tendenza a focalizzarsi sui dettagli.
- Difficolta’ che riguardano la sera sociale misurati con 2 test CBCL (Child Behaviour Cheklist)e SSRS (social Skills Reading System)
- Presenza di goffaggine motoria e difficola’ sensoriali obiettivate con una valutazione motoria o sottoponendo i genitori ad un questionario (DCDQ’07, Wilson).
Gli studi neuropsicologici, per quanto appaiano deludenti, risultano invece di grande importanza per operare una diagnosi differenziale e per la definizione di un profilo cognitivo completo individualizzato per ogni paziente.
Questo rappresenta il primo passo per la pianificazione di un intervento riabilitativo cognitivo e sociale efficace e, nello stesso tempo, ci aiuta a conoscere meglio questo disturbo.
LA RIABILITAZIONE DELLA TEORIA DELLA MENTE: COMUNICAZIONE, INTERAZIONE SOCILAE, EMOZIONI/AFFETTI NELLO SVILUPPO TIPICO E ATIPICO.
Dottoressa F. M. Battaglia, U. O. di Neuropsichiatria Infantile, Istituto G. Gaslini
Una delle principali considerazioni sulla psicologia particolare dei soggetti affetti da Sindrome di Asperger, considerando il loro stile relazionale, è la probabile alterazione della Teoria della Mente.
Con Teoria della Mente si intende la capacità di un soggetto di attribuire emozioni e pensieri agli altri nonché a sé stesso. Tale facoltà, tipicamente umana, è innata, e si acquisisce progressivamente fino a possederla completamente intorno ai 3-4 anni; essa permette di spiegare e prevedere il comportamento proprio e altrui attribuendo stati mentali: desideri, emozioni, credenze e pensieri in conseguenza dei quali un soggetto agisce. Grazie soprattutto ai numerosi studi effettuati dalla metà degli anni Ottanta, la Teoria della Mente si configura l’introiezione di un modello, genericamente valido per ogni persona, che spiega il funzionamento della mente, e che, sulla base del contesto, permette di prevederne, interpretarne e comprenderne i possibili sentimenti, pensieri e comportamenti. Da essa deriva, inoltre, una consapevolezza di sé che consenta di gestire le emozioni e di organizzare il proprio comportamento.
Oltre che nella psicologia dello sviluppo, spesso si fa riferimento alla Teoria della Mente nell’analisi dello sviluppo cognitivo e comunicativo e della psicopatologia dello sviluppo.
Attenzione particolare è rivolta al percorso di mentalizzazione che porta alla formulazione della Teoria della Mente, per individuarne alterazioni in una fase precoce, ovvero prima dei tre anni. Probabilmente è questo, infatti, un momento critico per i pazienti affetti da un Disturbo dello Spettro Autistico, nel quale presumibilmente un elemento di disturbo comporta un deficit di sviluppo: conoscerlo significa potervi, forse, far fronte. Le tecniche di valutazione usate comprendono il gioco, le competenze pragmatiche e il livello psicologico.
Sulla base di queste considerazioni viene attualmente considerato fondamentale, nel progetto terapeutico rivolto ai soggetti affetti da Sindrome di Asperger, la promozione della mentalizzazione e della rappresentazione interna degli stati mentali riferiti a sé stessi ed altri, attraverso interventi mirati, che considerino le variabili relazionali e contestuali, in prospettiva riabilitativa e preventiva. Tra questi interventi appaiono rilevanti il Role Play, l’iuso di fumetti e video, le Flash Card.
ASPETTI PSICOPEDAGOGICI ED EMOZIONALI
Dottoressa Simonetta Lumachi, Istituto G. Gaslini
La dottoressa Lumachi focalizza l’attenzione su alcuni elementi fondamentali nella gestione della vita quotidiana di un soggetto affetto da Sindrome di Asperger: l’ambiente familiare e scolastico dovrebbe essere strutturato, per trasmettergli sensazioni di tranquillità e di controllo; l’apprendimento di ‘trucchi’ è importanteper imparare a comprendere sé stessi e gli altri, superando le difficoltà conseguenti ad un’alterazione nella formulazione della Teoria della Mente.
Vengono presentati alcuni giochi che aiutano il bambino a sviluppare l’abilità di attribuire stati mentali agli altri, comprendendone pensieri, opinioni ed emozioni, e che si avvalgono dell’uso di pupazzetti, role playing, fumetti, etc.
E’ importante fornire loro gli strumenti per individuare le emozioni provate dagli altri anche interpretandone le espressioni del volto: un sistema valido può essere quello di mostrare loro, spiegandoli, disegni di volti rappresentanti emozioni stilizzate.
Postulando, dunque, che le difficoltà relazionali degli Asperger sono per lo più riconducibili ad un’alterata modalità di rapportarsi agli altri, con scarsa predisposizione all’ascolto e tendenza a far prevalere il proprio argomento di interesse a quello altrui, appaiono presidi molto utili i ‘libri dei trucchi’, ovvero piccoli manuali in cui essi possano trovare le regole di un adeguato comportamento nelle varie attività e situazioni che si trovano ad affrontare: conversare, andare ad una festa, giocare con i coetanei, etc.
La dottoressa presenta, infine, un video che ha per protagonisti bambini affetti da Sindrome di Asperger e ne esemplifica i comportamenti caratteristici.
LA PRESA IN CARICO E LA PROGETTUALITA’
G.M. Arduino
Il relatore introduce il suo intervento partendo dalla Relazione Finale del Tavolo Nazionale del Lavoro sull’Autismo (2008): "I programmi per la cura e tutela delle persone con disturbi di tipo autistico richiedono un cambiamento di paradigma nell’approccio alla disabilità imperniato sulla persona, i suoi diritti, le sue necessita’, le sue potenzialita’" che deve svilupparsi "su tutto l’arco della vita delle persone con autismo", favorendo anche l’"abilitazione e l’inclusione sociale" della persona con questo disturbo. Viene sottolineata inoltre l’importanza di una presa in carico quanto più precoce possibile, che non si interrompa, come spesso accade, con la fine del percorso scolastico. Data la complessità della patologia, l’intervento è necessariamente di tipo multi-professionale ed interdisciplinare, con necessità di integrazione tra "gli interventi sanitari e quelli scolastici, educativi e sociali, pubblici e servizi del privato e del privato sociale, le famiglie e le loro Associazioni".
Secondo il National Research Council (2001) l’intervento dovrebbe essere il più precoce possibile, intensivo (almeno 25 ore settimanali suddivise nei vari contesti di vita), con pianificazione ed individualizzazione dell’insegnamento, privilegiando il rapporto "uno a uno" e il lavoro in piccolissimo gruppo; tale approccio dovrebbe prevedere anche un intervento attivo da parte della famiglia (attività di parent training) e, infine, un aggiornamento e rivalutazione periodica dell’adeguatezza del trattamento.
In questo senso l’ambito scolastico risulta di vitale importanza: il bambino dovrebbe essere inserito in un contesto con un numero relativamente piccolo di compagni (in contrasto con le gli ultimi indirizzi del ministero dell’istruzione, che punta ad un minore numero di classi numerose), con lavoro quanto più possibile individualizzato e assistito da uno specialista della comunicazione, nel training e in competenze sociali. Va creata l’opportunità di interazione e la promozione di rapporti interpersonali in attività supervisionate, costruendo un contatto sociale intorno, per esempio, ad un interesse comune, finalizzate all’acquisizione di competenze adattive, di vita reale che, nei bambini con Asperger, sono nettamente deficitarie: l’intervento mira quindi all’insegnamento in modo esplicito di competenze di problem solving e di comportamenti adeguati, per potersi destreggiare in tutte le situazioni sociali, comprese quelle critiche o moleste (ad es. le prese in giro, fenomeni di bullismo, cui questi bambini sono vittime). Dovrebbero essere fornite delle liste di strategie decisionali da mettere in atto in situazioni nuove o critiche, che comprendano la possibilità di ricorrere, anche telefonicamente, al consiglio di un adulto fidato. Si dovrebbe potenziare la consapevolezza sociale, sviluppando la capacità di distinguere tra cio’ che e’ e non e’ importante in un determinato contesto, esplicitando anche le differenze di prospettiva nella percezione di una situazione. Infine deve essere incoraggiata la generalizzazione delle strategie e delle competenze sociali apprese.
Queste competenze su cui incentrare l’intervento, secondo Mitzi Waltz ( Pervasive Development Disorders: Finding a Diagnosis and Getting Help) riguardano:
- il mantenimento di un appropriato contatto oculare e di prossimita’ fisica
- lo sviluppo di empatia
- il dare e ricevere complimenti
- la capacita’ di socializzazione
- la comprensione del linguaggio del corpo
- la determinazione dell’appropriatezza di un argomento in un dialogo
- la comprensione delle regole per le attivita’ sociali
- la comprensione delle regole di interazione sessuale
- l’interazione con l’autorita’
- la capacita’ di usare l’osservazione per determinare comportamenti, abbigliamento e modi appropriati in una nuova situazione sociale
Per tradurre in pratica queste direttive occorre effettuare:
- Azioni rivolte alle famiglie: comunicazione chiara e tempestiva della diagnosi, con una precisa valutazione funzionale seguita da interventi abilitativi sul bambino e formativi sui genitori (da intendersi come coterapeuti), messa in contatto con le Associazioni e supporto di queste ultime
- Azioni rivolte alla comunita’: sensibilizzazione della Comunita’ sulla SA e in particolare sulla disabilita’ sociale invisibile, diffusione delle strategie educative utili, iniziative volte a far emergere il ruolo positivo che può essere assunto dalle persone con SA e attivazione della rete sociale informale
- Aspetti organizzativi: individuazione di un case manager in modo da realizzare una collaborazione tra servizi — famiglia — scuola -servizi socio-educativi e formativi, con la realizzazione della continuita’ assistenziale dall’eta’ evolutiva a quella adulta, e il coinvolgimento del mondo del lavoro.
Il relatore conclude l’intervento citando Marc Segar: "Se potessi spiegare la Sindrome di Asperger in una sola frase sarebbe la seguente: le persone autistiche devono capire scientificamente cio’ che le persone non autistiche capiscono con il solo istinto" e aggiunge "Obiettivo della presa in carico in una sola frase, potrebbe essere: offrire alla persona con S.A. e alla sua famiglia il supporto necessario per acquisire questa conoscenza scientifica e per usarla in modo utile all’integrazione sociale, creandoe le condizioni nella Comunita’".
INTERVENTI DI SUPPORTO A RAGAZZI E FAMIGLIE:
Silvano Solari, responsbile Servizi Consultoriali ASL 5 — La Spezia
Nell’intervento vengono proiettati numerose videoregistrazioni; la prima è tratta da una trasmissione francese in cui si ripercorrono le tappe storiche di diagnosi e trattamento di questi individui, sottolineando come Asperger sia stato il primo effettivamente a comprendere la natura di questo disturbo e proporre un trattamento efficace.
Negli altri video vengono proposti degli estratti da situazioni di comunicazione e di dialogo simulate e videoregistrate. Si nota come in queste sedute emerga una capacita’ di utilizzare le informazioni fornite e tutto sommato in alcuni soggetti, a seguito di questi interventi, si sviluppi una discreta capacita’ di interazione sociale, di empatia e di contatto.
LA VOCE DELLE FAMIGLIE: COME VIVONO LE FAMIGLIE CON SOGGETTI S.A.
Maria Teresa Borra
Vivere con persone con Sindrome di Asperger non e’ semplice: sono soggetti infatti con problemi nelle interazioni interpersonali e sociali, nella comunicazione e nell’attenzione. Attraverso processi psicoeducativi e’ possibile in queste persone sviluppare adeguate competenze; tuttavia troppo spesso si arriva alla diagnosi tardiavamente (frequentemente con precedenti diagnosi errate di psicosi di varia definizione), dopo numerosi anni di malessere che investe il bambino e la famiglia intera. Spesso anche dopo la diagnosi, il processo di presa in cura non e’ ancora adeguato e troppo spesso la famiglia si trova isolata. In questo contesto si inserisce il GRUPPO ASPERGER, associazione ONLUS, formata da individui che si occupano personalmente o professionalmente di Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, in risposta alla scarsa conoscenza di questa patologia nella societa’ italiana.
Le famiglie delle persone affette da Asperger hanno bisogno quindi di diagnosi e conseguenti interventi psico educativi adeguati, con iniziative di inclusione ed educazione sociale, anche per gli adulti. E’ necessario promuovere la formazione professionale mirata, con forme di sostegno sia nel contesto lavorativo (come il progetto LEM di cui l’Associazione si e’ fatta promotrice) che negli eventuali studi universitari (cui, vista la presenza di attivita’ cognitive buone, queste persone possono accedere se adeguatamente supportate). A questa si deve affiancare una corretta sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Infine, la relatrice propone di cercare anche di cambiare il punto di vista e cioe’ di guardare cosa e’ per loro, che ne sono affetti, la sindrome di Asperger in modo da intervenire "con loro" e non "su di loro", nel rispetto della loro diverista’, (senza inseguire una normalita’ di per se’ inesistente).
Si riporta in conclusione una frase tratta da un saggio di uno studioso che ha riconosciuto in se’, da adulto, le caratteristiche della S.A.:
"Il passaggio dall’autismo alla neurodiversita’ corrisponde a un’appropriazione dei discorsi da parte di chi e’ soggetto all’enunciato autismo, da se’ chiamatosi al ruolo ulteriore di soggetto dell’enunciazione. Dall’in se’ della condizione patologica al per se’ dell’empowerment di chi vede avvilite le proprie aspettative di affermazione sociale, lavorativa, affettiva a causa di una sensibilita’ peculiare" (Enrico Valtellina).
REPORT A CURA DI VERONICA AIELLO, CALCAGNO PIETRO E LOMBARDI DENISE
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