"Correlare" la salute mentale all’uso della tecnologia digitale. Revisione critica della letteratura

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19 novembre, 2012 - 18:21

Sommario

Dipendenza/addiction e trance dissociativa sono fino ad oggi le due categorie diagnostiche correlate all’uso della tecnologia digitale. Il fatto che siano stati rilevati questi disturbi psichici in correlazione all’uso della tecnologia digitale apre la strada ad un’ipotesi interessante di carattere eziopatogenetico. I comportamenti di dipendenza da sostanza e da uso di tecnologia digitale potrebbero essere ricondotti ad un modello eziopatogentico multifattoriale unico.

Nel 1996 l’American Journal of Psychiatry ospitò un breve dibattito epistolare tra Huang-Alessi e Sten. In quella sede si chiarì formalmente che gli studi in questo nuovo campo debbono essere condotti secondo metodologie scientificamente valide. In seguito alcuni AA hanno iniziato studi nei quali s’indagavano gli effetti psicopatologici dell’uso della tecnologia digitale utilizzando l’MMPI-II, il Big Five e la SCID-II.

 

Abstract

Dependence/Addiction and dissociative trance, are until today the two diagnostive categories related to the use of the digital technology. The fact that these psychiatric disturbances were pointed out in relation to the use of the digital technology, open the door to an interesting ethiopatogenetic hypothesis: may be only one multifactorial etiophatogenetic model at the origin of the dependence/addiction by substances and by technology use.

In 1996 the American Journal of Psychiatry gave space to a brief debate between Huang-Alessi and Sten. In that occasion it was formally clarified that the studies in this new field have to be made with a valid scientific methodology. After that some Authors have done studies with MMPI-II, Big Five and SCID-II.

 

 

Nel gennaio del 2002 sarà attiva la così detta telefonia di terza generazione denominata: UMTS (Universal Mobil Telecomunication System) e a detta degli esperti dovrà passare del tempo prima che venga superata. La novità sostanziale consiste nella possibilità di collegarsi ad Internet col telefonino ricevendo anche immagini. Il visore del telefonino sarà come il visore del PC di casa. L’impatto sulla cultura, sul costume, sulla nostra vita professionale, famigliare e ludica sarà imponente.

In questo contributo viene proposta una revisione critica della letteratura che indaga la correlazione tra salute mentale e l’uso di alcune applicazioni della tecnologia digitale.

 

Cybercultura.

Umberto Galimberti (1999) termina le oltre settecento pagine del suo volume sull’uomo nell’età della tecnica ponendo una domanda drammatica dal sapore apocalittito: "che cosa farà la tecnica dell’uomo?". Dunque non l’uomo padrone della sua stessa creatura, ma l’uomo che viene dominato da ciò che egli stesso ha prodotto. L’indubbio limite del lavoro di Galimberti sta nell’aver demolito il vecchio edificio senza offrire al lettore nemmeno l’idea del progetto per costruire il nuovo.

Steven Levy (1999) propone alcuni concetti interessanti. Intanto definisce "cybersspazio" l’ambiente che emerge dall’interconnessione mondiale dei computer e l’oceano d’informazioni ospitatevi, mentre la "cybercultura" è l’insieme di tecniche, pratiche, attitudini, modalità di pensiero e valori che si sviluppano con la crescita del cyberspazio. Ancor più propone la distinzione tra "reale" e "virtuale". Dal punto di vista filosofico infatti è virtuale ciò che è "in potenza" e non in atto. La pianta è virtualmente presente nel seme, la lettera è in potenza sullo schermo del computer o in un file nella memoria del computer e diventa in atto quando la si stampa o la si comunica in e-mail.

 

"Dipendenza" da digitale.

Già nella prima metà degli anni ‘90 i mass media diedero spazio allo IAD Internet Addiction Disorder, facendo passare l’idea che si può essere "malati di Internet" così come si è malati di gioco d’azzardo o di droga. La letteratura scientifica è scarsa. Un primo case report proprio di Kimberly S. Young (1996) proponeva una donna senza pregressa psicopatologia che produceva una significativa perdita della qualità di vita correlata ad un abuso dei tempi di connessione in rete. Mark Griffiths (1997) rispondeva ponendo alcune obiezioni. Nel primo studio su un campione di utenti condotto da Victor Brenner (1997) veniva posta una correlazione tra il tempo della connessione in rete e lo sviluppo di comportamenti di dipendenza. Nessuno dei tre AA ha in seguito pubblicato altri contributi sui giornali scientifici internazionali. Il volume di Kimberly S. Young "Caught in the net" (1998) (tradotto in italiano come "Presi nella rete") ha un carattere dichiaratamente divulgativo, non scientifico.

Gli anni ‘90 si sono dunque conclusi con una notevole sproporzione. Da una parte i mass media hanno trovato nello IAD un argomento di sicuro interesse e dall’altra la comunità scientifica internazionale non ha prodotto alcuno studio in proposito.

Diversamente in ambito locale c’è stata una fioritura di studi sperimentali. Nel primo studio sperimentale emergeva che il 10% dei 230 ragazzi tra i 14 e i 19 anni riferiva una low performance mattutina a scuola a causa del permanere connessi in rete la sera (Francesco Bricolo et al, 1997). Successivamente il gruppo di Tonino Cantelmi produce un volume, "La mente in Internet. Psicopatologia delle condotte on line" (1999), che raccoglie i contributi dei ricercatori europei in questo campo. In particolare vanno segnalati gli articoli di Massimo Talli et al. (1999), che affronta in maniera chiara il problema della metodologia, e di Carlamaria Del Miglio et al. (1999). In quest’ultimo studio gli utenti della rete telematica vengono contattati e, ottenuto il loro consenso, vengono testati con MMPI-II (Hathaway SR, McKinley JC, 1995) e Big Five (Caparra GV, Barbaranelli C, Borgogni L, 1993). Citando direttamente Del Miglio C. et al. (2000) leggiamo: "Gli studi finora condotti, compreso il nostro, non sono in grado di stabilire una relazione di causa effetto tra presenza di sintomi e uso della rete. Si può però rilevare come certe caratteristiche di personalità contribuiscano a determinare una condizione di vulnerabilità e di elevata ricezione di cementi digitali nocivi. Presumibilmente Internet ha un potenziale psicopatologico, ma solo in corrispondenza di una predisposizione individuale". In particolare vanno notati i risultati delle scale Pd (deviazione psicopatica), D (depressione) dell’MMPI-II e le scale S (stabilità emotiva) e Ce (controllo delle emozioni) del BFQ. "Grazie alla possibilità di mantenere l’anonimato, la rete può promuovere un sostanziale abbassamento delle difese inibitorie così da facilitare l’espressione pulsionale. Chi è più soggetto di altri a perdere il controllo della propria "istintualità" può scegliere Internet come una sorta di valvola di sfogo attraverso cui canalizzare le proprie pulsioni in modo socialmente congruo" (Del Miglio C. et al, 1999).

 

Digitale e psicopatologia.

Per quanto ora si parli della relazione tra l’uso di Internet e psicopatologia, i primi studi sono stati condotti sui videogiochi.

Il primo studio che ha indagato il rapporto tra utilizzo dei videogiochi e psicopatologia è quello di McClure RF, Mears FG (1986). In seguito sono stati condotti altri studi: uno studio su aspetti aggressivi di minorenni (Chambers JH, Ascione FR, 1987), due sulla correlazione tra epilessia e videogiochi (De Marco P, Ghersini L, 1985; Masnou P, Nahum-Moscovoci L, 1999), un interessante studio che cercava una correlazione tra obesità, TV e videogiochi nei bambini messicani (Hernandez B et al. 1999), sull’attitudine degli schizofrenici ai videogiochi (Samoilovich S et al, 1992), uno studio sugli aspetti neuropsicologici (Dustman RE, Emmerson RY, Steinhaus LA, 1992), due studi in ambito geriatrico (Riddick CC, Drogin EB, Spector SG, 1987; Clark JE, Lanphear AK, Riddick CC 1987) e verso la fine degli anni ’90 è stato prodotto anche un primo contributo che nomina la playstation (Ryan G, 1998).

E’ nella seconda metà degli anni ‘90 che vengono pubblicati due studi che riguardano specificatamente fenomeni psicopatologici correlati all’uso di Internet. Uno è quello teorico scritto da Vincenzo Carretti (1999) sulla Trance Dissociativa da videoterminale, diagnosi attualmente compresa nell’Appendice B del DSM-IV (APA, 1994). Pur proponendosi come contributo esclusivamente teorico, rappresenta un importante riferimento. Gli studi precedenti hanno infatti privilegiato il problema della "dipendenza" da Internet, presentando la "rete" come una "droga". Parlare di Trance Dissociativa sposta lo sguardo su fenomeni più strettamente psicopatologici correlati all’uso del digitale, anche se l’esperienza clinica nel merito è scarsa. Solamente Tonino Cantelmi (1999b) ha pubblicato un contributo in cui vengono presentati cinque casi di persone che, già in carico per problemi psichiatrici, hanno sviluppato Trance Dissociativa e/o sintomi psicotici associati all’uso/abuso della connessione in rete. Da qui la creazione dell’acronimo IRP Internet Related Psychopathology, la correlazione cioè tra salute mentale e utilizzo di alcune applicazioni della tecnologia digitale.

Fin dall’inzio s’è tra l’altro posto il problema della comorbilità. A differenza del case report (Young KS, 1997), nei cinque casi pubblicati da Cantelmi T. (1999b) coloro che hanno prodotto IRP avevano una pregressa diagnosi psichiatrica.

Nel merito della comorbilità va segnalato fin d’ora un dato "oscuro". Dalle informazioni in possesso dell’autore e da ricerche non pubblicate, risulta che in alcuni ambienti dell’informatica si è fatto e si fa uso di sostanze, cannabinoidi e sostanze amfetaminosimili in particolar modo. Trattandosi di un numero oscuro è per ora difficile rilevarlo.

Lo studio di Francesco Bricolo (2000) mira invece a rilevare la presenza di D. di Personalità in un piccolo campione di hacker. Nel merito vanno proposte alcune considerazioni preliminari. Il primo problema riguarda la definizione di "hacker " e la sua distinzione da "cracker " e da "lamer". Mancando ogni tipo di riferimento nella letteratura clinica, l’autore ha dovuto acquisire conoscenze specifiche per arrivare a proporre le necessarie definizioni. In secondo luogo è da segnalare l’impossibilità di contestualizzare lo studio in senso storico. Per quanto infatti possa apparire irrilevante, a ben guardare la mancanza di una storia dell’informatica nel ‘900 rende difficile conoscere, capire e perciò distinguere i protagonisti con i loro rispettivi meriti e demeriti.

Per quel che riguarda specificatamente i risultati della ricerca, la SCID-II Structured Clinical Interview for Disorder Axis 1° e 2° (First MB, et al 1994) è stata somministrata a degli hacker ed è stata rilevata una comorlidità in asse 2° principalmente per Disturbo di Personalità Ossessivo-Convulsivo e Disturbo di Personalità Antisociale. Per quanto sia possibile formalizzare una diagnosi in Asse 2°, per una corretta comprensione del dato è necessario inquadrare le diagnosi facendo riferimento ai dati anamnestici di ognuno.

 

Tecnologia digitale e salute mentale.

Nel 1997 l’autorevole American Journal of Psychiatry pubblicava un articolo, "Internet and the future of psychiatry", nel quale gli autori Huang MP e Alessi NE non facevano alcun cenno a possibili comportamenti di abuso o a sintomi psicopatologici associati all’uso della rete. Nel numero successivo l’AJP dava spazio a due brevi lettere. In una Stein DJ segnalava il fatto che gli autori del suddetto articolo avevano completamente trascurato due grosse novità portate da Internet in ambito psichiatrico, i comportamenti di abuso e di dipendenza e le psicoterapie on line. Huang e Alessi rispondevano che si trattava di una scelta: non esistendo letteratura che desse dignità scientifica a questi due aspetti, non dovevano essere trattati. L’ultimo contributo in ordine di tempo (Eppright T et al, 1999) non propone novità nel merito.

I giornali scientifici accettano studi sperimentali che siano condotti con metodologie validate.

 

Diagnostica categoriale.

Abbiamo visto che i disturbi rilevati sono: abuso/dipendenza, trance dissociativa, sintomi psicotici, disturbi di personalità ed epilessia.

A ben guardare i suddetti disturbi non rappresentano alcuna novità all’interno della nosografia categoriale attualmente vigente: Dipendenza e abuso sono compresi nell’Asse 1° come Disturbi Correlati a Sostanze, la Trance Dissociativa è nell’Appendice B, i sintomi psicotici sono compresi anch’essi nell’Asse 1°, i D. di Personalità sono invece nell’Asse 2°, mentre l’Epilessia è un noto disturbo neurologico (APA, 1994).

Nel caso dei D. Correlati a Sostanze bisognerebbe prima di tutto rilevare una sindrome d’astinenza e in caso allargare la categoria, D. Correlati a Sostanze e a Strumenti Tecnologici. Nel caso invece del D. da Trance da videoterminale è possibile portarla dall’attuale Appendice B ai D. Dissociativi dell’Asse 1°.

Nell’ipotesi che il proseguo degli studi sperimentali dia rilevanza epidemiologica alla presenza di questi disturbi, non servirebbe creare alcuna nuova categoria diagnostica. Dunque al momento pare inutile coniare nuove categorie.

Non può d’altra parte sfuggire una conseguenza più sociale che clinica. Qualora infatti venisse superato il limite posto da Hung-Alessi e la letteratura mostrasse che si possono sviluppare sia comportamenti di abuso e dipendenza sia fenomeni psicopatologici associati all’utilizzo di diverse applicazioni della tecnologia digitale, tali diagnosi sarebbero caricate di significati simbolici importanti e la psichiatria psicodinamica avrebbe un nuovo ed ampio campo d’azione. (La Barbera D, 1999).

 

Fondamenti neurobiologici.

Nel merito dobbiamo limitarci ad alcune considerazioni.

Se la letteratura presenterà studi orientati verso la categoria dei D. degli Impulsi, bisognerà ricordare che gli studi nel merito di questi disturbi mostrano un metabolismo deficitario della serotonina (Roy A, Linnoila M, 1988; Brown CS, Kent TA, 1989).

Indipendentemente dall’orientamento diagnostico e tenendo presente il concetto di gratificazione, dobbiamo tenere presente che la dopamina è il mediatore del sistema di piacere (Melis M, Diana M, Gessa GL, 1997).

 

Conclusioni.

Diretto agli operatori che svolgono la loro attività in ambito socio - sanitario, il presente contributo ha affrontato un tema nuovo senza alcuna pretesa di esattezza o esaustività. La distinzione tra "psicopatologie" e "dipendenza" correlate all’uso del digitale è stata proposta dall’autore per aiutare il lettore a distinguere due aspetti che nella ricerca sembrano collegati. Abbiamo infatti visto che la possibilità di sviluppare una dipendenza da Internet è correlata ad alcuni tratti di personalità associati all’uso di particolari funzioni della rete (Del Miglio C, et al 1999, 2000).

Il primo compito della ricerca a questo punto pare chiaro. E’ indispensabile condurre studi che indaghino la correlazione tra salute mentale e uso della tecnologia digitale con strumenti validati (Del Miglio C. et al, 1999; Cantelmi T, et al 2000; Bricolo F, 2000) e in lingua inglese. In questa maniera i giornali scientifici internazionali potranno pubblicare i dati. Solamente allora si vedrà se questa nuova "correlazione" è suffragata da dati o meno.

 

1. American Psychiatric Association, Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders DSM-IV, Masson, 1994

2. Brenner V, Psychology of computer use: XLVII. Parameters of Internet use, abuse and addiction: the first 90 days of the Internet Usage Survey. Psychol Rep, 80:879-82, 1997 Jun

3. Bricolo F, Marconi PL, Conte GL, di Giannantonio M, De Risio S, Internet Addiction Disorder: una nuova dipendenza? Studio di un campione di giovani utenti. SIP, Bollettino Scientifico e d’informazione, n. 1-2, anno IV, marzo-luglio 1997, pp. 38-44;

4. Bricolo F, Screening per i Disturbi di Personalità (SCID-II) in un campione di hackers. Società Italiana di Psicopatologia, Roma febbraio 2000 Simposio: Internet e psichiatria.

5. Brown CS, Kent TA, Blood platelet uptake of serotonin in episodic aggression. Psychaitry Reserach, 1989, 27, 5-12

6. Cantelmi T, Talli M, D’Andrea A, Del Miglio C, "La mente in Internet", Piccin Editore, Padova 2000

7. Cantelmi T, Talli M, D’Andrea A, Gasbarri A, "Internet Related Psychopathology: recenti acquisizioni", Giornale Italiano di Medicina Militare, 1999b

8. Cantelmi T, De Marco M, Talli M, Del Miglio C, Internet Related Psychopathology: aspetti clinici e recenti acquisizioni, in: Attualità in psicologia, Vol. 15, n. 2 pp. 194-5, 2000

9. Caparra GV, Barbaranelli C, Borgogni L, BFQ Big Five Questionnarie, OS, Firenze, 1993

10. Caretti V, "Psicodinamica della Trance Dissociativa da videoterminale", in Cantelmi T. et al, "La mente in Internet", Piccin Editore, Padova, 2000

11. Chambers JH; Ascione FR, The effects of prosocial and aggressive videogames on children's donating and helping. J Genet Psychol, 148:499-505, 1987 Dec

12. Clark JE, Lanphear AK, Riddick CC, The effects of videogame playing on the response selection processing of elderly adults. J Gerontol, 42:82-5, 1987 Jan

13. Del Miglio C, Cantelmi T, Talli M, Artelli F, Cavolina P, "Fenomeni psicopatologici Internet-correlati: ricerca sperimentale italiana", in Cantelmi T. et al, "La mente in Internet", Piccin Editore, Padova, 1999 p. 92-93

14. De Marco P, Ghersini L, Videogames and epilepsy. Dev Med Child Neurol, 15:519-21, 1985 Aug

15. Dustman RE; Emmerson RY; Steinhaus LA; Shearer DE; Dustman TJ, The effects of videogame playing on neuropsychological performance of elderly individuals. J Gerontol, 47:P168-71, 1992 May

16. Eppright T, Allwood M, Stern B, Theiss T, Internet addiction: a new type of addiction?, Mo Med, 96(4):133-6 1999 Apr;

17. First MB, Spitzer RL, Gibbon M, Williams JBW, Benjamin L, Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis II Personalità Disorders (SCID-II) (version 2.0), Biometric Research Department, New York State Psychiatrisc Institute, 722 West 168th Street, NY, NY 10032, 1994; onde evitare malitesi va ribadito che a tutt’oggi non è disponibile una traduzione italiana validata della SCID-II. Perciò tutti coloro che applicano lo SCID-II in italiano fanno uso di traduzioni non ufficiali. Le Organizzazioni Speciali di Firenze pubblicheranno l’edizione tra qualche anno.

18. Galimberti Umberto, Psiche e teche L’uomo nell’età della tecnica, Feltrinelli, 1999

19. Griffiths M , Psychology of computer use: XLIII. Some comments on 'addictive use of the Internet' by Young [comment], Psychol Rep, 80(1):81-2 1997 Feb

20. Hathaway SR, McKinley JC, MMPI-2 Minnesota Multiphasic Personalità Inventory — 2, OS, Firenze, 1995

21. Hern´andez B, Gortmaker SL, Colditz GA, Peterson KE, Laird NM, Parra-Cabrera S, Association of obesity with physical activity, television programs and other forms of video viewing among children in Mexico city. Int J Obes Relat Metab Disord, 23:845-54, 1999 Aug

22. Huang MP, Alessi NE, The Internet and the future of psychiatry, Am J Psychiatry, 153:861-9, 1996 Jul; Stein DJ, 1997;

23. La Barbera D, La Rete che connette, la Rete che cattura: metafore della "esperienza" Internet. in Cantelmi T. et al, "La mente in Internet", Piccin Editore, Padova, 1999

24. Levy S, Cybercultura Gli susi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli, 1999

25. McClure RF, Mears FG, Videogame playing and psychopathology. Psychol Rep, 59:59-62, 1986 Aug

26. Masnou P, Nahum-Moscovoci L, Epilepsy and videogame: which physiopathological mechanisms to expect? Rev Neurol (Paris), 155:292-5, 1999 Apr

27. Melis M, Diana M, Gessa GL, I cannabinoidi attivano i neuroni dopaminergici del sistema mesolimbicocorticale, in: Janiri L, Bricolo F, Conte GL, Cannabinoidi: biologia e clinica, SEU, 1998,

28. Young KS , Psychology of computer use: XL. Addictive use of the Internet: a case that breaks the stereotype [see comments], Psychol Rep, 79(3 Pt 1):899-902 1996 Dec

29. Young K.S. "Caught in the Net" John Wiley & Sons, New York, 1998

30. Young K.S. "Presi nella rete", introduzione di Tonino Cantelmi, 2000

31. Riddick CC, Drogin EB, Spector SG, The impact of videogame play on the emotional states of senior center participants. Gerontologist, 155:425-7, 1987 Aug

32. Roy A, Linnoila M, Suicidal behavior, impulsivenees and serotonin. Acta Pychiatrica Scandinava, 1988, 78, 529-535

33. Ryan G, It's not football. Disabil Rehabil, 20(6-7):272-4 1998 Jun-Jul

34. Samoilovich S, Riccitelli C, Schiel A, Siedi A, Attitude of schizophrenics to computer videogames. Psychopathology, 25:117-9, 1992

35. Stein DJ, Internet addiction, Internet psychotherapy [letter; comment] Am J Psychiatry, 154(6):890 1997 Jun

36. Talli M, D’Andrea A, Cantelmi T, Strumenti clinici di valutazione, in Cantelmi T. et al, "La mente in Internet", Piccin Editore, Padova, 1999 pp. 115-124

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