DIAGNOSI E CONTESTO TERAPICO IN ADOLESCENZA: UN RISCONTRO DALL'ESPERIENZA CLINICA
di Ferrigno G., Marcenaro M., Penati S., Fenocchio M.P., Vinciguerra V., Fizzotti C., Natta W., Tombesi F., Giulianelli S., Fogato N., Rossi P., Fornaro G.
Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica - Sezione Psichiatria - Direttore Prof. F. Gabrielli
La valutazione diagnostica in adolescenza è un problema complesso, poichè può essere difficile, in questa fase della vita, differenziare le situazioni patologiche dagli aspetti evolutivi di una crisi adolescenziale e dai segnali di stress anomalo. Inoltre, dal punto di vista clinico spesso i quadri psicopatologici non sono ben definiti come negli adulti, ma risultano piuttosto sfumati.
Nonostante questo, però, non è consentito al clinico di esimersi da valutazioni diagnostiche e prognostiche, dal momento che in adolescenza compaiono gli esordi dei più importanti disturbi psicopatologici.
Nel porre diagnosi è importante saper articolare la valutazione descrittiva, indispensabile, con quella relazionale e contestuale.
Il rilevamento e la lettura dei sintomi in chiave descrittiva e il riferimento alle categorie psicopatologiche devono essere declinati con quanto viene evidenziato dalla valutazione relazionale con il ragazzo, e contestualizzati nel più vasto ambito biografico, storico-evolutivo, familiare ed esistenziale pregresso ed attuale (Ferrigno, Marcenaro 2006).
E' importante in sede di valutazione distinguere quanto il disturbo possa essere nevrotico o transitorio, o se possa essere espressione di un processo psicotico in atto o l'innesco di una grave frattura con la realtà.
La metodologia valutativa della psicopatologia adolescenziale prevede una modalità descrittiva, in cui i quadri clinici vengono definiti in base alla sintomatologia, intesa come raggruppamento di segni e sintomi. Il carattere fluido e mutevole della situazione psichica adolescenziale evidenzia il limite della valutazione categoriale.
Infatti il processo evolutivo adolescenziale stesso può variare per ogni individuo, anche, ma non solo, in relazione al sesso e all'età.
L'altra è la metodologia relazionale in cui e' l'intero funzionamento dell'adolescente che viene ad essere al centro dell'osservazione partecipe, e il disturbo può essere inteso come espressione di crisi del processo di crescita.
Ai fini di una corretta diagnosi è utile valutare la flessibilità della condotta e di un sintomo contrapposta alla sua rigidità, nonché il grado di interferenza da parte della stessa rispetto al funzionamento globale della personalità e all'andamento del processo evolutivo ulteriore.
Inoltre è importante valutare quanto l'ambiente ed il contesto favoriscano e mantengano nel tempo un dato sintomo anche se poi a livello psicoterapico è sempre utile, per quanto possibile, ricondurre le problematiche al mondo interno del paziente.
Nella valutazione occorre tenere conto della tendenza ad esternalizzare i conflitti, che conferiscono perciò in adolescenza un peso maggiore alle risorse della realtà esterna, capace di rafforzare o di disorganizzare le strutture di un apparato psichico in formazione (Jeammet P., 1992).
Infatti valutare un adolescente significa considerare il modo in cui affronta i compiti evolutivi che lo impegnano nella costruzione dell'identità: il cambiamento del rapporto con i genitori, il cambiamento nel rapporto con i coetanei ed il cambiamento di atteggiamento verso il proprio corpo (Laufer, 1990).
La diagnosi in adolescenza deve essere oggetto costante di rivalutazione nel tempo nel corso della presa in carico.
DIFFERENZE DI GENERE E PSICOPATOLOGIA
La nostra esperienza clinica ha evidenziato che le ragazze riescono a chiedere, rispetto ai ragazzi, un aiuto psicologico con minore ambivalenza e minor vergogna. Generalmente le femmine si responsabilizzano prima dei maschi rispetto alla terapia e sono più in grado di esprimere verbalmente rabbia e ostilità. Presentano inoltre un maggior grado di elaborazione della propria aggressività.
Nei disturbi borderline di personalità e nei disturbi antisociali le differenze tra maschi e femmine a livello comportamentale si azzerano: le femmine non si discostano dai maschi rispetto agli agiti violenti, soprattutto all'interno della famiglia.
Le ragazze sono più esposte dei ragazzi alle delusioni da parte delle amiche, i ragazzi sono più nostalgici rispetto al mondo dell'infanzia ed hanno una maggiore difficoltà a tollerare il rapporto duale.
Le femmine soffrono prevalentemente di disturbi dell'umore. I maschi hanno comportamenti globalmente più aggressivi con manifestazioni antisociali o inibizione psicomotoria.
Su 150 ragazzi presi in carico ambulatorialmente, di cui 101 femmine e 49 maschi, il 47 % presentava un Disturbo dell'umore, un 17 % Disturbi di Personalità, un altro 17 % Disturbi Psicotici, un 9 % Disturbi della Condotta, un 4 % Fobia Scolastica, un 3 % Abuso di Sostanze ed infine un 3 % Disturbi della Condotta Alimentare (vedi Pol-it "Adolescenti e psicofarmaci: riflessioni su un'esperienza clinica su un campione di 150 ragazzi.
Nell'ambito dei pazienti trattati ambulatorialmente abbiamo potuto individuare quattro tipologie di ragazzi:
I ) i ragazzi che attribuiscono ad eventi esterni il proprio malessere e di cui spesso si preoccupa il mondo degli adulti, che sollecita un intervento, a volte in urgenza. Con loro è difficile lavorare e motivarli al trattamento psicoterapico. Spesso si avvalgono di interventi educativi. Il trattamento individuale può risultare particolarmente persecutorio.
II ) i ragazzi che stanno male e non trovano le parole adatte.
III) i ragazzi che capiscono che qualcosa dentro di loro non funziona e temono di impazzire.
IV) i ragazzi che sentono che "qualcosa si è bloccato" e pensano che la responsabilità non sia tutta degli altri.
Con le tipologie III e IV "è un piacere lavorare".
LE PATOLOGIE PIU' RAPPRESENTATE
La Depressione
In quanto entità clinica chiaramente definita (come per l'adulto) è rara in adolescenza, manifestandosi il più delle volte sotto forma di "equivalenti depressivi". Si tratta di una delle patologie più frequenti. Risulta necessario distinguere lo stato depressivo patologicodai sentimenti depressivi che appartengono allo sviluppo normale dell'adolescente.
L'umore depresso fisiologico è intermittente, instabile e sensibile alla situazione ambientale. Dunque per la distinzione è utile il criterio della temporalità del sintomo, la maggiore o minore costanza, la sua rigidità o flessibilità.
La depressione in adolescenza è ricca di connotazioni ansiose e la sintomatologia è polimorfa, con sintomi non specifici tra cui molto frequenti sono le lamentele somatiche, soprattutto per i più giovani (13-16 anni).
L'adolescente depresso si sentirà angosciato e irritabile, spesso disforico, sarà irrequieto e stanco, ansioso e, a tratti, oppositivo ed aggressivo nei confronti dei genitori e degli insegnanti.
Farà assenze ingiustificate da scuola con calo del rendimento scolastico e soffrirà di insonnia, non riuscendo ad addormentarsi la sera e svegliandosi tardi al mattino.
Si trascinerà a casa annoiato dal letto al divano, invertendo il ritmo sonno-veglia, incollato al computer tutta la notte; allo stesso tempo ridurrà le relazioni con i coetanei, vissute come insoddisfacenti e minacciose per il confronto con la realtà.
Un posto di rilievo occupa la depressione narcisistica.
LA DEPRESSIONE NARCISISTICA
E' caratterizzata da una condizione di fragilità narcisistica in cui il dolore mentale è conseguente al fallimento delle aspettative, sovente megalomaniche ed onnipotenti, che spesso sono quelle che i genitori proiettano sui figli, e che i figli fanno proprie.
Vi è un divario, una discrepanza tra i desideri, le aspirazioni e le reali capacità del ragazzo. E' proprio da qui che nascono intensi sentimenti di mortificazione, umiliazione e vergogna. L'autostima è sempre bassa, ed è costantemente presente l'incapacità di trasformare e coniugare aspirazioni e sogni con il livello di realtà.
Le rotture sentimentali, l' insuccesso scolastico, il tradimento di un amico, le critiche dei compagni i rimproveri dei familiari, a causa di un' eccessiva permalosità narcisistica, suscitano sconvolgenti reazioni di vergogna e mortificazione più che di colpa.
I Disturbi della Condotta
Si manifestano sovente in quei ragazzi per cui la trasgressione, anche portata all'esasperazione, può diventare uno strumento importante ai fini dell'individuazione. In alcuni la trasgressività marcata, l'oppositività, la provocazione sembrano riconducibili ad un difficile processo emancipativo da una famiglia particolarmente oppressiva e timorosa del mondo esterno.
Il passaggio all'atto permette all'adolescente di detendere temporaneamente l'angoscia, fornendo un senso di padronanza sulla realtà esterna, relegando in un secondo piano le pene psichiche (Pommereau, 1999).
In questa situazione è estremamente importante un intervento intensivo che coinvolga i genitori.
I Disturbi Psicotici
La scelta di porre una diagnosi generica di Disturbo Psicotico nei ragazzi che abbiamo seguito presso l'ambulatorio è nata dall'esigenza di raggruppare una costellazione di sintomi manifestati e lamentati, quali: inquietudine inspiegabile e continua, allarme, angoscia panica, vissuti di trasformazione corporea, diminuita capacità di discriminare le percezioni del mondo esterno, che viene vissuto come estraneo e minaccioso, tendenza al ritiro, perdita di interessi, riduzione delle relazioni con i coetani, pensieri magici ed inconsueti, sospettosità e senso di estraneità rispetto all'ambiente familiare fino allo stordimento ed alla confusione, deficit dell'attenzione e della concentrazione, scadimento del rendimento scolastico, comportamenti violenti in famiglia, ossessioni e gravi compulsioni.
Si tratta di una diagnosi provvisoria di psicosi che non vuole cristallizzare il paziente in una categoria, ma che è soggetta a verifiche continue nel tempo.
E' però fondamentale riconoscere i sintomi prodromici che potrebbero anticipare la patologia vera e propria, onde attivare unintervento precoce, non soltanto psicoterapeutico e farmacologico, ma anche di sostegno ai familiari e, in alcuni casi di tipo educativo-riabilitativo (costruzione di una "rete assistenziale" terapeutica).
Risulta infine importante valutare non solo i fattori di rischio individuali ed ambientali ed i sintomi, ma anche le risorse e il potenziale di reversibilità connessi alla fase adolescenziale.
LA RETE TERAPEUTICA E IL CONTESTO
L'adolescente proietta parte di sè nel contesto relazionale: per questo diventa di estrema importanza comprendere le dinamiche del funzionamento del contesto in cui il ragazzo è inserito.
Valutando limiti e potenzialità del contesto, è possibile un intervento di supporto e sostenimento del percorso evolutivo intrapreso dal ragazzo stesso.
I pazienti difficili necessitano del coinvolgimento di più servizi e operatori, di un lavoro coordinato tra Strutture: 1) Distretto Sociale del Comune, 2) Consultorio Materno Infantile 3) Tribunale dei minori 4) Servizio di Salute Mentale 5) Comunità d'Accoglienza per Minori con disagio ambientale 6) Comunità terapeutiche Psichiatriche per Adolescenti.
Con gli adolescenti infatti risulta spesso importante una presa in carico multipla, in cui l'intervento coordinato di diversi operatori uniti da un progetto condiviso di intervento si costituisce come trama relazionale che rende possibile lo sviluppo di un'esperienza di scambio.
"La presa in carico multipla, diluendo l'eccitamento e suddividendo l'investimento tra persone in diversi contesti relazionali, restando però uniforme nella visione unica di sviluppo progettuale, offre una risposta che favorisce inoltre quel processo di differenziazione così difficile per pazienti involuti nell'area preedipica, bloccati in quella equazione tra dipendenza e sviluppo, insolubile senza l'ingresso del "terzo". Un "terzo" che con questa modalità di intervento si sviluppa attraverso l'incontro tra gli operatori che pensano insieme, si scambiano i punti di vista, condividendo il susseguirsi dei vissuti durante il percorso, costituendo in tal modo un'area affettiva in cui il paziente si sente pensato e con-tenuto, non già da un genitore unico e onnipotente, ma da un insieme capace di relazione e creatività" (Tagliagambe F., Argonauti 2005).
Nel "gioco di squadra " per il paziente ogni operatore (psichiatra, psicologo, educatore, infermiere, ecc…) dovrebbe mantenere, e a volte non è facile a causa delle sollecitazioni del paziente, la propria individualità e differenza nelle competenze, non confondendosi con gli altri operatori.
Le riunioni periodiche di gruppo condotte dal terapeuta responsabile della gestione del paziente dovrebbero garantire proprio il mantenimento di un lavoro d'equipe in cui la singola figura professionale cerca di mantenere il proprio ruolo e le proprie competenze, senza sovrapporsi o confondersi con gli altri nel raggiungimento di un obiettivo comune.
Non bisogna nascondere però che non è così semplice condividere un progetto comune; ogni operatore, facendo appello alla propria autostima (e guarda caso l'autostima è il problema in cui si dibatte l'adolescente) deve rinunciare ad una certa quantità di protagonismo (Ferrigno, Pondrelli 1999).
In particolari condizioni l'intervento riabilitativo (per esempio con un educatore) può precedere quello psicoterapico, inizialmente non praticabile e in alcuni casi non appropriato.
Il rapporto con la figura professionale dell'educatore favorisce l'occasione per investimenti affettivi che risultano per il ragazzo maggiormente tollerabili e più modulabili attraverso il non necessario uso della parola all'interno della relazione, rianimando la vita psichica con "azioni concordate" che acquistano un significato di autonomia. L'educatore rappresenta un oggetto reale di attaccamento ed identificazione, che funge da mediatore tra il mondo reale e l'immaginario.
L'intervento educativo viene quindi svolto nel contesto della vita dell'adolescente e mira all'aumento della responsabilità prima che alla consapevolezza del comportamento, ed è infatti raggiunto attraverso strategie comportamentali (Maggiolini, Pietro Polli Charmet, 2005). In questo contesto il sostegno scolastico attuato dall'educatore interviene direttamente sul piano dello sviluppo cognitivo ed emotivo, rappresentando per l'adolescente una grande risorsa ed un rifornimento narcisistico.
Chi può attivare e sostenere la rete assistenziale terapeutica "rafforzando il contesto"?
Il terapeuta di riferimento, che nella nostra esperienza clinica è quello ambulatoriale, si fa carico di mediare in maniera tempestiva, ma rispettando anche il tempo necessario al paziente e alla famiglia, per la costruzione dell'alleanza terapeutica, i contatti con l'esterno (con il "terzo"), per la creazione di un'efficace rete terapeutica ed assistenziale.
E' importante il modo con cui il terapeuta coinvolge la famiglia e la informa circa la malattia del figlio, le possibilità di cura e la grande importanza per la salute psichica del figlio che rivestono i rapporti con l'esterno, con i servizi territoriali disponibili, che rappresentano sempre una grande risorsa. Fa inoltre parte del trattamento ambulatoriale motivare il paziente ed i familiari ad aderire al progetto valorizzando l'utilizzo delle diverse figure terapeutiche e riabilitative.
Uno dei principali fattori prognostici positivi in pazienti affetti da gravi disturbi è infatti la costruzione attiva dei contatti, che prevede un lavoro dinamico in cui il paziente ed i familiari sono sostenuti dal terapeuta per l'accettazione delle nuove persone che si prenderanno via via cura di essi, fornendo uno spazio di riflessione ed elaborazione con il paziente ed i familiari dei conflitti che si attivano di volta in volta con gli operatori esterni, con l'intento di promuovere un processo di integrazione superando, per quanto possibile, le scissioni difensive operate (Ambulatorio = positivo, Servizi esterni = negativi) rispetto all'esterno, rispetto al "terzo" vissuto come minaccia narcisistica.
Questo consente un ridimensionamento dell'onnipotenza terapeutica: il terapeuta ambulatoriale rinuncia ad essere il "genitore unico ed onnipotente" del paziente, coordinandosi con gli altri operatori nel raggiungimento dell'obiettivo terapeutico. Un setting quindi per certi versi allargato.
Il terapeuta utilizza la relazione privilegiata con il paziente per "rafforzare il suo contesto ambientale e di cura". Non critica il contesto con il ragazzo: gli adolescenti, soprattutto quelli più malati, sono particolarmente abili ad attivare questa nefasta funzione. Invece, si allea proprio con quel contesto criticato dal paziente, di cui cerca di individuarne le risorse.
L'equipe terapeutica garantisce che il ragazzo possa essere seguito nei suoi continui spostamenti dal mondo dei genitori a quello esterno, che possa essere sostenuto nel mantenimento delle relazioni oggettuali esterne significative ed aiutato nel verificarsi delle proprie capacità individuali e di autonomia.
L'equipe curante svolge pertanto una funzione di collegamento e mediazione con il mondo esterno.