LO PSICHIATRA DIETRO LE SBARRE
Terapie senza diagnosi
di Gian Maria Formenti

“Negare la responsabilità significa non richiamare l’uomo alla sua responsabilità” ( Ludwig Wittgenstein )

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13 luglio, 2014 - 00:14
di Gian Maria Formenti
 
Sento spesso ripetere a mo di mantra, in questi periodi di difficile transizione dell'intervento psichiatrico in ambito penale, espressioni quali: in Italia, a differenza degli altri paesi del mondo occidentale............
Ultimo in ordine di tempo in un interessante e stimolante articolo, riportato in data 11/07 sul sito di ristretti org  a firma di Stefano Ferracuti, Giuseppe Nicolò e Rinaldo Perini, dove cita parlando di pazienti autori di reato "...... si può notare che in tutto il mondo occidentale le strutture per utenti con tali necessità si dividono in tre categorie: alta, media, e bassa sicurezza". Facendo peraltro presente che l'iniziativa attuale di chiusura degli OPG " sia unica nel mondo, e nella letteratura scientifica non si ritrovi nulla o quasi di quanto descritto nei provvedimenti legislativi. È vero che l'iniziativa si colloca in un panorama come quello italiano che ha completato il processo di deistituzionalizzazione, ma non vi sono precedenti noti per una deistituzionalizzazione di autori di reato affetti da malattia mentale".
Rischiando di peccare di provincialismo, l'Italia e' il paese di Cesare Beccaria, di Franco Basaglia, e qualcuno dice pure che la nostra Carta Costituzionale sia una delle più avanzate al mondo.
Certezza della pena, pari dignità del paziente psichiatrico, diritto alla salute come libertà di scelta: tre capisaldi da anteporre a qualunque ipotesi.
 
Sosteneva Beccaria che le leggi, che regolano i rapporti sia fra cittadini che con lo Stato, devono partire dal presupposto del "patto sociale" in base al quale ogni cittadino rinuncia ad una piccola parte della propria libertà a vantaggio della comunità. Freno al delitto per impedire al cittadino di arrecare danni alla comunità ed evitare che altri possano seguire l'esempio del reo deve essere la certezza della pena. Certezza che deve affrancarsi dalla crudeltà, non punizione biblica o vendicativa, e che deve avere come fine il recupero del reo e non la repressione.
Significativo e' oggi l'impegno da parte della Giustizia di ampliare le possibilità delle pene alternative al carcere, pure con le grosse difficoltà gestionali ed economiche, andando oltre il più semplice concetto della umanizzazione del carcere. 
Raccomandazione fortemente voluta dal Comitato del Consiglio dei Ministri d'Europa (2), superando quanto diceva Voltaire che la civiltà di un paese si vede dallo stato delle sue carceri, per affermare che la civiltà di un paese di vede dalla gestione della Giustizia.
E sicuramente la questione del trattamento dei pazienti autori di reato e' un banco di prova non indifferente di questa evoluzione di pensiero.
 
Il parlare di pari dignità del paziente psichiatrico e' un concetto che dovrebbe portarci ad una riflessione profonda: nel pensare che il superamento dello stigma sociale non deve essere un atto di buonismo venato da sensi di colpa, ma la piena consapevolezza nel non creare disuguaglianza tra cittadini che commettono un reato.
La malattia mentale non deve più ritenersi idonea a esimere dalla responsabilità soggettiva per il fatto commesso, l’autore deve avere la garanzia di stare in giudizio, in caso di condanna la pena deve essere espiata: questa può essere la più corretta applicazione della certezza della pena e della pari dignità del paziente psichiatrico.
" Responsabilmente diciamo che il folle di norma è capace di intendere e di volere e pertanto deve restare in giudizio. Vogliamo così sottolineare tanto la sua responsabilità individuale, quanto illuminare i contesti, la storia collettiva di violenze e di abbandoni, i passaggi istituzionali, la ricerca del significato e delle ragioni dei comportamenti proprio nelle relazioni. Non per volontà di escludere e punire il colpevole ma perchè si possa includere, riconoscere, riappropriarsi delle realtà, anche le più estreme, che ci circondano.
Nella nostra esperienza abbiamo valutato quanto la possibilità di stare in giudizio e la conseguente sanzione (alla quale non necessariamente deve seguire la detenzione) abbia prodotto percorsi di riappropriazione e di consapevolezza dell’evento, in definitiva terapeutici. Sembra liberatorio alla fine che una porta si possa chiudere alle nostre spalle (anche quella del carcere) e lasciarci finalmente soli a ripensare ai passaggi della nostra esistenza estrema nella sua tragicità " 3) ( Alcuni appunti per la soppressione del manicomio criminale - Giuseppe Dell'Acqua )  
Ed è solo ed unicamente attraverso la garanzia, per tutti, di misure alternative alla detenzione e di modalità di flessibilizzazione del regime detentivo che possiamo seriamente e serenamente cominciare ad affrontare le problematiche critiche della esecuzione della pena in conflitto con la necessità di cura, non costruendo ulteriori strutture detentive dedicate ai "matti" ma mettendo in rete, e migliorando, quanto già in scienza e coscienza siamo in grado di fare.
Ed ancora, last but not the least, rispettando i dettati costituzionali e la deontologia medica, senza dimenticarci il diritto di ogni cittadino a scegliere o meno se farsi curare, e la contraddizione intrinseca nel prevedere l'obbligatorietà delle cure per i soggetti ritenuti affetti da disturbo mentale e socialmente pericolosi: che qualcuno, ancora, dice necessario perché possibile nella gran parte dei paesi occidentali ma non in Italia.
 
Vero che l'Italia e' anche il paese di Macchiavelli, a cui qualcuno attribuisce, erroneamente, di aver sostenuto che il fine giustifica i mezzi: personalmente preferisco l'Italia di Beccaria, di Basaglia, e della Costituzione della Repubblica.
1)
http://http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/giustizia-chiusura-degli-opg-il-futuro-sono-le-rems

2)


http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_3_2.wp
 

3)
http://www.triestesalutementale.it/letteratura/testi/dellacqua_1999_soppressioneOPG.pdf

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