CLINICA SISTEMICA
Terapia familiare, Etnoclinica, Psicoanalisi
di Pietro Barbetta

Breve storia della clinica sistemica (quinta puntata)

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10 aprile, 2016 - 15:23
di Pietro Barbetta

Nel frattempo a Milano non si smetteva mai di leggere e rileggere Gregory Bateson. Personalmente trovavo interessante la svolta antropologica di Bateson tra Naven (1936) e Balinese Character, scritto con Margaret Mead nel 1942. Si tratta del passaggio dall'idea di “schismogenesi” - interazione cumulativa a escalation – a quella di plateu continuo d'intensità. (continua)

Naven, oltre a essere una ricerca sul campo tra le popolazioni Iatmul, era una critica implicita ai paradigmi struttural-funzinalisti in antropologia di Radcliffe-Brown e Malinowski. Bateson introduce qui il concetto di “Ethos”. In quegli anni, la scuola antropologica nordamericana, riprendendo la psicoanalisi, si distanzia dall'approccio strutturale europeo. Bateson faceva parte di un gruppo di ricercatrici e ricercatori che avevano studiato la psicoanalisi e avevano incluso, tra i loro collaboratori, psicoanalisti come Erik Erikson. Tra loro, Margaret Mead e Ruth Benedix.

Secondo Bateson, i rituali sociali creano nel tempo un ethos, un carattere dominante, un sistema di abitudini, quelle condotte e quell'insieme di relazioni che il fenomenologo Alfred Schutz avrebbe definito “dati-per-scontati”, o, per meglio dire, vere e proprie ontologie. Il Naven sarebbe un rituale che, nel garantire la crescita del giovane uomo – o della giovane donna, benché Bateson studi solo il primo caso – attraverso pratiche di riconoscimento, definirebbe la collocazione identitaria di genere e i rapporti nelle relazioni familiari e comunitarie.

Bateson osserva, in questo libro, due tipi di interazioni tra gli Iatmul in relazione al Naven: le relazioni simmetriche e quelle complementari. L'escalation delle interazioni simmetriche porterebbe allo scontro, quella delle interazioni complementari a una condizione di dominio/sottomissione; il Naven è un rituale che funziona, attraverso l'ironia, strumento di attenuazione dell'escalation. Bateson chiama l'escalation delle interazioni “schismogenesi” e le descrive come una classe propria di sequenze che portano inevitabilmente a un climax. Il rituale serve dunque a fare in modo che il climax non sia distruttivo e devastante. Questo mi porta a pensare alle affinità di Bateson con Georges Bataille a proposito del concetto di “dispendio”. Nel 1936 Bateson osserva una società che “utilizza” (Il limite dell'utile sono annotazioni di Bataille, assolutamente affini al ragionamento di Bateson) il rituale come elemento di coesione: ontologia delle relazioni familiari e comunitarie.

Di interessante, in questa ricerca, c'è che si parte dal particolare, un rituale specifico, per comprendere il generale. In questo modo la teoria non si pone come sapere dal quale declinare il particolare, ma, all'inverso, parte dal particolare per costruire ipotesi provvisorie, mai definitive. È molto più difficile aderire a questo modo di pensare, rende il pensiero molto meno popolare, il suo potenziale gergale ipnotico viene costantemente decostruito.

Infatti, solo pochi anni dopo, Bateson viene costretto ad aderire a una ricerca da svolgersi a Bali. Con Margaret Mead studieranno il sistema di allevamento e crescita dei figli nella società Balinese, con l'ipotesi che il carattere, o la personalità di base (ciò che definisce l'ontologia esistenziale della “normalità”) dei balinesi dipenda dal sistema di allevamento e di educazione dei figli.

Qui Bateson sviluppa una nuova visione delle relazioni umane, assai più ampia di quella osservata riguardo al rituale Naven tra gli Iatmul. Il resoconto della ricerca sarà pubblicato da Bateson e Margaret Mead in un libro intitolato Balinese Character. Mead scriverà un lungo testo introduttivo, Bateson illustrerà una serie innumerevole di sequenze fotografiche. La sequenza 147 si intitola Stimulation and Frustration e illustra una sequenza di nove immagini di cui potete osservare sopra una pessima riproduzione fatta da me presso la biblioteca del Museo di Stroia Naturale di New York alcuni anni fa, inoltre potete vedere un video storico sulla ricerca. Ma vediamo cosa scrive Bateson al proposito in un altro scritto su Bali che si trova nel testo Verso un'ecologia della mente:

 

Spesso la madre inizia col bambino un'interazione scherzosa titillandogli il pene o stimolandolo altrimenti a un'attività interpersonale; questo ecciterà il bambino, e per breve tempo avrà luogo un'interazione cumulativa. Poi quando il bambino, avvicinandosi a una piccola acme getta le braccia al collo della madre, quest'ultima si distrae; a questo punto il bambino di solito inizia un'altra interazione cumulativa, cominciando con un capriccio. La madre o starà a guardare, divertendosi alle escandescenze del bambino o, se questi l'aggredisce, respingerà il suo attacco non mostrandosi affatto adirata (p. 147).

 

A questa descrizione Bateson aggiunge un'ipotesi di come ciò crei una concatenazione abitudinaria verso una sfiducia nel coinvolgimento intenso. La madre, reprimendo il coinvolgimento emozionale, sembra provare fastidio per questo tipo di interazione, il bambino imparerebbe, a sua volta, una sorta di sfiducia nel coinvolgimento eccessivo. Lungi dall'essere un problema di attaccamento, così come descritto nelle società occidentali, questo tipo di interazione, più caratteristico delle società orientali, costituirebbe la premessa per relazioni umane in cui “un plateau continuo d'intensità si sostituisce al climax”. Si è parlato in questo senso di "erotica orientale" (Monique David Menard Deleuze et la psychanalyse, Paris, PUF, 2005).

Più tardi Bateson si occuperà di schizofrenia e proporrà, sulla scorta di osservazioni analoghe nella società occidentale, la teoria del doppio legame. Un'interazione analoga a quella descritta a proposito della sequenza 147 di Balinese Character, sopra citata, si trova riassunta nella seconda puntata di questa breve storia. Questo filo antropologico della ricerca di Bateson ha dato il via a un serie di riflessioni. Tra queste, negli anni Ottanta, l'opera di Bradford Keeney Estetica del cambiamento, che, per il gruppo di Milano fu altrettanto rivelatrice dell'opera di Michael White sulle terapie narrative, ma rimase purtroppo senza seguito. Né possiamo dimenticare il prezioso lavoro di Lynn Hoffman, che si è assunta il compito di talent scout delle nuove tendenze delle clinica sistemica, o di Harlene Anderson, che ha creato le terapie dialogiche e collaborative in Texas. Nel 1991 muore Harry Goolishian, che aveva proposto l'idea di “sistema determinato dal problema” e una svolta linguistica della clinica, con l'idea dei "sistemi umani come sistemi linguistici".

A partire da quegli stessi anni Novanta, la lunga riflessione teorica e clinica di Marcelo Pakman sfocerà nella proposta - che in parte abbiamo sviluppato insieme - di una svolta corporea della clinica sistemica. I miei riferimenti a Elvio Fachinelli e i riferimenti di Pakman ad autori come Alain Badiou e Jean-Luca Nancy, rappresentano un tentativo di animare un pensiero sulla clinica che parta da una riflessione sul corpo, la materialità dell'esperienza sensibile, l'indagine a proposito delle forme e delle ontologie nascoste. Su ciò tornerò durante la prossima puntata. Infine, negli ultimi anni, i contributi australiani di Maria Nichterlein introducono la figura di Gilles Deleuze nella psicoterapia sistemica.

 

 

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