POSTFAZIONE A "LA SOLITUDINE DELLA DONNA" di Sarantis Thanopulos

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7 giugno, 2018 - 13:58
Autore: Sarantis Thanopulos
Editore: Quodlibet Elements
Anno: 2018
Pagine:
Costo: €14.00
Il mondo in cui viviamo non accoglie il desiderio e il dolore delle donne.
La violenza dell’ordinamento sociale trasforma
le relazioni di desiderio in relazioni di dominio e di potere.

Dopo aver percorso e ripercorso questo libro prezioso, facendomi attraversare dalla passione che lo anima, e dopo aver impostato e reimpostato il commento che sto per accingermi a scrivere, costretta a molti ripensamenti dalla velocità con cui le cronache del presente spingono oltre ogni risultato, ho deciso infine di eleggere l’approdo della mia riflessione alle soglie del “mondo dopo Weinstein”. I massmedia più sensibili tentano di annunciarlo così: “Niente sarà più come prima. Il caso del produttore di Hollywood Weinstein, denudato nell’esercizio del potere attraverso il ricatto sessuale, ha aperto una voragine nelle società. Ci sono le donne che parlano e quelle che non lo fanno, ma lo spettacolo dei potenti messi di fronte alla vergogna dell’intimità ha spostato il livello della sensibilità collettiva. Ed è un bene. Resta da capire che evoluzione avranno i valori del corteggiamento e della seduzione, che nel gioco della vita sono importanti come l’aria che si respira.”[1] Tutto vero, si spera, ma con un errore di lettura: non è il “caso” di Weinstein, uno tra i troppi, ad aver aperto la voragine nella società americana; in realtà l’hanno aperta le attrici che si sono decise a denunciare i loro molestatori, una voragine allargata forse irreversibilmente dalle oltre 300 donne di Hollywood che hanno lanciato “time’s up”, una rete mondiale di salvataggio che garantisce la tutela legale anche alle donne che hanno subito violenza e che non hanno i mezzi economici per promuovere e gestire la denuncia, nel caso vogliano farla.
Dunque la rivoluzione femminista prosegue il suo percorso millenario aprendo pacificamente e caparbiamente voragini nell’assetto patriarcale e fratriarcale, ma ogni tanto nella storia riceve degli aiuti importanti, e si può ritenere che il lavoro di Sarantis Thanopulos sia tra questi aiuti, poiché i testi raccolti in questo libro corrispondono all’impegno di uno psicoanalista che tenta di sviluppare un’amicizia politica e intellettuale con noi donne di oggi, soffrendo egli stesso per quella che intende essere la nostra solitudine, senz’altro colta per empatia anche attraverso i racconti delle sue pazienti, oltre che ricavata dall’attuale forma della società. In realtà una delle tesi più forti di Sarantis Thanopulos suona così: “Dietro il femminicidio c’è la violenza dell’organizzazione dei rapporti sociali”, intendendo con questi soprattutto i rapporti di produzione, ma anche i rapporti di forza e le gerarchie di potere. A parte l’attuale società dei Moso (ai piedi dell’Himalaya)[2], sembra proprio che tutto il mondo sia sotto il giogo dell’agonizzante civiltà derivante ovunque dalle scelte storiche di geneaologia maschile. E se si guardano i rapporti tra uomini e donne dall’interno del “disagio della civiltà”, come fa Thanopulos  non si può non vedere come noi donne siamo inadatte alle costruzioni di questa genealogia e come sia vero che il conflitto continuo che sosteniamo con queste costruzioni si realizza in un’assenza quasi totale di comprensione e di compassione della maggior parte dei maschi verso le nostre cause. Per questo ha ragione l’autore a pensare che siamo lasciate “sole”, ma ha ragione ancora di più se questa solitudine è situabile nei rapporti intimi, matrimoniali, affettivi, passionali tra donne e uomini; rapporti in cui l’assenza di comunicazione profonda è fonte di drammatica esperienza quotidiana quando non anche di dolore femminile che sfocia nella malattia depressiva. O nella morte. Oggi, ma potrebbe essere un altro giorno qualsiasi, sui quotidiani nazionali ho contato sei donne uccise dal compagno e due giovani stuprate da un autista di taxi abusivo. L’Istat poi ci dice che sono oltre sei milioni, solo in Italia, le donne che subiscono violenza ogni anno e l’11 per cento di questi milioni sono ragazze sotto i sedici anni. E tutto questo dura da millenni e a tutte le latitudini, spesso in famiglia con la complicità o la vergogna o la paura delle madri. Quello che ci offre Sarantis Thanopulos cercando le chiavi di tanto male nei rapporti letti alla luce della psicoanalisi politica è dunque un regalo che ci fa sentire meno “sole”, cioè meno ignorate dalla consueta disattenzione degli intellettuali maschi, del tutto chiusi nelle loro ossessioni genealogiche. Ma Sarantis sa anche che il frutto del suo lavoro, che abbiamo appena terminato di leggere in questo libro, non è rivolto a noi donne, principalmente, ma a una percentuale elevatissima di suoi simili, bloccati nell’ignoranza di sé e delle conseguenze sanguinose di questa ignoranza. Lo insegna lo stesso autore: il problema riguarda un’intera civiltà, ma riguarda anche le mancate “relazioni di desiderio” che potrebbero legare i singoli con le singole, mentre invece l’assenza di desiderio da parte maschile diventa un tratto extrastorico e, proprio perché planetario, interclassista e millenario, prova di essere in gran parte indipendente dalle differenti forme storiche dei rapporti sociali e dei rapporti di produzione. Sebbene gli ultimi quarant’anni di femminismo abbiano fatto nascere e crescere quella che abbiamo chiamato “società femminile”, in cui possiamo finalmente parlarci e sostenerci tra sorelle e perfino tra madri e figlie, è vero ciò che sostiene l’autore circa la “solitudine delle donne”: riguarda ed è perpetuata dall’assenza di una vera relazione sessuale tra uomini e donne, e questo condanna molte di noi al sentirsi sole in una relazione che dovrebbe e potrebbe essere d’amore. Se manca il desiderio in una relazione di coppia, e in generale in ogni relazione, manca la comunicazione interumana, poiché il desiderio è l’appello alla comunicazione profonda, come ha insegnato così mirabilmente la psicoanalista Françoise Dolto, una comunicazione che non dipende dalla sessualità praticata, anche se da questa potrebbe essere accresciuta e dilatata. Ma: “Un uomo non prova l’angoscia della solitudine, dal punto di vista del narcisismo, fintantoché può lavorare, creare e appagare il puro desiderio sessuale, quale che sia la sua compagna, benché non l’ami d’amore e non le voglia bene… Una donna, per contro, può provare l’angoscia della solitudine anche quando il suo corpo e il suo sesso sono desiderati e soddisfatti da un uomo in relazione tra amanti… Ma essa si sente allora un oggetto, e il soggetto in lei è solo, provato da quegli scambi linguistici fatti di sottili piaceri condivisi che caratterizzano ogni autentico incontro tra due soggetti.”[3] È precisamente questo che intende Sarantis Thanopulos quando indica nella mancata “relazione di desiderio”, una delle origini della violenza bruta che colpisce le donne e, nello stesso tempo, è ciò che farebbe nascere l’incontro amoroso e desiderante, farebbe apparire per la prima volta nella storia l’autentica relazione sessuale tra sessi differenti.
Ora, se è vero che non bisogna fare di tutte le erbe un fascio, non bisogna essenzializzare dicendo che la violenza è solo maschile poiché anche le donne ne sono capaci, bisogna però saper distinguere tra violenza e violenza e le sue gradazioni. La qualità della violenza femminile, finché c’è differenza sessuale, sarà sempre differente da quella maschile. E se consideriamo la gradazione massima della violenza, la crudeltà, non possiamo negare che sia di genealogia maschile e , se non proprio tutti, la maggior parte degli uomini nella storia ne è stata in qualche modo seguace. Bisogna che Sarantis Thanopulos chiami i suoi simili alla assunzione di una responsabilità che sia trasformativi, prima che capiti che anche molte donne, per stare agli attuali crudeli rapporti di produzione e all’assenza di relazioni di desiderio, diventino “come gli uomini”. Una terribile accusa che facciamo alle nostre simili quando le vediamo pervertite dall’assunzione della forma mentis di genealogia maschile.
In un certo senso, la minaccia che grava sulle donne oggi è più temibile perfino della violenza fisica e psichica che molte continuano a subire: è la minaccia del mimetismo, dell’inclusione, frutto avvelenato di un malinteso senso della parità. È la minaccia colta finemente dall’autore di questo libro che ha capito quanto “il principio di indifferenziazione” affascini le donne emancipate di oggi con la promessa di avere stabilità e “uguale potere” degli uomini. Ma posso promettere a Sarantis che lo aiuteremo e sosterremo la sua compassione, che noi donne liberate e affidate alle relazioni tra sorelle non spegneremo il nostro sguardo, non soffocheremo la nostra voce, cercheremo di tenere sempre vivo il desiderio, cercheremo ancora l’amante capace di parlare con noi, senza provare paura del nostro potente saper sostare nella mancanza.
 

 

[1] In copertina al settimanale “Origami. Un solo foglio, le molte pieghe dell’attualità”, n. 105, 7-13 dicembre 2017.
[2] Francesca Rosati Freeman, Benvenuti nel paese delle donne. Alla scoperta dei Moso, una società matriarcale senza violenze né gelosie, XL edizioni, Roma 2010.
[3] Françoise Dolto, Il gioco del desiderio. Saggi clinici, SEI, Torino 1987, pp. 258-259.
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