PSICHIATRIA E RAZZISMI
Storie e documenti
di Luigi Benevelli

"Dietro la violenza dei fatti l’errore delle idee" (A. Ghisleri, 1888)- una aspra polemica di fine ‘800 fra Arcangelo Ghisleri e Giovanni Bovio.

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1 novembre, 2019 - 11:36
di Luigi Benevelli

 

Sul “Corriere della Sera” del 30 ottobre 2019 scorso, il giornalista Aldo Cazzullo, rispondendo a un lettore ha scritto che “L’Italia non ha una tradizione razzista” e che “I razzisti però esistono. Esiste la xenofobia, e cresce”. Il giorno dopo, al Senato della Repubblica, la Destra politica dei nostri giorni si è astenuta compattamente, negando quindi il suo convinto consenso, sulla proposta di istituzione di una “Commissione parlamentare contro l’odio” proposta dalla senatrice a vita Liliana Segre.
In realtà, come questo più recente inquietante episodio dimostra,  una “tradizione razzista” italiana esiste, a partire in particolare da quella antigiudaica di matrice cattolica e da quella che promosse e accompagnò il colonialismo italiano in Africa, razzismo di Stato compreso. Che si tratti, allora come oggi, di una questione aperta, discussa ad alta voce, pubblicamente lo dice l’aspra  polemica di fine ‘800 fra Arcangelo Ghisleri e Giovanni Bovio, ambedue esponenti del fronte democratico repubblicano, antimonarchico. 
Arcangelo Ghisleri, Persico Dosimo (CR) 1855- Bergamo 1938, uomo politico, anticlericale, giornalista, scrittore, polemista, geografo, fra Cattaneo, Mazzini, repubblicanesimo, socialismo, positivismo, lavorò e discusse con Turati, Lombroso, Giovanni Bovio, Leonida Bissolati, Andrea Costa, Napoleone Colajanni, Camillo Prampolini. Si schierò fra gli interventisti nella Prima guerra Mondiale; fu antifascista.
Ghisleri prese posizione duramente contro “l’impresa di Libia” e, in polemica con Giovanni Bovio, (Trani, 1837- Napoli, 1903), “uno dei più audaci e dei più liberi pensatori viventi”, filosofo, repubblicano, deputato del Regno d’Italia dalla XII alla XXI Legislatura (1878-1901), scrisse il pamphlet Le razze umane e il diritto nella questione coloniale, pubblicato a Savona  nel 1888[1].
In esergo Ghisleri pone la citazione di Carlo Cattaneo: ”Giovani scrittori, combattete l’inumanità nelle idee che la inspirano!”
Bovio aveva affermato che ”La politica coloniale, (…)  è senza dubbio oggi la gran parola de’ grandi Stati europei. La pronunziano in nome della scienza e della politica”.  Ghisleri concentra l’attenzione polemica sul successivo assunto di Bovio: ”Non esservi un diritto della barbarie. (…) Non vi essendo un diritto all’ignoranza, come non c’è alla delinquenza, non ci può essere dunque un diritto della barbarie”. Di qui il diritto/dovere degli Stati civili europei di portare la civiltà nel mondo.
 Ghisleri pone una serie di punti interrogativi a Bovio: “La razza civile deve (?) ad ogni costo e modo (?) ingentilire o eliminare (?) le razze salvatiche. ” La razza migliore è destinata dalla legge selettiva dove a trasformare in meglio dove a disperdere le razze inferiori,” (Ma sonovi assolutamente razze ”inferiori” e cioè ”incorreggibilmente inferiori”? D’onde ne traete i segni e le prove? E chi sarà giudice competente di tale inferiorità, per reputarla insanabile?..) ”Questo espandersi dove rapido e dove lento ma continuo della razza migliore costituisce la storia della civiltà, cioè il farsi universale della storia”. (Della razza migliore: quale ? Non è vero che la storia ci presenti la razza migliore: bensì più stirpi diverse si avvicendano l’egemonia civile. Né ancora è risoluto il problema, se l’umanità debba ripartirsi in poche razze o in molte stirpi; se debba considerarsi monogenica o poligenica)”.
Al riguardo cita lo psichiatra Enrico Morselli, con cui era in corrispondenza, che nelle Lezioni sull’Uomo secondo la teoria dell’Evoluzione, “ora in corso di pubblicazione a Torino (Unione Editrice) a pag. 403” scriveva: ”Ciascuna razza considerata pura dovrebbe, se fosse vera la immobilità umana, presentare un tipo cranico costante, cioè, come lo aveva supposto dapprima il Retzius, essere omogeneamente dolicocefala o brachicocefala: ma per contrario gli indici cefalici individuali si dispongono sempre su di una scala, che va dal massimo al minimo limite di divergenza per rispetto ad un gruppo centrale oscillante attorno alle media. (Seguono i dati del Mantegazza, del Broca, del Morselli stesso, ecc.) E ciò che dico dell’Indice cefalico deve ripetersi di ciascun altro carattere craniometrico preso in esame, quali sarebbero l’indice verticale, la capacità cubica, l’indice nasale, l’indice facciale e l’orbitario, il peso e il rapporto ponderale cranio-mandibolare, insomma tutti quelli che servono a maggiormente caratterizzare una razza od una popolazione.”
Secondo Ghisleri, Bovio:
 1. Confonde la civiltà con la razza – quasi che la civiltà fosse dote ingenita e non acquisita; o che la storia la dimostrasse privilegio stabile e perenne di un dato paese o popolo, mentre che la sua luce ha splendori intermittenti, e migra coi secoli da luogo a luogo, da popolo a popolo. Sulla questione lo stesso Bovio si era espresso commentando alcune proposizioni di Hegel nel suo Corso di Scienza del Diritto (Napoli, 1877): ”In questo discorso c’è chiarezza e c’è non poca boria nazionale: è la provocazione al primato del Gioberti, allo chauvinisme francese, alla intrusione giudicativa degli Inglesi. Vuol dire che il despotismo è orientale, le oligarchie e le olocrazie sono greco-latine, la civiltà moderna è germanica...”. L’on. Bovio quindi ripeterebbe per le razze, le medesime generalità metafisiche, spostando i termini, ma non il metodo della discussione e dei giudizi?
2. L’errore di considerare la civiltà come fonte, per sé stessa, di diritti contro i popoli che vi sono estranei, od avversi. Per dire che “Ovunque e sempre, se noi guardiamo nella storia, dietro la violenza dei fatti troviamo l’errore delle idee. Le guerre di esterminio, vanto e dovere del popolo di Jehova, derivavano bene dalla sua orgogliosa credenza di essere il popolo eletto: e da quelle, sino alle guerre coloniali de’ giorni nostri, ovunque si commette una prepotenza, troverete la boria e l’egoismo sostenuti da un errore di apprezzamento”.

 


[1] Le citazioni che seguono sono tratte dalla seconda edizione edita a Bergamo nel 1896.

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