«L’ora delle decisioni irrevocabili» è tornata. Mancano i balconi c’è San Remo e i palloni sgonfiati.

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7 febbraio, 2023 - 17:26
Senza che nessuno mi abbia avvertito, da circa un anno in qua, ho scoperto che “siamo in guerra”. Come cittadino italiano residente a Roma, sono in “guerra”, contro la Russia, in aiuto dei poveri Ucraini oppressi e sterminati da un Putin amico e sodale dei più ricchi e potenti del mondo, divenuto improvvisamente “nemico” da ripudiare perché dispotico, lunatico e aspirante a ripristinare il vecchio impero zarista. Questa la tesi prevalente, tranne la voce critica di un tenace Papa Bergoglio, pervicacemente inascoltato anche in Congo (Kinshasa 31/12/2023) «deponi le armi, abbraccia la misericordia», che continua indefessamente anche a Giuba, in altri popoli poverissimi africani che vivono con meno di un dollaro al giorno «Basta sangue in Sud Sudan, scorra il fiume della pace» (4 febbraio 2023). Perchè la “guerra”, “quella guerra”, sulle terre del grano e dell’abbondanza, non è assolutamente possibile stabilirlo. Nulla si può sapere con sufficiente ragionevolezza, senza essere tacciati di facinoroso putinismo. Come, quando e perchè, sia stata dichiarata, contro chi e per quale scopo. La solita solfa che giunge al nostro circuito mediatico da oltre Atlantico recita insistentemente che bisogna difendere gli aggrediti dagli aggressori, che l’aggressore è l’autocrate russo, noto in tutto il mondo, che se non viene fermato oggi, come a suo tempo fecero Winston Churchill, Iosif Stalin e infine Franklin Delano Roosevelt, contro Hitler, ce lo ritroveremo a Berlino e magari a Roma. Ma Putin è russo, Hitler era tedesco.

 

Ufficialmente, Russi e Ucraini sono occupati a darsele di santa ragione, senza che si spieghi, a noi spettatori italici, totalmente fuori ed estranei al conflitto, chi, tra i due, sia quello che compie le peggiori nefandezze belliche giornaliere. Un conflitto non chiaro, anzi confuso dove troviamo anche in questa “guerra”, milizie internazionali che si affrontarono in nome di opposte fazioni. I “Battaglioni Azov”, formazioni paramilitari che lottano a sostegno di Kiev, contro la “Compagnia militare privata Wagner”, ordinata su misura da Putin al suo “cuoco” personale Evgeny Prigozhin. Né più, nè meno che nella guerra civile spagnola dell’alzamiento franchista, contro il legittimo governo della Repubblica Spagnola vincitore delle elezioni. Noi, europei atlantisti, mandiamo armi per conto NATO soltanto a Zelenski e infliggiamo sanzioni soltanto a Putin, che ci chiude il gas naturale della “Gazprom” e costringe l’Europa a comprare il «Gnl made in Usa» che costa il doppio ed è di pessima qualità. Non riusciamo neppure a farci un’idea approssimativa su come vadano le cose, perché tutto quello che ci mandano in televisione - ad ogni telegiornale almeno tre volte al giorno - comprende sempre una lunga corrispondenza, a parte, sulla guerra in Ucraina, con tanto di inviati permanenti, come se ci riguardasse direttamente e fosse l’unica che si combatte nel mondo. Nel consueto trafiletto del lunedì “Ma mi faccia il piacere” Marco Travaglio su il Fatto Quotidiano del 30 gennaio 2023 scrive: «Nando Mericoni. “All’Italia serve un consiglio per la sicurezza nazionale” (Maurizio Molinari, direttore Repubblica 29.1) Prima però bisogna spostare la capitale da Roma a Washington. Pronto Amerega me senti?». La battuta rimanda alla macchietta di Alberto Sordi in Un Americano a Roma (1954), ma considerata la situazione presente, non c’è niente da ridere.

 

Le cose stanno nei fatti, più che nei media, perchè dovunque tu vada, tutto è aumentato spaventosamente e la spiegazione è una sola: “siamo in guerra”. Al mercato rionale, sia che tu vada dal macellaio, dal fruttarolo, dal pescivendolo, dal norcino, dal caldarrostaio, la risposta è «Che vole professò,. è corpa de la guera!». Vai dal benzinaio, dici 20 euro, lui te ne chiede altri 5 per metterti 10 litri. T’arrivano le bollette gas, luce, riscaldamento condominiale, mutui, assicurazione, una grassazione vera e propria, un furto senza destrezza bello e buono! Non si pensi al Brigante Musolino, “U 're i l'Asprumunti” ("il Re dell'Aspromonte"), e neppure a Stefano Pelloni, il grassatore di Bagnocavallo, “il passator cortese”, leggendario eroe pascoliano di “Romagna”, “re della strada re della foresta”. Tutti gentiluomini, al cospetto dei petrolieri, venditori d’armi, scafisti, trafficanti di droga e corruttori di tutto, d’oggigiorno.

 

A furia di sentirmelo dire ho avuto un sobbalzo e sono tornato vertiginosamente indietro di oltre ottantanni. Ero a Bologna, Via Ernesto Masi 7, fuori Porta Mazzini, Parrocchia degli Alemanni. Villino elegante con giardino, tre piani, 6 famiglie, portinaio signor Carlo Manzoni che sapeva di avere un nome importante, ma noi bambinacci impertinenti, lo chiamavamo “manzo”, nel senso di bovino, ma sottovoce. Ricordo ancora perfettamente “il discorso del Duce” che giungeva da Roma, dal balcone di Palazzo Venezia, come tutti gli altri, poi ripetuto al cinematografo dai Cinegiornali Luce, specialità fascista. Apparecchio radio Telefunken di seconda mano, c’erano state le “sanzioni” e le fedi delle madri italiane per la serie “oro alla patria”. Era il 10 giugno 1940, a settembre avrei compiuto otto anni, ed ecco la voce roca del protagonista Benito Mussolini che giungeva dal balcone di Palazzo Venezia interrotto da urla di «Guerra! Guerra!» e singulti di acclamazione da un popolo ormai ridotto allo stato ipnotico che ripeteva inebetito «Guerra! Guerra! Guerra!». Torna alla mente “Anni difficili” (1948) lo splendido film dimenticato di Luigi Zampa e Vitaliano Brancati, dove il farmacista (Aldo Silvani) esce sconvolto per protestare contro Mussolini.

 

«Combattenti di terra, di mare e dell'aria. Camicie nere della rivoluzione e delle legioni. Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del Regno d'Albania. Ascoltate! Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria ... L'ora delle decisioni irrevocabili ... La dichiarazione di guerra è già stata consegnata ... agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia ... Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano. [...] promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell'edificio, l'ignobile assedio societario di cinquantadue Stati. [...] il mondo intero è testimone che l'Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l'Europa; ma tutto fu vano. [...] Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle nazioni [...] bastava non iniziare la stolta politica delle garanzie, che si è palesata soprattutto micidiale per coloro che le hanno accettate. Bastava non respingere la proposta che il Führer fece il 6 ottobre dell'anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia» seguito da un esiziale «Ormai tutto ciò appartiene al passato».

 

Questo beverone di loti bugiardi per stomaci forti e menti deboli lo abbiamo già inghiottito, visto e sentito, purtroppo! Ma non messo sufficientemente a profitto. Quante similitudini con i discorsi ufficiali che girano nel nostro presente. Quante menzogne, inganni, accaparratori, arruffapopolo improvvisati, lestofanti, guerrafondai ... La dolorosa vicenda chiamata seconda guerra mondiale, si concluse il 2 settembre 1945. Era iniziata il 1° settembre 1939. Trascorsero sei lunghi anni di ferocia inusitata, consumata tra militari e civili che determinò fra i 60 e i 70 milioni di morti, io compivo 13 anni. Tutti sanno com’è finita, da che parte era il torto dei criminali, perchè ha prevalso la ragione dei vincitori, ma si continua a voler confondere la Storia, violentandola sistematicamente. Si sottilizza sofisticatamente su questioni di lana caprina come aggressori e aggrediti, per non parlare di federazioni e stati federali o più in piccolo, qui da noi in Italia, tra Autonomia regionale differenziata e Stato centrale o Nazione che dir si voglia. Regioni che vogliono riconoscimenti di peculiari specificità in via esclusiva, rispetto alla “Patria”, “Dio e Famiglia” come se fosse un “d.o.p.” per il vino e l’olio, il formaggio e il prosciutto. Ma governa la destra!

 

A furia di sentirmi dire che “siamo in guerra”, ho ripensato alle “Tessere della fame” di una volta. Accompagnavo mia madre a “La Provvida” dei Ferrovieri, quella vecchia in Via Mazzini prima dell’incrocio con Piazza Trento e Trieste. C’erano le "Carte annonarie individuali" e “familiari”, coi bollini per le razioni alimentari e altri generi di prima necessità per ciascun italiano e ogni famiglia italiana. C’era quella per lo “zucchero, grassi e sapone”, quella per “formaggi e patate”, un’altra per “salumi e uova”. C’era la borsa nera, gli accaparratori, gli speculatori, i profittatori ... l’ammasso del grano, la chiusura dei locali pubblici e l'oscuramento. C’era la cartellonistica e la propaganda radio-cinematografica, che non giungeva da Berlino, ma dal MINCULPOP di Alessandro Pavolini, sempre di tenore paranoico-terrorizzante, vergato a caratteri maiuscoli, il carattere iperbolico del fascismo che invase l’Italia del ventennio, sussurrato abilmente anche dall’EIAR. Tutto spingeva all’odio, al sospetto, alla delazione, tecnica efficace e di sicuro effetto. «Tacete Il nemico vi ascolta!», «Camerati che forgiate nelle officine le armi e i mezzi della vittoria, ricordate che siete combattenti fra i combattenti. Nulla esca dalla vostra bocca che si riferisce al vostro lavoro, alla vostra produzione bellica, a tutto ciò che vedete e udite durante il giornaliero ...», «Dio stramaledica gli Inglesi» copywrigt Mario Appelius, aretino giramondo, con l’altrettanto famoso complotto «demo-pluto-masso-giudaico».

Non sobbalzi ma sbiadite associazioni mentali mi occorrono ad ogni telegiornale nella immancabile corrispondenza dell’inviato di guerra italiano da Kiev, che parla da un fondale di macerie dove si aggirano volti di fantasmi civili ed altri spettri di sopravvissuti laceri e disperati, alternati da bombarde, carri armati, lanciarazzi Katyusha da 16 colpi che sputano missili in successione e deflagrazioni che vampeggiano in lontananza. Ucraini che avanzano, Russi che retrocedono e viceversa da un anno a questa parte, che si compirà giusto il 24 febbraio p.v. Una roba del genere, uno come me, dalla vita lunga, non la sentiva dalla seconda guerra mondiale. Tra il 1940 e il 1943 si svolse la campagna del Nordafrica, ovvero la “guerra nel deserto”, nel lunghissimo tratto costiero che vede affacciarsi, sul Mediterraneo, in successione, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, si diedero battaglia: da una parte italiani e tedeschi, dall’altra inglesi e neozelandesi, in una prima fase. Quando l’EIAR con la voce di Titta Arista [01] irradiava il radio-giornale delle ore 13, l’audio proveniva da un apparecchio radio Telefunken di seconda mano. Mi rivedo sempre a Bologna, in via Ernesto Masi 7, con mio fratello grande, Aldo, e il cugino Luciano, ancora più grande che, da Lana Postal era venuto all’università petroniana per studiare ingegneria. Mentre mi era tassativamente interdetto l’accesso nella loro stanza dove tenevano nascosta sotto il letto una Radio a galena segretissima con tanto di cuffie, per ascoltare “Radio Londra”, in qualità di “burba” riuscivo a guadagnarmi la presenza al tavolo del salotto, dove avevano predisposto una carta geografica del Mar Mediterraneo, matite colorate, stick, bandierine tricolori e dell’Union Jack col punta-spille. Poi vennero le croci uncinate della “volpe del deserto”, il generale Rommel.

 

Codesto ascolto in salotto datava da quando Mussolini, che aveva abboccato all’amo di Hitler e Ribbentrop sulla “quarta sponda”, dopo essere cascato con tutte le scarpe nel tranello “Nizza, Savoia, Corsica fatal, Malta baluardo di romanità ...”, aveva ordinato al generale Graziani d’invadere l’Egitto, addirittura! L’oleografia del Duce lo vantava come “figlio del fabbro”, ma c’è da pensare che il padre lo inseguisse col martello per impedirgli di accendere il fuoco con l’acqua.

Ogni giorno il notiziario Eiar ci dava conto di avanzate, ritirate strategiche, accerchiamenti, tranelli, fughe di truppe e carri armati su e giù, avanti e indietro, per lo “scatolone di sabbia”, la Cirenaica (Derna, Barce, Bengasi, El-Agheila, golfo della Sirte). Tobruch, Bengasi, Oasi di Siwa, Marsa Matruh (26l-29 giugno 1942), El Alamein (1 - 27 luglio 1942 e 23 ottobre - 5 novembre 1942), Giarabub (10 dicembre 1940 - 21 marzo 1941). Operazione “Crusader” (novembre 1941) del British Army, operazione “Acrobat” (gennaio 1942) ancora inglese, operazione “Torch” (novembre 1942), la “torcia” anglo-americana di Eisenhower. Una serie di micidiali e confuse battaglie di carri nel deserto dall'esito alterno fino a lasciare col cerino acceso in mano il povero generale Messe richiamato frettolosamente dalla sciagurata spedizione dell’ARMIR sul fronte russo, per comandare ciò che restava della guerra nel deserto e chiedere ostinatamente la resa con l’onore delle armi, che altrettanto ostinatamente gli fu negata.

 

È doveroso rammentare che c’erano già state la “sanzioni” contro l’Italia fascista (1935-1936), e la grande turlupinatura di versare “le fedi d’oro alla Patria” (18 dicembre 1935). Né più né meno che sanzionare “Gazprom”, e mandare dollari nonché armi e favori d’ogni genere ai separatisti di un ex grande impero, poi divenuto URSS, infine Russia di Putin che li aggredisce e li massacra. Ma tutti sanno che c’è stata la rivolta iniziale dell'Euro-maidan (2014) e da almeno 10 anni in qua, sono stati sostituiti premier ucraini corrotti come Julija Tymošenko, Viktor Janukovyč, Viktor Juščenko, Petro Poroshenko, per non parlare degli ultimissimi Vasyl Lozinski (infrastruttura), Oleksi Simonenko (procura generale), Vyacheslav Shapovalov (difesa) Kyrylo Tymoshenko (ufficio presidenziale) e numerosi altri, gli infedeli di Zelenski che se la spassano mentre i loro fratelli muoiono sotto i missili di Putin. Mosca: «Vampiri insaziabili continuano a spartirsi la torta» (www.open.online › 2023/01/24 ›)

 

Un nuovo sobbalzo sconvolge le mie quiete letture, quando fa il giro del mondo la sconvolgente e preoccupata notizia che un pallone aerostatico, probabilmente sfuggito al Capodanno cinese, sta sorvolando - molto al di sopra delle comuni rotte commerciali, oltre i 60.000 piedi - per spiare le difese dell’America pacifica e democratica, baluardo dell’Occidente. Anzi, ha già curiosato su una base segreta del Montana dove ci sono 150 missili balistici intercontinentali nucleari americani. Due giorni dopo “Biden abbatte il pallone spia di Xi Jinping” (FQ 05/02/2023, pp. 16-17), il mondo filo-NATO+USA, tira un sospiro di sollievo, quello filo-Putin tace, Cina e America chiudono il dialogo e sferragliano gli ambasciatori. Buona “guerra” a tutti! Ma quella vecchia, la seconda “guerra” mondiale, mi son sorpreso a pensare tra me, era forse più vera di questa “guerra” (di queste “guerre”, anche altrove, ma ignorate), perchè c’erano gli ambasciatori, in guanti bianchi, feluche, gualdrappe e megafoni cine-radiofonici? Quelli dell’Asse Roma-Berlino-Tokyo, Mussolini-Hitler-Hirohito, voglio dire, che consegnavano le dichiarazioni di guerra ad una turbolenta e diversissima alleanza anch’essa a tre.

D’accordo, era assortita e litigiosa, ma alla fine prevalse, trainata da un astuto Winston Churchill, inondata dall’armata rossa sovietica di Josef Stalin, raggiunta dagli USA di Roosewelt che con Pearl Harbor (guarda caso operazione “Z”, anche quella) uscivano dalla paurosa recessione del Ventinove. La Francia, peraltro, si era auto-esclusa dividendosi subito in due, prima ancora di perdere la faccia col regime collaborazionista di Vichy, guidato da Pétain (Henri-Philippe-Omer) dal 1940 al 1944, i “cugini” d’oltralpe, erano al loro secondo armistizio di Compiègne. L’Italia li avrebbe scimmiottati tre anni dopo, nel 1943, con laRepubblica di Salò”, il regime collaborazionista della Germania nazista, che incatenò Hitler e Mussolini fin dentro all’abisso dell'aprile 1945, dopo l’armistizio Savoia di Cassibile.

 

Niente affatto! Non ci sono guerre vere e guerre false, i morti ammazzati son tutti uguali, con o senza ambasciatori. Ottant’anni fa c’erano belligeranti diversi, oggi c’è la mano USA che getta il sasso contro la Russia e nasconde il braccio dietro Zelenski che va dappertutto o ci manda la moglie (Davos in Svizzera) e Kuleba che pretende scuse perfino dal Papa. Ieri ci sono stati i lutti tremendi dell’umanità bruciata a Hiroshima e Nagasaki, per tacere dell’Olocausto di ebrei e diversi. Oggi abbiamo San Remo, abbattiamo mongolfiere sospette e procuriamo che sistemi d’arma sempre più micidiali giungano laddove è necessario perché non cessi di girare il tritacarne dei morti ammazzati di guerra. Vuolsì così colà dove si puote ciò che si vuole ...

 

Note

01. Fra le voci più celebri dell'EIAR, il messinese Giovanbattista Arista, inteso “Titta” (1913+1990) era lo speaker che da Roma leggeva ogni giorno il giornale radio di stato, il bollettino di guerra delle ore 13, stilato poco prima della trasmissione e pronunciato dunque all'impronta, vale a dire al momento. Ciò avvenne per il biennio 1941-1942.

 

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