Intervista a Michel David: LA PSICOANALISI NELLA CULTURA ITALIANA

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18 ottobre, 2019 - 17:33

RossiHo qui davanti a me il professor Michel David. Non lo presento, dato che chiunque si occupi di psicoanalisi e di psichiatria di orientamento psicoanalitico lo conosce molto bene. Non e' ne' uno psicoanalista ne' uno psichiatra, e' un docente universitario di letteratura italiana e francese; ha insegnato all'universita' di Grenoble, e' stato a lungo in Italia, parla un italiano perfetto. L'importanza del suo intervento nella nostra disciplina risale al 1966, anno in cui fu pubblicato da Boringhieri il suo libro "La psicoanalisi nella cultura italiana", libro fondamentale per noi, perche' ci dava finalmente una visione dell'ingresso e dello sviluppo della psicoanalisi nella cultura italiana, ove, quando si parla di cultura, lo si intende in due sensi, cultura nel senso usuale della parola, ma anche nella grande cultura italiana, con riferimenti alla poesia e al romanzo, per intenderci a Saba e a Svevo. 
Questo libro di David ha fornito un ampio quadro del problema per la mia generazione, illuminandoci su molte cose che non sapevamo, proprio perche' si basa sull'accurata ricerca filologica sulle opere e sulle connessioni tra i personaggi.
L'impressione che ebbi allora da questa lettura fu che la psicoanalisi fosse entrata in Italia non perche' culturalmente l'Italia elaboro' la psicoanalisi, ma perche' l'italia si era presa un pezzo di imperial regio governo, un pezzo di impero austroungarico, quindi appartenente all'area, anzi al centro dell'area di cultura mitteleuropea in cui era indovata la psicoanalisi. Ho i miei dubbi che, con le resistenze che soprattutto il Vaticano faceva a quei tempi, la psicoanalisi sarebbe riuscita ad entrare (basta leggere Eissler per capire questo); d'altra parte tutta la cultura era intrisa di inflessioni mitteleuropee, Svevo non sapeva scrivere a perfezione l'italiano, aveva bisogno di correzioni, come tutte queste persone che avevano studiato a Vienna e non in Italia.
Sono passati oltre quarant'anni da quel libro, ma la sua importanza e' tuttora rilevante, anche perche' si legge ancora con grande piacere per il suo stile veramente gradevole (da notare che Michel David lo ha scritto direttamente in italiano).

Gli facciamo qualche domanda: Caro Michel, come e' venuto in mente di occuparsi di psicoanalisi a te filologo e letterato?

 

David: L'idea di scrivere il libro mi e' nata a Padova in un seminario di letteratura. Era morto Jung, io ero allora un Bachelardiano e avevo fatto una recensione in cui parlavo di Bachelard e rilevavo che c'erano delle resistenze nei confronti di questo filosofo francese, che a suo modo era stato toccato dalla psicoanalisi. Inoltre la morte di Jung a quel tempo fu passata quasi sotto silenzio nella stampa italiana. E mi sono chiesto: "ma come mai, questo freno all'ingresso nella cultura?"

Cosi' mi sono messo un po' per divertimento a cercare in biblioteca di facolta'. Leggevo libri, romanzi, poi mi avvicinavo al fondo della biblioteca di psicologia. E per due o tre anni leggevo leggevo e battevo direttamente in italiano senza pensare ad un editore. Il libro fu pubblicato grazie all'intervento di Galli che dirigeva una collana di Feltrinelli. Mi disse "non posso per quest'anno, perche' non abbiamo piu' soldi, se vuoi pubblicare subito magari la passiamo a Boringhieri" , e Ranchetti, che era allora uno dei lettori di Boringhieri, la rivide e la porto' a Boringhieri che stava in quei tempi lanciando la sua grande biblioteca di cultura analitica, e forse lui stesso era in analisi. Il mio libro fu un successo.

 

Rossi: Secondo te cosa c'era di importante in questo ingresso della psicoanalisi nella cultura italiana e viceversa? L'ingresso della psicoanalisi modifico', cambio', diede un respiro nuovo alla cultura italiana? O ti pare di no?

 

David: Dapprima mi sono occupato di Freud come fonte letteraria: questa era la mia prospettiva, visto che ero un letterato. Mi chiedevo come si poteva introdurre questo nuovo fermento culturale in mezzo a romanzi, e a poesie era questo il problema e lo e' ancora oggi per me. Secondo me ha prodotto modi narrativi che hanno favorito l'ingresso dell'Italia nella modernita', per usare un termine corrente. Il modernismo, tra Joyce, Kafka, Proust, in Italia era addirittura un' eresia e anche in Francia. E direi che la psicoanalisi ha avuto in questo una funzione, seppure in un modo difficile da definire.

 

Rossi: E il nostro tipo di cultura italiana puo' aver modificato il tipo di impostazione psicoanalitica secondo te? Sappiamo che la cultura francese l'ha modificata molto perche' Lacan…

 

David:. …ma anche prima, Janet, pretendeva di essere lui l'inventore dell'analisi del profondo. E c'e' una solida scuola francese che ha francesizzato Freud.

Lacan ha poi modificato molto la cultura francese degli anni '60, dallo strutturalismo che fu in parte Lacaniano.

 

Rossi: La psicoanalisi passando in Francia si e' un po' intellettualizzata, come diceva Voltaire : "i Francesi, qualsiasi cosa succeda alla fine si mettono al tavolino e scrivono".

 

David: anche in Italia, negli anni '60 quando il mio libro e' uscito era proprio il momento in cui l'Italia si appropriava delle scienze cosidette umane. Si' la chiesa, e' vero, ma Croce soprattutto ha funzionato come freno enorme all'introduzione della psicoanalisi nel pensiero filosofico. Incombeva una specie di giudizio superiore e pessimistico che tra gli anni '60 e '70 si e' trasformato in accettazione: semiologia, antropologia culturale, psicoanalisi. Il mio libro e' arrivato nel momento preciso in cui quell'ondata si rovesciava.

 

Rossi: Si potrebbe pensare, sulla base di quel che dici, che la psicoanalisi ha contribuito a laicizzare la cultura italiana.

 

David: Certo, e' evidente, anche perche' in fondo tutte le indagini di Freud e di Jung sono fatte a partire da un compenso equilibratore, un' alternativa alla mitologia religiosa che per duemila anni ci ha informato e trasformati.

 

Rossi: E il fatto che l'ambiente psicoanalitico italiano fosse come dicevamo triestino, cioe' mitteleuropeo, germanofono come radice, puo' avere infuso qualche caratteristica particolare alla psicoanalisi italiana. Oltre al fatto che la psicoanalisi nascesse in fondo in modo molto provinciale, all'interno di una provincia periferica.

 

David: E' difficile dirlo; e' evidente che il vero maestro della scuola italiana e' Weiss, che poi, sappiamo, e' finito in America per sfuggire alle leggi razziali. Ha formato tre o quattro romani, il genovese Servadio, e Musatti, che attraverso Benussi recepiva la lezione dall'Austria e quindi aderiva con maggior fedelta' al testo Freudiano. A parte il caso aberrante di Levi Bianchini, anche se resta il primo editore italiano e il primo ispiratore e fondatore della societa' psicoanalitica: un personaggio che e' stato studiato anche recentemente in un convegno e che fa pero', a mio parere, un po' di confusione. La sua ispirazione non era certo tedesca, anche se era pur sempre un uomo di letture sterminate.

In fondo credo che questo influsso di Weiss sia dominante per tutta l'epoca che precede gli anni 40; fondamentalmente ha dato la lezione della lettura precisa di Freud….. Si e' inserito in questa ondata migratoria degli Ebrei europei, che si sono trovati in America ed hanno dato vita ad un nuovo rilancio della psicoanalisi. Io sono del parere che va rivalutato, tra questi, Federn, che ho visto recentemente ripreso in esame.

 

Rossi: Sarebbe forse il caso di ricordare Rieti…

 

David: Rieti qui a Genova ha fatto un bel quadro della Psicoanalisi italiana, che mi aveva aiutato all'inizio con le sue pubblicazioni, anche qui nella Clinica Psichiatrica, dove ci troviamo ora.

 

Rossi: E in America divento' un pezzo grosso, divenne il direttore dei servizi di psichiatria infantile di New York City. Sarebbe un personaggio da studiare. Ma ora vorrei fare delle domande sull'oggi: cosa ne dici della psicoanalisi italiana ai primordi rispetto a quella di oggi?

 

David: Questa e' una domanda difficile per me, perche' non seguo la psicoanalisi da 15 anni ormai, ho fatto altri tipi di ricerche, anche se continuo a mettere da parte qualche schedina.

 

Rossi: Io chiedo l'impressione di una persona molto colta, ma non specificamente competente.

 

David: Quel che mi pare innanzitutto e' che si sia ampiamente diffusa, anche qui a Genova. D'altra parte Freud era venuto a Genova, il fratello della Melanie Klein e' morto nell'hotel Regina, che ora si chiama Alexander, Servadio nacque a Sestri Ponente.

…Comunque tornando a Genova dopo anni, mi sono stupito, seduto da Mangini, di sentir parlare una signora che con disinvoltura parlava di analisi. Mi sono detto "guarda come i tempi sono cambiati". C'e' direi una piu' grande facilita' di consultazione analitica, e d'altra parte ho l'impressione che la cordialita' italiana nei rapporti, fa si' che l'analista sia piu' chiacchierone o piu' parlante dell'analista teorico freudiano. Inoltre l'aspetto cognitivo entrato nella psicoanalisi l'ha resa in qualche modo piu' dialettica, piu' dialogante. Ma questo e' un campo nuovo e sconosciuto per me, anche se mi pare che questo aspetto stia con prepotenza limitando la dimensione affettiva.

 

Rossi: A Freud gli Italiani non dispiacevano, li considerava poco dotati di superio, d'altra parte si diceva allora che il Francese e' un Italiano di cattivo umore.

 

David: Freud non credo abbia avuto contatti con i Francesi…cioe', mi correggo, le ebbe e grandi con Charcot.

Quello che e' interessante dell'incontro con Charcot e' la nascita dello stile analitico, perche' i viennesi mi pare che tendessero alla descrizione clinica generale, mentre Charcot faceva teatro, e Feud a sua volta faceva un racconto, scriveva raccontando il caso nella sua dinamica, e questa e' alla base della modalita' di conoscere psicoanalitica.

Freud ha trasformato in racconto o in romanzo il teatro di Charcot.

 

Rossiora un'altra domanda: la psicoanalisi ha avuto sicuramente un grande impatto nella cultura del secolo scorso, perche' di secolo scorso ormai si parla. Secondo te cosa ne e' rimasto, che funzione ha oggi; Parlo della critica psicanalitica e di tutta questa impostazione che per un po' di tempo ha abbastanza dominato: c'erano molti letterati che usavano lo strumento psicoanalitico dal loro punto di vista.

 

David: io distinguo la critica e l'arte. Nella prima c'e' stato un limitato numero di ottimi critici; a Genova ce n'e' uno ottimo che e' Gioanola che ovviamente ha incontrato notevoli difficolta' nel suo ambiente…( "Un killer dolcissimo" ….. e' una delle piu' belle cose che siano state scritte su Svevo o "L'uomo dei topazi", su Gadda, che parafrasa "l'uomo dei topi") e' uno dei migliori per me, e' moroniano, segue il metodo clinico e non esita ad essere biografico. Cerca di rifare i casi clinici di Freud e di ricavarli dagli scrittori che ha studiato. Anche Amoretti qui a Genova ha fatto un Leopardi psicoanalitico molto apprezzabile. C'e' Francesco Orlando a Palermo, discepolo di Lampedusa, che e' interessantismo nel suo lacanismo interpretativo. Quindi un certo numero di persone ha praticato la psicoanalisi critica, ma non sono tanti e non sono universitari, se lo sono lo sono di straforo, non mi pare che sia penetrato nell'universita' l'uso di tali strumenti.

 

Rossi: Credo che ci sia un arretramento adesso: la psicoanalisi viene sempre meno usata.

 

David: Una cosa che mi colpi' rivedendo le recensioni al mio volume e' che fu accolto piu' dai medici che non dal gruppo delle lettere; nelle facolta' di lettere non ebbi quasi nessuna recensione.

 

Rossi: Forse c'e' piu' invidia tra i letterati: i letterati hanno dei caratteracci secondo me. E' solo un mio parere, naturalmente.

 

David: Io ho tentato di fare delle psicocritiche, ma mi sento poco armato perche' non sono un analista. Si capisce che questa e' una tecnica difficile da affrontare per un professore di lettere, lo storicismo totale, l'erudizione pura stanno dominando e io ci credo visto che li ho praticati anch'io, ma un po' di liberta'…

 

Rossi:…liberta' di guardare l'inconscio, anche dell'autore…collegare l'autore con l'opera…se non altro e' divertente

E secondo te, oggi esiste una scissione tra la valutazione di Freud come pensatore e la psicoanalisi?

 

David: Dunque, a sentire oggi mi sembra che Freud sia considerato un vecchio signore e che tutte la scienze cognitive e psicochimiche nell'uomo neuronale e robotico stiano per chiudere quel capitolo. Questa e' nozione intellettuale; io continuo a pensare che c'e' un muro difficile da valicare tra un aspetto e l'altro. Pensare che un giorno si possa dominare la nostra affettivita' con le cognizioni biologiche mi pare comunque anticipato e molto prematuro e forse impossibile. Io leggo soprattutto cose francesi ultimamente, ma ho l'impressione di una protesta contro la presenza invasiva delle scienze psicobiologiche-cognitive. Hanno delle pretese oggi molto premature.

 

Rossi: Insomma l'opera letteraria, attraverso i neuroni e i mediatori chimici si interpreta con difficolta'.

 

David: Forse un giorno si arrivera' al robot affettivo, ma non so che interesse potra' avere.

Ormai la letteratura sembra non avere piu' molto interesse, come le foto dei viaggi, che si fanno con tanto entusiasmo e arte, e poi nessuno le vuole vedere. Mi pare che oggi, se si leggono le pagine letterarie dei giornali i romanzi siano quasi inesistenti. Conta di piu' l'analisi del film, delle canzoni…La poesia chissa' cos'e'?….mi pare che l'attrattiva per la cosa scritta stia scomparendo.

 

Rossi: E quel grande rapporto che c'era tra psicoanalisi e letteratura, dichiarato o occulto, parlo di Joyce, Svevo, Saba, lo stesso Proust, Thomas Mann, tutto questo c'e' ancora secondo te o e' tramontato?

 

David: Io non leggo quasi piu' i romanzi, ma leggo i riassunti che escono sui giornali francesi ed italiani; naturalmente ormai siamo nella globalizzazione, il romanzo e' mondiale, libri tradotti dallo svedese sono uguali a quelli americani, giapponesi, indu'; e mi pare che sia predominante l'apporto psicoanalitico, perche' vedo quasi solo incesti, omosessualita', erotismo. E questo mi sembra sia un portato evidente della cultura psicoanalitica, se la togli vedi che crolla tutto.

 

RossiQuesta puo' essere una limitazione secondo me: Dostojewsky scriveva grandi romanzi, ma la psicoanalisi non la conosceva, perche' non esisteva ancora, anche se covava sotto la cenere, era come il seme sotto la neve, alla Ignazio Silone..

 

David:..no no Dostojewsky, era lui il maestro di Freud.

…oggi non so se si legga ancora, ma comunque non c'e' piu' un romanzo moraviano che fa caso, scandalo come succedeva allora: magari un film o una trasmissione televisiva, quelli si.

 

Rossi: Oppure fa scandalo l'inchiesta, quello che sta dietro…

Ecco, ora per concludere, se dovessi riscrivere oggi la psicoanalisi nella cultura italiana che cosa faresti? ne avresti voglia? ti sembra che ci sarebbe materiale.

 

David: Non avrei piu' la forza e l'energia; comunque ho documenti, quelli si, perche' continuo a metterli da parte, piu' pero' per riflesso condizionato.

Mi sono sfogato, ho continuato a pubblicare degli articoli, dei saggetti su aspetti particolari.

Psicocritici… su un libretto di Boine...

 

Rossi: Devo dire che sono rimasto stupito dall'aspetto erotico di Boine; Sbarbaro poi e' una sorta di poesia hard, a luci rosse…

 

David: Mi sono stupito una volta leggendo "Il peccato" di Boine, scritto nell''11 o nel '12. L'amico del protagonista legge l'interpretazione dei sogni, pensavo :"ma guarda un po'…

 

Rossi: Caro Michel, con Boine e Sbarbaro siamo tornati in Liguria ed alla grande e poca letteratura della "Riviera Ligure". Da Trieste a Genova dunque, ma sempre in periferia. Pero' stiamo entrando un po' nella nostalgia; fermiamoci qui prima di diventare "laudatores temporis acti".

Grazie, sei stato molto gentile, speriamo di averti ancora ospite su Pol-it.

 

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