Prima giornata - Venerdì 6 maggio
I Sessione "L'incontro tra diverse epistemologie come espressione di un possibile pensiero gruppale" Introduce i lavori il Prof. G. Giusto, Presidente Fenascoop, orgoglioso del fatto che il IV° Congresso Nazionale della Fenascoop abbia sede a Varazze, la sua citta'.
Porta i saluti dell'amministrazione il Sindaco, Avv. Bozzano, che considera un lustro per la cittadina di Varazze poter ospitare un evento di tal rilievo.
Apre la discussione il Prof. E. Aguglia, che sottolinea come questo sia un momento di vivacita' culturale per il lavoro di gruppo anche nelle Comunita' Terapeutiche, portando ad esempio il mito degli Argonauti, i quali remavano tutti in un senso con un obiettivo chiaro ma soprattutto una precisione di ruolo, fatto fondamentale in un gruppo di lavoro al fine di ottenere un risultato competitivo. Enfatizza l'importanza dell'incontro fra pubblico e privato e l'opportunita' di condividere progetti comuni, fondamentale per garantire al cliente un prodotto di qualita'. Appare soddisfatto per la grande affluenza di operatori all'evento, ed in particolar modo della presenza di numerosi giovani, per i quali l'incontro e la formazione risultano indispensabili per ottenere risultati sempre piu' produttivi nel loro lavoro.
Segue l'intervento del Prof. F. Bollorino, che affronta il tema cogente delle nuove forme della Gruppalita'. Vi sono da una parte nuovi luoghi d'incontro fisici, cui si affiancano luoghi d'incontro virtuale come parte integrante della nostra quotidianita', per i quali propone possibili valenze terapeutiche. Caratteristiche della virtualita' sono la mancanza del corpo ed una certa forma di anonimita' che favorisce un'espressivita' apparentemente piu' libera. In ambito virtuale si possono sviluppare aspetti psicopatologici: la comunicazione testuale puo' modificare l'espressione dei sentimenti, ma anche creare dei legami veri. Propone un approfondimento di questo strumento di cura come una futura prospettiva terapeutica nell'ambito della riabilitazione psichiatrica nelle Comunita' Terapeutiche.
Il Prof. Conforto espone una riflessione sull'espressione gruppale e l'importanza della creazione di un pensiero di gruppo comprensibile, che permetta la condivisione. Si interroga sui modelli dell'espressione gruppale, rifacendosi all'antica Grecia ed alla dottrina del corretto pensare.
Episteme significa letteralmente porsi qualcosa di fronte, trattenersi, starle davanti affinche' si possa mostrare.
Cita dunque la prefazione di Pirandello ai "Sei personaggi in cerca d'autore", nella quale l'autore si pone di fronte al gruppo dando vita ai personaggi. Esiste quindi una connessione fra la conoscenza raggiunta dall'intuito dell'artista e quella dell'analista col proprio gruppo.
Presenta la supervisione di uno Psicodramma, svoltosi all'interno di una Comunita' Terapeutica, in cui viene data un'altra lettura di quanto il gruppo ha detto in modo autoreferenziale, in quanto il gruppo parla di se stesso. La psicoanalisi e' luogo dei simboli e del pensiero duplice, dei diversi modi d'interpretare, amplifica e potenzia le attivita' epistemiche del soggetto. Lo psicodramma e' il luogo in cui qualcuno interpreta qualcuno che aiuta. La conduttrice e' madre che non si conosce, bensi' si intuisce secondo il modello bioniano. Il percorso transfert-controtransfert deve basarsi su un affetto, che guida l'intuizione, fornendo la possibilita' d'interpretare. "L'analista conduce la formazione della nuova conoscenza". Conclude sottolineando come la supervisione in Comunita' porti alla luce le tensioni esistenti fra modelli teorici e l'azione.
Segue l'intervento del Prof.Parodi che rilegge la sua esperienza lavorativa secondo la prospettiva della possibilita' di creare un pensiero gruppale. Delinea innanzitutto una cornice comune a qualsiasi comunita': ogni operatore deve mantenere il suo ruolo, secondo le sue competenze, adattandosi non solo al paziente, ma anche alla politica di cura stabilita e condivisa dagli altri operatori. In ogni gruppo si crea un codice contenitivo, "materno", di accettazione del paziente (da questo percepito come spazio di rifugio), ed un codice normativo "paterno", responsabile delle prime diffidenze da parte dei pazienti.
Gli operatori rappresentano modelli identificatori positivi per i pazienti e d'altra parte la costituzione di un pensiero gruppale argina gli agiti individuali e le scotomizzazioni degli operatori.
Ripercorrendo la sua attivita' lavorativa il relatore tratteggia la realta' degli ospedali psichiatrici nel 1968, in particolare a Cogoleto, molto appesantita dal pensiero istituzionale caratterizzato da schemi rigidi. In questa sede la formazione di un pensiero gruppale fu in parte ostacolata dalla tendenza all'omeostasi di un gruppo di personale assai ben adattato alla situazione vigente, in parte dal tentativo suo e di altri giovani medici di recente formazione di intervenire sul sistema.
L'esperienza successiva, pur posteriore alla riforma psichiatrica, ha visto nuove difficolta' nella formazione di un pensiero gruppale, paradossalmente determinate da questa stessa riforma. Infatti, all'interno del SPDC in cui ha lavorato, si e' formato un gruppo reso unito da idee di riparazione rispetto al passato, forse troppo fini a se stesse e poco significative.
E' stato soltanto nell'ambito della prima esperienza di Comunita' Riabilitativa per tossicodipendenti che il Professore afferma di aver assistito alla formazione di un vero pensiero gruppale, grazie alla particolarita' di questa situazione, all'interno della quale soggetti diversi potevano contribuire ad un progetto comune pur mantenendo la propria individualita'.
Da ultimo egli fa riferimento all'esperienza presso un SPDC, all'interno del quale l'introduzione del modello relazionale ed un forte senso di appartenenza, legato alla natura del lavoro, ha permesso nuovamente la costruzione di un gruppo unito.
Il Prof. Narracci comincia con una citazione di P. Brook che paragona il lavoro dell'attore a quello dello psicanalista: in entrambi i casi l'obiettivo è risalire all'essenza dell'essere umano. Prosegue con un riferimento a Bion per arrivare a Badaracco definendo il concetto di terapia multifamiliare, grazie alla quale i familiari dei pazienti possono comprendere come la malattia sia un'esperienza condivisibile. Gli operatori forniscono "le risorse genuine dell'Io" che fino a quel momento il paziente non aveva saputo possedere. Nel corso dell'intervento il relatore sottolinea poi il concetto di terapia globale, cioè una cura del paziente non limitata al periodi di crisi, ma estesa ai periodi intercritici e coinvolgenti la famiglia. Vengono poi identificati tre punti fondamentali della dinamica gruppale, ovvero la necessità di considerare il paziente come appartenente ad un gruppo di pazienti a lui simili, la necessità per gli operatori di lavorare in gruppo per trattate i pazienti più gravi e l'importanza di estendere l'intervento terapeutico a più nuclei familiari e a tutte le figure professionali coinvolte. L'obiettivo finale è la ricostruzione di un senso di appartenenza ad una comunità in cui esistono alleanze tra operatori diversi.
A conclusione della sessione interviene il Prof. Pisseri che apre il suo intervento con un riferimento all'epistemologia sottesa ad ogni intervento terapeutico: quella realistica che vede l'analista come una figura maieutica contrapposta alla visione costruttivista in cui, invece, l'analista costruisce la narrazione insieme al paziente. Segue una completa e stimolante analisi delle principali correnti della filosofia della mente cui le varie modalità in campo psichiatrico possono rifarsi. Tra queste particolare rilievo assumono la teoria comportamentista, cognitivista, teoria della complessità e fenomenologia. La psicanalisi non sfrutta un'epistemiologia definitiva e, anche se esistono all'interno di essa alcuni filoni, tra cui quello ermeneutico, propone una visione integrata dei diversi approcci teorici disponibili, tenendo conto dell'inefficacia di un singolo orientamento.
II sessione "Il lavoro in equipe nell'ambito del processo riabilitativo e psicosociale" Introduce i lavori del pomeriggio il Dr. G. Giusto.
Il Dr. G. Spinetti, lavorando in SPDC e quale direttore del DSM di Imperia, intrattiene da tempo rapporti con la FENASCOP a cui rende merito di essere diventata un valido e autorevole interlocutore a livello nazionale, mantenendo al tempo stesso un'anima in movimento.
Invita i relatori a fotografare sinteticamente le diverse realta' operative nell'ambito del lavoro di èquipe con le sue difficolta' e le differenti modalita'.
Definisce il processo come qualcosa di dinamico, interattivo, in divenire e non statico. Per quanto riguarda il termine psicosociale si intende quella garanzia materiale e psicologica che i pazienti presi in carico si attendono dagli operatori.
La Dr.ssa G. Ba ritiene la tecnica necessaria ma essa deve essere accompagnata da un'atmosfera umana , dalla capacita' di ascolto di fornire assistenza e cura.
Si tratta di una dimensione nella quale scambio e reciprocita' forniscono un valore aggiunto su cui fondare il proprio operato. La patologia mentale si esprime soprattutto attraverso la patologia di relazione, non e' l'oggetto da curare ma e' l'individuo da comprendere. Esiste un multidisciplinarita' in cui varie figure professionali rischiano di frammentare l'esperienza del paziente: occorrono una formazione culturale e competenze comuni su cui fondare l'operato, il rispetto del lavoro dell'altro e la capacita' di comunicare.
La riunione di equipe e' il terreno irrinunciabile sul quale formarsi e confrontarsi, mettere in comune l'esperienza individuale sino a raggiungere una certa armonia nel gruppo. L'attivita' di supervisione fornita da un supervisore esterno che non conosca il gioco delle parti, puo' consentire la circolazione delle emozioni con movimento semiprivato e l'accesso all'interiorita' del singolo per arrivare ad una consapevolezza onesta e distogliere dalla distruttivita'.
Le principali funzioni della supervisione consistono nell'attivare la speranza intesa come orientamento positivo, stabilire una relazione all'interno del gruppo in ambito protetto in cui il supervisore sia garante di rispetto e sicurezza, essere esperienza di condivisione e appartenenza favorendo il recupero narcisistico dell'equipe e l'attivazione del pensiero riflessivo.
La Dr.ssa C. Vigano espone gli obiettivi formativi del corso di laurea di Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica, che si possono riassumere in quattro punti: sapere, saper fare, saper essere e saper divenire.
Si presuppone l'addestramento alla relazione con l'altro mediante un tirocinio formativo in cui esperienza e conoscenza si fondono. Vengono sperimentati tre gruppi quello dei pazienti, dell'equipe e dei pari, nei quali ci si allena alla riflessione e al riconoscimento delle valenze umane.
Tra le maggiori difficolta' e' emersa la scarsa disponibilita' al lavoro di gruppo tra pari, cui si tenta di rimediare attraverso le tecniche di addestramento alla relazione, quali la supervisione formativa e il role playing.
Segue l'intervento del Dr. A. Giuliani che ritiene indispensabile per la mente degli operatori flessibilita', speranza e costanza.
Nella pratica quotidiana all'interno di un'equipe prerogative indispensabili risultano essere: il diritto alla parola per tutti e al dissenso; tutti possano svolgere una funzione psicoterapica, non solo una pratica psicoterapica; una contrattualita' col paziente e la famiglia; conoscenza e riconoscimento reciproco tra i vari operatori; un lavoro sul lutto e la separazione del paziente dalla famiglia e dagli operatori del territorio. Gli operatori dell'equipe curante devono svolgere una temporanea autorita' genitoriale sostitutiva.
Interviene quindi il Prof. E. Maura definisce gli psichiatri tecnici della mente dotati non solo della competenza umana e della caratteristica di "mamma sufficientemente buona" alla Winnicott, ma di competenze tecniche che portano alla conoscenza che permette i risultati.
Lo spirito di una buona equipe deve essere supportato da:
1. Una leadership presente, autorevole, con buone conoscenze nella materia specifica per le proprie competenze;
2. Una certa letizia, allegria di gruppo e freschezza;
3. Momenti formativi e di ricerca, che costituiscono lo strumento attraverso cui la collettivita' mondiale si confronta;
4. Una certa sicurezza normativa ed economica.
Ritiene inoltre importante la presenza di operatori volontari che siano in contatto con il personale dipendente, il cui interscambio puo' creare iniziali tensioni, ma porta in seguito ad un reciproco arricchimento. Lo stesso dicasi per la presenza di giovani in formazione, fonte di stimolo per un continuo aggiornamento.
Esistono Comunita' Terapeutiche psicologiche/psichiatriche e C. T. di altro tipo (sciamaniche, intimistiche): queste ultime non debbono giustificare il loro operato da un punto di vista tecnico. I nostri SPDC debbono essere psicologici e psichiatrici, utilizzando tecniche e procedure che portano conoscenza, la quale pone le basi per la trasformazione, poiche' introducono elementi terapeutici. Essendo passibili di critiche, dobbiamo rendere ragione di cio' che facciamo, motivando e spiegando il nostro operare. Non dobbiamo affidarci alla mitologia, riconoscendo invece l'impotenza della ragione, con uno scacco al nostro insito narcisismo.
Il Prof. Ravera si sofferma a considerare l' importanza della formazione nell' equipe, pensa a come una formazione diversa dei vari operatori risulti utile, ed anche a come una formazione analitica personale possa essere considerata un vertice ma non applicabile a tutti, anche per l'impegno di motivazione personale che richiede. La valutazione del risultato e' ancora difficoltosa: cita ad esempio una commissione di vigilanza che, durante un'ispezione, lamentava la supposta inutilita' di determinati gesti, apparentemente appartenenti soltanto alla vita quotidiana ma che venivano investiti dall'equipe di una valenza terapeutica.
G. Di Leo riferisce la situazione del circuito delle sue Comunita' Terapeutiche. In particolare, fa riferimento alla legislazione attualmente in vigore nella regione Lazio. I riferimenti normativi ivi vigenti consentono l'utilizzo del concetto di Sanitario Extraospedaliero, concetto che ha consentito di organizzare una struttura psichiatrica potenzialmente senza psichiatra, che presenta pertanto caratteristiche di partecipazione democratica e di limitata gerarchizzazione. Quello che viene richiesto agli operatori e' prima di tutto la capacita' di sapersi mettere in gioco ed esporsi, prima ancora che di essere psicoterapeuti.
Sicuramente viene richiesta la formazione analitica personale.