Intervista a Mario Maj

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27 novembre, 2012 - 19:45

l tuo intevento di apertura al Cogresso SOPSI 2006 è stato incentrato sugli sviluppi del progetto di realizzazione del DSM V e sulle criticità che tale percorso sta incontrando. Dal tuo punto di vista di Presidente della WPA quale è il tuo pensiero al riguardo?

La World Psychiatric Association si sta impegnando per avvicinare il più possibile l'obiettivo, oggi considerato desiderabile dalla maggior parte degli psichiatri nel mondo, di una classificazione internazionale unitaria dei disturbi mentali, almeno per quanto riguarda la nomenclatura e l'asse della descrizione clinica.
L'immagine della nostra disciplina e della nostra professione è sicuramente danneggiata dall'attuale situazione, in cui esistono due sistemi di classificazione utilizzati a livello internazionale che differiscono per alcuni aspetti importanti: ad esempio, per quanto riguarda la persistenza che debbono avere i sintomi psicotici per giustificare la diagnosi di schizofrenia.
Questo sistema di classificazione unitario dei disturbi mentali dovrà essere più vicino di quello attuale alle esigenze della pratica clinica. Al concetto di "validità" delle categorie diagnostiche, in assenza di markers biologici, dovrà sovrapporsi il concetto di "utilità clinica" (una categoria diagnostica è valida nella misura in cui è utile per la definizione della prognosi e per l'impostazione dell'intervento terapeutico). Dovranno essere sviluppati criteri espliciti per la valutazione dell'"utilità clinica" delle varie categorie diagnostiche. Dovrà essere sempre messo in conto un certo margine di errore nella definizione della prognosi e nella scelta dell'intervento terapeutico, ma è probabile che questo margine di errore si riduca progressivamente in futuro attraverso l'interscambio continuo tra la ricerca clinica e quella biologica. L'obiettivo di una validazione delle nostre categorie diagnostiche come entità naturali di malattia ("psichiatria scientifica") deve sempre rimanere sullo sfondo. 
Ciò non significa, però, che si debba "forzare la situazione", riversando nei criteri diagnostici l'enorme massa di dati (dati, purtroppo, non conoscenze) forniti dalla ricerca biologica. Una parte di questi dati potrà essere piuttosto inserita nella sezione "Dati biologici associati" di ciascuna categoria diagnostica, fornendo qualche indicazione sui test da utilizzare, la qual cosa potrebbe favorire la raccolta di informazioni sul versante biologico anche in contesti clinici. Queste informazioni potrebbero poi essere incorporate nelle future edizioni del sistema di classificazione.

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