Adolescenti e psicofarmaci: riflessioni su un’esperienza clinica su un campione di 150 ragazzi

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8 ottobre, 2012 - 13:22

di G. Ferrigno, M. Marcenaro, S. Penati, W. Natta, F. Tombesi, C. Fizzotti, , N. Fogato, S. Giulianelli, P. Rossi
Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica — Sezione Psichiatria - Università degli studi di Genova - Direttore prof. F. Gabrielli

 

 

Introduzione

La prescrizione di farmaci psicotropi ai minori comporta sempre problemi di ordine etico, legale e richiede un’estrema cautela. Per quanto riguarda ad esempio gli antidepressivi SSRI, per molti ricercatori e clinici questi farmaci sembrano non essere efficaci per il trattamento della depressione nei bambini e nei giovani adolescenti tanto da essere controindicati per i pazienti sotto i 18 anni. Dati provenienti da sperimentazioni cliniche ipotizzano infatti che gli SSRI determinerebbero un’attivazione negativa con aumento del rischio di "attitudine al suicidio" (idea o desiderio di suicidio, tentato suicidio, suicidio). Insufficienti sono ancora i dati in letteratura circa l’efficacia e la sicurezza dei vari trattamenti farmacologici, per es. nei disturbi depressivi in età evolutiva. Scarse le conoscenze sui possibili effetti che gli psicofarmaci esercitano soprattutto nei ragazzi più giovani sul sistema nervoso centrale in rapida trasformazione ed evoluzione, in particolare se la prescrizione è a lungo termine. Sono quindi necessari ulteriori studi prospettici, di durata sufficiente a rilevare rischi e benefici, per valutare la reale efficacia di questi farmaci nella popolazione giovanile.

Quando prescrivere allora psicofarmaci in adolescenza? Quando le strategie terapeutiche che riguardano il paziente, il contesto ambientale in cui il giovane vive e particolarmente la famiglia risultano insufficienti. La prescrizione farmacologica non dovrebbe mai rappresentare la prima e immediata risposta ad una patologia psichiatrica nei giovani. Si possono fare maggiori danni a prescrivere per esempio indiscriminatamente antidepressivi a tutti i giovani che lamentano abbattimento del tono dell’umore e insoddisfazione esistenziale piuttosto che a non prescriverne ai pochi che ne hanno realmente bisogno.

Prima ancora della prescrizione o meno del farmaco si pone quindi il problema di una giusta diagnosi e di una conseguente adeguata presa in carico che necessita di competenze specifiche ed esperienza clinica proprio perchè differenziare un episodio depressivo o un generico disturbo dell’umore da patologie diverse o da stati transitori di tensione talora non è semplice.

Le depressioni lievi o reattive, le sindromi ansiose, la sintomatologia depressiva del giovane con struttura borderline di personalità (la diagnosi di disturbo borderline di personalità, seguendo la classificazione DSM IV, è possibile solo dopo i 18 anni di età) non trovano indicazione all’utilizzo di terapie farmacologiche ma necessitano dell’utilizzo di strategie di intervento diversificate di tipo psicoterapico o psicopedagogico associate ad un intervento intensivo sul contesto familiare. L’associazione alla psicoterapia del farmaco che è prevista nei casi di grave depressione con inibizione del comportamento e dell’emotività può migliorare l’espressione delle emozioni e dei sentimenti e rinforzare l’alleanza terapeutica. I provvedimenti psicoterapici oggigiorno prevalenti comprendono la psicoterapia psicodinamica breve, la terapia cognitiva, la psicoterapia interpersonale, la terapia della famiglia.

Per quanto concerne l’approccio psicoterapico sembrano utili interventi brevi e limitati nel tempo. Un numero limitato e ben definito di colloqui può sbloccare un arresto maturativo e risolvere una sintomatologia transitoria, o aprire la strada, qualora vi sia l’indicazione, ad una psicoterapia di durata più protratta. Il numero limitato di colloqui favorisce l’alleanza terapeutica che rappresenta uno degli obiettivi della terapia e salvaguarda l’adolescente dal timore di una dipendenza angosciante, regressiva e protratta.

Quando si rende necessaria la prescrizione il medico deve tenere sempre in considerazione il significato che ha per il ragazzo, la famiglia, la scuola, il gruppo di coetanei; chi prescrive il farmaco è comunque oggetto di importante investimento transferale, con l’adolescente questo investimento si inserisce inevitabilmente nel registro fortemente ambivalente della dipendenza nei confronti dei genitori e, come polo opposto, nella ricerca di autonomia da questi" (Ferrara, 1998).

Nel bambino e nell’adolescente è indispensabile, ancor più che nell’adulto, un’attenta valutazione diagnostica e un’accurata anamnesi, che tenga conto scrupolosamente dell’età del ragazzo e del significato che assume il farmaco nella relazione con il paziente e con i suoi genitori. E’ importante responsabilizzare, per quanto possibile, il giovane paziente e contemporaneamente informare i genitori sulle proprietà del farmaco, sulla sicurezza ed efficacia e sui possibili effetti collaterali. Il consenso dei familiari alla prescrizione della terapia psicofarmacologica per il figlio è fondamentale rispetto all’accettazione od al rifiuto di questa. Bisogna tenere in considerazione che la prescrizione farmacologica può mascherare interazioni genitore-figlio altamente conflittuali e contraddittorie. Molti adulti tendono infatti ad utilizzare farmaci per controllare o eliminare comportamenti problematici anziché considerare strategie terapeutiche più lunghe e difficili ma spesso più efficaci (Bracconier, 2006).

Va sempre valutato con estrema cura il rapporto tra tollerabilità ed efficacia del farmaco e dunque il beneficio reale che ci si può attendere dal trattamento. Prima di prescrivere farmaci è necessario valutare se i cambiamenti sperati non possano essere ottenuti anche attraverso altri tipi di intervento ed inoltre è opportuno tener conto del fatto che il farmaco può determinare interferenze nei cambiamenti spontanei del processo fisiologico dell’adolescenza ed inoltre aggravare lo stato di allarme cenestesico frequente nei ragazzi e relativo ai vissuti di minacciosità che i cambiamenti corporei possono determinare. In ogni caso, non ci stanchiamo di ripetere, non si devono usare mai farmaci come trattamento unico ma è assolutamente indispensabile integrare l’intervento farmacologico con quello psicoterapic e psicopedagogico.

 

L’ambulatorio

L’ambulatorio per adolescenti della Clinica Psichiatrica di Genova è rivolto a ragazzi di età compresa tra i 13 e 21 anni..

La metodologia operativa si fonda su un contratto chiaro, definito già dal primo incontro con il ragazzo e i genitori, che prevede spazi separati e concordati per entrambi. In particolare vengono svolti con il ragazzo cicli di colloqui che sono ripetibili, mentre per i genitori sono previsti incontri a scadenze predefinite con un terapeuta differente da quello del figlio.( per i riferimenti teorici-metodologici fare riferimento al lavoro "Un’esperienza psicoterapica ambulatoriale con adolescenti e genitori: alcune considerazioni su una metodologia operativa" consultabile ondine all’indirizzo http://www.pol-it.org/ital/ferrigno2006.htm).

Quando si rende necessario per la gravità e la persistenza della sintomatologia la prescrizione farmacologica, viene individuato un curante diverso dallo psicoterapeuta di riferimento. I terapeuti coinvolti tutti nell’unico e condiviso processo di cura mantengono il contatto e si confrontano periodicamente sul paziente.


Problematiche portate alla consultazione

  • Insuccessi scolastici
  • Cattivo rapporto con il proprio corpo e il cibo
  • Paura delle interrogazioni e degli esami
  • Delusioni sentimentali vissute come irrimediabili
  • Rapporti eccessivamente conflittuali con i genitori e/o gli insegnanti
  • Sentimenti di inadeguatezza nei confronti dei coetanei
  • Difficoltà nelle relazioni con l’altro sesso


In tutti: incapacità di trasformare sogni e aspirazioni a livello di realtà

 

Il campione

I pazienti afferenti alla struttura sono stati 150, di cui il 67% di sesso femminile e il 33% di sesso maschile.


L’età media è di 16,4 � 2,4 anni. Di questi 150 ragazzi, il 29% ha interrotto il trattamento entro il primo mese dalla presa in carico. Il restante 71% ha portato a termine la psicoterapia che ha avuto una durata media di 12 mesi.


Per quanto riguarda l’inquadramento diagnostico, si è rilevata una netta prevalenza dei disturbi dell’umore [vedi grafico], all’interno dei quali sono stati inseriti i disturbi d’ansia in considerazione della marcata connotazione ansiosa della depressione in adolescenza. La diagnosi ha costituito, nel lavoro ambulatoriale, un utile ed imprescindibile punto di partenza per orientare l’intervento, ma è stata oggetto di costanti rivalutazioni nel corso della terapia.


I pazienti a cui sono stati prescritti farmaci, sempre utilizzando dosaggi medio-bassi, sono il 19,3%. Gli antipsicotici sono stati prescritti a pazienti con grave e persistente compromissione del test di realtà, gli antidepressivi a pazienti in cui la depressione era complicata da DCA e/o grave fobia scolastica e/o in presenza di sintomi ansiosi gravi e attacchi di panico recidivanti. Nei disturbi di personalità sono stati utilizzati prevalentemente stabilizzatori dell’umore, antipsicotici tipici e atipici e mai antidepressivi in relazione al rischio di aumento di acting-out in tali pazienti con intensi aspetti di eccitazione relazionale. Nei casi più gravi i pazienti sono stati ricoverati in Clinica Psichiatrica e quelli con contesto familiare e ambientale sfavorevole in Comunità Terapeutica.


Riteniamo che la prima esperienza di terapia farmacologica possa influenzare fortemente il successivo atteggiamento del paziente verso le terapie, per cui l’obiettivo terapeutico è quello di creare le condizioni affinchè l’alleanza terapeutica con il ragazzo e i genitori venga stabilita e mantenuta nel tempo. Per quello che riguarda la prescrizione farmacologica è di estrema importanza per il ragazzo e la famiglia, l’attenta valutazione delle preoccupazioni specifiche del ragazzo in merito agli psicofarmaci. Tali preoccupazioni sono sempre state discusse e mai minimizzate e possono essere così sintetizzate:

  • Timore di dipendere dai farmaci
  • Timore che il farmaco possa "cambiare la mente" (i pazienti più diffidenti)
  • Paura di perdere il controllo sul proprio corpo e di ingrassare
  • Timore che gli amici e i compagni di scuola possano accorgersi "che prende psicofarmaci"
  • Preoccupazioni di essere etichettato come "pazzo"
  • Paura di non riuscire a fare i compiti a scuola e/o svolgere attività sportive perché troppo sedato.

La terapia farmacologica viene sempre concordata con i ragazzi e i familiari e periodicamente, a tempi brevi, rivalutata e discussa, tenendo in considerazione non solo gli effetti collaterali lamentati dai ragazzi e dalla famiglia, ma anche i benefici riscontrati (quali regolazione del ritmo sonno — veglia, riduzione dell’angoscia, aumento dell’iniziativa, ecc.).

Nelle situazioni in cui è necessario somministrare un farmaco è importante che il terapeuta sappia attendere che si crei un rapporto di fiducia con il ragazzo e i genitori, presupposto irrinunciabile per il proseguimento di una terapia in cui l’intervento farmacologico e psicoterapico si sostengono e completano reciprocamente.

AIFA (MINISTERO DELLA SALUTE), BOLLETTINO D’INFORMAZIONE SUI FARMACI (2004): "Efficacia e sicurezza degli antidepressivi nei bambini e negli adolescenti". Anno XI,N.", pp.83-88

AIFA (MINISTERO DELLA SALUTE), BOLLETTINO D’INFORMAZIONE SUI FARMACI (2005): "Dichiarazione pubblica dell’EMEA sugli antidepressivi nei bambini e negli adolescenti". Anno XII, N.2, pp.76-77

EDWARDS J., MCGORRY P. D. (2004): "Intervento precoce nelle psicosi". Centro Scientifico Editore

FERRARA MAURO (1998): "Utilizzo degli psicofarmaci nella Comunità per adolescenti". In "La Comunità terapeutica tra mito e realtà", a cura di A. Ferruta, G. Foresti, E. Pedriali, M. Vigorelli, Raffaello Cortina, Milano

MARCELLI D., BRACONNIER A.: "Adolescenza e psicopatologia" (2006), Masson

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