LE MANI IN PASTA
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di Rolando Ciofi

Deontologia e disastri - Fare sesso in seduta e farsi pagare l'onorario

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2 giugno, 2013 - 11:14
di Rolando Ciofi

Propongo oggi una questione scottante, quella del transfert mal gestito e dei danni che può arrecare.

E propongo una riflessione, a tutti i colleghi sulla assoluta necessità di dare ampio spazio, nelle scuole di specializzazione, alle tematiche deontologiche.

Si tratta di due quesiti rivolti dalla stessa persona ad un servizio web "chiedi all'esperto" che all'epoca dirigevo, ai quali rispose l'amica e collega Anna Barracco che da molti anni si occupa di questioni deontologiche.

Fortunatamente il caso ha avuto una evoluzione positiva, ma quanta sofferenza inutile ha provocato? E quanti rischi di danni ancora maggiori sono stati corsi?

Primo quesito

Una relazione

Buongiorno, vi scrivo per avere un aiuto e per cercare di capire cosa mi sta succedendo e come mi devo comportare. Sono due anni che vado da uno psichiatra tutte le settimane con incontri fissi a orari fissi. Devo dire che dopo circa otto mesi di terapia a un certo punto sentivo come se dentro di me riaffiorasso una persona che in parte avevo dimenticato e in parte non conoscevo. Mi sono sentita cambiare, ma nello stesso tempo ho incominciato a desiderare di avere un rapporto anche di tipo sessuale con il mio psichiatra. Un giorno ho preso il coraggio a quattro mani e gli ho detto che avrei voluto andare a letto con lui. Lui inizialmente mi ha respinta dicendomi che nel suo ruolo di medico non poteva instaurare un tale rapporto con me, però nello stesso tempo percepivo che mi guardava in modo particolare, ogni tanto mi faceva dei complimenti e mi diceva una frase che io però non ho subito capito: “all’interno del mio studio può succedere qualsiasi cosa, fuori no”.

Io però non ho subito capito il senso della frase e, devo dire la verità, l’ho anche corteggiato. Dopo le ferie estive gli ho riparlato chiedendogli chiaramente di aiutarmi con questo transfert (lui così mi aveva spiegato quello che mi stava succedendo) e di dirmi chiaramente in faccia che da quel punto di vista non gli interessavo in modo che io potessi mettermi il cuore in pace. In realtà dopo questo episodio è iniziato il nostro “rapporto” (definirlo così non è molto corretto, ma non saprei come chiamarlo...).

E’ un anno che facciamo sesso insieme, sono stati mantenuti gli incontri fissi a orari fissi e lui ha continuato e continua a farmi pagare le sedute. Dato che lui all’inizio mi ha messo molte condizioni (lui è sposato e anche io) io gli ho chiesto un’unica cosa: di non trattarmi da puttana. Lui è un uomo particolare, sincero, che mi ha aiutato molto, mi piace perché ha una famiglia a cui tiene e di cui mi parla spesso. Lui ha anche circa 18 anni + di me. Quando non lo vedo a me manca molto è l’unica persona nella mia vita a cui riesco a raccontare cose che non direi e non ho detto mai a nessuno, mi piace molto sessualmente e gli voglio molto bene. E’ un anno che abbiamo rapporti, ma quello che non riesco proprio a capire sono alcuni suoi comportamenti (partiamo dal fatto che cerco di non farmi alcuna aspettativa su di lui).

A volte gli chiedo di coccolarmi (non sessualmente) e la forte impressione che io ho è che lui lo faccia per farmi contenta. A volte invece capisco che lo fa spontraneamente. Io gli ho parlato di questo aspetto infatti lo chiamo “robottino” perché a volte se non pianifica le cose non riesce a farle però nello stesso tempo mi fa star male questo suo comportamento. Se lui non ha voglia di coccolarmi perché lo fa per farmi piacere? Mi fa stare male. Preferirei che mi dicesse che non è interessato a coccolarmi. Invece lui non lo fa! Sembra che lui cerchi sempre di controllarsi il + possibile con me su certe cose ma questo mi fa soffrire.

Vi prego aiutatemi a capire perché si comporta così. Io penso sempre che il problema sia io e anche se so che insieme non abbiamo futuro per me è una “storia” bella, in cui mi sento viva, con una persona che stimo molto e a cui voglio bene!!!!!! Aiutatemi… .come mi devo comportare con lui? Sono io che chiedo troppo e quindi il problema è mio o è lui che in qualche modo deve difendersi da me? O c’è altro... Grazie mille

Risposta

Gentile Federica, è davvero difficile per me rispondere sinceramente a questo quesito perché ho paura di farle del male, di ferirla con le cose che, tuttavia, mi sento in dovere di dirle. Penso che per mettere un po’ d’ordine in questa vicenda sia necessario tornare all’inizio. Come mai, Federica, si era rivolta ad uno psichiatra? Di quali disturbi soffriva? Quali erano le quesitoni che avrebbe voluto affrontare con l’aiuto di uno specialista? Non è chiaro questo. Lei sottolinea subito che si è trovata dentro ad una relazione molto stabile, ritmata da tempi e orari, all’interno della quale hanno cominciato a riaffiorare ricordi ed emozioni. A questo punto Lei ha giustamente cercato l’aiuto del terapeuta, affinché la seguisse in quella ricerca, ed è affiorato intensamente il transfert erotico, cosa, anche questa, che avviene spesso ed è normale in analisi. Il terapeuta però, pur avendo nominato ciò che stava accadendo, sembra non aver resistito alla tentazione di consumare la relazione con Lei, forse illudendosi (così sembra di intuire dalla sua frase “in seduta tutto può accadere, fuori no”) di mantenere l’atto all’interno di coordinate spazio temporali prestabilite, e dunque fuori, in qualche modo, dalla vita quotidiana.

A parte ogni considerazione deontologica e anche legale -è scontato che questo comportamento costiuisce grave infrazione deontologica e il terapeuta che approfitta della sua posizione per abusare della paziente come di fatto è accaduto a Lei è censurabile fino alla radiazione dall’Albo- è evidente che anche la dinamica della cura (se mai ce n’è stata una) si è drammaticamente arenata. Lei giustamente, Federica, cerca di dare “corpo” -per così dire- a quella relazione asettica, e chiede al “terapeuta” di umanizzare le sue attenzioni. Lui, invece, per non entrare in contatto con il suo agito, per non confrontarsi con la grave impasse professionale ed etica, sembra calcolare ogni gesto, e trasformare l’atto in una sorta di rituale terapeutico.

E la sua storia, la sua domanda, la sua cura, Federica? Che cosa rimane, che cosa può rimanere di questo? Qual è la cifra, qual è il senso di questa relazione? Perché fare l’amore a pagamento, con un uomo che le parla con affetto di sua moglie e della sua famiglia? Come si coordina questo con le vostre reciproche storie coniugali? Una relazione terapeutica dovrebbe aprire soprattutto alla verità, alla propria verità soggettiva, all’autenticità del proprio desiderio. Quale autenticità c’è in questa relazione, che non è una vera relazione d’amore e che certamente non è più neanche una cura?

Trionfi e catastrofi del controtransfert

Io non voglio davvero apparirle moralista, e per un momento voglio prescindere anche dalle quesitoni legali e deontologiche. Eppure da qualunque parte la guardo, faccio fatica a vedere in questa “relazione” qualcosa che possa evolvere positivamente. Mi sembra, Federica, che il Suo spazio di libertà sia nullo, in quel contesto. Si è mai interrogata sul senso che ha per Lei questo fare l’amore con un uomo che Lei paga e che non le offre nulla della sua quotidianità, della sua vita, e in cui il “raccontarsi” e il mettersi in gioco è per lo più a senso unico? Gentile Federica, io penso che Lei dovrebbe interrompere questa cura, ma capisco che a questo punto potrà essere molto difficile, per Lei, trovare il modo giusto per uscire da questa situazione. Se crede, mi scriva ancora in privato, in modo che io possa aiutarla nel concreto, su come muoversi. Con viva cordialità.

Secondo quesito 
L'uomo o il medico? 
 
Buongiorno a tutti, la prima volta vi ho scritto nel 2008 e vi ho esposto la situazione in cui mi sono cacciata con il mio psichiatra. Io ero andata da lui per una depressione e per problemi affettivi che mi porto dietro fin dall'infanzia. A distanza di anni ho avuto la possibilità di comprendere meglio quali fossero le cose che mi facevano stare male e adesso so che quello che mi crea maggior problemi è il senso di abbandono che provo nei confronti dei miei genitori e nei confronti delle persone a cui voglio bene con grande sincerità (es. mio padre e il mio psichiatra).

Credo di essermi innamorata a suo tempo del mio psichiatra che è molto più anziano di me e sono andata avanti alcuni anni a pagarlo malgrado il nostro rapporto fosse solo di tipo sessuale anche se lui cercava con me di mantenere una parvenza di medico. Due anni fa presa dalla disperazione e con l'aiuto di una psicologa donna sono riuscita a dirgli che non l'avrei più pagato e che dovevamo chiudere il rapporto medico-paziente. La sua risposta gelida (almeno per me è stata fonte di grande disperazione) è stata "sei tu che scegli l'uomo e non il medico...!!!! Sei tu che hai un carattere troppo difficile e noi due non ci siamo mai compresi". Ho cercato di approfondire con lui il discorso ma tutte le volte che ho cercato di intavolare un discorso sulla nostra situazione (il più delle volte piangendo oppure ridendo o trattandolo veramente a calci in faccia) quello che ho ottenuto è sempre stato il mutismo più assoluto. E' un muro di gomma bestiale! Chiusa questa situazione prima delle ferie estive ho sofferto moltissimo perchè mi sono sentita TRADITA e ABBANDONATA come paziente e ancora una volta nella mia vita una persona a cui volevo veramente bene mi ha abbandonato. Perchè? Forse sono io che sbaglio e manifesto male il mio voler bene (avendo lui 18 anni più di me in lui ho identificato varie figure: il medico, il padre, l'uomo e soprattutto la persona a cui avevo posto la mia piena fiducia e che all'inizio (prima che iniziassimo ad avere un rapporto intimo) mi aveva aiutato. Poi lui ha trasformato il rapporto medico paziente ascoltandomi i primi 10 minuti della seduta e poi passando a un approccio sessuale. Non ha più gestito nulla. Tante volte mi sono chiesta perchè ci teneva cosi' tanto a vincere tutte le battaglie con me visto che il coltello dalla parte del manico lo aveva lui. Quando ha vinto la guerra quale è stato il suo TROFEO? Ho sofferto moltissimo per lui sia come paziente sia dal punto di vista affettivo e devo ringraziare la psicologa che ancora oggi mi sta seguendo per l'aiuto che mi ha dato. Il problema è che con il tempo ho capito la bassezza di quest'uomo ma è anche vero che il grosso affetto che ho verso di lui c'è ancora. Attualmente ci vediamo e i nostri incontri hanno principalmente un fine sessuale ma vorrei tanto riuscire a staccarmi da questa persona anche sotto questo aspetto non perchè non mi piaccia ma perchè so che comunque non è mai stata onesta con me. Malgrado tutto gli voglio ancora bene. Vorrei che questa mia esperienza fosse di aiuto anche ad altri perchè io ai tempi ho fatto l'errore di sottovalutare i danni che mi sarei procurata iniziando un rapporto intimo con il mio psichiatra ma ora sono anche consapevole che in mancanza di certe condizioni fondamentali di onestà e trasparenza del medico i danni che ne derivano per noi pazienti sono veramente grossi. Voi potrete non crederci ma nella mia vita un legame cosi' forte con una persona non mi è mai capitato.

Posso chiedrvi un consiglio? Come faccio a chiudere definitivamente con questa persona... Grazie per l'attenzione.

PS Nel 2008 mi ha risposto la D.ssa Baracco che è stata dura nel formulare la sua risposta ma devo dire alla dottoressa che comunque mi ha aiutato anche lei a scegliere di andare da un altro medico. Pertanto la ringrazio.

Risposta

Gentile Federica, ricordo il Suo caso, molto doloroso e difficile. All'epoca la relazione affettiva, e anche il "trattamento psicoterapeutico" era ancora in corso, e quindi ho cercato di mostrarle, con chiarezza, che il comportamento dello psichiatra era assolutamente inaccettabile, fuori da ogni limite professionale, passibile di radiazione dall'Albo e di condanna anche penale, e sicuramente molto lesivo per Lei.

Atualmente, la situazione è evoluta, fortunatamente. Lei ha un nuovo riferimento, un nuovo aiuto professionale, una collega che penso correttamente la sta aiutando a liberarsi di questa soggezione, di questa dipendenza che davvero faccio molta fatica a considerare "amore". Lei dice di voler bene a quest'uomo, e questa è la cosa che penso dovrà a lungo interrogare, nella Sua nuova analisi. Vuole bene ad una persona che non accoglie mai la sua sofferenza, che le addebita tutta la responsabilità di comportamenti e situazioni che sono palesemente perversi. L'affetto, l'amore, sono relazioni che quando sono sane, sono profondamente reciproche. Le è possibile immaginare che quest'uomo, realmente, le voglia bene? Voglia il Suo bene, se la tratta in questo modo?

Oggi per lo meno, mi sembra di capire, il legame professionale è interrotto.

Penso che l'aiuto che potrà ricevere in terapia sia quello di poter essere sostenuta nel fare lutto di questo legame, in generale, e di interrogare la Sua difficoltà a sentirsi degna di un amore che sia anche rispetto e considerazione dei Suoi sentimenti e dei Suoi bisogni.

Credo che quello che lei scrive, a proposito delle esperienze di abbandono, di solitudine, di umiliazione e di tradimento vissute nell'infanzia, in particolare - mi sembra - nel rapporto con Suo padre - siano un po' la chiave di volta che spiega la triste situazione che lei vive, la "trappola" in cui si trova imprigionata. Tende a ripetere queste esperienze dolorose, inconsapevolmente. Riprodurre cò che ci ha fatto profondamente soffrire è caratteristico degli esseri umani.

Funzioniamo così, purtroppo. Se facciamo esperienze molto dolorose, queste esperienze si scrivono dentro di noi e ci spingono a riprodurre i traumi che ci hanno fatto soffrire. Riprodurre ciò che è noto è un modo per rivisitare il dolore e ci si illude - sempre inconsapevolmente- che esperienze dolorose sono comunque meglio della solitudine e dell'ignoto. Sono cose che conosciamo, mentre il cambiamento, che implica un confronto con noi stessi e con la nostra solitudine, ci fa ancora più paura.

Dunque, si affidi alla Sua nuova terapeuta... Come mai Lei, Federica, chiede un consiglio su Internet e non si affida completamene alla nuova relazione di cura?

Credo che qui si veda proprio la sua diffcoltà estrema a fidarsi e ad affidarsi. Lei non si fida, forse, di se stessa.

Teme di non farcela a fare lutto di questo rapporto assurdo, mentre invece penso che sia arrivata ad un ottimo punto. Le sue riflessioni mostrano che Lei è pronta per spingersi ancora più avanti. Non è sola, e quello che Le è accaduto è gravissimo ma non è colpa Sua. La comprensione e la riflessione sulle sue responsabilità etiche, cioè sui motivi profondi per cui non è riuscita a sottrarsi a questa relazione perversa, estremamente dolorosa e devastante per la Sua salute psichica, la aiuteranno a cambiare, a modificare profondamente il suo modo di stare nel legame amoroso.

Tutte le esperienze, per quanto dolorose e devastanti, se accettate e assunte profondamente, sono preziose. Non perda quindi l'occasione per attraversare, con il sostegno competente della sua nuova terapeuta, questo dolore, dal quale potrà uscire trasformata. Spero che questo lavoro La porti anche a ritrovare dentro di sé le tracce della sua giusta e legittima rabbia e indignazione per i maltrattamenti che ha subito, sia nell'infanzia che all'interno di questa relazione violenta e assurda. Mi sembra che l'accesso a questi sentimenti oggi ancora le sia precluso.

Spero che la mia risposta non Le sembri dura. Non voglio essere dura nei Suoi confronti, ma penso sia dovere di un terapeuta chiamare le cose con il loro nome.

Con viva cordialità e moltisismi auguri.

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