Il segreto di Vera Drake. Le madri

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3 ottobre, 2012 - 11:53

Mefistofele:"Regnano Dee in solitario impero,

spazio né tempo intorno ad esse appare.

Solo a parlarne provi turbamento.

Sono le Madri!

Faust: (spaventato): Madri?

Mefistofele: N’hai spavento!

Faust: Le madri, singolare accento.

(Goethe, Il secondo Faust)

Il segreto di Vera è che un tempo il mondo è stato delle donne e ciascuno di noi è nato in un mondo abitato solo dalle donne. L’altro segreto è che i processi della vita possono essere fermati :"da quanto tempo pratica queste cose?" ; "non saprei …20… 30 anni!". Infatti, il sospetto del commissario coglie che nella ripetizione si annida il progetto di congelare quella che deve essere stata una terribile esperienza a cui la mente non era ancora pronta: "….a lei, è successa una cosa simile?"

Quel segreto, forse, sa che quando nel mondo delle donne entrano gli uomini entra la legge, la colpa, l’ambizione: "la civiltà matriarcale è caratterizzata dall’importanza dei legami di sangue, dai legami alla terra e dall’accettazione passiva di tutti i fenomeni naturali, mentre quella patriarcale è caratterizzata dal rispetto per le leggi di origine umana, dal predominio del pensiero razionale e dallo sforzo dell’uomo di modificare i fenomeni naturali" (Fromm, 1951, 198)

Allora gli uomini proveranno a costruire una torre che raggiunga il cielo, ma ovviamente bisogna transitare attraverso la inevitabile "confusione delle lingue" (Ferenczi) ed il problema allora è nei codici: "aiuto le donne in difficoltà!"; "vuole dire che fa degli aborti!"; "io non li chiamo così… io aiuto delle donne quando non ce la fanno".

Il tempo si ferma, e Vera ripeterà all’infinito quello che il mondo degli uomini descrive come violento, mentre lei cerca di ribadire che per le donne si tratta solo di non poter essere madri in quel momento: nessuna colpa. Che bisogno c’è allora di raccontare quello che ti succede. Tutto è compatibile con tutto "non ci ha detto la verità!"; "non è vero, non ce lo ha detto e basta… non è la stessa cosa!", risponde Sten al figlio che si sente tradito.

Solo quando le cose possono chiamarsi con un nome preciso si differenziano e si contrappongono fra loro. Allora c’è il buono e il non buono. Quello che vera Drake chiamava "aiutare le donne" dopo la denuncia diventa il reato "secondo la legge del 1836" e, improvvisamente sullo schermo compaiono gli uomini con le loro ingiunzioni e le loro prescrizioni violente: "Ora io le leggerò i capi di imputazione e se lei riterrà…."; "non ha sentito quello che le ha chiesto il commissario? risponda alle domande del commissario". Il colore tenue e caldo del mondo, fatto di thè caldo e di fiducia, cambia improvvisamente. L’avvocato parla con Veronica: "tutte le famiglie da cui prestava servizio, pur riconoscendo la sua estrema dedizione, non accettano di testimoniare a suo favore nel processo del 13 dicembre… i signori Welles non hanno neanche risposto". Quella che era la solidarietà delle donne, tenuta in semplici intimità, diventa un segreto inconfessabile: "piano piano si saprà in giro… qualcuno farà finta di non conoscerci e cambieranno strada…"

Vera coglie subito il nuovo registro e, benché gli altri adottano il registro del sospetto il suo è diretto e semplice, come quello delle madri: "so perché siete qui… perché aiuto delle ragazze che sono in difficoltà!" Ora Vera può considerare, lucidamente, che quel gesto che la faceva appartenere semplicemente al mondo delle donne, secondo il codice degli uomini che le sono piombati in casa, è un reato; non sa che farci e l’accetta passivamente: "Mi perdonino quelli di sotterra, / ma vi sono costretta; non vorrò / disobbedire a quelli che governano. / Compier cose di noi più forti e stolto" (Sofocle, Antigone, 200). Fino alla fine, anche se si sta accorgendo che tutto, piano piano assume una tinta fin’allora inimmaginabile, prevale sempre il registro delle madri: "c’è una festa nella mia famiglia, non possiamo vederci domani?"; "I suoi familiari lo sanno?" le chiede il commissario che comne un fulmine è arrivato a rompere l’armonia della festa in cui Veronica ospita la figlia che prende marito e la cognata ha appena annunciato che diventerà madre. "La prego, implora Veronica, non dica niente a loro!"; e poi: "Sten, ti prego non dire niente ai ragazzi!".

Il tempo si è fermato perché una ragazza può essere in difficoltà e la sola cosa che può immaginare è che in qualche modo quella difficoltà venga rimossa e non ci sia più. Una tazza di thè caldo ti recupera alla vita. Non hanno alcun senso, allora l’arretratezza e la pericolosità degli attrezzi e delle tecniche: "una grattugia da formaggio, una siringa…": il problema è solo che la difficoltà in qualche modo debba non esserci più. Per questo Vera non sa da quanto tempo "aiuta le donne in difficoltà": da sempre, ovviamente! e da sempre non è una data, ma coincide con l’inizio della vita.

La pericolosità e la discriminazione degli oggetti attiene al processo, alla possibilità che alle cose succedano altre cose e che in questo processo possano accadere degli incidenti. Se non c’è il processo non ci sono gli incidenti. Un elemento o esiste o non esiste. La vita e la morte. Il commissario inizia a capire il linguaggio di Vera "allora, da quanto tempo ‘aiuta le ragazze in difficoltà’?". Solo così Vera può iniziare a rispondergli. Ma il commissario non conosce a pieno quel codice "Abbia pazienza sign. Drake, ancora un minuto…. Vera, di là c’è suo marito… Verrà a saperlo per forza… vuole dirglielo lei?". Ho pensato che questo non era un gesto di gentilezza. Semplicemente, il commissario abdica all’uso di un codice antico che non conosce e in base al quale il solo scopo della vita non è la giustizia o la colpa, ma sono i figli : "l’amore materno…è il principio dell’universalità, mentre il principio patriarcale è quello delle restrizioni…L’idea della fratellanza universale dell’uomo è radicata nel principio della maternità".
(Bachofen, 1926, 14)

Se il progetto sono i figli, non serve dire nulla, ma semplicemente aiutare le donne in difficoltà, quando queste non ce la fanno più… come era accaduto a Vera all’inizio della sua vita: "non ti ha mai detto tua madre chi era tuo padre?… se non avessi avuto 12 anni quando mio padre ci lasciò sarei finito in orfanotrofio anch’io…" le confessa Sten.

Ma ad un certo punto Vera si scontra inevitabilmente con la inderogabilità del codice degli uomini e deve sospendere il proprio: "…imputata alla sbarra, lei si dichiara colpevole o innocente?" Cosa può significare nel codice delle donne "colpevole o innocente"? sono concetti incomprensibili. Le donne sono solo madri e non esiste la dicotomia tra la colpa e l’innocenza… si tratta solo di aiutare delle ragazze in difficoltà e suggerire loro di prendere una buona tazza di thè caldo. Questa volta Vera non può evitare il codice degli uomini — forse lo deve accettare perché è il solo modo di occuparsi dei figli — e non ha dubbi: "colpevole!". Ma il mondo degli uomini è quello in cui viviamo; quando va bene è il mondo in cui gli uomini incontrano felicemente le donne. Esserne fuori è la psicosi. Ho pensato a Cristiano quando recentemente ha risognato la casa delle vacanze da piccolo. Nel percorso dell’analisi quella era sempre stata per noi la casa della madre e della nonna, quando lasciava per un’intera estate il padre e la scuola. Anche questa volta, incautamente, io l’ho chiamata: "la casa delle donne!", ma non avevo dato peso al fatto che Cristiano, con grandi sforzi, ora sta cercando di incontrare le altre donne, quelle collocate oltre il confine di Edipo. E’ lui che me lo ha fatto notare: "No, quella è anche la casa di mio nonno!".

Per un attimo, alla fine, a Vera sembra di ricontattare il suo mondo antico: tante altre donne come lei, ma diverse da lei: "tu cosa usavi?"; "… una siringa…"; "vedi!, va sempre bene, ma poi una volta può andare male… quanto ti hanno dato?"; "Due anni e sei mesi!"; "tranquilla… se va bene ne farai la metà… stai tranquilla e vedrai che neanche te ne accorgi…" "a me hanno dato tre anni" "a me quattro… ma per noi era la seconda volta". C’è una profonda differenza fra quelle donne e Vera: lei non conosceva il tempo, ma solo il rischio di poter essere allontanata dai figli e dalla famiglia, proprio ora che aveva acquisito Reg, un nuovo figlio, da nutrire e da ospitare, oltre che da consegnare alla figlia. Per Vera non c’erano i processi e il tempo si era fermato. Forse è ancora fermo quando è in carcere: "sta attenta dove vai Drake!"

Per Vera il gesto è recluso in una zona dove non esiste la possibilità del simbolo, e, quindi, non può essere comunicato. In fondo il "segreto" per Vera è semplicemente un piccolo nucleo della propria vita che non ha alcun nesso con tutto il resto "che mio padre sia morto posso capirlo, ma che non venga stasera a casa per cena, questo non riesco a spiegarmelo!" (Freud, 1899). Poi arrivano gli uomini e portano le conseguenze degli atti. Il linguaggio privato deve confrontarsi con quello pubblico. Il sogno, in fondo è il linguaggio dimenticato, quello dove ogni simbolo mantiene ancora lo statuto della contingenza prima di essere assorbito nell’universale e dal condiviso: "il mondo del sonno è scomparso; tutto ciò che vi abbiamo vissuto — i nostri sogni — è ricordato con grandissima difficoltà" (Fromm, 33). Nasce un nuovo linguaggio, quello in cui le donne — dopo il conflitto feroce delle origini — incontrano gli uomini. Ho pensato alle situazioni di crisi che conosciamo bene in alcuni percorsi dei nostri pazienti.

Roberto e Daniela hanno avuto un rapporto sessuale mentre erano ospiti di una comunità terapeutica. Io sono stato contento per Roberto che, finalmente, aveva smesso di doversi sentir più adulto di quello che doveva e, anziché — come tante altre volte - salvare i suoi elementi più autentici nel delirio delle sue ricorrenti crisi psicotiche, questa volta, come nel famoso film con J. Nicholson, per ribadire il suo diritto alla vita, secondo un linguaggio ancora troppo concreto aveva dovuto presentarsi in netto contrasto rispetto alle regole della comunità. Ma le regole di una istituzione, quando non mitigate da un principio materno, cercano di far morire i figli. Segue un grave periodo depressivo, anche perché Daniela in seguito a quell’evento non riesce a rimanere in comunità. La comunità si irrigidisce anche verso di lui. Il principio materno si insinua, timido, nelle pieghe dell’istituzione. Infatti, una operatrice mi confessa che non se la sente di proporgli le regole penalizzanti che, dopo il suo gesto erano state decise per lui: "io mi sento confusa… non posso essere io a proporgliele… lo farà il direttore della comunità". Io insisto che sia lei, perché solo lei può parlare a Roberto, comunicargli le regole e, insieme, la sua confusione perché, proprio quella confusione, la porta più vicina a Roberto: la sua confusione riguarda Roberto che, evidentemente sta cambiando. Introdurre il direttore della comunità significa riproporre — per Roberto e per tutta la comunità - la rassicurante conferma della impossibilità al cambiamento Gli operatori (come gli analisti nella stanza di analisi), quando le cose vanno bene, devono farsi inventare dai pazienti e giocare per loro la loro parte congelata nelle regole e nelle gerarchie: "quando un bambino giocando assegna all’analista un certo ruolo, il compito dell’analista è chiaro. Deve assumere il ruolo che gli viene assegnato o, almeno, deve dare al bambino il suggerimento di mettere nel gioco il personaggio corrispondente a questo ruolo. Se ciò non avviene lo sviluppo del processo psicoanalitico si arresta" (Neri, 12).

Qualche volta, viene voglia di immaginare che il mondo — inevitabilmente - tornerà ad essere delle donne,. Quando gli uomini non riusciranno più a sostenere le proprie ragioni sempre più violente, forse torneremo là dove siamo nati, dove forse la cultura e la scienza perdono il motore della sublimazione e non hanno più senso; dove il centro del mondo è la gravidanza, dove è Adamo che nasce da Eva e le donne si aiutano quando non possono essere madri; dove una tazza di thé, prima che essere una bevanda è il calore.

Tutti sono distrutti dall’arresto di Vera Drake, ma Reg sembra aver capito: "questo è il mio miglior Natale… il migliore che abbia mai passato… grazie Vera!" (*)

"Donne, povere donne siamo nate,
convien ricordarlo, e tali essendo
non possiamo competere con uomini.
Più potenti di noi sono i signori
nostri; pur se fossero più tristi"

(Sofocle, Antigone)

 

*Pubblicata anche su www.istitutoricci.it

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