Editoriale
il punto di vista di Psychiatry on line Italia
di Francesco Bollorino

La psicosi della contaminazione

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11 febbraio, 2013 - 12:29
di Francesco Bollorino

di Rossella Valdrè

Accade che un germe di cui nessuno sapeva nulla, l'antrace, è ora su tutti i giornali e sembra diventato il primo nemico da cui difendersi.

Perfino noi medici, con l'ovvia eccezione degli infettivologi, ne abbiamo un vago ricordo; se con uno sforzo andiamo a ritroso nella nostra memoria scolastica, allora sì, è lui, è quello che dà una malattia strana, ormai rara, come il carbonchio. Qualcuno ha mai ragionevolmente avuto paura del carbonchio? Cosa sta dunque accadendo?

Questa guerra — che qualcuno è persino in dubbio se definire guerra — presenta caratteristiche assolutamente nuove. La più inquietante è forse la trasversalità insieme con l'ubiquietarietà. Una famiglia genovese riceve una busta contenente il bacillo (cosa che poi si è rivelata un infelice scherzo, ma non è questo il punto), esattamente come è accaduto in Florida e alla sede della NBC americana, e come forse sta accadendo altrove. I presunti infettati vengono ricoverati in un clima che è già di urgenza, in reparti ospedalieri già allertati, e quasi non ci si stupisce. Si sa che poteva accadere.

Ovunque, in qualunque punto del mondo occidentale, di quel mondo che fino a ieri si è riconosciuto — bene o male — nel modello americano e ne ha imitato stili, gusti e tendenze, un qualunque angolo di questo mondo si equivale ad un altro, agli occhi nel nuovo nemico, per cui può accadere che a Genova arrivi il bacillo della nuova peste, così come a Parigi o Londra o San Francisco. Una prima conseguenza psicologica è dunque il senso dell'indifferenziato : posso essere colpito a caso, tanto quanto il mio vicino, perchè vivo qui e questi sono stati i miei modelli di appartenenza culturale e i miei valori.

Una ulteriore conseguenza è la confusione: questi modelli, questi valori, questa cornice di riferimento conosciuta e sicura, non va più bene? Sarà in grado di proteggermi?

Eravamo abituati a frequentare e trovare amabili proprio i luoghi che oggi sembrano più pericolosi: aereoporti, centri delle grandi città, megastores, catene commerciali che ci rassicuravano proprio perchè le ritrovavamo, tutte perfettemente uguali, in città diverse. Questa sicurezza della ripetitività ora può venire a mancare.

La psicosi batteriologica è un aspetto di questa mutata sensazione riguardo alla nostra incolumità, forse la più perturbante sul piano delle difese psichiche: il timore angoscioso non è tanto quello di essere infettati (lo è certo sul piano razionale), ma quello di venire attaccati, è il senso di una minaccia oscura, improvvisa e assurda, che viene dall'esterno (ma da dove, da chi?) ed entra nel nostro corpo, deturpandolo.

Può dunque accadere che una persona si trovi, soprattutto se predisposta all'ansia e a nutrire timori persecutori per quanto riguarda ciò che arriva dal fuori di Sè, a provare complesse sensazioni mentali di confusione d'identità, di smarrimento, di angoscie ipocondriache o sentimenti di perdita depressiva. Occorre anche tenere conto dell'effetto di suggestione dell'informazione di massa, e della pericolosa cassa di risonanza che può rappresentare il fenomeno collettivo, in quanto questi fatti riguardano società intere, e non individui isolati. È bene pertanto che l'informazione — doverosa più che mai- sia corretta e mai allarmistica, cercando di evitare o almeno ridurre le inevitabili sequele di paranoia e sofferenza psichica che tutto questo sta causando e causerà.

È probabile che anche noi operatori della salute mentale assisteremo a fenomeni nuovi, ad espressioni del disagio diverse da quelle che in genere ci aspettiamo, e dovremo essere attenti e sensibili alle nuove richieste di aiuto.

È curioso osservare che non sono affatto rari, nella grave psicopatologia, contenuti mentali di contaminazione, timore di venire infettati, di venire attaccati da nemici, sensazioni di angosciosa persecuzione. Il tradizionale bagaglio del pensiero persecutorio — da sempre patrimonio della follia- può ora contagiare persone che ne erano fino a ieri immuni, persone normali ma magari estremamente sensibili e suscettibili, quelle personalità che gli anglosassoni definiscono sensitives, anime delicate portate alla rimuginazione e al ritiro protettivo. Questo è il nodo psicologico cruciale: come riusciranno le persone a difendersi senza intaccare la propria sanità mentale, senza sviluppare persecuzione e isolamento, o reattivo odio verso l'invasore, senza sfociare in deliri e fughe collettive dalla propria quotidianità.

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