LE MANI IN PASTA
Psicologie, Psichiatrie e dintorni. Informazione, divulgazione, orientamento e anche disinformazione, errori, dabbenaggini.
"Cure" e "Care" - Da Psicoterapia a Counseling passando per ogni altra professione di aiuto
I concetti espressi, che ho trovato in sintonia con quanto da me da anni sostenuto, hanno il pregio di essere chiarissimi e immeditamente comprensibili....
Con lucidità il dibattito aspro che anima la comunità professionale delle professioni di ambito psicologico grazie a questo tipo di impostazione apre spazio e conferisce dignità a tutte le professioni di aiuto, quelle mediche e scientifiche e quelle più latamente ispirate alle scienze umane. Dagli psichiatri agli psicoterapeuti, dagli psicologi ai medici, dai counselor ai mediatori familiari, dai filosofi pratici agli psicopedagogisti e così via.La lingua italiana utilizza una sola parola per denotare due aree ben distinte, per le quali la lingua inglese utilizza due parole diverse: cure e care. La cure è un trattamento di tipo medico, che consiste nel diagnosticare un disturbo e trattarlo con procedure di cui la ricerca empirica ha mostrato l’efficacia per il trattamento di quel disturbo. La care è una cura del sé, della persona, del soggetto o dell'anima, una pratica che è inseparabile dall'esistenza stessa dell'uomo, dalla nascita in avanti. L'essere umano non potrebbe sopravvivere senza cure materne e paterne, né potrebbe crescere culturalmente senza le cure di insegnanti, filosofi, sciamani, sacerdoti che provvedono al suo sviluppo sociale ed esistenziale. Tutto questo è care.
Un numero crescente di persone che in altri tempi si sarebbero rivolte alla guida di sciamani e sacerdoti oggi si rivolgono a psicoanalisti, psicoterapeuti, counselor, coach, mediatori familiari e altre figure, con una richiesta di aiuto inquadrabile come care, e non come cure. Certamente anche qui la richiesta di cura è di regola motivata da un disagio, ma la risposta, se è care, non ha nulla a che vedere con l'approccio medico di diagnosi e trattamento a base di procedure empiricamente supportate. Si tratta invece di un tipo di cura in cui il significato del disagio (inclusi eventuali sintomi fisici o mentali) è cercato nel contesto esistenziale e nella storia del soggetto, e il trattamento è una risposta ai bisogni basilari di accoglimento, ascolto, confronto, dialogo, consapevolezza, maturazione per come si manifestano nel processo che si sviluppa nella relazione di cura, sempre unica e imprevedibile.
La divisione tra i due tipi di cura si riflette esattamente nella spaccatura che negli ultimi decenni si è fatta sempre più profonda in campo psicoterapeutico, tra i professionisti della cure, spesso detti empirici, e quelli della care, spesso detti ermeneutici. Tra i due schieramenti l'ostilità e l'incomprensione sono profonde, con una delegittimazione reciproca diffusa. Questo stato di cose può essere ricondotto all'errore di usare una sola parola, "psicoterapia", per due pratiche essenzialmente diverse.
Dovrebbe essere chiaro che la "psicoterapia" cui si riferisce la legge 56/89 è solo una delle due pratiche, precisamente quella che in inglese si chiama cure. Infatti, per l'esercizio della care una laurea in medicina o psicologia non è logicamente richiesta, come preparazione di base potendo essere non meno indicati, e forse anche più utili, altri percorsi formativi ed esistenziali, ferma restando la necessità di una formazione specifica alla care (scuole di psicoterapia, psicoanalisi, counseling, ecc).