I DIRITTI DEI SOFFERENTI PSICHICI
Come possiamo organizzare leggi, istituzioni, associazioni e SSN per garantire l'emancipazione
di Manlio Converti

DIRITTO alla BADANTE

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1 dicembre, 2013 - 17:26
di Manlio Converti
Non è un diritto forse essere serviti e riveriti nella propria vita, come dei principi o delle principesse, quali noi tutti borghesi occidentali indubitabilmente siamo?
 
E se questo diritto ci è concesso per la nascita in questa epoca tanto ricca, anche quando siamo cialtroni e casalinghe, a patto di pagarlo con i soldi della pensione propria o per il debito di riconoscenza con quei denari tratti dalle tasche dei figli, per chi ne abbia di riconoscenti, per quale motivo codesto diritto sarebbe negato ai sofferenti psichici, pertanto costretti ad essere esiliati nei “manicomi privati” o abbandonati da soli?
 
Non c’è dubbio che un sofferente psichico abbia anzitutto, lo abbiamo detto, un diritto al lavoro e quindi all’autonomia personale, ma quando questa viene meno, per sopraggiunti o anticipati limiti d’età, oppure per la gravità stessa dei sintomi o per gli effetti collaterali di farmaci comunque considerati necessari, non possiamo negare anche a costoro il diritto alla badante.
 
Apriti cielo!
 
Chi la paga?
 
Questa domanda non viene MAI posta nel caso di patologie organiche o di semplice vecchiaia da parte dei figli zelanti, ma solo ed esclusivamente in relazione al congiunto sofferente psichico di cui per motivi comprensibili si desidera l’evacuazione domestica a fini economici o più spesso a loro volta psicologici, anche per la sopravvenuta inversione del potere nel nucleo familiare, secondo le regole spiegate meglio di me da Foucault.
 
Il peso del carico di un sofferente psichico, soprattutto quando reso disabile dall’età, dalla patologia o dai farmaci, è sicuramente immenso, ma stiamo parlando di una esigua minoranza, ricordiamolo, seppure tutti diventino evidentemente vecchi prima o poi.
Eppure in alcuni casi il pensiero dell’ausilio domestico di un o più spesso di una badante (giacché le cure domestiche sono sempre riservate alle donne, anche e forse soprattutto quando il paziente è un uomo), diventa tanto pesante da renderlo assurdamente irrealizzabile.
 
In altri Paesi e di recente anche nella provincia di Trento, scoprendo quanto meno costi la cura domestica dei disabili cronici, anche psichici, rispetto al ricovero in case per anziani e “manicomi privati”, come se fosse, diciamocelo, l’acqua calda, anche prima che iniziasse codesta crisi economica mondiale, è lo Stato medesimo o una sua articolazione a provvedere al servizio di badanti in senso letterale o traslato.
 
In un caso si tratta, infatti, di persone estranee che vengono a domicilio del paziente, prendendosi cura anche di aspetti collaterali dell’eventuale famiglia presente.
Nell’altro del trasferimento "armi e bagagli" del paziente in un nuovo nucleo familiare, che se ne fa carico in qualità di “famiglia di supporto” o “adottiva” più che in qualità di badante.
 
Il terzo caso già citato in negativo è ovviamente quello nel quale è proprio un parente specifico, sempre generalmente donna, talvolta, scusate il salto, omosessuale maschio, come una volta facevano appunto i femminielli, oppure l’intero nucleo familiare, a garantire la qualità di vita del paziente o almeno a farlo credere al responsabile della ASL o dell’assistenza sociale, nei Paesi civili dove questo servizio funziona.
 
Neanche la Curia, che comunque gestisce a quanto pare in qualità di sindacato non riconosciuto il mercato umano delle badanti, si offre in modo regolare per il servizio ai sofferenti psichici, e per la verità solo di rado per i barboni, dei quali nessuno parla mai, se non quando sono trovati morti stecchiti per il freddo.
 
Questo produce effetti benefici, come contrasti, tutti da valutare, nell’ambito del percorso di risocializzazione, del quale impropriamente si occupa sempre lo psichiatra, invece che l’assente assistente sociale del Comune.
 
Quando è la famiglia stessa o uno specifico membro di essa a prendersi cura del paziente, l’esigua pensione che lo Stato conferisce a nome di “accompagnamento”, appunto per il cosiddetto badante o accompagnatore, diventa generalmente una fonte di reddito indispensabile, della cui esiguità spesso ci si lamenta, a fronte delle spese in cibo, vestiario e sigarette, che chissà perché sono comunque necessarie per la cura del sofferente psichico in gravi condizioni e poco autonomo.
 
In Italia non esiste il caso di “adozione” organizzata dallo Stato del sofferente psichico, se non da parte di parenti lontani e sempre per i motivi su citati, ancorché se ne potrebbe organizzare subito una rete sociale enorme, che sopperirebbe così anche alla grave povertà e disoccupazione galoppante, giacché nessuna legge vieterebbe ad alcuno cotale organizzazione ed il trasferimento “volontario” in case private del sofferente psichico, dove godrebbe della maggiore emancipazione possibile, rispetto appunto al trasferimento “volontario” nei “manicomi privati”, darebbe vantaggio a tutti.
 
La produzione di una badante estranea al nucleo familiare avviene infine solo nelle famiglie più ricche, capaci di ignorare l’ “accompagnamento” come fonte di reddito o più spesso disposte a dividerlo con una “migrante” sottopagata e magari perfino disposte a pagare un extra, nei casi davvero più rari.
 
A questo punto si crea la distorsione del mercato, per l’eccessiva pretesa di alcune badanti, una volta che capiscono la differenza tra un sofferente psichico e l’usuale persona anziana, tutto sommato poco esigente dal punto di vista relazionale, oppure la difficoltà e il pregiudizio di molte di queste badanti, soprattutto se provenienti da Paesi dove la Psichiatria è considerata opera di spiriti maligni e reproba più di quanto già non facciamo in Italia, o infine la manipolazione da una parte e dall’altra, incluso quella del sofferente psichico medesimo, che fanno resistenza alla presenza di una persona estranea in casa.
 
La presenza dello Stato e l’organizzazione da parte dell’Assistenza Sociale sopperirebbe a tutte queste carenze e contribuirebbe ad evitare distorsioni, con grande beneficio del paziente, a garanzia della sua emancipazione, nonostante le gravi condizioni attuali, riduzione dei ricoveri in "manicomi privati" e anche solo per questo con enorme risparmio economico per l’Erario Pubblico.
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