Riflessioni (in)attuali
Uno sguardo psicoanalitico sulla vita comune
di Sarantis Thanopulos

Il mondo dei morti viventi

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16 dicembre, 2014 - 20:40
di Sarantis Thanopulos

Massimo Carminati, il neofascista a capo dell’organizzazione criminale nota come “Mafia Capitale”, ha dato una definizione rigorosa, non si sa quanto consapevole, di quello strato di melma che diffusamente sottende la vita pubblica: “E’ la teoria del mondo di mezzo, ci stanno i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo”. Quello di Carminati è il mondo dei morti viventi che si estende ben al di là della delinquenza a cui fa da terreno di cultura.
Qualcuno ha scomodato la “Terra di mezzo” di Tolkien (amato dai neofascisti), a riprova del fatto che i miti sugli eroi che salvano il mondo dal male esercitano sempre molto fascino. Piuttosto, il mondo dei morti viventi perverte lo spazio intermedio dell’esperienza come l’ha concepito  Winnicott: luogo virtuale dove realtà interna e la realtà esterna si compenetrano. Nello spazio intermedio sfumano i confini nella nostra relazione con l'altro, la prossimità incontra la lontananza e la differenza diventa accessibile e godibile. Winnicott l’ha visto come area priva di conflitti e di tensioni, come spazio onirico in cui l’effettività dell’azione è sospesa e la potenzialità infinita dell’esperienza mentale ed emotiva espande, oltre i limiti della concretezza, il nostro rapporto con la realtà.
Il significato dello spazio intermedio è più compiuto se esso è riconosciuto come luogo di dispiegamento del desiderio. Dove si allentano i confini, la reciprocità dell’attrazione nell’incontro tra i diversi (che misura l’apertura al mondo del nostro essere) crea il coinvolgimento psicocorporeo più intenso e liberatorio. L’intensità non diventa eccesso di tensione, perché impregna la psiche e il corpo, distendendoli, e lo sbilanciamento, di cui il coinvolgimento è promotore, non incute timore, perché diventa trasformazione che afferra il fluire della vita e se ne appropria.
Si è tanto più vivi quanto più si è in grado di vivere le trasformazioni. Se la misura delle trasformazioni la danno i cambiamenti concreti, la forza che le determina alloggia nello spazio intermedio. Questo spazio, il mondo dei vivi, è, tuttavia, vulnerabile perché convive con l’esposizione all’inconsueto che è un rischio. Se il rischio supera una soglia di incertezza condivisa, che rende più imprevedibile e ricco lo scambio, l’apertura alla vita diventa traumatica. Nelle situazioni estreme il venir meno dei confini diventa invivibile, perché è avvertito come pericolo di perdita di sé senza possibilità di ritrovamento. Alla vita del desiderio (coinvolgimento) si preferisce la sua morte (ritiro dalla relazione) e lo spazio intermedio dell’esperienza è colonizzato dall’inerzia (l’opposto dello sbilanciamento). Tra l’impossibilità di godere della vita e il presentimento di morte si cerca di far apparire vivo ciò che è morto e si diventa morti viventi: morti internamente e vivi in superficie, abitanti di un mondo privo di dimensione onirica.
L’azzardo e la manipolazione sapiente delle relazioni sostituiscono la forza creativa dell’immaginazione, facendo dell’eccitazione (la negazione maniacale della propria distruzione) un simulacro di vitalità. In un modo sempre più morto negli scambi vivi e nelle notti senza sogni, in cui i pipistrelli spadroneggiano, non è sorprendente  che Carminati, esponente della criminalità, credesse possibile “che un domani io possa stare a cena con Berlusconi”. La forza invisibile che unisce criminali, affaristi spregiudicati, politici potenti e le vaste aree di sostenitori attivi o passivi di cui dispongono, è una materia psichica limacciosa (in cui gli eroi si rispecchiano nei mostri) che li rende omogenei.

 
 

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