Riflessioni (in)attuali
Uno sguardo psicoanalitico sulla vita comune
di Sarantis Thanopulos

La lunghezza della virilità

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16 marzo, 2015 - 09:58
di Sarantis Thanopulos

Le dimensioni del pene sono l’oggetto di una ricerca recente condotta da studiosi del King’s College di Londra. La lunghezza media del pene sarebbe di 13,12 cm in erezione e di 9.16 cm a riposo. Gli studiosi pensano che usando questi dati scientifici possano ridimensionare certe fantasie collettive inattendibili e aiutare alcuni maschi a superare il loro sentimento d’inferiorità in questo campo. Anche se, ammettono, con i  “molto ansiosi” c’è poco da fare.
La misura del pene ha un valore simbolico estensibile ad altri oggetti. Le armi, i grattacieli, le sfide automobilistiche, la concentrazione di denaro e di potere sono misurazioni simboliche della virilità attraverso la loro omologazione (ugualmente simbolica) alle dimensioni del pene. Ma l’ossessione dell’uomo per la virilità cosa misura veramente? Misura la difesa tenace contro l’incertezza dell’esposizione all’altro, l’angoscia di castrazione che colma, bloccandolo, lo spazio dell’apertura all’inconsueto.

Nell’infanzia il pene gode, nei bambini di entrambi i sessi, di un netto privilegio nei confronti della vagina. È un luogo corporeo di sensazioni sensuali molto piacevoli, come il clitoride, mentre la vagina, seppure non priva di eccitazioni, non è accessibile a stimoli esterni e non è ancora fruibile per la masturbazione (che nei bambini svolge una funzione importante di difesa del loro desiderio contro le delusioni). Nei confronti del clitoride gode di visibilità, che fa la differenza: nell’infanzia vedere, afferrare le cose nella loro concretezza, consente di dare consistenza alla propria esperienza, mentre l’invisibilità, l’inaccessibilità eccita ma allarma e, persistendo, produce angoscia. L’invidia del pene nelle donne ha la sua origine nel vantaggio difensivo dell’uomo nell’infanzia, che tende, tuttavia, a ridurre la profondità del suo coinvolgimento.
L’investimento narcisistico del pene (nei bambini maschi che lo posseggono e nelle bambine che fantasticano di poterlo avere) consente di abitare il mondo esterno con una certa presenza in sé e con un senso di coerenza e di stabilità, che creano sicurezza. Questo protegge da sensazioni e emozioni interne che espandono la percezione della propria esistenza verso una maggiore complessità, ma, non avendo uno sbocco immediato e sicuro nella realtà, destabilizzano e creano smarrimento.
L’esibizione del potere virile simbolico nella vita adulta, ha un’inconscia radice infantile e la persistenza di questa radice in tutti noi (uomini e donne), spiega l’ammirazione e l’invidia che spesso riesce a ottenere.
La preoccupazione ansiosa  dell’uomo per la propria virilità, ha origine nella sopravvalutazione del proprio pene da bambino. L’ansia nasce in prossimità del sentimento d’invidia verso la donna per la maggior intensità e profondità del suo orgasmo. L’intensità e la profondità sono connesse al potere destrutturante della vagina, che sovradeterminata dal pene prima dell’adolescenza, sviluppa il suo potere liberatorio successivamente.
L’invidia della vagina spinge l’uomo all’identificazione con la libertà e l’anarchia sessuale del corpo femminile, senza la quale l’erezione del proprio desiderio resterebbe prigioniera del suo manto narcisistico, incapace di lasciarsi andare in qualsivoglia forma di piacere vero. Ogni ostacolo all’abbandono erotico, che lo costringe a ripiegare su stesso, intensifica l’invidia e non c’è miglior difesa che investire caparbiamente il suo opposto: l’ansia di perdere il fondamento virile del suo corpo. L’ossessione della virilità è espressione del priapismo psichico (il fantasma dell’erezione perpetua) che affligge l’uomo.
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