Disordine Immaginario
Fotografi & Fotografia: osservazioni e persuasioni
di Eleonora de Gaetani

la fotografia tra arte e terapia

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26 giugno, 2015 - 14:03
di Eleonora de Gaetani
Negli ultimi anni si scrive e si discute molto di fotografia, oltre a scattarne di varie ed eventuali. Necessario è comprenderne le sfaccettature e utilizzarne le potenzialità. Mi pare quindi necessario esplicitare le basi dell’arteterapia e chiarire come di essa ne faccia parte la fotografia.
L’Arteterapia è una disciplina che utilizza l’espressione artistica come mezzo terapeutico, e ha l'obiettivo di ottenere il recupero e la crescita della persona nella sfera emotiva, affettiva e relazionale. L’opera artistica è concepita come l’espressione dell’inconscio e come un derivato del processo di sublimazione degli istinti di base.
Nel XX secolo furono mossi i primi passi verso l’Arteterapia così com’è intesa oggi grazie a Freud e Jung e alla psicoanalisi. Dal 1950 l'Arteterapia iniziò ad avere un suo peso nell'appoggio/cura di stati psichici disturbati divenendo terapia individuale per poi espandersi, laddove possibile, al gruppo, e orientandosi con maggior vigore verso metodi di espressione non verbale.
Margaret Naumburg, psicoanalista e seguace di Freud, considerata la fondatrice dell’Arteterapia in America (Art Therapy), scrive: “Il processo dell’arte terapia si basa sul riconoscere che i sentimenti e i pensieri più profondi dell’uomo, derivati dall’inconscio, raggiungono l’espressione di immagini, piuttosto che di parole”. Tali immagini esprimono i conflitti e in questa nuova veste appaiono più comprensibili, e quindi, più facilmente risolvibili. Un’altra fondatrice dell’Arteterapia è Edith Kramer, contemporanea della Naumburg, la quale considera l’opera d’arte come un “contenitore di emozioni” e l’atto stesso del creare come terapeutico di per sé.


Attualmente l’Arteterapia riflette un’ampia varietà di assunti teorici che si collocano in posizioni intermedie tra la Naumburg e la Kramer e forti influenze provengono dall’approccio umanistico, gestaltico, evolutivo e corporeo.
Questo tipo di tecnica, con risvolti terapeutici, si fonda sull’idea che l’inconscio utilizza un linguaggio fatto per lo più di rappresentazioni visivo - simboliche e, dunque, proprio l’uso dell’espressione artistica può permettere all’inconscio stesso di esprimersi attraverso un linguaggio fedele alla narrazione dell’Io.
Tuttavia non è così scontato e semplice allargare il campo delle arti terapie all’ambito fotografico, (e non mi riferisco alla diatriba intellettuale che ha esitato ad appurare la natura artistica della fotografia).
Molti autori ed arte-terapeuti hanno un pensiero divergente sulla fotografia, poiché essa è il risultato di un processo legato a stimoli esterni, mente l’arte terapia è strettamente legata a stimoli interni. Krauss (1983) fa questa osservazione: “Sebbene sia l’arte-terapia che la fototerapia utilizzino la metodologia della proiezione espressa tramite immagini, a prima vista parrebbe che lo facciano in modi davvero differenti. L’arte-terapia si basa sul far emergere dall’inconscio le preoccupazioni interiori del paziente attraverso il processo della creazione di un disegno, prodotto spontaneamente dal paziente, per la realizzazione del quale non è necessaria la presenza in quel momento di uno stimolo esterno; nel momento in cui il disegno viene realizzato il soggetto, è libero di ignorare in tutto o in parte i contenuti esterni…Le fotografie, d’altro canto, vengono scattate nel luogo in cui il contenuto fisico esiste davvero (oppure la sua forma simbolica appare o e strutturata in modo da apparire). Una fotografia di una casa userà come contenuto qualche rappresentazione fisica di una casa. Poiché l’arte- terapia si basa su soggetti interiori esteriorizzati e la fototerapia dipende da soggetti esterni interiorizzati, parrebbe che esse abbiano a che fare con aspetti differenti del simbolismo personale.”


 

E' bene distinguere, a parer mio, la Fototerapia dalla Fotografia Terapeutica.
La fototerapia è quell'insieme di interventi terapeutici nel corso dei quali uno psicoterapeuta utilizza la fotografia, in una relazione duale e interattiva.
All'interno quindi di un setting strutturato, sono utilizzate delle vere e proprie tecniche che riguardano il Fotocollage, l'Autoritratto, Fotografie biografiche e di famiglia. Queste tecniche possono essere utilizzate da qualsiasi terapeuta qualificato indipendentemente dall'orientamento di riferimento o approccio privilegiato. Seguendo Barthes che diceva: “la storia è isterica e prende forma solo se la si guarda”; ecco che la fotografia si presta ad essere osservata, si mette in mostra pronta a suggerire senza pretendere di dire pura verità. Si offre interamente all'osservatore che inconsciamente fa una scelta di quali imput selezionare comunicando sentimenti, memorie, pensieri e credenze personali. Il terapeuta prende in esame tematiche ripetute, simboli personali e metafore del soggetto aiutandolo a ricostruire dinamiche familiari, il processo di crescita, sentimenti di lutto etc.
La fotografia terapeutica, invece, si rifà a tutti quegli interventi mirati che utilizzano la fotografia come facilitatore, che promuovono la presa di coscienza di sé e della realtà circostante. Favoriscono il riconoscimento e la comunicazione degli stati emotivi e hanno come obiettivo principale l'empowering dell'individuo. Si meglio confà alle dinamiche di gruppo e quindi alle realtà comunitarie. In verità, ogni fotografia porta con sé questo potenziale ed è pertanto in ogni ambito e per ogni fotografo e soggetto fotografato, che essa può divenire strumento di scoperta e consapevolezza.
 


Per Tisseron la macchina fotografica fissa un’immagine del mondo più o meno assimilabile, così come lo psichismo fissa le rappresentazioni, gli affetti e gli stati corporei legati a una determinata situazione. La fotografia rappresenta un contenitore dell’esperienza percepita e rinvia a processi di contenimento. Non è semplicemente la bellezza a trovarsi negli occhi di chi osserva, ma la stessa idea di realtà si basa sulle nostre percezioni. Siamo attratti da stimoli che per noi hanno una qualche valenza, mentre il resto del mondo vive nell’ombra in attesa di avere anch’esso un significato.
Freud stesso paragonò il funzionamento dell’apparato psichico dell’individuo a una macchina fotografica, poiché la psiche, durante il sonno, converte l’energia psichica in immagini come “correlativo oggettivo” delle emozioni o tensioni del profondo. Allo stesso modo la fotografia è il risultato delle pulsioni interne, che occorre poi decifrare razionalmente. Ne segue una funzione riparatrice, poiché attraverso l’analisi e l’elaborazione, il soggetto può accedere a traumi e pensieri da elaborare. La fotografia risulta quindi un oggetto transazionale, mediatore che secondo Winnicott è un oggetto concreto metaforizzante la realtà interna e contiene in se due funzioni: la funzione denotativa, che è descrittiva e oggettiva, e la funzione connotativa, che invece concerne la capacità dell’oggetto di metaforizzare (cioè presentare un altro ordine di realtà).
Minor White sosteneva “lo stato mentale del fotografo nell’atto in cui crea è un vuoto (…) quando cerca soggetti per le sue fotografie, il fotografo si proietta in tutto ciò che vede e con tutto si identifica per meglio conoscerlo e sentirlo”. Insomma lo scatto, l’istante, il pezzo di carta stampata o la traccia digitale, contiene molti più significati di quanti essa ne mostri.


Fotografare vuol dire guardare nel mirino e “scegliere” una parte di mondo, cosa riprendere, come riprenderlo.
Allo stesso modo una persona guarda dentro di sé e sceglie come essere, cosa dire, come comportarsi: un processo attivo in cui unico filtro è l'individuo.
La realtà interiore percepita come esterna permette di evitare il confronto con gli aspetti difficili del proprio sé. Le foto scattate permettono in primis di esserne l'autore ma successivamente di porsi anche come spettatore e quindi come lettore della propria realtà personale.
La fotografia offre un’esperienza sicura di essere visti e ascoltati, poiché essa parla al posto del paziente in una lingua fatta di immagini.
Come dice Carlo Riggi, “Può essere un modo per ricordare ma anche per dimenticare, la sua valenza terapeutica consiste anche nell'aiutare a liberarci, elaborandolo, del dato grezzo che incombe e ci ingolfa, o da angosce senza nome che ci tormentano con la loro immanente visibilità.
La fotografia serve a far vedere quel che non si vede, a far esistere quel che non c'è, a rendere conoscibile l'inconoscibile. Quando l'invisibile si è fatto visibile, in quel preciso istante un pezzo di mondo è morto ed è rinato altrove. E' lì che dobbiamo puntare il nostro obiettivo fotografico se vogliamo scoprire qualcosa di noi”.

 

           
Alla luce di tutto ciò, mi pare inevitabile non affrontare e divulgare tali potenzialità, affinché ogni immagine prodotta possa essere un punto di riferimento per un’analisi personale e intima e soprattutto urge che il pensiero critico e analitico preceda l’atto creativo stesso, per non portarci a morire soffocati da fotografie inutilmente prodotte, prive di ogni scopo, messaggio comunicativo, riflessione ed elaborazione consapevole.
Ogni fotografia parla di noi…siamo sicuri che stiamo mostrando proprio ciò che vogliamo?
 

 
 
Bilbiografia

  • Barthes. R. La camera chiara. Nota sulla fotografia. Einaudi, Torino 1980
  • Berman. L. La fototerapia in psicologia clinica. Metodologia e applicazioni. Erickson, Trento 1997.
  • Borowsky Junge M, Pateracki Asawa P. A (1994), History of Art Therapy in the United States, Mundelein: The American Art Therapy Association.
  • Caterina R., (2005), Che cosa sono le arti-terapie. Roma: Carocci.
  • David A.Krauss (1983), Reality, photography and psychoterapy.in D.A.Krauss &J.L.Fryrear “Phototeraphy in mental health(pp 40 -56), Springfield.
  • Freud S., (1976), Tecnica della psicoanalisi, Boringhieri, Torino.
  • Freud S., (1969) Saggi sull'arte la letteratura e il linguaggio, Torino: Boringhieri.
  • Jung G. C.  (1955), Mysterium Coniunctionis, Trad. it. in Opere, Boringhieri, Torino, 1990, Vol. XIV, t. 2 pag. 22.
  • Jung G.C., (1966), The spirit in man, art, and literature, Princeton: Princeton University Press.
  • Kramer E., (1977), Arte come terapia nell’infanzia, Firenze: La Nuova Italia.
  • Naumburg M, (1966) Dynamically oriented art therapy: its principles and practices, New York: Grune & Stratton.
  • Riggi. C. L'esuberanza dell'ombra.Riflessioni su fotografia e psicoanalisi”. Edizione Le Nuvole 2008.
  • Weiser J., (2011), PhotoTherapy Lectures and Workshops in Italy, September & November 2011, disponibile on line su: http://www.phototherapy-centre.com/italian.htm.
  • Weiser J. (1975), Photography as a verb, in “The BC photographer”, fall 1973, n. 3
  • Weiser J. (2001), PhotoTherapy Techniques: Using Clients’ Personal Snapshots and Family Photos as Counseling and Therapy Tools, in “Afterimage: The Journal of Media Arts and Cultural Criticism”, 29:3, novembre-dicembre 2001 (numero speciale “Media art as/in therapy”), pp. 10-15.
  • Weiser J., (1992) PhotoTherapy Techniques: Exploring the Secrets of Personal Snapshots and Family Albums, PhotoTherapy Centre Press, Vancouver: Jossey-Bass Publishers.
  • Winnicott D.W (1989), Sulla natura umana, Milano, Cortina.
 
Fotografie dalla serie “Tracce” di Eleonora de Gaetani

 
 
 
 
           
 
 
 
 
           
 
 

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