Il trattamento del Trauma Storico tramite attivismo ecologico e pratiche culturali
Introduzione
Ho deciso di scrivere questo articolo quando due eventi che interessano due comunità, geograficamente lontane le une dalle altre , ma entrambi vicine al mio cuore si stavano evolvendo. Mi riferisco alle pianificazione ,da parte di una potente multinazionale e di diversi enti governativi americani, riguardo l'istallazione di un oleodotto sui territori della riserva indiana di Standing Rock , e ai molteplici fenomeni sismici che hanno colpito l'Italia, il mio paese di origine. Ho forti legami affettivi sia con i Nativo Americani, che con gli Italiani, essendo nato in Abruzzo e condiviso tre decenni della mia esistenza con una donna nativa americana, mia moglie. Anche se i due eventi appena accennati, hanno dimensioni storiche, geografiche e sociali diverse, sono tuttavia legati da un denominatore comune: la minaccia imminente al sistema ecologico delle rispettive comunità, associata a simili dinamiche politiche e finanziarie . Mi riferisco ai modelli economici e finanziari , di carattere neo-liberista, ormai ubiquitari , che somo alla base di uno stravolgimento ambientale che nel suo corso ha sconvolto la vita in moltissime comunità del mondo. (Share, 2008).
Ci sono valide ipotesi scientifiche circa un legame di causa-effetto tra i terremoti, incluso i molteplici episodi sismici che hanno interessato la penisola italiana negli ultimi anni, e la pratica del “fracking”. Ad esempio,l'amministrazione della regione Emilia Romagna , uno dei territori più colpiti da eventi sismici negli ultimi anni, dopo aver studiato questo soggetto approfonditamente, ha sostenuto enfaticamente la forte possibilità di una relazione tra la recente ondata di terremoti sul suolo italiano e le politiche energetiche nazionali guidate dalle roccaforti finanziarie multinazionali (D'Orsogna, 2014).
Naturalmente, l'articolo non si sofferma sugli aspetti della mia vita affettiva, ma costituisce una riflessione sulla importanza del ecosistema e sul concetto di " giustizia ecologica e ambientale"sopratutto in riferimento alle vicissitudini, e traumi storici subiti dalle popolazioni native americane. La recente insurrezione della tribu' di Standing Rock è una risposta politica alle dinamiche oppressive degli apparati governativi statali e federali americani. Inoltre, può essere considerata come una vera e propria “ reazione terapeutica” agli effetti psicologici del Trauma Storico , poiche' simboleggia e riaccende le dinamiche che stanno alla base dello stesso fenomeno traumatico,ma ne propone il superamento. Voglio sottolineare che uso il termine insurrezione, invece di protesta, perché trasmette in maniera più precisa la lotta dei Nativi contro le persistenti politiche coloniali e post-coloniali a cui storicamente sono stati soggetti. In questo contesto, esaminerò i recenti eventi riguardanti la riserva indiana di Standing Rock e la proposta di costruzione dell'oleodotto sulla riserva stessa, programmata dal Dakota Access, LLC, una filiale della "Dallas, Texas Corporation Energy Transfer Partners, L.P".
Secondo fonti attendibili, l'oleodotto metterebbe le acque del fiume Missouri, fonte idrica essenziale per la riserva indiana a rischio, come dimostrato da precedenti episodi di inquinamento durante e dopo simili progetti . Non si puo’ ingnorare che recentemente ci sono state due perdite di petrolio di un certo rilievo : quella che ha coinvolto il fiume Kalamazoo nel Michigan, nel 2010, responsabile per oltre un miliardo di dollari di danni , ed un’altra, anche essa sostanziale, nel fiume Yellowstone nel Montana (Gallucci, 2015). I Nativi Americani della riserva di Standing Rock sono anche molto amareggiatti dal fatto che l'oleodotto attraversera’ i luoghi sacri, punti essenziali di riferimento spirituale e culturale per i nativi della tribu'. (Becker, 2015; McBride, 2017).
Come detto, lo sforzo sostenuto dai Nativi Americani per preservare l'ambiente puo’ essere considerato una forma di "terapia sociale" e pertanto un percorso per superare le conseguenze psicologiche del Trauma Storico, definito da studiosi Nativi Americani come il risultato psicologico, fisico, sociale e culturale del colonialismo e del post-colonialismo Nord Americano. Questa definizione è stata utilizzzata anche per descrivere le dinamiche coloniali e post-coloniali che hanno coinvolto le popolazioni indigene di tutto il modo , che non verranno affrontate in questo articolo, ma condividono notevoli aspetti in comune con gli eventi storici che hanno coinvolto i Nativi Americani.
Il lavoro degli accademici indigeni non solo convalida la tesi del Trauma Storico,ma allo stesso tempo, sottolinea il ruolo dei valori tradizionali, tra cui il rispetto per la "madre terra" come un percorso di recupero dal danno psicologico inflitto sulle popolazioni Indigene (Wesley-eschimesi & Smolewski, 2004). Inoltre, si potrebbe speculare che , la insorgenza di Standing Rock potrebbe ispirare altre comunità indigene, a livello mondiale, a prendere un ruolo più attivo nella difesa del proprio ambiente. Pertano,il significato dei recenti eventi di Standing Rock e’ sia politico che psicologico e costituisce un impegno per la sopravvivenza ed il benessere di tutte le comunità del mondo soggette a simili politiche ecologiche.
Per convalidare i benefici sulla salute di sistemi di vita basati su un forte senso di solidarieta’ , citerò brevemente l'esperienza della comunità Italoamericana di Roseto negli Stati Uniti. Roseto era una comunità molto coesa, sana, osservante delle robuste tradizioni etniche, in linea con le norme di vecchi villaggi italiani e europei. I membri della comunita’ sono stati uniti per lungo tempo da un forte senso di appartenenza al tessuto sociale della comunita’. Come dimostrato da uno notissimo studio sociologico , hanno goduto per molto tempo di ottima salute,in particolare dal puinto di vista cardiovascolare. Questo stato di benessere e’ continuato fino a quando i membri della comunita’ hanno cominciato a sciogliere i legami comunitari per soddisfare il “sogno americano” di vivere in residenze suburbane, in linea con la tendenza americana alla fine degli anni cinquanta e sessanta. Da quel punto in poi le cose cambiarono. Lo stato di salute degli ex-appartenenti alla comunita’,cominciò a deteriorare dopo alcuni anni ed i benefici derivanti dal supporto e coesione offerte dalla comunità svanirono progressivamente, fino a scomparire totalmente con le generazioni successive. Lo studio dimostro’ che la variabile più importante per il benessere della comunità era quella che più tardi sarebbe stata definita come Capitale Sociale, in sostanza, una misura della solidita’ delle relazioni e del sistema di supporto esistente in una comunita’(Egolf, Lasker, Lupo, e Potvin, 1992). Simili studi effettuati su altre comunità sparse per il mondo , hanno dimostrato gli stessi effetti positivi derivanti da un alto grado di capitale sociale. (Buettner, 2012).
Come premessa al mio articolo, voglio chiarire un aspetto essenziale: Non sto srivendo a nome di tutti i Nativi, una parte di essi, o qualsiasi individuo nativo in particolare. Gli Indiani non hanno bisono di autori o studiosi Bianchi .Il mio intento è quello di esternare le mie osservazioni su soggetti su cui studiosi, professionisti,pazienti, e esponenti di tribu’ nativo americane si sono espressi ed hanno scritto, e da cui ho imparato molto. Pertanto, mi dissocio si dall’inizio dal ruolo dell’esperto , cercando , in tal modo, di non contribuire alle dinamiche post-coloniali alla base del Trauma Storico, che gli studi degli "esperti occidentali", anche se in buona fede, hanno perpetuato, perpetuando anche, come conseguenza, molti aspetti del Trauma Storico. Per comprendere le vicende attuali della riserva di Standing Rock , è necessario approfondire alcuni aspetti essenziali della sua storia nel contesto di una veduta storica indigena, scevra , il piu’ possibile, da interpetazioni occidentali.
La maggior parte dei Nativi Americani con cui ho avuto conversazioni di carattere storico, hanno afferamto con chiarezza e fermezza che non vogliono essere considerati come soggetti passivi della narrazione storica, ma , legittimatamente, come protagonisti. Questa prospettiva è stata sottolineata da un gran numero di studiosi , scrittori, attivisti indigeni (Crum, 1993). In tale ottica, Devon A. Mihesuah, una studiosa indigena, nel suo libro pubblicato nel 1998 “Nativi e Accademici”, afferma che gli studiosi di formazione occidentale di solito non consultano le comunità indiane per approfondire la loro comprensione della storia nativo americana, a causa dei loro pregiudizi verso i Nativi Americani, soprattutto se non hanno ricevuto una formazione accademica basata su canoni culturali di stampo occidetale. Di conseguenza, tendono a scegliere delle fonti di informazione che spesso non rappresentano la complessita’ della esperienza nativo americana , ma spesso sono un miscuglio di idee e concetti che la semplificano per adattarla a schemi culturali di stampo occidentale (Mihesuah, 1998). Lo stesso fenomeno sembra accadere riguardo la spiritualità dei Nativi. Quando gli studiosi bianchi affrontano fenomeni ed aspetti della cultura e della spiritualità native americane di solito ne danno una immagine “new age”, spesso concentrandosi sugli aspetti tecnici dei rituali e non su il loro significato essenziale, così denso di valenza culturale, sociale ,spirtuale, e profondamente diversi da quelli occidentali.
Il contenuto del mio articolo è fortemente influenzato dai miei mentori, amici e conoscenti, nativi americani, che mi hanno aiutato a capire piu’profondamente le questione storiche , sociologiche, e spirituali delle diverse culture Native Americane.
In particolare, i miei ringraziamenti vanno ai professionisti e studiosi Indigeni del “ Center For Native American Health” ( “Centro Per La Salute Dei Nativi Americani”), che, come gruppo, sono stati una delle mie fonti più solide di ispirazione nel mio percorso di ricerca per comprendere il mondo nativo americano con piu’ oggettivita’.
Nella sezione seguente esplorerò alcuni aspetti storici, culturali e socio-economici di principale importanza per una comprensione adeguata della storia della tribu’ di Standing Rock , la cui conoscenza è una “conditio sine qua non” per cogliere sia il significato concreto della sua opposizione al progetto dell’oleodotto consosciuto negli Stai Uniti come la “Dakota Pipeline” e, sia per afferrrare il significato del concetto indigeno del legame con la terra e quello del Trauma Storico, legati insieme in maniera indissolubile.
La Tribu’ di Standing Rock: Cronaca e Storia
La riserva di Standing Rock attraversa parte dei teritori del Dakota del sud e del nord e come molte altre riserve e comunità Native, ha una storia complessa. Secondo il sito web tribale, che ho consultato con molta attenzione, la superficie totale di Standing Rock è di 2,3 milioni di acri,di cui 1.408.061 milioni appartengono alla tribu’. Questi territori hanno un enorme impatto storico, sociale, economico e spirituale sulla vita della popolazione che le occupa. (StandingRock.org, n.d.a).
Come noto, le entità tribali sono considerate nazioni sovrane. Ovviamente questo vale anche per The Great Sioux Nation (la Grande Nazione dei Sioux), che include la riserva di Standing Rock come sancito dai trattati firmati nel 1851 e nel 1868 dal governo degli Stati Uniti e dalla tribu’ di Standing Rock stessa. (StandingRock.org, n.d.a). Tuttavia, si sono verificate storicamente innumerevoli controversie circa il soggetto di appartenza di territori gia’ sanciti come nativi americani che hanno contribuito a rapporti tesi e turbolenti tra tribu’ ed enti governativi durante una larghissima fetta della storia americana. Gli aspetti di queste dispute sono così complessi, e in molti casi ambigui a causa delle insidiose e machiavelliche strategie attuate dai differenti governi americani che hanno puntato all’acquisto a prezzi irrisori e/o alla espropriazione di enormi distese territoriali, che è quasi impossibile seguirli senza sentitrsi totalmente asfissiati da una valanga di informazioni e dettagli di natura legale. Tuttavia, è fondamentale tener presente che gli atti di esporprio continuo del patrimonio territoriale dei Nativi attraverso politiche governative truffaldine è stato altrettanto ,o anche più dannoso, delle guerre e stragi a cui sono stati sottoposti da parte delle vecchie potenze coloniali e dei differenti governi che si sono succeduti sulla scena politica americana fino ai tempi d’oggi.
Molte azioni e misure adottate dal governo degli Stati Uniti nel corso della storia hanno violato i trattati stipulati con i Nativi Americani . Tra di esse ne va’ ricordata una che ne violo’ due sottoscritti nel 1868 e il 1874. Fu perpetrata dal generale Custer che si spinse, con la sua settima cavalleria nella zona delle Black Hills sui territori della Nazione Sioux (Sioux Nation), per espropriare e sfruttare i vasti giacimenti d'oro dell’area. Toro Seduto, leader spirituale della Nazione Sioux ovviamente contrario allo sfruttamento e l'espropriazione dei territori sacri delle Black Hills, monto’ una resistenza storica contro l'esercito degli Stati Uniti. Nella battaglia di Little Big Horn nel 1876, la Nazione Sioux riporto’ una grande vittoria sul generale Custer (StandingRock.org, n.d.a).
Tuttavia, il governo degli Stati Uniti riusci’ ad impadronirsi dei territori delle Black Hills nel 1887. Al tempo stesso gli Stati Uniti attuarono una politica che divide i territori dei Nativi Americani in parcelli per assegnarli ai singoli, e quindi distruggere il tessuto sociale e la cultura della tribù (General Allotment Act 1887; StandingRock.org, nda). La politica è stata macchiavellicamente basata sulla strategia che sarebbe più facile per il governo degli Stati Uniti di averla vinta sui Nativi trattando con loro individualmente, anziché stabilire un discorso sulle politiche riguardanti questioni territoriale e risorse naturali con entità sovrane tribali (General Allotment Act, 1887).
Un altro atto , quello del 1889 frammento’ la grande Nazione Sioux in riserve ancora più piccole. Ed è così che la riserva di Standing Rock fu creata. Toro Seduto ribadi’ la sua opposizione e reagi’ cercando di ispirare i Nativi con il potere della Ghost Dance ( La Danza dello Spettro), un rituale da cui i Nativi traevano ispirazione per la resistenza, la sopravvivenza, e il progresso. La resistenza di Toro Seduto fu soppressa dagli agenti federali, che lo eliminarono il quindici Dicembre del 1890 (Toro Seduto, n.d.). La settima Cavalleria, come previsto, reagi’ in modo molto aggressivo nel prevenire la possibilita’ di una riscossa , e massacro’ crudelmente gran parte della popolazione Indiana locale nel territorio di Wounded Knee, il 29 dicembre 1890 (Toro Seduto, n.d.).
Questo è un chiaro esempio dei danni subiti dalla tribù di Standing Rock . Andando avanti fino ai nostri giorni, il governo tribale di Standing Rock mantiene ancora la sua sovranità e giurisdizione su tutte le sue terre, compresi tutti i diritti di passaggio,i corsi d'acqua e i torrenti che attraversano la riserva. E 'con grande senso d’orgoglio che la tribù si sforza di mantenere uno stato di autosufficienza, cercando costantemente di migliorare le condizioni di vita della propria gente e del sistema ecologico,continuando con modelli economici tradizionali come l'allevamento del bestiame e l'agricoltura, mentre, allo stesso tempo, esplorando altre strade (inclusa la innovazione tecnologica) per un progresso in sintonia con i valori tradizionali (StandingRock.org, nda).
La tribù di Standing Rock , come tutte le tribù indiane, vuole garantire la continuità della loro cultura e delle tradizioni. I loro membri vogliono che le future generazioni continuino a preservare le conoscenze tradizionali, compresa la lingua. Il ruolo degli anziani e’ fondamentale, dal punto di vista di conservare e di trasmettere alle giovani generazioni la loro storia tribale e per far si che le innovazioni proposte a livello tribale vengano allineate con il contesto culturale e tradizionale della tribu’.(StandingRock.org, n.d.a).
Storicamente, la tribù ha avuto problemi sia con l’approvviggionamento dell’acqua, che spesso è stato minacciato dall’inqinamento con scorie minerali altamente tossiche. Pertanto, una ulteriore minaccia di contaminazione idrica del bacino del Missouri dalla costruzione dell’oleodotto può suonare come una campana a morte. Un chiaro episodio di inquinamento sie e’ verificato nel 1996, quando si sono scoperte discariche illegali che inquinavano vaste aree sulla riserva , tra cui i serbatoi idrici sotterranei (StandingRock.org, n.d.a). Pertanto,la battaglia in corso per la salvaguardia del patrimonio ecologico e dei territori sacri, trova una sintesi naturale e logica nella recente insurrezione contro la costruzione dell’oleodotto sulla riserva di Standing Rock, che può essere interpretato a tre livelli:uno che riguarda la protezione ambientale; un esempio per le le comunità di tutto il mondo ; ed il tentativo di superare le ferite derivanti dal Trauma Storico in una lotta constante contro le corporazioni che rappresentano il nuovo colonialismo liberistico.
La insurrezione contro il progetto del “ Dakota Access Pipeline”
La insurrezione è un autentico movimento di base iniziato da Nativi Americani che è emerso durante la primavera del 2016 in reazione alla proposta di costruzione dell’oleodotto,che nel suo percorso passerebbe sotto i bacini dei fiumi Missouri e Mississippi, e sotto parte del bacino del Lago Oahe, che occupano areee circostanti alla riserva di Standing Rock. L’oleodotto , che è stato fortemente sostenuto dal corpo di ingegneri del governo federale dovrebbe esser stato completato il primo di Gennaio 2017 (Eastman, 2016). Gli insorti hanno contestato con caparbia il fatto che la valutazione del possibile impatto ambientale condotta dagli United States Army Corps of Engineers ( Il Corpo degli ingegneri Militari del Governo Statunitense) era molto superficiale ed ignorava la altissima probabilità di potenziali danni ecologici (IndigenousRising.org, 2016).
Queste dinamiche sono in linea con le vicende storiche riguardanti i lunghi conflitti verificatisi su problematiche territoriali tra entita’ tribali ed enti governativi. Inoltre, possono essere considerati come una fonte di retraumatizzazione per i residenti di Standing Rock e delle comunità indigene negli Stati Uniti, dal momento che riepilogano e riattivano le dinamiche coloniali e postcoloniali di sfruttamento e di oppressione . In linea con queste vicende storiche, la tribù non è stata consultata durante le fasi cardinali del progetto. Questo totale disinteresse per le opinioni della tribù, ha contribuito a sottovalutare la possibilità e le conseguenze di un proabile inquinamento del sistema idrico, su cui la popolazione tribale basa la propria sopravvivenza (IndianCountryMediaNetwork.com, 2016). E’ doveroso ricordare che il Dipartimento degli Interni , un ente governativo a cui viene affidata la responsabilità dei territori e delle risorse tribali, ha espresso preoccupazione per la vicinanza dell’oleodotto al sistema idrico della tribù, affermando che “... una perdita potrebbe avere un impatto consistente sul sistema idrico che costituisce una risorsa essenziale per i singoli membri della tribù che risiedono nella zona” (Begay, 2016).
Come conseguenza della negligenza egli enti governativi alle piu’ che giustificate obiezioni sollevate riguardo il probabile impatto ambientale e sui luoghi sacri che protrebbero derivare dalla costruzione dell’oleodotto, la tribu’di Standing Rock ha presentato una denuncia contro l' US Army Corps of Engineers ( Il Corpo degli ingegneri Militari del Governo Statunitense), accusando l'agenzia di violare l’Historic Preservation Act ( La Ordinanza Per la Preservazione del Patrimonio Storico) e altre leggi pertinenti alla salvaguardia ambientale (Ohiya Casino, 2016).
Nel mese di aprile 2016, uno dei “ Saggi” della riserva di Standing Rock ha deciso di stabilire un punto di incontro e di riferimento sulla riserva per dare impulso ad un movimento di resistenza contro la costruzione dell’oleodotto.Nel corso dell'estate questa “postazione” e’ cresciuta fino ad includere migliaia di persone (WikiVisually, n.d.). Purtroppo, mentre le proteste hanno attirato l'attenzione internazionale e sono state definite come un tentativo ad “un cambiamento di prospettiva sui progetti ambientali riguardante i territori nativi americani”, i media americani hanno negletto lo svolgimento degli eventi fino ai primi di settembre 2016 (WikiVisually, ND).
Alle numerose proteste pacifiche si sono aggregate rappresentanti di popolazioni Indigene provenienti da tutto il Nord America, insieme ad un folto numero di individui appartenenti a differenti gruppi etnici. Putroppo, si sono verificati diversi arresti di dimostratori pacifisti, caratterizzati da violenza gratuita da parte della polizia. Alla fine di ottobre 2016, soldati e polizia hanno distrutto una postazione di dimostratori ubicata nel percorso del gasdotto (WikiVisually, n.d.). Per esempio quando i manifestanti ,pacificamente, hanno attraversato una recinzione per fermare le ruspe, le forze dell’ordine hanno utilizzato ingenti quantita’di spray al pepe e ferocissimi cani da guardia contro i manifestanti. A partire dalla di metà ottobre 2016 ci sono stati piu’ di 140 arresti che avrebbero potuto essere evitati (WikiVisually, n.d.).
Molte organizzazioni native americane, che si interessanto di diritti civili ed ambientali ed altre organizzazioni analoghe tra cui il movimento “Black Lives Matter”( “Le vite dei Neri sono rilevanti”), I leader indigeni del bacino amazzonico del Sud America, il senatore del Vermont Bernie Sanders, il candidato presidenziale dei Verdi, Jill Stein, il suo collega durante la campagna elettorale, Ajamu Baraka, per citare alcune delle presenze piu’ autorevoli (IndigenousRising.org., 2016), si sono uniti attorno alla battaglia che si stava svolgendo nel Dakota.Nel mese di settembre 2016, l’attivista Ojibwe,ex vice candidato presidenziale del Partito dei Verdi,Winona LaDuke, ha detto “le autorità governative del Nord Dakota,, che hanno il ruolo di sovrintendenti, in realta’ vanno a letto con l'industria petrolifera, e percio’ hanno fatto finta di niente ”(Goodman, 2016, np). La fondatrice di Black Lives Matter , Alicia Garza,commentando sulla feroce reazione delle agenzie dell’ordine publico verso gli insorgenti, ha dichiarato con veemenza “Se sei Bianco ti e’ permesso di dimostrare su luoghi di proprietà federale ... senza essere acusato di alcun reato. Non devi temere gas lacrimogeni, carri armati, né le pallottole di gomma ... ma sei indigeno e stai lottando per proteggere la tua terra e le tue risorse d’acqua , allora ti ritrovi a che fare con gas lacrimogeni, I “blackout” dei media, i carri armati e tutto il resto.”(Eversley 2016).
Inoltre, molte tribù Sioux hanno approvato risoluzioni a sostegno di Standing Rock , tra cui Cheyenne River Sioux Tribe, Crow Creek Tribe, the Oglala Sioux Tribe, and the Rosebud Sioux Tribe (StandingRock.org, n.d.b). Anche Le tribu’ dell’Oklahoma hanno espresso sostegno al movimento di protesta contro l’oleodotto. Nel mese di agosto 2016, il Presidente della Nazione dei Cherokee, Bill John Baker, ha dichiarato, “Come popolo Indiano, abbiamo il diritto di proteggere le nostre terre e i nostri diritti all’uso e consumo delle nostre risorse idriche. Questa è la nostra responsabilità verso le future sette generazioni ”(StandingRock.org, n.d.b).
Nello stesso mese, il senatore Bernie Sanders ha parlato di fronte una folla di circa tremila membri della tribu’di Standing Rock e di altre nazioni native americane e ad altri sostenitori della causa durante una manifestazione svoltasi nei pressi della Casa Bianca. Dopo aver detto che “l'oleodotto minaccia le risorse idriche e ambientali e approfitta dei Nativi Americani”, ha chiesto al presidente Obama di condurre una analisi dettagliata dell’ impatto ambientale e culturale del progetto, che avrebbe dovuto sancire la sua interruzione (Gaudian, 2016). Definendo la costruzione dell'oleodotto come “il caso più evidente di razzismo ambientale che ho visto in un lungo periodo di tempo,” il reverendo Jesse Jackson, nel mese di ottobre 2016, ha annunciato il supporto per l’insurrezione affermando che “Le tribù native americane hanno sacrificato moltissiomo allo sviluppo di questo paese grande. Dopo ripetuti episodi di promesse che non sono state mantenute, territori rubati e dissacrati,la tribu’di Standing Rock si sta’ battendo a testa alta per i propri sacrosanti diritti a mantenere e preservare le proprie risorse idriche. Hanno perso molti territori a causa della espansione dell’industria agricola, altri territori nelle Black Hills a causa dell’oro, altri ancora per la costruzione di una diga per la produzione di energia eletrica. Per quano tempo durera’ questo continuo processo di esproriazione?”(Live 2016).Durante lo svolgimento di questi eventi, Victoria Tauli-Corpuz, un esperto delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, ha ammonito gli Stati Uniti, affermando che “Alla tribù è stata negata la partecipazione alle fasi preliminari del progetto e le valutazioni di impatto ambientale non hanno considerato la presenza e la vicinanza della riserva di Standing Rock.” Ha anche sottolineato i diritti dei manifestanti , affermando che “le autorità statunitensi dovrebbero proteggere e facilitare il diritto alla protesta pacifica dei popoli indigeni, che svolgono un ruolo chiave nella lotta per difendere ed affermare impropri diritti”(UN News Centre, 2016).
Nel mese di novembre 2016, il presidente Obama ha annunciato che la sua amministrazione stava “monitorando la situazione”, e che stava esplorando la possibilità di un cambiamento di percorso per l’oleodotto con lo scopo di rispettare i territori sacri della Tribu’(Hersher, 2016). All'inizio di dicembre 2016, il presidente Obama ha ordinato la sospensione della costruzione dell’oleootto, costringendo l’ Army Corps of Engineers a cercare percorsi alternativi (DemocracyNow.org, 2016).
Mentre sto scrivendo il saggio, credo che il futuro della ubicazione dell’oleodotto è ancora incerta, poiche l’attuale presidente Donald Trump, con un semplice trattino di inchiostro, ha gia’ annullato la decisione del presidente Obama, permettendo che il progetto venga riconsiderato ( Baker & Davenport, 2017). Come aspettabile, la tribù sta reagendo attivamente e sta’ esplorando tutte le vie legali possibili per opporsi al cambaimento di rotta deciso dal presidente Trump. Molto probabilmente sarà una lunga lotta, probabilmente sintomatica di un malessere incipiente nelle relazioni tra la corrente amministrazione Trump , la Tribu’ di Standing Rock e le comunita’ native americane in generale.
Aspetti traumatici e terapeutici del movimento di Standing Rock
La seguente testimonianza di un partecipante alla insurrezione, rispecchia il significato degli eventi che hanno preso luogo a Standing Rock. “Il governo degli Stati Uniti sta spazzando via il nostro patrimonio culturale e spirituale. E cosi’ facendo vuole cancellare la nostra presenza sul pianeta come esseri viventi. Queste aree territoriali (riferendosi ai luoghi sacri minacciati dal progetto dell’oleodotto) devono essere protetti, o il nostro mondo finirà. Tutto qui. I nostri giovani hanno il diritto di sapere chi sono. Hanno il diritto alla loro lingua, cultura, e tradizioni. Per imparare il valore di tutto questo hanno bisogno di un senso di continuita’ con le nostre terre, la nostra storia.Permettere ad una compagnia petrolifera di portare a termine un progetto che distrugge le nostra storia, la memoria dei nostri antenati, e il cuore e l’anima della nostra gente, non e’ forse un atto di genocidio? (McKibben, 2016)”. Queste parole costituiscono anche una descrizione accurata degli aspetti fondamentali del Trauma Storico, che saranno esaminati in seguito.
Come già detto, anche se l’insurrezione a Standind Rock costituisce il più grande raduno dei Nativi Americani in più di un secolo, è stata praticamente ignorata da gran parte dei media Americani. Questo negligenza non e’ casuale, ma motivata da ragioni specifiche: il raduno contribuisce a risvegliare il dibattito sulle politiche energetiche, sulla brutalità della polizia, sul diritto di sovranità delle tribu’ e sul danno psicologico e fisico causato dagli eventi storici, definiti come Trauma Storico. Minimizzando ed ignorando l’insurrezione di Standing Rock , gli aspetti psicologici del Trauma Storico, che includono la sensazione da parte dei Nativi di essere un popolo in via di estinsione , vengono inevitabilmente riattivati, contribuendo all’irrobustimento del trauma stesso. Al contrario, atti di insurrezione presenti e passati costituiscono brillanti esempi di resistenza, protesta, e attivismo politico ed ecologico con cui le comunità native hanno risposto e spesso attenuato le dinamiche storiche che contribuiscono al trauma psicologico.Nella sezione seguente citerò alcuni esempi che mostrano la capacita’ dei Nativi Americani di impegnarsi in atti di attivismo politico, che hanno contribuito al loro forte senso di autodeterminazione.
Esempi di resistenza ecologica da parte dei Nativi Americani
Come già osservato, le fonti principali di informazione sulla la storia dei Nativi Americani, di solito tendono ad esaltare i lati negativi come la loro supposta disperazione e il senso di completa sfiducia verso il futuro. Questo punto di vista, anche se proposto con le migliori intenzioni, da intellettuali, attivisti, storici,ecc. non tiene conto delle innumerevoli e costanti battaglie combatutte dalle popolazioni native contro le ingiustizie causate dalle politiche dei governi federali e statali, che hanno avuto come obiettivo principale lo sfruttamento , il controllo e l’espropriazione dei territori Indiani. Pertanto, vorrei riesaminare alcuni eventi storici, basando la mia narrazione su una veduta storica più coerente con una prospettive Nativo Americana.
Episodi tragici come la sconfitta e la resa di Geronimo e Chief Joseph, gli orrori del massacro di Wounded Knee, per citarne alcuni tra i più noti, sono parte integrante della nostra visione collettiva della storia dei Nativi.Ma ciò che viene trascurato è che un numero sostanziale di iniziative delle popolazioni native, hanno dei risvolti molto positivi. Infatti, leggendo la storia con attenzione, quasi ogni provvedimento da parte di enti federali e statali che ha minacciato il senso di identità, la cultura, e la stessa sopravvivenza dei Nativi, è stato oggetto di una forte opposizione da parte dei Nativi stessi.Ad esempio, il tragico evento passato alla storia come il “Trail of Tears” ( “Sentiero delle Lacrime”), il nome dato al processo di rimozione e rilocazione di un numero consistente di Nativi Americani su riserve situate ad ovest del fiume Mississippi durante i primi decenni del diciannovesiomo secolo, è ben documentato nei libri di storia (Cherokee Nation Cultural Resource Center, n.d.).Al contraio, “I Memoriali dei Cherokee”, a seguito di questo tragico evento, che costituiscono una risposta giuridica vigorosa e ben articolata alla rimozione delle popolazioni Cherokee,vengono essenzialmente ignorati dalla storiografia ufficiale. Ed anche se il tentativo di opposizione tramite i Memoriali non riuci’ ad arrestare la rimozione e rilocazione dei Nativi, hanno costituito un esempio che ha ispirato susseguenti atti di attivismo politico (Teach US History, n.d.). Vale la pena citare un altro esempio fondamentale della resistenza Nativo Americana . Mi riferisco alla Rivolta di Mashpee del 1833-1834, quando i Nativi Cape Cod Massachusetts respinsero le intrusioni e gli insediamenti sulla loro terra da parte dei Bianchi. La tribù presento’ una articolata protesta su solide basi giuridiche che,guadagnando progressivamente slancio,contribui’ad un risultato molto positivo per la tribù, con il riconoscimento dello stato di sovranita’ al nuovo “Distretto indiano di Mashpee” (Mass Moments, n.d.). Un altro esempio è l'impegno politico dal capo Ponca Chief Standing Bear e degli altri membri della tribù del Nebraska, che si impegnarono in una lunga battaglia per i diritti tribali culminante in una straordinaria vittoria legale nel 1879 del famoso caso “Standing Bear v. Crook”, in cui, per la prima volta, il concetto di individuo come persona giuridica fu riconosciuto ai Nativi Americani (Starita, 2009).
E nella stessa scia, la resistenza della scritrice e Chief dei Paiute,Sarah Winnemucca, alla rimozione della propria tribu’ con una serie di strategie che inclusero azioni legali, articoli, e la occupazione di siti e aree geografiche , aiuto’ enormente i Paiutes a mantenere il possesso delle loro terre nell’Oregon (Railton, 2016a).Tornando all'attualità, come eloquentemente dichiarato da un Nativo Americano coinvolto nella rivolta di Standing Rock,”Stiamo assistendo ad una rivolta collettiva della comunità qui a Standing Rock. E’ del tutto possibile che l’oleodotto venga costruito comunque. La storia ci dice con certezza che altri atti di violenza e di discriminazione saranno diretti contro i Nativi che combattono per la la salvaguardia dell’ambiente. Non possiamo e non dobbiamo avallare la oppressione accettando il processo storico che ha minimizzato e ignorato le voci della protesta e dell’attivismo dei Nativi Americani. E se concentrando il nostro attivismo politico su Standing Rock ci aiutera’ anche a risvegliare la coscienza della nostra lunga storia di attivismo e resistenza politca ,c’e ‘ tutto da guadagnarci”(Railton, 2016b).Seguendo questa logica, la lotta per fermare la costruzione dell’oleodotto e’ sostanzialmente un modo per risvegliare le tradizioni e i modelli di vita delle popolazioni Indigene. Quindi , l'insurrezione Standing Rock rappresenta non solo un tentativo di fermare un altro disastro ecologico, ma anche e soprattutto una consapevolezza di risvegliare l’attaccamento alla propria terra, alle tradizioni e alla cultura, che, come detto più volte in questo articolo, sono fondamentali per il mantenimento e la crescita del tessuto sociale e per combattere e superare il senso di impotenza derivante dall’accumulo intergenerazionale delle memorie del Trauma Storico.
Il ruolo dell’ attivismo ecologico nel superamento del Trauma Storico
Il movimento ecologico in tutto il mondo, anche se include molteplici orientamenti, ha nel suo insieme costantemente sottolineato il concetto della interconnessione tra gli esseri viventi e gli elementi naturali (Cho, 2009). Anche se accusato da alcuni di attegiamento “ new age ” poiche’ questo approaccio potrebbe sembrare alquanto naife, in quanto evocata sensazioni mistiche di scarso rilievo scientifico, in realtà l’idea della interconnessione si basa su solide considerazioni scientifiche riguardo le dinamiche dell'ecosistema, come si può dedurre da osservazioni scientifiche che dimostrano che gli organismi viventi condividono un comun denominatore genetico. Questo modo di concettualizzare le relazioni sul nostro pianeta è , in verita’, sempre stato parte della dimensione ecologica nativa americana , che deriva da una saggezza sviluppata dalla attenta osservazione di fenomeni naturali, parte costante del patrimonio culturale indigeno.La maggior parte delle culture tradizionali indigene , hanno come comune denominatore un senso profondo di interconnessione. E 'il fulcro delle loro credenze, cerimonie e pratiche spirituali che sono esplicitamente dirette a stabilire or ristabilire un senso di unità tra gli esseri viventi e l'ambiente, come una forma di terapia di riconciliazione tra l'individuo e la comunità. Va’ sottolineato, che questi concetti stanno guidando le correnti ricerche e pianificazioni ecologiche (Berkes, Colding, & Folke, 2000).
Inoltre, questa conoscenza scientifica è intrisa di una profonda forza spirituale che le aggiunge una immensa valenza sia pratica che culturale . Ad esempio, i rituali impiegati nella caccia sono una testimonianza di come gli aspetti spirituali si fondono con una vero e proprio atteggiamento scentifico all’utilizzo responsabile delle risorse. L'uccisione di qualsiasi animale è visto nel contesto di una dinamica equilibrata tra l'uomo e la natura, che come tale, non condona il minimo sfruttamento ed uso spregiudicato di risorse naturali (Krech, 1999). Questi concetti costituiscono la base del rito di purificazione spirituale prima e dopo una sessione di caccia, parte della tradizione Nativa Americana. Ed anche se, i Nativi Americani non sono immuni da episodi di abuso ambientale, questi sono rari, e si discostano da una norma di alto rispetto nei riguardi del patrimonio ecologico. Ma sopratutto ,va sottolineato che questo rapporto maturo ed equilibrato con la natura si basa sulla importanza della tutela del benessere delle future generazioni,totalmente inscindibile dal contesto ideologico e culturale nativo americano. (Hultkrantz, 1966).Di conseguenza, la caccia rappresenta un atto di scambio e dono reciproco tra l'animale, disposto a sacrificare la sua vita per il sostentamento del genere umano, e l'uomo che fornisce un ambiente equilibrato per permettere la sua sopravvivenza e riproduzione (Martinelli, 2012). Tuttavia, vale la pena di sottolineare che le credenze native basate su un concetto animistico secondo cui ogni singola particella della natura ha un aspetto spirituale, sono sostanzialmente diverse dai concetti che si riscontrano nel mondo occidentale, dove l'essenza della spiritualità risiede nella nella diade “ Dio –essere umano”. E, anche se questa può sembrare una semplificazione grossolana, il fatto che la cultura occidentale considera il pianeta come essenzialmente avulso da un contesto spirituale , può aver contribuito allo sfruttamento spregiudicato delle risorse naturali e dell’ecosistema. In realta ‘ esempi di credenze spirituali affini a quelle dei Nativi Americani sono stati espresse nel mondo occidentale,ma dimostrano una contaminazione dell’ideologia antropocentrica, che rappresenta l'uomo come arbitro dell'ecosistema. Come riassunto dal pastore Scott Bullerwell, nel corso di un'intervista: “'Mentre rispettiamo la spiritualità dei Nativi e i diritti delle persone di praticare le loro credenze spirituali, non sarebbe corretto confonderla con il Cristianesimo, perché c'è poca affinità tra la spiritualità dei Nativi e il Cristianesimo”( CBC News, 2014).
Quanto detto , anche senza guardare indietro ad aspetti salienti del rapporto tra culture Native e occidentali, aiuta a spiegare alcune delle dinamiche fondamentali messe in moto della saga di Standing Rock.La mia opinione condivisa da molti esperti e’ che la rottura forzata del rapporto tra i Nativi Americani e le loro terre , avvenuto progressivamente nel corso della storia, è un aspetto importante della genesi del Trauma Storico.E quindi, in questo contesto, la insurrezione di Standing Rock è una valida ed efficace risposta al Trauma Storico perché riunisce le comunità native attorno ai valori dell’autodeterminazione, di un sano rapporto con l'ambiente,di un forte senso di comunità e delle consolidate tradizioni. La riscoperta delle tradizioni, crea la giusta cornice psicologica per ritrovare un senso di controllo sul presente e il futuro delle comunità, guidando e rafforzando la continuita’ e il rinnovamento delle popolazioni indigene del Nord America e di tutto il pianeta.Anche se Il termine Trauma Storico è ormai usato di frequente, c'è ancora qualche incertezza sul suo significato. Cercherò di chiarire il concetto , includendo le differenze con il disturbo post-traumatico. molti studiosi, ricercatori,picologi e psichiatri sostengono che una definizione esauriente e definitiva del Trauma Storico non e’ stata ancora raggiunta dopo tanti anni di dibattiti e studi sul soggetto. Ma la maggioranza degli esperti nativi americani sono d’accordo che essenzialmente il Trauma Storico, e’ la somma delle ferite psicologiche, fisiche , sociali e culturali derivanti dai processi di colonializzazione e post- colonizzazione sofferto dalle popolazioni Indigene (Wesley-Esquimaux & Smolewski, 2004, p. 3). Questo soggetto verra’affrontato nella sezione che segue.
Definitione del Trauma Storico.
Il concetto di Trauma Storico e’ stato sviluppato principalmente a causa delle conseguenze di tragici eventi che hanno caratterizzato e afflitto la vita delle popolazioni indigene, e come reazione alla ristrettezza concettuale della idea di trauma rappresentata dal PTSD (Post Traumatic Stress Disorder;Disordine Post Traumautico ) (Maviglia, 2002). La entita’ del PTSD e’ infatti circoscritta a due principali categorie di sintomi: quelli di natura "intrusiva" e quelli di entita’ "sedativa". La prima categoria include stati di iperattivitta’, esplosivita’, incubi relazionati a eventi traumatici, e i cosidetti" flashbacks, ovvero raffigurazioni vivide di episodi traumatici.Nella seconda troviamo un desiderio di isolamento dagli aspetti sociali della vita quotidiana, una scarsa capacita’ di sperimentare piacere e soddisfazione, ed una tendenza a trascurare i propri obblighi (Maviglia, 2002).Queste due categorie , descritte in modo molto riassuntivo, ci propongono una visione meccanica-biologica del trauma, evocando alternativamente stati di ipereccitazione e ipoeccitazione neuronica.Tuttavia l’eperienza aquisita da fenomeni come l’Olocausto, episodi di altri genocidi etnici, regimi dittatoriali, persecuzioni politiche ecc., hanno ampiamente dimostrato che le conseguenze del trauma vengono spesso trasmesse da una generazuione all’atra. Quindi, le manifestazioni cliniche possono essere analoghe a quelle del PTSD , ma il fenomeno acquisisce una dimensione intergenerazionale, da cui sfocia la creazione del concetto di Trauma Intergenerazionale (Berger, 1988).Anche se questa entità amplifica sicuramente il significato della esperienza traumatica, non comprende un'analisi del contesto storico in cui ha origine trauma e quindi non è sufficiente per dare un quadro completo del danno psichico indigeno derivante dall'esperienza coloniale e postcoloniale (Duran & Duran, 1995).Sotero (2006) ha fornito un quadro concettuale del Trauma Storico che include tre fasi principali, completamente compatibile con le vedute esposte nelle pagine successive e che pertanto costituisce una ulteriore testimonianza alla validita’ del concetto stesso. La prima evidenzia la perpetrazione di azioni,provvedimenti, e politiche traumatiche da parte della cultura dominante sulla popolazioni Native, con le pesanti devastazioni culturali. La seconda fase comprende le manifestazioni vere e proprie del trauma a livello individuale e di massa. Nella fase successiva si verifica la trasmessione dell trauma a livello intergenerazuionale. Le perdite subite dalle popolazioni Native (vale a dire, iterritori, la comunita’ e cultura), hanno provocato per un numero piuttosto elevato di individui e comunità native sintomi psicologici che sono ancora oggi presenti e continuano a trasmettersi da una generazione all’altra (Whitbeck, Adams, Hoyt, & Chen, 2004). Uno degli aspetti più salienti del Trauma Storico è, pertanto, l’aspetto intergenerazionale che probabilmente si attua attraverso una complessa combinazione di meccanismi biologici, psicologici, ambientali e sociali (Sotero, 2006). In una ottica piu’ ampia, si potrebbe dire che molti dei problemi emotivi presenti nelle popolazioni native americane possono essere viste come “il retaggio di un trauma cronico non risoltosi attraverso le generazioni” e perpetrato su di loro dalle culture europee e nordamericane (Brave Heart & Debruyn, 1998). In tal senso si può dire che il sostanziale lavoro di ricerca sulla trasmissione intergenerazionale del trauma per quanto riguarda le vittime dell'Olocausto e gli effetti sulle generazioni susseguenti (Doucet & Rovers, 2010; Yehuda, Schmeidler, Wainberg, Binder-Brynes, e Duvdevani, 1998),costituisce una solida base scientifica per la comprensione delle dinamiche psicologiche del fenomeno traumatico. E sebbene il concetto del Trauma Storico è stato giudicato come un fenomento emotivo reale ( Braveheart et al, 2011), c'è ancora molta riluttanza ad accettarlo come una legittima entita’ psicologica (Evans-Campbell, 2008; Gone, 2009). Ma coloro che esprimono le loro critiche sembrano dimenticare che ci sono seri problemi anche riguardo la validità della maggior parte delle diagnosi psichiatriche (Scull, 2015).È vero che il rapporto di causalità tra le atrocità subite dalle popolazioni Indigene e i problemi psicologici attualmente identificati sotto la rubrica del Trauma Storico non è semplice da acclarare da un punto di vista statistico. Tuttavia, il corpo di ricerca quantitativa e qualitativa degli studiosi indigeni su questo argomento è stato trascurato e negletto anche dagli accademici piu’ autorevoli per ragioni che vanno al di là della scienza e hanno molto a che fare con pregiudizi, potere, il controllo sulla produzione e riproduzione di concetti scientifici ed orientamenti ideologici (Maviglia , 2002). A mio avviso la reazione accademica tradizionale al Trauma Storico è un'appendice di dinamiche coloniali e postcoloniali che hanno contribuito in primo luogo al trauma, e ,in secondo luogo, continuano a promuovere la riattivazione di dinamiche traumatiche.
Questioni riguardanti il concetto del Trauma Storico
La comprensione del Trauma Storico presuppone la comprensione del significato di“frammentazione” psicologica nel contesto della cornice storica coloniale e postcoloniale. Come già detto, una corretta analisi del Trauma Storico dovrebbe includere una comprensione adeguata delle politiche governative verso le popolazioni indigene ,che permetterebbe una introspezione piu’ profonda nelle insidiose cause e conseguenze del trauma. Le ripercussioni psicosociali derivanti dalle dinamiche coloniale e postcoloniale possono essere solo parzialmente inquadrate nella nosologia psichiatrica, dacche’ esse hanno essenzialmente un valore esistenziale e contestuale, che non si presta a tale classificazione.
In uno dei miei articoli sul Trauma Storico, ho formulato il concetto in modo schematico, articolandolo nei seguenti elementi : (1) Una dimensione esistenziale- storica, la cui caratteristica più saliente è un senso di “non appartenenza”,e di allontanamento dal rapporto con un ciclo di vita sposato a valori indigeni, e definibile in termini sociologici come anomia; e (2) Un'altra, strettamente legata alla nomenclatura PTSD ( disordine post traumatico), che si verifica in conseguenza di eventi traumatici più circoscritti, sempre pero’nel contesto di processi storici sfavorevoli (Maviglia, 2002). In effetti, vale la pena di osservare che gran parte degli eventi traumatici circoscritti si sviluppano in uno scenario di povertà, disoccupazione, s di ingiustizia sociale. In verita’ potrebbero essere visti come un'appendice del Trauma Storico stesso.Le manifestazioni esistenziali-storico-emotive non potrebbero avere i confini chiaramente definiti da una sindrome clinica come il PTSD, perché l'esistenziale è essenzialmente personale, soggettivo, sociale e politico. La patologia, comunque, non è meno reale o dolorosa, e porta a galla la inadeguatezza delle procedure cliniche del metodo occidentale che non mostrano la dovuta efficacia quando si cimentano con fenomeni che non si verificano all'interno delle dinamiche della cultura dominante. Basandoci sulla letteratura scientifica nativo americana e dal “feedback” di studiosi e professionisti indigeni, gli aspetti essenziali del Trauma Storico possono essere riassunti come segue:
1)Elementi depressivi caratterizzati da un annullamento e distruzione del senso di comunita’ e dalla insorgenza di una visione anomica della vita.
2)Presenza di un sentimento di ambivalenza tra il sentirsi connessi con il "dolore storico e ancestrale" e la allettante alternativa di una immersione nei valori e sistemi di vita anglosassone-occidentale.
3) Risentimento di natura esistenziale,annidato nel contesto della indifferenza della cultura dominante, manifestantesi in episodi distruttivi contro se stessi ed altri.
4)La esperienza della ideologia coloniale, rappresentata da incontri quotidiani con stereotipie razzismo, responsabile per gli stati emotivi sopra descritti.
5)Mancanza di risoluzione dell’aspetto esistenziale ,che si cronicizza a livello intergenerazionale e collettivo.
La necessita’ di approcci terapeutici is sintonia con le culture tribali.
Da quanto detto, sembrerebbe evidente che le modalità terapeutiche che sono primariamente concentrate su apetti biologici e psicoterapeutici sono destinati a dare risultati molto limitati. Inoltre, bisogna promuovere una chaira definizione del concetto del Trauma Storico e di strategie per divulgatrlo e per superare lo scetticismo che circonda la stessa validità del concetto. Diversi studiosi nativi americani, come ad esempio Spero M. Manson, Bonnie Duran, Eduardo Duran, e Maria Yellow Horse Braveheart, per citarne solo alcuni, hanno espresso l'importanza degli aspetti culturali nel trattamento dei problemi di salute nelle popolazioni indigene (Brave Heart, 1999; Duran, Duran, e Brave Heart, 1998; Manson, 1995; Manson, 1996; Manson, Shore, e Bloom, 1985).
Le loro opinioni, che costituiscono un sequitur ad una precedente relazione del ministro della salute americano (Stati Uniti DHHS, 2001), costituiscono una testimonianza preziosa per lo sviluppo di approcci efficaci per le condizioni psichiatriche che colpiscono le popolazioni native, tra cui principalmente il trauma. Deve essere sottolineato che c'è un accordo unanime tra i ricercatori nativi americani sul fatto che il nocciolo dei problemi legati alla salute mentale delle popolazioni indigene può essere compreso solo attraverso un approcio che include gli effetti traumatizanti degli eventi storici da loro vissuti (Brave Heart, 1999; Duran et al, 1998;. Manson, 1995 ).Tuttavia anche se instintivamente e razionalmente tutto cio’ sembra accettabile, una consistente reazione critica si e’ sprigionata dalle valutazioni di professionisti e studiosi aderenti alle vedute del mondo ufficiale della psichiatria.
Queste osservazioni, che vengono espresse in maniera molto sommessa per evitare screzi di natura politica, esprimono un forte scetticismo riguardo la validita’ del concetto del Trauma Storico.Sebbene questa incredulita’ possa apparire ragionevole, in verita’ ignora il fatto che il concetto e’ in via di sviluppo ,e che ha una forte risonanza con le popolazioni indigene.Per giunta, non considera anche il fatto che il paradigma diagnostico del PTSD e’ anch’esso non definitivamente sostanziato in maniera scientifica.Oltretutto si deve tener presente che una tale critica non e’ immune da elementi ideologici, influence politiche,e particolari interessi finanziari.Sarebbe opportuno ,a questo proposito, esaminare come il pensiero scientifico viene concettualizzato ed ufficializzato in generale ed in riferimento entita’ del PTSD( Maviglia, 2002). Il processo di formulazione di categorie scientifiche si puo’ riassumere schematicamente in tre stadi principali(14) : Esternalizzazione, Oggettificazione, e Reificazione.La fase di Esternalizzazione consiste principalmente nella divulgazione e propagazione del nuovo concetto.E’ un passo iniziale che tende a stimolare l’interesse delle mondo scientifico.Il secondo stadio,quello dell’Oggettificazione, e’rappresentato dalla traduzione del concetto novello in una entita’ che assume la veste di autenticita’ "scientifica".Esso ,in realta’,e’un misto di metodologia scientifica e di propaganda politica,in quanto soventemente, include una intensa attivita’ "diplomatica" con quelle specifiche entita’ di potere con l‘ovvio scopo di ottenere il loro pieno supporto.La componente di Internalizzazione, e’ concentrata sulla integrazione della nuova entita’ nel "vocabolario sociale" della vita quotidiana. Questo, probailmente, e’ lo stadio piu’ politico e propagandistico del processo, in quanto capitalizza massicciamente sulle risorce finanziare e sociali a disposizione delle fazioni che propagandano il concetto: ovviamente piu’ facoltosi e piu’ efficienti sara’.
La codificazione del PTSD passo’ attraverso queste fasi fondamentali. Ma in questo caso l’apporto delle vittime medesime,i veterani del Vietnam, furono i veri e propri proponenti dell ‘entita’ diagnostica.Questo scenario non si verifica frequentemente nell’ambito della medicina,e specialmente alcuni decadi fa,’ costituiva un cambiamento di dimensioni rivoluzionarie: lo spostamento dell’asse di produzione della materia scientifica dagli addetti ai lavori ai pazienti medesimi. Comunque,gli aspetti fondamentali del processo ricalcano il quadro sopra descritto.Alla fine del conflitto del Vietnam, un folto numero di ex combattenti fu letteralmente lasciato alla deriva in uno stato di vero e proprio sconforto psicologico , sociale, e finanziario. Purtoppo ogni tentativo per poter ottenere un riconoscimento dei danni provocati dal conflitto, fu totalmente ignorato per diversi anni.Dei cambiamenti in senso positivo furono ottenuti solo con la attuazione di una strategia basata sui seguenti principi (Kutchins & Stuart, 1997):
1)Collaborazione con professionisti sensibili alla loro richieste.
2)Sviluppo di un sostanziale supporto da parte di gruppi interessati nel fenomeno dell’Olocausto.
3)Convalida e supporto da parte dei reduci di catastrofi industiali.
Il fatto che queste strategie furono efficaci nel riconoscimento della diagnosi, non deve offuscare la realta’che i forti dubbi riguardo la sua validita’ non furono mai diradati: Evidentemente il successo non fu soltanto il risultato di solidita’ scientifica del concetto.Cito questa parte della cronaca psichiatrica americana con lo scopo di proporre una analoga strategia politica in riguardo al concetto del Truama Storico.Simili considerazioni strategiche sono state proposte da autori come Fanon, uno dei paladini nel proporre concetti strategici per ridefinere ed affrontare i problemi derivanti dalla esperienza coloniale e post-coloniale.Con acume egli capi’ che fino a quando i problemi delle comunita’ indigene continuavano ad essere affrontati dentro i parametri dell’ideologia occidentale, essi non sarebbero stati adeguatamente risolti (IndianCountryMediaNetwork.com, 2016).Duran and Duran (1995), due autori Nativo Americani, hanno magistralmente rinforzato il pensiero di Fanon ,definendo le conseguenze del dominio del mondo occidentale sulle popolazione indigene come "reazione acuta e cronica al colonialismo’, gettando le basi per lo sviluppo di un concetto indigeno del trauma.
Psicodinamiche e prolematiche rigurdante il trattamento
Sfortunatamente i concetti che costituiscono la base dei trattamenti terapeutici indigeni, vengono soventemente ignorati. Sebbene sarebbe impossibile passare in rassegna anche i piu’ fondamentali aspetti della medicina nativa americana, e’ importante fare menzione di almeno qualche caratteristica alla base di questa impostazione in particolare riguardo il concetto del Trauma Storico.Tenendo conto, fin dall’inizio, che che esistono delle difference tra le tradizioni delle varie comunita’ native americane, possiamo tuttavia identificare due temi principali alla base della visione della patologia psicobiologica delle popolazioni indigene (Duran & Duran, 1995):
1.Il concetto di sradicamento di quella che potrebbe essere definita "linfa vitale",da parte di entita’ adduttive e trascendenti.
2.La percezione di forze invasive e distruttive nell’organismo.
Il sudetto quadro mitologico di" estirpazione" e di "invasione", e’basilare per una corretta caratterizzazione del concetto della “Oppressione Internalizzata”, intimamante connesso con quello del Trauma Storico.Questa entita’e’ definibile come un fenomeno colonizzante della psiche indigena, che diventa ricettacolo della ideologia coloniale.L’impatto si manifesta, nel quadro cognitivo e psicologico del Trauma Storico.
Questo e’ un processo che assume delle caratteristiche subdole ed insidiose, e puo’ manifestarsi in un quadro in cui l’individuo usa i propri paradigmi culturali per spiegare comportamenti patologici, che in realta’ sono il risultato del processo coloniale stesso. Questa posizione autopunitiva ottiene ,pertanto,il sigillo di approvazione da parte della cultura medesima.
Un esempio concreto di questo quadro e’ costitito dall’ atteggiamento autoderogatorio di un individuo indigeno con problemi di alcolismo che hanno causato tragedie personali e famigliari con la conseguente ostracizzazione dalla vita comunitaria’.
Non volendo ignorare le responsabilita’ individuali, un atteggiamento di autocolpevolezza, spesso visibile in tali situazioni, sfocia da una visione decontestualizzata da processi sociali e storici. Una visione corretta di fenomeni psicodinamici e modalita’ terapeutiche, non dovrebbe,in verita’, essere isolata da temi storici caratterizzanti lo scontro della ideologia occidentale con quella indigena.C’e’ infatti un forte consenso che la consapevolezza del processo coloniale possa affinare la capacita’ di evidenziare le dinamiche psicologiche delle popolazioni Indigene.
Sommariamente possiamo identificare quattro stadi fondamentali di questo processo (Kawamoto, 2001):
1.Il Perido Coloniale propriamente detto, rappresentato dalla formulazione ed introduzione di leggi e disposizioni dirette verso l’esproprio di risorse naturali e del patrimonio territoriale.
2. lo Stadio Della Rilocazione , rappresentato dal disloco forzato di popolazioni indigine in territori distanti e geograficamente ostili.
3. La fase dei Riformatori, consistente nel collocamento di bamini ed adolescenti in programmi di studio di stampo anglosassone, con lo scopo di divestirli della loro identita’ culturale e di svilupparli in " produttivi" cittadini Americani.
4. l’ultima fase, correttamente definita come il Periodo di Terminazione, consistente nella continuazione del dislocamento indigeno dai territori di riserva verso aree urbane con la promessa, mai realizzata, di una vita migliore.
Queste fasi, pur presentandosi in realta’ con aspetti comuni, evidenziano due principali temi : uno, caratterizzato dall’esproprio del patrimonio territoriale; l’altro costituito da un processo piu’ subdolo ,quello legislativo, contraddistinto dal goal di estirpare le radici culturali tramite la distruzione dei dialetti e delle tradizioni.
Gli stadi sopra descritti sono essenziali per una comprensione adeguata del senso di identita’ indigena. E’, infatti, inevitabile che un individuo in una posizione di forzata accettazione delle ideologie dominanti, sviluppi un senso di individualita’ fortemente tarato.
La ragione del fenomeno e’direttamente imputabile al soffocamento della capacita’ di apprezzare ed analizzare le proprie radici culturali nel contesto della ideologie dominanti.
Un altro danno fondamentale del processo e’ rappresentato dall’impatto che le vicissitudini storiche hanno avuto sul ruolo tradizionale della donna nativo americana. La tradizione indigena ha, di norma, identificato l’elemento femminile come l’anello dicongiunzione con il suolo, la terra, e quindi come sorgente di vita stessa.Una delle funzioni piu’ nobili del ruolo femminile e’ stata quella di essere di conforto alla psiche dell’uomo.Ci sono molte immagini mitologiche che potrebbero essere citate per illustrare questo ruolo;ne citero’ una sola, ma molto emblematica : La Danza del Sole (Duran & Duran, 1995). Durante questa celebrazione, la donna si muove in maniera sincronizzata con i passi dell’uomo, viaggiando idealmente verso una rinascita spirituale per tutta la comunita’.Quei passi cosi’ armonici purtroppo non rappresentano piu’ il ruolo sostenitrice e matriarcale della donna della societa’ indigena odierna. Esso infatti e’ stato segnato in maniera quasi indelebile dalle conseguenze di tragici eventi storici. La sua funzione, purtroppo, appare ridotta ad assistere un compagno che dimostrando comportamente distruttivi ,danza decisamente fuori passo.Cosi’la celebrazione, che prima portava ad un rinnovamento ed una rinascita, ora conduce verso la distruzione, il Tanathos. In sostanza, la tradizione matrilinea-matriarcale della donna si traduce in una forma di assistenza quasi masochistica, che non ha niente a che vedere con la funzione originale.
Il quadro ovviamente include bambini e adolescenti ,che non hanno piu’ solidi punti di riferimento per lo sviluppo di una identita’ culturale. Questo esempio testimonia la validita’ dell’inclusione di temi culturali e mitologici nell’approccio psicoterapeutico.
Un altro elemento importante da ricordare e’ che la figura del guaritore o sciamano e’ il centro dell’incontro terapeutico nella medicina indigena, e che quindi una enfasi su di un approccio centrato sul paziente ("client centered approach"), potrebbe rivelarsi non appropriata. Oltretutto non ci sono dati attendibili della efficacia di terapie standardizzate in un contesto terapeutico indigeno ; questa carenza e’ stata ampiamente dimostrata dall’alto tasso di abbandono del servizio terapeutico da parte di minoranze etniche ed in particolare da Nativi Americani(Barrett, Chua, Crits-Christoph, Gibbons, & Thompson, 2008; Kawamoto, 2001).
Per giunta , si potrebbe validamente speculare che un approccio terapeutico non sensibile alle culture indigene, venga percepito come una estenzione della ideologia dominante e quindi perpetuante di esperienze traumatiche. Duran and Duran, molto percettivi di queste dinamiche, identificano come l’obbiettivo principale di interventi terapeutici con soggetti indigeni, l’esorcizazzione dell’ aggressore coloniale " dalla psiche collettiva delle comunita’ native((Duran & Duran, 1995). Questi due autori nativi americani sostengono con giustificata convinzione che le patologie della societa’ indigena sono riportabili alla distruzione del ciclo di vita tradizionale e non ad una causalita’ lineare e decontesualizzata di agente patogeno e malattia.Il concetto e’ applicabilissimo all’uso problematico dell’alcol da poplazioni native americane, che deve essere necessariamente inquadrato in una ottica storica.
L’uso dell’alcol, si propago’ tra gli indigeni americani durante le prime fasi del processo di colonizzazione ,in un contesto di sfruttamento economico e sociale, responsabile per l’acquisizione di un modello di uso patologico (Unruh, 1996).
Infatti esso si sviluppo’ come conseguenza degli scambi commerciali tra colonizzatori ed indigeni, improvvisamente trovatisi a confrontare una sostanza fino ad allora praticamente sconosciuta. Molto probabilmnete se avessero avuto la possibilta’ di assimilarla gradualmente nella loro cultura, senza pressioni di natura economica,la patologia alcolica non si sarebbe sviluppata ai livelli attuali.
Un naltro aspetto essenziale e’ che lo stile patologico di consumo di alcol osservato nella stesse popolazione bianche colonizzatrici, servi’ come punto di riferimento per le popolazioni Native (Unruh, 1996).
Alcuni leader nativo americani, perfettamente consci delle conseguenze derivanti dal consumo patologico di alcol, presero dei provvedimenti per arginare il problema.
Uno dei leader piu’ carismatici di questo movimento di risveglio fu il profeta Seneca " Handsome Lake"( ‘Lago Incantato").
Egli vide nella astinenza la base di un rinnovamento culturale, sociale e spirituale, che avrebbe generato un rinnovato interesse nel patrimonio territoriale, sorgente vera e propria di sopravvivenza. Si dice che egli ricevesse le sue intuizioni durante stati mistici e sogni , insomma dal mondo degli"Spiriti".Questo,spiega il suo concetto dell’alcol come uno" Spirito Colonizzatore" (Duran & Duran, 1995).
Nel suo linguaggio mistico l’alcol e’ visto come una sotanza che rappresenta in maniera fluida il linguaggio dell’oppressore, ogni goccia simbolizzante una clausula aggiutiva alla interminabile lista di leggi, provvedimenti , disposizioni ingannevoli e disoneste caratterizzate dalla politica coloniale europea ed americana.
In questo contesto culturale e’ anche necessario sottolineare il ruolo del "Transferance Storico", che puo’ essere definito come la reazione dell’ Indigeno ai valori sociali e culturali rappresentati dalla ideologia del professionista .Questa entita’,soventemente disconosciuta in terapia, ed erroneamente interpretata come transferance psicoanalitico, si manifesta con paranoia, rabbia, e una forte esitazione a confidarsi con il terapista; nella classica ottica psichiatrica e’ vista come un disturbo della personalita’.Un approccio terapeutico appropriato dovra’ quindi essere orientato in due direzioni: una verticale,connessa con la storia e le treadizioni; e l’altra, orizzontale, relazionata alle attualtli problematiche sociali e culturali , rappresentanti le correnti manifestazioni della sofferenza e trauma ancestrali.
Il ruolo del terapista educato in un approccio riflettente l’ideologia dominante, includera’ la necessita’ di capire le premesse culturali finora discusse.Inoltre, la teoria del Trauma Storico, in quanto include lo sviluppo di problemi di alcol e di tossicodipendenza , trova un sostegno chiaro e logico nella “teoria della dislocazione” come un fattore essenziale nella genesi di disturbi psicologici. Nella sezione seguente mi occupero’ di una teoria, che contestualizza i problemi di abuso di sostanze all'interno delle dinamiche storiche del trauma. Uno dei maggiori esponenti di questa teoria e’il Dottore Bruce K. Alexander, uno psicologo canadese, che nella sua arguta ed accurata analisi contenuta nel volume “The Globalization of Addiction“ ( La Globalizzazione Delle Dipendenze),contestualizza in maniera magistrale il problema di abuso di sostanze, che troppo spesso vienne ridotto ad un mero paradigma biologico .
Contestualizzazione dei problemi di tossicodipendenza
La dipendenza è di solito descritta come una malattia cronica con una forte base biologica e genetica. Questa descrizione che rappresenta “il concetto ufficiale delle tossicodipendenze” ha origine nel diciannovesimo secolo, è stata adottata e resa progressivamente piu’ sofisticata dalla classe medica nel corso del ventesimo secolo, continua ad essere convalidata dalla medicina ufficiale nel ventunesimo secolo (Alexander, 2010a). Anche se ignorata da fonti scientifiche ufficiali, la critica sull’approccio biologico alla tossicodipendenza è abbastanza sostanziale, come mostrato nella letteratura sul soggetto (Alexander, 2010a; Polanyi, 1944).
Senza dubbio, il punto di vista ufficiale non comprende il quadro storico e sociale che inqudra le dipendenze in una ottica in cui la crisi ambientale, la disintegrazione delle comunità in un contesto di un'economia globalizzata, giocano un ruolo essenziale. Il concetto delle dipendenze ambientato nel contesto storico e sociale è pienemente in linea con la teoria del Trauma Storico in quanto individua le cause distali della dipendenza nel dismembramento del tessuto sociale, che è fondamentale, come detto, alla genesi del disagio caratteristico del Trauma Storico. In questa prospettiva, le dipendenze assumono la identita’ di “forze colonizzatrici”, come e’ implicito nella saggezza dei discorsi sull’alcolismo del profeta Seneca Handsome Lake. (Wallace & Steen, 1972).
La frammentazione della struttura sociale come parte del Trauma Storico
Il fenomeno della colonizzazione consiste sostanzialmente nella frammentazione del tessuto sociale nei territori e paesi colonizzati. Intendo con questo la parziale o totale perdita della continuità della esperinza individuale con le tradizioni, le istituzioni sociali, i modelli di sviluppo economici locali,ecc. Il concetto di frammentazione è in perfetto accordo con quanto è stato detto in merito al Trauma Storico. Lo psicologo Bruce K. Alexander, afferma che le società e le comunità di tutto il mondo sono diventati progressivamente sempre piu’ frammentate nel corso della storia (Alexander, 2010b). In linea con la teoria del Trauma Storico, egli sottolinea che, fin dai tempi di Colombo, la colonizzazione da parte delle potenze occidentali ha annientato intere culture tramite lo sfruttamento delle popolazioni e la devastazione degli ecosistemi locali. Sottolinea anche che le forze di colonizzazione si sono manifestate non solo contro altre culture ma sono state parte di processi di sfruttamento dentro gli stessi paesi che le proponevano. Infatti, la rivoluzione industriale ha contribuito alla dissoluzione delle comunità contadine nel mondo occidentale (Alexander, 2010b).
Questo processo, con brevi periodi di attenuazione, ha assunto una forza più incisiva e distruttiva nel corso degli ultimi decenni del ventesimo e la prima parte del ventunesimo secolo. Lo riconosciamo nelle politiche neoliberiste che hanno invaso e sconvolto società urbane e rurali , e le loro economie e sistemi di “welfare”(Alexander, 2010b). E, ovviamente , hanno contribuito alla frammentazione gia’ radicata nel orso del Trauma Storico nella comunità native.
Alexander sostiene che un elevato livello di frammentazione delle comunità sarà prodotto da oleodotti e gasdotti, fracking, attivita’ mineraria, sistemi di pesca irrazionali , bolle immobiliari, mercati finanziari senza regole , inquinamento del approvvigionamento idrico , privatizzazione totale dei sistemi medici ed educativi nazionali, e la massiccia invasione della tecnologia nelle nostre vite e nella privacy. Egli conclude che, in un tale contesto, la frammentazione finale sarà causata da un catastrofico cambiamento climatico globale, (Alexander, 2010b).
A questo proposito, si puo’ citare la massiccia e rapida introduzione del gambling (gioco d'azzardo legalizzato) nelle tribù native americane, soggetto di acceso dibattito all'interno delle stesse comunità native, a causa dei radicali cambiamenti sociali e culturali che hanno già causato e potrebbero causare. Senza scendere troppo nei particolari, si potrebbe sostenere che questi cambiamenti potrebbero essere responsabili di un'esacerbazione dei temi traumatici già presenti nella psiche collettiva delle tribù native. Tuttavia, la legalizzazione ha portato stati alcuni vantaggi economici per le tribù, che hanno permesso la creazione di programmi culturali e strutture sanitarie.
Infatti,alcune tribu’“hanno utilizzato I profitti derivati dal gambling per assegnare borse di studio,costruire ospedali, asili, centri di recupero per adolescenti, nuove scuole, alberghi , ristoranti, stazioni di servizio, creare fondi pensionistici, e investire in impianti idroelettrici (Kaelber, 2001)”. Pertanto, non è un argomento facile da affrontare per i Nativi Americani e le comunità tribali. Senza intenzione di escludere ed ignorare alcun parere , la mia impressione è che ci sono state delle critiche sollevate dai Nativi Americani piu’ anziani, che sarebbe lecito definire come “ Saggi” che vedono nella introduzione del gambling una potenzile minaccia al tessuto sociale e culturale delle comunita’ nativo americane.
Questa preoccupazione e’ stata espressa , per citare un esempio specifico dai leader tradizionali della Haudenosaunee, Nativi residenti nella parte ovest dello stato di New York, e tra gli anziani degli Oglala Sioux nelle Black Hills del sud Dakota. ( Judson, 1994).
Nel contesto della teoria della disgregazione, Alexander afferma che ampie fasce della popolazione mondiale stanno vivendo un senso di dislocazione psicologica e sociale, che include la incapacita’ di sostenere la rete di intercoonnessioni tra individui famiglie, e società.
Tradotto in termini esistenziali il fenomeno della disgregazione risulta in una assenza del sentimento di appartenenza, identità, e significato del ruolo individuale . In termini spirituali la experienza individuale puo’ essere definita come “una anima vagante”. Questo profondo senso di dislocazione crea inevitabilmente emozioni insopportabili caratterizzate da sentimenti di vuoto psicologico e di impotenza. Durkheim, Polanyi, Chandler, Lalonde, Sokol attribuiscono i crescenti tassi di suicidio, depressione, e violenza domestica a questo senso di dislocazione.
Alexander è molto chiaro nel suo concetto di “ dislocazione”,che non e’ è solo un fenomeno fisico, ma primariamente psicologico,derivante da un mancato senso di appartenenza,e da un affievolivemento del significato e scopo della vita quotidiana stessa. E, in questo contesto, la dipendenze da sostanze , come accade in individui nativo americani, diventa un meccanismo patologico per convivere con il senso di disintegrazione gia’descritto (Alexander, 2010b). In effetti, la dipendenza può fornire alle persone “dislocate” un certo sollievo,almeno a breve termine. Quest spiega perché oggigiorno è così comune (Alexander, 2010b).Purtroppo, come per il Trauma Storico, questi concetti non sono condivisi dalla scienza ufficiale del cosidetto “establishment”. Ad esempio, il “National Institute of Drug Abuse”(l’istituto Nazionale per le dipendenze) e altre agenzie statali, federali e professionali, considerano le dipendenze come malattie croniche in cui le proprieta’ biochimiche delle droghe giocano il ruolo essenziale, e non danno il dovuto peso al fatto che l’uso delle stesse costituisce un tentativo disperato di adattamento alle circostanze (Alexander, 2014). Alexander sottolinea piu’ volte che la vera cura consite nel ridurre la disintegrazione delle società, delle comunità e delle culture e pertanto nell’investire in aspetti come tradizioni culturali e spirituali e nella ristrutturarione della economia globale, abbandonando le politiche neoliberiste e fondando il futuro su un modello di sviluppo equilibrato e sostenibile (Alexander, 2014).
Pertanto,Il ruolo dell'operatore sanitario in questo contesto, deve inevitabilmente includere uno sforzo intellettuale verso la comprensione della storia e la struttura sociale in cui i problemi di dipendenza si sviluppano e manifestano.
Alexander , dunque, supporta la tesi principale di questo articolo che propone che interventi terapeutici per individui nativi americani,senza una forte base culturale e sociale, non solo non sono efficaci, ma possono essere potenzialmente responsabili per perpetuare e rinforzare l'esperienza del trauma, poiche’ ripropongono le stesse dinamiche che hanno determinato il trauma in primo luogo. .
In sostanza, la mancanza di attenzione su determinanti temi storici crea la base per una ri-traumatizzazione. In verita’,l'incontro terapeutico dovrebbe essere uno strumento per sviluppare un senso di autodeterminazione e di indipendenza, che contribuisce alla preservazione della identita’ ed autonomia indigene, essenziali per contrastare il porcesso di disintegrazione sociale
Conseguenze del Trauma Storico
Ci sono 566 tribù federalmente riconosciute negli Stati Uniti; Quindi, c’e da aspettarsi un notevole livello di diversità cuturale e sociale tra le stesse. Va ‘ ricordato che , circa il 60% dei Nativi risiedono in aree urbane (IHS, 2013a), creando un ulteriore ragione ad essere cauti nel esprimere pareri ed opinioni sui di essi, inclusi quelli riguardanti il Trauma Storico. Tuttavia, mentre evitiamo generalizzazioni banali, non possiamo ignorare l'esistenza di un comun denominatore di sofferenza psicologica e fisica diffuso nella maggior parte delle comunità native americane.
Come gia’ osservato, gli effetti di queste dinamiche psicologiche sono state solitamente decontestualizzate dalla psichiatria e psicologia ufficiali che hanno studiato i problemi di salute comportamentali nelle popolazioni native americane. L'orientamento filosofico di questo saggio, pertanto, pone la dovuta attenzione sui i principali problemi socio-culturali riconosciuti come parte del contesto del Trauma Storico dalle comunita’ nativo americane . E sebbene si puo’ obiettare che non esiste una vera e propria relazione causa-effetto tra le vicissitudine storiche dei Nativi e i problemi psicologici, fisici e sociali che li affliggono, un'interpretazione giudiziosa e non riduttiva del Trauma Storico dovrebbe portare alla ragionevole opinione che Il collegamento esiste e che un sistema di investigazione scientifica basata su modelli tradizionali come “ i clinical trials”(“ studi sperimentali clinici”) non ne possono catturare ne l’esistenza , ne’ la magnitudine. Tra i problemi piu’ scottanti si annoverano episodi di violenza domestica di carattere fisico e sessuale di gran parte superiori alla media nazionale (Sue & Sue, 2012). Inoltre, gli adulti nativi americani sono a piu’ alto rischio per lo sviluppo di disturbi psicologici e fisici nel contesto di una assistenza sanitaria inadeguata (Barnes, Adams & Powell-Griner, 2010 ). Un altro esempio e’ l'aspettativa di vita alla nascita che è di 2,4 anni in meno della popolazione statunitense in generale (CDC, 2010). Inoltre, i Nativi Americani hanno tassi molto più alti di malattie cardiache, malattie infettive come la tubercolosi, e una alta incidenza di traumi fisici. Il diabete, in particolare, rappresenta una grossa minaccia in quanto e’molto prevalentene nei Nativi che in ogni altro gruppo razziale o etnico (Barnes et al., 2010). Risultati preliminari, ma ancora inediti, di uno studio in cui sono stato co-investigatore, mostrano chiaramente che il Trauma Storico ha un rapporto lineare con il diabete, oltre che con altre patologie di natura fisica e psicologica. E anche se la cosidetta Obamacare ( il nuovo sistema di organizzazione sanitaria voluto dall’ex Presidente Obama), che mentre scrivo questo saggio potrebbe essere abrogato dalla nuova amministrazione Trump, rappresenta un enorme miglioramento per milioni di Americani, non è ancora chiaro quanto abbia influito sulla qualità dell'assistenza sanitaria per i Nativo Americani (Leonard, 2015) .
Un aspetto saliente è rappresentato dagli alti tassi di suicidio, che per i Nativi sono certamente piu’alti della media nazionale. Infatti, Il suicidio rappresenta la seconda causa di letalita’ per i Nativi Americani tra i 10 e i 34 anni (CDC, 2007). Inoltre, hanno il più alto consumo settimanale di alcool di qualsiasi altro gruppo etnico, anche se con diverse eccezioni e variazioni sia a livello individuale che tribale (Chartier & Caetano, 2010). Ma molti adolescenti nativi americani soffrono per problemi derivanti dall’uso di sostanze e disturbi della salute mentale (Abbott, 2007). Molti specialisti con spiccata sensibilita’ culturale e sociale riconoscono che l'abuso di sostanze da parte dei Nativi può essere correlato alla mancanza di autostima e alla perdita della propria identità culturale, alla mancanza di modelli positivi, alla storia di abusi fisici e psicologici, al bisogno di un “conforto chimico” derivante dalla sofferenza per la dissoluzione famigliare e tribale (Sue & Sue, 2012). Questi sono segni di sofferenza psicologica che possono essere considerati come parte del Trauma Storico. Continuando con dati problematici, I Nativi Americani hanno i livelli di reddito e di istruzione più bassi e un livello di povertà più elevato di qualsiasi altro gruppo etnico e razziale negli Stati Uniti (Denny, Holtzman, Goins & Croft, 2005) e la piu’ bassa aspettativa di vita del resto della popolazione (CDC, 2010).
Standard di assistenza sanitaria per le popolazioni Nativo Americane.
I problemi comportamentali e fisici descritti brevemente,non sono trattati efficientemente nell’ambito del sistema medico americano, anche con i miglioramenti generati dalla riforma sanitaria del ex presidente Obama. Un numero elevato di Nativi Americani riceve servizi sanitari nell’ambito del Servizio Sanitario Indiano (IHS, 2013b), istituito e finanziato dal governo degli Stati Uniti nel 1955(Jones, 2006) .Secondo il Servizio Sanitario Indiano (2013a), il popolo indigeno americano "ha da tempo sperimentato uno stato di salute inferiore rispetto agli altri americani". Questo è in parte validato da una relazione (2013b), che mostra che circa duemila e settecnto dollari vengono spesi procapite annualmente per l’utente nativo americano, rispetto a piu’ di settemila e duecento dollari procapite per gli altri utenti.
E una parte minima di questi fondi viene utilizzata per la salute mentale e le malattie da dipendenza , anche se i tassi di salute mentale e di abuso di sostanze sono molto alti, come gia’ detto. Le ragioni di queste disparità sono molteplici, e derivarno da dinamiche coloniali e postcoloniali, come un basso livello di istruzione, livelli altissimi di povertà, discriminazione e differenze culturali (IHS, 2013b).
Il ruolo delle tradizioni e della cultura nella guarigione dal Trauma Storico
Come già affermato e implicito in questo saggio, la medicina non è soltanto scienza, ma anche ideologia politica, che riflette solitamente le credenze dei poteri dominanti. Come indicato in diversi saggi, articoli e libri di studiosi autorevoli, il campo della psichiatria, che essenzialmente e’ parte della cultura dominante, ha assistito ad una esaggerata proliferazione di categorie diagnostiche nel corso degli ultimi trent'anni per molteplici ragioni, che in gran parte vanno ricollegate a dinamiche ideologiche, politiche, ed economiche.Le diagnosi psichiatriche sono molto spesso frutto di queste dinamiche, e pertanto contribuiscono a generare trattamenti in linea con le ideologie dominanti. I trattamenti proposti sono basati in generale su teorie e modelli biologici, che escludono la presenza di una realtà contestuale,socioculturale ed economica che contribuisce profondamente allo sviluppo ed alla cronicita’della sofferenza psicologica (Kutchins & Stuart, 1997).
Il modello biologico in voga nella psichiatria americana non può soddisfare le esigenze della sofferenza psicologica delle popolazioni indigene, che, come già accennato, comprende il riconoscimento di un legame con la natura, la comunità e il contesto della vita sociale. Nell'opera ormai classica,“Gli Uomini Della Medicina di Rockefeller; La Medicina e il Capitalismo in America” (Brown, 1981), l'autore descrive come la medicina americana sia, nei primi decenni del ventesimo secolo, finita sotto il controllo finanziario e ideologico dei grandi magnati (Rockefeller, Carnegie, ecc.). Questo cambiamento ha creato la nascita di un modello biologico che rispecchiava il progressivo imporsi della tecnocrazia sulla vita dei cittadini americani e di parte del mondo occidentale.I proponenti di questa “nuova medicina” hanno esaltato gli aspetti biologici delle infermita’, mettendo da parte quelli sociali, culturali e spirituali che erano stati parte del complesso e ricco panorama della medicina tradizionale negli Stati Uniti fino a quel momento. La “nuova medicina” doveva essere "scientifica",il che significa fondata esclusivamente su concetti biochimici e biologici. E anche se c’erano e ci sono delle variazioni su questo tema, la medicina americana, compresa la psichiatria, continua a ispirarsi a questo modello, oggi dominante in tutto il mondo occidentale. Ma molte culture del pianeta non seguono il paradigma medico predominante, comprese le culture indigene.In queste culture, la malattia e’considerata come il risultato di una discontinuita’ con la natura e la comunità. Questa condizione, a sua volta, crea una separazione tra gli aspetti emotivi, spirituali e fisici individuali, creando, come conseguenza, patologie. (Korn, 2013).
Gli studiosi e i guaritori nativi forniscono numerose testimonianze sulla necessità per le comunità
native americane di ristabilire un senso di continuità con il loro patrimonio culturale per risanare i danni psicologici causati dagli innumerevoli eventi storici densi di aspetti traumatici (Brave Heart & DeBruyn, 1998; Duran & Duran, 1995; Trusty et al ., 2002; Wesley-Esquimaux & Smolewski, 2004, p. 3). Il loro approccio al Trauma Storico, consiste nella riformulazione delle memorie storiche per tutta la comunità.Il trauma non viene affrontato nella consueta modalita’ clinica concentrandosi sui sintomi e prescrivendo un corso di terapia psicologica e / o medica, con l'obiettivo di ridurre gli stati emotivi.
L’approccio medico “costruisce” il concetto di malattia fondato sul modello biologico e su categorie diagnostiche mediche circoscritte e differenziate. Mentre i modelli indigeni , annullano la dicotomia occidentale tra mente e corpo ed enfatizzano ,al tempo stesso, i fattori contestuali, tra cui tradizioni e spiritualità. In questo quadro contribuiscono anche a combattere le memorie traumatiche provocate dalla “demonizzazione” delle religioni naturali e delle pratiche spirituali che furono rese illegali durante il processo di assimilazione coloniale e, di conseguenza arginano la disgregazione dovuta all’impatto del trauma sulla psiche nativa americana.
L'individuazione dei principali problemi psicologici nelle comunità indigene durante un processo di guarigione dovrebbe basarsi sulla comprensione dei legami tra storia, società, cultura e quei fattori psicologici significativi nella vita degli individui appartenenti alla specifica comunita’ nativa americana che ha deciso di affrontarli. L'obiettivo di questo “sforzo terapeutico” sarebbe la creazione di una "sintesi psicologica” che risolva il senso internalizzato dell'oppressione riformulando cosi’ l'identità sociale e culturale contemporanea in linea con i valori nativi tradizionali. Purtroppo, durante il corso storico degli eventi traumatici, I Nativi non hanno avuto l'opportunità di sviluppare strategie efficaci per annullare danni di natura psicologica. Tale processo, richiede la presenza di un tessuto culturale, sociale e politico efficiente e vitale , che per la maggior parte, e’ stato compromesso per un lungo periodo di tempo, fino alla piu’ recente rinascita di un forte senso comunitario e di tradizione.(Braveheart E DeBruyn, 1998; Braveheart et al., Duran & Duran, 1995; Sotero, 2006; Wesley-Esquimaux & Smolewski, 2004, p. 3)
Il processo traumatico di espansione intergenerazionale che ha seguito gli eventi storici ha causato l'intorpidimento delle capacita’ cognitive ed emotiva di apprezzamento della realta’, un senso di isolamento e la soppressione dei sentimenti, speranze e bisogni individuali.
Lo sconforto e le reazioni emotive accusate e manifestate da una parte sostanziale dei Nativi Americani rappresentano una risposta a questo fardello cognitivo e psicologico che può essere considerata come un tentativo disorganizzato di riporare un senso di ordine e di integrazione psicologica. Putroppo il malessere psicologico, tra le tante manifestazioni, continua ad esprimersi con notevoli percentuali di abuso di sostanze e di violenza sia verso l’individuo che gli altri.
Queste dinamiche sono ben descritte nel libro "Trauma and Recovery" ( “Trauma e Recupero”). In uno dei passaggi Herman, descrive le dinamiche psicologiche del trauma dichiarando: "La risposta ordinaria alle atrocità è lo spegnersi della coscienza. Affianco al desiderio di negare le atrocita’ del passato c’e una convinzione profonda che il negare non e’ un rimedio” (Herman, 1992). Questo da’ vita ad un insopportabile dualismo psicologico. Pertanto, l'obiettivo del corso terapeutico è un ripristino della consapevolezza, un risveglio dei sensi, un nuova dimensione dell'esperienza di vita, reesaminata e metabolizzata a produrre nuovi paradigmi di esistenza che sostituiscono il conforto della tradizione al caos psicologico e promuovono il recupero e la reintegrazione del passato col presente.
Inoltre, ci sono opinioni scientifiche che cercano di integrare le dinamiche del Trauma Storico con il concetto della epigenetica, una disciplina scientifica che esplora i legami tra fattori contestuali e sociali tra cui la povertà, la malnutrizione e problemi fisici e psicologici, partendo dalla teoria che le cause ambientali possono modificare il genoma individuale. Secondo le ultime teorie sul Trauma Storico, la lunghissima storia di privazioni vissute dalle comunità native possono interferire con l'espressione genetica e contribuire a patologie fisiche e psicologiche (Francis, 2009; Maviglia, 2016). Anche se discutibile, la teoria epigenetica costituisce un altro punto di riferimento sulla mappa eziologica che ci guida ad una analisi piu’ approfondita della teoria del Trauma Storico.
Quindi,per essere terapeuticamente effcaci con i pazienti nativi americani, i terapisti debbono
partire dal presupposto che il Trauma Storico permea tutti i domini dell'esistenza individuale,
come per esempio il senso di identità personale,la vita relazionale,la memoria collettiva, le credenze culturali e spirituali (Weisband, 2009). Queste considerazioni dovrebbero indurre i
terapisti ad aiutatare i Nativi Americani nel riorganizzare i sintomi del Trauma Storico in
risposte collettive , a livello comunitario, che conducono verso una guarigione sia individuale
che collettiva (Brave Heart & DeBruyn, 1998). Pertanto, il terapeuta dovrebbe condividere il
concetto che i problemi psicologici sociali e ambientali che molti Nativi continuano a affrontare
sono manifestazioni di una complessa reazione al colonialismo, alla sofferenze
intergenerazionale, a fenomeni storici di discriminazione e oppressione.
In questo spirito, i terapisti e coloro che assistono I Nativi dovrebbero sforzarsi a convalidare l'esistenza di entrambe le vicissitudine storiche e la continua discriminazione e oppressione che hanno afflitto e affliggono le popolazioni indigene (Brave Heart et al., 2011). Senza convalidare sia le atrocità passate, sia il riconoscimento dell'attuale clima discriminatorio che molte persone native ancora sopportano, e’ quasi impossibile percorre un tragitto terapeutico efficace. Inoltre, poiché la cultura dominante dei Bianchi ha una grossa responsabilita’ nella genesi del Trauma Storico, una dimostrazione delle dinamiche storiche è fondamentale soprattutto quando il terapista, come accade di sovente, è parte ed espressione della cultura occidentale. Gli individui nativi dovrebbero essere aiutati a stabilire una connessione tra gli eventi storici e la loro sofferenza emotiva che aggiunera’ una valenza terapeutica sostanziale verso la creazione di una consapevolezza psicostorica.(Brave Heart & DeBruyn, 1998). Ma anche se il ruolo degli approcci tradizionali a livello ambulatoriale non puo’ essere minimizzato, probabilmente i migliori approcci sono eseguiti seguendo modelli che coinvolgono la comunita.’
Pertanto,fornirò due esempi di questi approcci, che , a mio avviso, rappresentano la quintessenza di sforzi terapeutici basati su approcci culturali nativi americani che mirano ad affrontare e superare la sofferenza traumatica individuale e collettiva.
Progetto Storico Traumatico a Portland, Oregon
Portland ha la nona più grande popolazione indigena negli Stai Uniti, che rappresenta circa 380 tribù. Questo gruppo nativo urbano vive ad un livello di poverta’ tra i piu’ alti
in America e analogamente all’esperienza di altre comunita’ indigene del Nord America , i Nativi Americani di Portland vivono in quartieri con tassi di criminalità molto elevati e sfortunatamente non hanno le competenze e il livello di istruzione per sopravvivere il feroce e competitvo ambiente economico della societa’ odierna.Un progetto di ricerca incentrato sul disagio sociale in questa popolazione ha individuato la presenza di sintomi derivati dal Trauma storico, elevati livelli di abuso di sostanze (specialmente alcolismo),problemi di salute mentale ( in particolare depressione) e diabete del tipo 2 (Tann, Yabiku, Okamoto e Yanow, 2007) . Come gia’ accennato piu’ volte e’ legittimo considerare queste patologie come parte del quadro patologico del Trauma Storico. Il progetto ha evidenziato che è una delle maggiori difficolta’ psicologiche dei Nativi in questa comunità è rappresentato da una barriera emotiva che impedisce lo sviluppo di sani legami affettivi e sociali. Lo studio spiega queste difficoltà come conseguenza dell'esperienza di molti bambini Indiani che sono stati sradicati dalle proprie comunita’ ed assegnati a riformatori che hanno cercato metodicamente di trasformarli in cittadini americani bianchi. La dintegrazione psicologica che ne risulta si manifesta ,negli individui partecipanti allo studio,con un quadro di “intorpidimento psicologico e sociale”, che include difficolta’ relazionali, assenza di autostima e disposizioni depressive.
Secondo studi ed esperienze di studiosi e clinici indigeni, come continuo a sottolineare nel corso dell’articolo, il modo migliore per promuovere la guarigione delle popolazioni indigene consiste nell’incoraggiare e sostenere un processo di rielaborazione e riformulazione delle memorie traumatiche per sviluppare un nuovo “quadro psicostorico” che contestualizzi le vicende storiche in una rinnovata identita’ collettiva indigena e tribale.
In altre parole, rileggere la storia indigena con l'intento di “decostruire” opinioni vittimistiche degli eventi storici dà, come logico, l'opportunità di analizzare e ridefinire la realta’ per promuovere cambiamenti positivi. Infatti, esperienze e studi mostrano che le sofferenze e perdite possono essere di grande aiuto nel promuovere cambiamenti positivi e un fenomeno di crescita psicologica e sociale,e che a volte ne costituiscono la forza piu’ efficace (Baltes, Lindenberger e Staudinger, 1998).
Il passato, quindi, tramite questo “iter psicostorico” sara’ liberato dallo spettro ideologico della figura del colonizzatore. Quessto percorso richiede che informazioni corrette sulla storia del Trauma Storico vengano diffuse attraverso le comunità native per sostituire la corrente interpretazione erronea degli eventi storici che coinvolgono le popolazioni nativo americane ancora influenzata dalla dottrina del "Destino Manifesto", che costituiva l'ideologia base nel diciannovesimo secolo per la classe dominante americana e che si basava sulla credenza che gli Stati Uniti erano destinati, per intercessione di poteri divini, ad espandersi da una costa all’altra (Miller, 2006). Questa dottrina ha dato l’impulso all'insediamento occidentale, alla rimozione di popolazioni nativo americane e all'esproprio di gran parte del loro patrimonio territoriale. Fondamentalmente, ha rappresentato “una benedizione ideologica al furto delle risorse dei Nativi”.
La speranza è che un resoconto basato su un quadro storico de-colonizzato della storia indigena nord americana ,sostituirà mitologie e falsita’ ormai da tempo sancite sui libri di storia, e che ispiri un rinnovato attivismo sociale e politico nelle comunita’ nativo americane.
Ed infattti, negli ultimi decenni, le comunità indigene nordamericane sono state impegnate in un processo di rinascita che si sforza di ripristinare e conservare il patrimonio linguistico indigeno, le credenze dei valori tradizionali e incoraggia un rinnovamento dell'identità indigena . Tuttavia, questo processo di restauro e di rinnovamento non è apprezzato dalla maggioranza della popolazione americana bianca, in quanto i Bianchi ,in generale, non hanno le conoscenze storiche e culturali necessarie per apprezzare le conseguenze dei fenomeni coloniali e post coloniali e spesso commentano questi vicissitudini storiche in maniera superficiale con osservazioni come "È storia passata. Gli Indiani devono imparare ad andare avanti.” I commenti ,talvolta, sono anche piu’ pesanti. Ma la realta ‘ e’ esattamente opposta: Le comunità nativo americane non hanno mai smesso di lottare per superare gli aspetti devastanti del Trauma Storico.Il ruolo degli “Anziani/ Saggi” nell’assistere i terapisti nell'aiutare durante il processo terapeutico gli individui indigeni che manifestano sintomi di sofferenza psicologica legati al Trauma Storico, è fondamentale come dimostrato da numerosi casi clinici (Ellerby & Ellerby, 1998). Le opinioni appena espresse sono la base di quasi tutti gli studi sul Trauma Storico e hanno ispirato il progetto della “Portland Wisdom of the Elders, Inc.” ( “Il Progetto della Saggezza degli Anziani di Portland”) riguardante il Trauma Storico (WISDOM).
Lo scopo essenziale del progetto e’di riportare a galla i ricordi collettivi legati al trauma con l’aiuto di cerimonie ed insegnamenti tradizionali per stimolare un processo di guarigione basato su una riformulazione della storia personale e collettiva. Con questo obiettivo guida, la “Wisdom of the Elders, Inc.” (WISDOM) ha creato un progetto multimediale per recuperare le tradizioni culturali che consiste nella condividere i video di storie di Nativi Americani che ispirati dalle tradizioni hanno trovato la forza di superare gli ostacoli del trauma psicologico e di trovare dei percorsi di vita consoni alle aspirazioni individuali (Discovering Our Story, Nd).
La condivisione di storie è una pratica tradizionale indigena che promuove connessione, la riscoperta della propria identita’,un percorso verso la guarigione ed un senso di benessere. Nelle registrazioni video, gli anziani e i narratori delle tribu’ rivelano la maniera in cui hanno superato ostacoli e difficolta’ e promosso un percorso verso la guarigione ed un miglioramento delle loro condizioni di vita. (Discovering our Story, n.d.). Nella pagina web del progetto, i Nativi condividono la loro conoscenze sul soggetto del Trauma Storico, i suoi effetti e gli approcci terapeutici piu’ efficaci. Questi insegnamenti aiutano a ridefinire la propria identità e nel ripristinare i valori culturali tradizionali, e ovviamente offrono un enorme contributo a rinvigorire il senso di speranza per coloro che sono afflitti dalla sofferenza psicologica derivante dal Trauma Storico (Discovering our Story, n.d.).
.Yakama Rising: rivitalizzazione culturale indigena, attivismo e guarigione
Un altro esempio di progetto centrato sul superamento dei danni dal Trauma Storico
e’ descritto nel libro:”Yakama Rising:Rivitalizzazione Culturale Indigena, Attivismo e Guarigione”. Nel corso dei capitoli l'autrice, Michelle M. Jacob, descrive gli sforzi della sua tribù, la Nazione di Yakama (Jacob, 2013) ubicata nello stato di Washington, per rispondere alle conseguenze del trauma, promuovendo un vero e propio movimento di base per la rivitalizzazione culturale della tribu’. Gli appartenenti alla tribu’ sposano una posizione di “resistenza culturale” come il mezzo principale per curare le ferite derivanti dalla perdita delle tradizioni culturali.Quindi, non un approccio basato sui dettami della psicoterapia e psicofarmacologia occidentali ,ma su un approccio basato sulla contezza degli avvenimenti storici che protrebbe essere definito come una “terapia psicostorica collettiva”.
Il concetto principale descritto nelle pagine del libro è che le comunità indigene hanno tutte le forze intellettuali, culturali, e psicologiche per affrontare i problemi psicologici, che le affliggono. Infatti, l'autore sottolinea con enfasi che l’attivismo collettivo sociale e culturale e’ di per sé una potente forza decolonizzatrice e taumaturgica. L'autore identifica tre aspetti principali nel recupero dell'identità e delle tradizioni:
1. esempi che mostrano lo sforzo e le difficolta inerenti nel processo del recupero delle pratiche culturali tradizionali e nell'adattamento al cambiamento necessario per sopravvivere e progredire.
2. lo sviluppo di una narrazione coerente sulla storia tribale che equilibri le sofferenze psicologiche e fisiche inerenti al retaggio della colonizzazione con gli sforzi per sostenere il patrimonio culturale della tribu’Yakama.
3. identificazione degli aspetti salienti e specifici alla rivitalizzazione culturale come chiave per la guarigione dal trauma ,l'autodeterminazione, e la sopravvivenza.
Ma ci sono molti altri esempi convalidati dall'esperienza clinica e dalla letteratura specializzata nel campo, che affrontano il Trauma Storico e le sue conseguenze,come le dipendenze e le problematiche della salute mentale, con approcci terapeutici tradizionali.
Tutti hanno un denominatore comune: la riscoperta della “Indianita’” attraverso una riconnessione con la storia, le tradizioni, le credenze culturali e spirituali dei Nativi Americani (Brave Heart & DeBruyn, 1998). Tenendo conto di ciò che è stato detto, gli angusti approcci biologici praticati della medicina occidentale non possono soddisfare le esigenze emotive e psicologiche di una grande parte delle comunità e degli individui nativi, in quanto si basano principalmente su un senso individuale ed individualistico, che è in antitesi con i concetti nativi del benessere fisico e psicologico derivante dall’esser parte di una comunita’ che vede gli individui legati da un senso di altruismo sociale in cui il benessere dell’individuo e’ imprescindibile da quello della collettivita’.
Ricerca sul Trauma Storico
Gli addetti ai lavori che conoscono le problematiche della salute mentale e fisica dei Nativi Americani non vengono sorpresi dal fatto che gli Indiani non sono adeguamente rappresentati negli studi di ricerca che riguardano la salute mentale (Echo-Hawk, 2011).
Infatti, non esiste un trattamento validato da dati scientifici per affrontare adeguatamente i prolemi psicologici dei Nativo Americani (Gone & Alcántara, 2007). Tuttavia, questo punto di vista deve essere attentamente analizzato. Gli autori che commentano su questa carenza, sembrano supporre che i “gold standards”(“i principi di base”) per la ricerca sui Nativi Americani debbano coincidere con quelli utilizzati nella ricerca in generale.Il che’ porterebbe alla conclusione che i Nativi Americani potrebbero trarre giovamento da terapie sviluppate da modalità di ricerca occidentali, che probabilmente , come spesso avviene in realta’, verrebbero integrate con alcuni aspetti culturali,in maniera molto superficiale. Questo approccio ibrido, anche se sembra ragionevole, tende a ridurre l'efficacia delle pratiche terapeutiche tradizionali indigene ed ,imponendo modalità estranee al concetto di benessere indigeno, potrebbe essere un veicolo per episodi di ri-traumatizzazione e quindi di aggravamento di patologie psicologiche e psichiatriche. Bisogna tener presente che l'approccio terapeutico occidentale si basa su ipotesi ideologiche e culturali, erroneamente considerate universali (Lupton, 2012).
La necessità di un approccio ibrido, che condensi metodologie occidentali ed indigene, è proposto principalmente da ricercatori bianchi che affermando che la maggioranza dei lavori pubblicati sul Trauma Storico è sopprattutto teorica, ha bisogno di dati empirici se si vuole dimostrare la relazione tra le vicissitudine traumatiche e la sofferenza psicologica.
Tuttavia ignorano alcune ricerche fondamentali come quelle condotte da Whitbeck e colleghi, che offrono solidi dati scientifici riguardo il legame tra il Trauma e le perdite territoriali e culturali utilizzando scale scientifiche(ad esempio per il misuramento di fenomeni ansioso-depressivi) (Whitbeck et al., 2004). Gli studi di Whitbeck e colleghi si distinguono per la loro qualita’ empirica e sono determinanti per stabilire una relazione causale tra sofferenza emotiva e il grado di Trauma Storico. Inoltre, gli autori suggeriscono che studi futuri potrebbero concentrarsi sulla possibilita’ di una correlazione tra anormalita’ a livello neuronale (amigdala e ippocampo) e sintomi del Trauma Storico (Whitbeck et al., 2004).
Personalmente, ritengo che occorra esercitare una certa cautela nell'affrontare le cause biologiche, al fine di evitare che le aziende farmaceutiche impongano i loro tipici interventi biologici , sostenendo che la base per il Trauma Storico è essenzialmente neurobiologica, ignorando il contesto socio-storico e aprendo così la strada ad una massiccia ritraumatizzazione tramite l’imposizione di metodologie occidentali. Come gia detto,una sistesi terapeutica tra metodi terapeutici indigeni e approcci biologici, è stata proposta come un percorso di ricerca con buone potenzialita’ di beneficio (Hartman & Gone, 2012). Tuttavia, questa soluzione ibrida è vista con un alto grado di scetticismo da studiosi e clinici nativi. La loro principale obiezione è che le comunità native americane conoscono gia’ terapie efficaci appertnenti alle loro tradizioni terapeutiche, la cui efficacia è stata dimostrata in numerose pubblicazioni e testimonianze. Gli studiosi e gli operatori sanitari nativi tradizionali definiscono questi approcci come eminentemente scientifici in quanto convalidati dalla lunga esperienza terapeutica in un contesto indigeno.Al contrario,gli approcci terapeutici nel mondo occidentale risultano da studi scientifici di breve durata che spesso hanno rivelato enormi fallacita’ come dimostrato dalla mancanza di risultati chiaramente soddisfacenti.(Friesen et al., 2012).
Conclusioni
L'insurrezione di Standing Rock, come mi sono permesso di definirla, rappresenta una valida ed efficace opposizione dei Nativi alla costruzione dell’oleodotto ,alla difesa dell’ambiente ecologico e del territori nativi considerati sacri . In questa logica , è sia un atto di reazione anticoloniale ai poteri economici che cercano di controllare la vita dei Nativi , sia un passo fondamentale verso il rifiuto dell'impotenza e della disperazione generata dal fenomeno del Trauma Storico. Ho cercato di sostenere questa tesi basandomi su concetti espressi da voci autorevoli native americane , sottolineando il ruolo importante della cultura e delle tradizioni come mezzi principali per superare il dolore psicologico causato dalle vicende della storia delle popolazioni indigene dell’America del nord. In questo contesto, ho sottolineato sia la negligenza che l'incapacità della psichiatria e psicologia occidentali verso un contributo valido allo studio e al trattamento del Trauma Storico. Come ho sottolineato, la psichiatria tradizionale non riconosce ancora il Trauma Storico come un concetto clinico valido e continua ad ignorare che le culture indigene considerano la terapia come un percorso collettivo , in quanto, nella loro ottica, la salute individuale è profondamente legata a quella della comunità e viceversa.
I miei commenti sulla psichiatria ufficiale non sono un atto di mancanza rispetto , ma una semplice riflessione sulla realtà. Non mi sono dilungato sulla ragione per cui la medicina occidentale non mette l'accento sui temi contestuali (cultura, classe, ecc.) ,poiche’ il discorso avrebbe richiesto un altro articolo. Ed in realtà, molto è stato gia’ scritto su questo argomento, ma il soggetto è spesso ignorato dal mondo accademico. Tuttavia, spero che questo articolo costituisca un trampolino di lancio da parte di chi e’ interessato ad affrontare queste problematiche più approfonditamente. Come ho affermato fin dall'inizio, il motivo principale che mi ha motivato a scrivere questo saggio è di contribuire alla diffusione dei concetti degli studiosi,clinici e leader nativi americani sul tema del Trauma Storico.Ma soprattutto, ho cercato di ripudiare il mito secondo cui le culture native stiano scomparendo e che vivano in uno stato di disperazione. Spero di essere riusito nel mio intento.Come dimostrato durante la saga di Standing Rock, i Nativi Americani si prodigano costantemente per mantenere e ricostruire le proprie comunità tradizionali e per affrontare le sfide psicologiche derivanti dalle perdite subite nel corso della storia. Inoltre, fornendo l'esempio della comunità italoamericana di Roseto, la cui esperienza mostra gli effetti benefici sulla salute derivanti da un forte senso di comunità, e citando brevemente i multipli episodi sismici in Italia, ho inteso comunicare un contesto e un significato più grandi all'Insorgenza di Standing Rock, un qualcosa cosa che potesse essere sentito come parte della esperienza di tutti noi. Penso di averlo trovato in un'antica citazione indigena: “Bisogna tener cura del nostro patrimonio ecologico, delle nostre terre: non ci sono state consegnate dai nostri genitori, ma le abbiamo prese in prestito dai nostri figli. Non ereditiamo la Terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli".
Post Scriptum: Ho deciso di essere selettivo nella traduzione di nomi di enti governativi, tribu’, personaggi Nativi Americani, ed di altre espressioni in lingua inglese-americana. La scelta ,ovviamente, e’ dettata da esigenza linguistiche,in quanto,in alcuni casi, la traduzione sarebbe risultata in espressioni poco accurate e non in sintonia con il loro significato originale.
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