COVID-19: PANDEMIA E AMBIENTE

Share this
30 marzo, 2020 - 13:58
Stiamo chiudendo le porte con i lockdown quando il virus comincia a diffondersi o quando raggiunge i più indifesi? Con aerei e treni veloci pare improbabile che una forma virulenta capace di replicarsi al solo incontro non sia arrivata subito ovunque. I focolai a scoppio ritardato nelle diverse parti del mondo, dopo Cina e Corea, Germania, Italia e via di seguito fino in America e in Africa, potrebbero dipendere dal tempo trascorso per raggiungere gruppi di individui indeboliti dalle condizioni in cui vivono. L'attuale pandemia è comunque anche un problema ambientale globale, trattandosi di un virus a diffusione aerea e ad elevata capacità di contagio. Aria, acqua e molte altre risorse recano non solo beni, ma anche mali indivisibili. Gli eccessi di specializzazione per un verso e gli eccessi di improvvisazione spontanea per il verso opposto, consigliano di proporre, sia pure in breve una visione per quanto possibile meditata, pacata, ma interdisciplinare e complessiva del fenomeno generale. A distanza ormai di mesi dall'insorgenza della patologia, vi sono alcune considerazioni già largamente condivise, che si possono quindi dare per acquisite e certe. Altri argomenti relativamente nuovi (o forse solo inattesi), che si propone qui di considerare e correlare all'emergenza in corso, derivano uno dalla topografia e cartografia satellitare, l'altro dalla zootecnia e dalla biologia marina.
Non è ancora noto (proprio come nel caso di un secolo fa, per la “Spagnola”, che malgrado il suo nome non si era manifestata per la prima volta in Spagna) dove e quanto il coronavirus COVID19 sia attualmente diffuso: infatti per il suo censimento, gli esami effettuati su tampone sono stati condotti quasi unicamente nelle località e nelle fasi nelle quali il contagio ha manifestato una incidenza di mortalità relativamente elevata o ha comunque richiesto l'ospedalizzazione. Per i casi asintomatici o lievemente sintomatici o per i decessi isolati non vi sono dati disponibili. Anche per i guariti che risultano negativi al tampone gli esami del sangue sugli anticorpi non sono diffusamente disponibili. Dunque anche le regioni e le parti del mondo che si ritengono non gravemente colpite o non ancora raggiunte dal virus, potrebbero avere semplicemente attraversato la pandemia senza gravi conseguenze. Ancora non lo sappiamo, ma occorre al più presto cercare saperlo, anche solo statisticamente, con verifiche su ridotti campioni.
Escludendo per ragioni fin troppo ovvie (semplicemente perché non è possibile attuarla) di commentare la proposta impraticabile dei tamponi a tappeto, una risposta utile potremo averla solo sottoponendo a tampone e ad esame del sangue (tracciamento) piccoli campioni volontari di popolazione accuratamente selezionati per abitudini di vita, età, attività, esposizione. Oltretutto questo potrebbe ampliare il numero dei donatori di sangue da cui ricavare plasma iperimmune. Si dovrebbe insomma procedere come si fa per i sondaggi preelettorali: non certo intervistando tutti sulle loro opinioni politiche, ma solo qualche campione significativo attentamente selezionato. Queste campionature statistiche, dato il rilievo globale del problema, dovrebbero essere ripetute con criteri simili e paragonabili in diversi paesi del mondo. Solo a quel punto si potrebbero fare previsioni sulla durata della crisi in atto.
I dati di cui attualmente si dispone sono invece relativi all'interrelazione tra mortalità per complicanze respiratorie polmonari (o sintomi gravi che espongono al rischio di decesso) e presenza attiva di COVID19, tanto che si può con certezza sostenere che negli ultimi mesi un gran numero di ricoveri, di trattamenti in terapia intensiva e di decessi per scarsa ossigenazione del sangue sono associabili al virus COVID19.
Questo cospicuo incremento delle patologie gravi e della mortalità è quindi certamente legato al contagio per via aerea ravvicinata, ma poiché non è noto quanto l'agente sia attualmente e realmente diffuso (e sia già stato diffuso), la distribuzione geografica di cui disponiamo non è quella della propagazione del virus nel mondo, ma quella della più alta incidenza di effetti gravi o letali ad esso correlabili. La differenza può sembrare una sottigliezza oziosa, ma è invece essenziale e non va sottovalutata. Per quanto ne sappiamo (o meglio per quanto ancora non ne sappiamo) potrebbe trattarsi non di un virus particolarmente aggressivo, ma di effetti devastanti di un virus ricorrente su individui particolarmente provati.
Stanti queste necessarie premesse, seguono alcune osservazioni che possono essere per brevità ridotte a due soltanto.
1. Distribuzione
La mappa della mortalità originata anche dal virus ricalca con sorprendente precisione quella dell'affollamento e in modo ancora maggiore e addirittura sorprendente quella dell'inquinamento. Se la prima coincidenza non sorprende ed è logica, dato che in condizioni di maggiore contiguità tra individui è senz'altro più probabile il contagio, la seconda richiede un approfondimento. Non si può infatti sostenere che la densità di persone e la quantità di inquinanti viaggino rigorosamente assieme e proprio nei casi di scostamento anche lieve tra le due mappature si può osservare che l'incremento della mortalità in questa pandemia non segue tanto o solo l'affollamento, quanto anche e soprattutto l'inquinamento (naturalmente quello precedente alle misure restrittive adottate nei vari luoghi, che lo hanno temporaneamente ma drasticamente ridotto). Occorrerebbe naturalmente distinguere tra i diversi fattori compresenti di inquinamento, da quello dell'aria a quello dell'acqua, del terreno, del cibo, sino a quello elettromagnetico in aumento.
A fini di studio sommario preliminare facciamo il caso, ad esempio, dell'Italia o dell'Europa: in media l'Italia è sei volte più densamente abitata dell'Europa. In Italia, anche trascurando l'affollamento che si registrava in tempi ordinari – quello prodotto dal turismo – si ha una media di circa mezzo ettaro di superficie (un rettangolo di 50 metri per 100) per ogni abitante (e per tutta la sua discendenza). In Europa sono circa tre ettari in media. Venendo alla sola Italia, ad esempio la regione Lombardia e la regione Campania possono essere confrontate con quest'ultima in testa.
La Lombardia supera di poco i 10 milioni di persone e non arriva con la sua superficie a 2,4 milioni di ettari, quindi ha una densità più che doppia di quella già altissima dell'Italia e dodici volte superiore a quella media europea. Se poi si considera che la pianura, dove si concentra la maggior parte della popolazione, è pari a meno della metà della superficie totale, si raggiungono e si superano in alcuni settori del territorio di questa regione densità di 10 abitanti ad ettaro (approssimativamente un quadrato di 30 metri di lato a testa). In Lombardia (ma poi in Piemonte, Emilia e Veneto), come purtroppo tutti sappiamo, gli effetti letali dei virus continuamente mutanti (e non necessariamente i virus) hanno fatto la loro comparsa in Italia, percorsa da aerei, autostrade, treni. La propagazione nella penisola è stata probabilmente immediata.
La Campania ospita circa sei milioni di persone, poco più della metà della Lombardia, su una superficie che è poco più della metà di quella della Lombardia. Dunque la densità della popolazione residente, di poco superiore, è sostanzialmente analoga. Se è vero che in Campania rispetto alla Lombardia vi sono minori attività di scambio industriale e di traffico internazionale, è pur vero che questo vantaggio è sostanzialmente annullato e controbilanciato dai numerosi porti e scali sul mare. E dato che quanto andiamo sinora monitorando non è la presenza del virus ma i suoi più gravi effetti, sui decessi dovrebbe pesare anche l'efficienza del sistema sanitario, che è mediamente migliore in Lombardia rispetto alla Campania. Se il contagio seguisse l'affollamento e le misure igienico-sanitarie, Lombardia e Campania dovrebbero insomma trovarsi in condizioni sostanzialmente analoghe. Se non rovesciate. Così non è, a netto sfavore della Lombardia.
Già con questo solo esempio di raffronto italiano si vede bene insomma che non si può stabilire una corrispondenza tra affollamento e gravità delle conseguenze nella diffusione del virus.
Se invece si considerano le mappe dell'inquinamento nel corso dei decenni (in Italia, in Europa e nel mondo, con effetti che non dipendono solo dagli impianti e dalle emissioni presenti, ma anche dai venti, dall'umidità, dalle nebbie, dalle polveri sottili, dall'insolazione, dalla vegetazione), si vede che vi è una corrispondenza molto più marcata tra effetti letali del virus e permanenza della esposizione agli inquinanti degli esseri umani nel corso della loro esistenza. Malgrado la persistenza del fenomeno denominato come “terra dei fuochi”, la Campania è molto più ventilata. Questa ipotesi può spiegare anche l'andamento attuale della mortalità rispetto all'età anagrafica e alle differenze di genere (incidenti sui lavori a rischio), che in questa pandemia presenta un andamento ad “L” specularmente rovesciata, non a “U” come di consueto (infanzia e vecchiaia sono in genere le età più fragili ed esposte a ogni aggressione) o a “W” come si è verificato raramente, dopo periodi bellici di denutrizione e privazioni che rendono molto precaria anche la fascia centrale della popolazione di mezza età. Nel fenomeno in atto la “L” rovesciata, in larga prevalenza maschile (mortalità più che doppia), è spiegabilissima e addirittura logica se legata agli agenti tossici presenti nell'aria, nell'acqua e nel cibo. Infatti con l'aumentare dell'età anagrafica del singolo individuo cresce anche la concentrazione degli inquinanti presenti nel suo organismo.
Sin qui saremmo ancora solo nel campo di una semplice possibilità che però è qualcosa di più di una ipotesi astratta, dato che sotto un profilo probabilistico (proprio come per le impronte digitali o per i codici a barre) è molto difficile che due mappe collimino sino quasi a coincidere per puro caso.
 
2. Concause
Ma c'è almeno un altro ragionamento che si può già fare, con scarsi elementi conoscitivi a disposizione. Il ricorso in calo alle cavie (per il dissenso di molti, progressivamente nel tempo sempre più marcato) non è in origine una forma di inutile crudeltà verso gli animali fine a sé stessa, ma primariamente un modo di sperimentare ipotesi scientifiche senza rischio di recare danno alla salute umana. Dunque non è nuova l'idea di paragonare i nostri problemi a quelli degli animali. Ora non si vede quindi una valida ragione per rifiutare, quando siamo di fronte ad un problema, il tesoro di quanto sappiamo dalla biologia, dalla zootecnia, dall'itticultura e dall'agricoltura, senza bisogno di infliggere ulteriori sofferenze agli animali, procedendo solo sulla base dell'attenta osservazione dei fenomeni già noti e studiati. Sappiamo che in condizioni di affollamento aumenta l'aggressività tra individui di tutte le specie viventi. Sappiamo che gli allevamenti intensivi sono più esposti alle epidemie e alle morie improvvise. Sappiamo che perfino nel mondo vegetale le monoculture espongono agli stessi rischi le piante. Non si vede perché una concentrazione omogenea e compatta di esseri umani dovrebbe sfuggire a queste constatazioni. Ma procedendo così resteremmo ancora sempre e solo nell'indagine sui rischi dell'affollamento eccessivo, determinato dalle grandi concentrazioni. Se invece spostiamo l'attenzione anche agli inquinanti e alle sostanze tossiche, possiamo acquisire dati ancora più interessanti.
Perfino in libertà gli animali, e in particolare i mammiferi, offrono spunti di riflessione estremamente significativi: i cosiddetti spiaggiamenti di cetacei e delfini sono apparsi a lungo inspiegabili. Si è poi accertato che dipendevano non da perdita di orientamento, come inizialmente si credeva, ma da mancanza e ricerca d'aria, in sostanza da asfissia, originata da patologie bronchiali e polmonari di origine virale (morbillovirus dei cetacei: ceMV). Quando manca progressivamente la forza muscolare per tornare in superficie a respirare si cerca con le energie residue il sostegno del fondale. Ma con l'esame autoptico delle carcasse degli esemplari spiaggiati e deceduti gli studiosi sono giunti a verificare che si trattava prevalentemente di individui adulti o anziani (i piccoli seguono comunque le madri) a stomaco vuoto (cioè sfiniti, ormai incapaci di cacciare e procurarsi il cibo) nei cui tessuti erano presenti sostanze inquinanti in concentrazioni molto superiori alla media riscontrabile in quelle stesse specie, quando analoghi esami venivano condotti su esemplari deceduti perché falciati da un'elica o impigliati in una rete o uccisi dal petrolio o dalla plastica.
Insomma per farla breve queste cavie involontarie, libere in “natura”, non sottoposte a prove da laboratorio, una volta analizzate allo stato di carcasse ci informano di un fatto che potrebbe costituire una chiave di volta per cercare di contenere e arginare gli effetti più gravi di questa attuale ormai pandemica grave epidemia.
Indubbiamente la gravità delle manifestazioni e del decorso dipende anche dalla carica virale e dalla eventuale continua e ripetuta esposizione. Ma è molto probabile che non solo i tamponi finalizzati ad accertare la presenza o meno del virus, non solo i tracciamenti, ma anche le analisi sulle sostanze tossiche presenti nei tessuti degli individui, possano dire molto sulle manifestazioni più devastanti. Il diffuso cautelativo ricorso alle cremazioni rende quindi urgente procedere al prelievo di campioni di tessuti dalle vittime.
***
Così, semplicemente osservando le mappature sulle carte geografiche e riflettendo sulle estese improvvise e sempre più frequenti morie di mammiferi marini, si potrebbe meglio valutare come progredire nella cura, nella profilassi e nella prevenzione. Oltre al siero o plasma dei guariti, oltre ai farmaci antinfiammatori contro l'artrite associati agli antivirali, oltre alla clorochina.
Sulla base di valutazioni attendibili (sia pure necessariamente riscontrate solo a campione) sull'incremento progressivo delle percentuali asintomatiche, le misure restrittive andrebbero nel tempo ridotte disponendo le riaperture a partire dalle scuole, mentre quelle che con maggiori cautele dovrebbero riprendere sono le esposizioni alle possibilità di essere contagiati per i soggetti a rischio di complicanze e soprattutto le attività delle industrie inquinanti. Perché nulla tornerà mai come prima, ma tutto può sempre essere meglio di prima.
 
 
Per un approfondimento
 
Video:
 
•  What the health (film sull'impatto sanitario del consumo di carne e di prodotti caseari);
• The game changers (film sugli effetti sull'organismo di una alimentazione vegetariana: di grande interesse in particolare per atleti e per un pubblico maschile);
•  Forks over knives (film sul legame fra cibo e malattie);
•  Earthlings (film sulla mentalità specista e alternativa anti-specista);
•  Dominion (film sull'impatto di dolore degli allevamenti intensivi);
•  Cowspiracy (film sull'impatto ambientale degli allevamenti intensivi).
Sono quasi tutti con sottotitoli in italiano; provate a vederli: non ve ne pentirete.
 
Articoli: 
 
• Coronavirus e altre epidemie: perché sono legate ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità (Corriere della Sera)
• Pandemie e sfruttamento degli animali: una lunga storia da cui imparare (Lav)
• Coronavirus, Ebola e le loro cause (Il Manifesto)
• Stiamo distruggendo l’antivirus del pianeta: la metà delle foreste non esiste più (Greenme)
• Il virus degli Ogm nel «salto di specie» (Il Manifesto)
• L'uomo rappresenta solo lo 0,01% di vita sulla Terra, ma ha già distrutto l'83% delle specie (Repubblica)
• Cambia il clima e le cavallette si mangiano mezza Africa (Il Manifesto)
 
Report ISPI
Coronavirus: la letalità in Italia, tra apparenza e realtà  
di Matteo Villa (ISPI Research Fellow)
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/coronavirus-la-letalita-itali...
 
Due interessanti interviste: al vicepresidente emerito della Corte costituzionale Paolo Maddalena e al farmacologo Stefano Montanari 
https://www.youtube.com/watch?v=HYVoXVDPX9I&fbclid=IwAR2Lh-ddYabwUeHw2QLOLLOLdSzZ8QItcPTVFiLE_oLn3OuSVmggbLUByb0
https://www.youtube.com/watch?v=qjbHh75tPms&fbclid=IwAR1s_HIukTuKL1Dsi81NrfHgWXv8psH5sqaYlMrfCrQfc_p3y9-RF92ZgNU

 

> Lascia un commento


Totale visualizzazioni: 2650