LE EVIDENZE E I FARAGLIONI

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21 settembre, 2020 - 16:40

Il congresso è uno di quelli con le palle. La società scientifica che lo organizza è una società seria, di ottimo livello, nota a livello internazionale.

Gli interventi si succedono a ritmo incalzante, ma ora è arrivato il momento del pezzo forte, la relazione del Presidente della Società.

La platea, che cominciava a mostrare qualche segno di cedimento, si rianima. Bianchi Bernardini fa fatica a raggiungere il palco. Deve stringere un sacco di mani, rispondere ai saluti, schermirsi per i complimenti che si sprecano, alcuni sinceri, altri, come è inevitabile, mossi da pura e semplice piaggeria.

Appena arrivato al microfono si guarda intorno e il brusio smette d’improvviso. Nella sala si condensa un’atmosfera di trepidante attesa.


 

L’incipit è trionfale, solenne, il tono epico.

“Finalmente è giunta l’ora che la psichiatria entri a pieno titolo nel nuovo millennio. Non possiamo più permetterci di basare la nostra pratica sulla semplice esperienza, che come sappiamo è fallace e accecata dalla soggettività. Finalmente abbiamo degli strumenti moderni, che ci consentono di indirizzare con esattezza il nostro operare. Abbiamo i computer, le scale di valutazione, le ricerche standardizzate, gli studi in doppio cieco. Siamo in grado di trasformare in numeri confrontabili e indiscutibili qualsiasi nostro intervento”.

Prende fiato e riattacca sullo stesso registro:

“Dobbiamo finirla di fare come vogliamo, senza curarci delle evidenze scientifiche. Ecco... sono orgoglioso di dire, con assoluta convinzione, che le evidenze sono superiori all’esperienza. E’ sulle evidenze, sulle evidenze dico (la ripetizione è un artificio retorico per sottolineare il concetto) che deve basarsi la nostra pratica clinica. Le evidenze sono i n d i s c u t i b i l i, provate con tecniche che derivano dalla statistica e dall’epidemiologia, sono numeri e i numeri, come si sa, non sbagliano”.

La platea applaude convinta. Temo che molti non abbiano nemmeno capito di cosa Bianchi Bernardini stia parlando, ma questo è un dettaglio ininfluente e, in fondo, inevitabile. Capire significherebbe pensare con la propria testa e ciò comporta uno sforzo per molti eccessivo.

La reazione del pubblico gasa ancora di più Bianchi Bernardini, che conosco da anni e so essere sensibile, come ogni psichiatra che si rispetti, al consenso popolare.

“Ogni trattamento, ogni tecnica, ogni pratica clinica deve essere validata da ricerche approfondite, basata su protocolli, linee guida. Un malato deve ricevere lo stesso trattamento in qualsiasi posto vada a curarsi.”

L’ovazione scatenata dall’immagine di una terapia unica, scritta nero su bianco, da seguire alla lettera, ovunque in tutto il mondo, scatena una vera e propria ovazione. Il risultato è che Bianchi Bernardini è indotto ad alzare l’asticella.

“Si è dimostrato con ricerche i n o p p u g n a b i l i che la tecnica di Binger Brieden nella cura dei disturbi schizofrenici è più efficace dei trattamenti convenzionali, onde per cui oso dire che i servizi psichiatrici che non prevedono questo trattamento dovrebbero essere accusati di malpractice.”

Guarda la platea con aria di sfida, ma l’atto di coraggio sembra del tutto inutile, visto l’accondiscendenza degli uditori.

Penso tra me che questa volta l’ha sparata davvero grossa, ma nessuno fa una piega. Si sono bevuti questa spacconata come se fosse un bicchier d’acqua.

Bianchi Bernardini in fondo non è una cattiva persona e crede davvero a quello che dice. Ciò mi rende indulgente, ma non al punto di diventare masochista, per cui mi distraggo e penso ad altro.

L’occhio mi cade sul giornale aperto su una pagina di cronaca:

TURISTI SVEDESI CERCANO I FARAGLIONI A CARPI

Una coppia di turisti svedesi si è presentata all’Ufficio turistico di Carpi chiedendo dove fossero i faraglioni. L’impiegato in un primo tempo ha pensato che i due stessero cercando un locale con quel nome. La ricerca è risultata infruttuosa. Solo a quel punto ha realizzato che i due turisti avevano sbagliato a digitare la destinazione. Impostato il navigatore su “Carpi” anziché “Capri”, ignorando ogni informazione derivante dai loro sensi e dall'esperienza, si sono trovati in piena pianura padana, sotto il solleone di agosto, convinti di essere sul litorale campano.

Mi viene da ridere e faccio fatica a trattenermi.

Nel frattempo Bianchi Bernardini è arrivato alla fine del suo intervento. Siamo all’apoteosi:

“Quindi, care colleghi e cari colleghi, finalmente la psichiatria è diventata una scienza che può guardare le altre discipline mediche a testa alta. Il tempo degli apprendisti stregoni è finito. Seguiamo con fiducia e fede incrollabile i dati che ci provengono dalla scienza e dai suoi strumenti ormai altamente sofisticati. Ci condurranno senza fallo alla meta”.

Applausi fragorosi, accalcamento pazzesco intorno a Bianchi Bernardini, che a fatica si libera dalla folla.

Lo incontro fuori dal salone dei congressi. Ci salutiamo cordialmente.

“Hai promesso di venire domenica a Verona a vedere la Carmen all’Arena. Andiamo con la mia macchina. Ci conto?”

Lo guardo con una sorta di tenerezza:

“Grazie per l’invito. Vengo volentieri, ma a un’unica condizione.”

“Quale?”

“Che tu spenga il navigatore”.

“E perché mai?”

“Ho paura della tua fiducia incrollabile nella scienza e della tecnica. Digiti, sbagli una vocale o una consonante, segui il navigatore e finiamo in un fosso. Una volta ero in Sardegna e il navigatore insisteva per farmi buttare in mare con la macchina, ma io ho seguito il buon senso invece delle evidenze e non sono annegato.”

Resta a bocca aperta, come un pesce fuor d’acqua. In faccia ha stampato un grosso punto interrogativo.

“Dai, tranquillo... Ti spiego tutto domenica, in viaggio. Portati una cartina e guardati bene intorno”.

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