Riflessioni (in)attuali
Uno sguardo psicoanalitico sulla vita comune
di Sarantis Thanopulos

Il perturbante disagio nella civiltà 

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1 maggio, 2021 - 13:32
di Sarantis Thanopulos
Dialogo tra SarantisThanopulos e Alberto Luchetti   
SarantisThanopulos: “Caro Alberto, è da poco nelle librerie la bella riedizione da te curata, e dotata del testo in lingua originale, de Il disagio nella civiltà di Sigmund Freud (Feltrinelli, pp. 276, 10 euro).  Un vero classico, sempre attuale e sempre profetico: capace di cogliere il presente con il senno di poi, con uno sguardo che viene dal futuro. Nel tempo presente, attuale, convivono e confliggono la trasformazione che,indissociabile dalla continuità/persistenza (il lavoro del lutto regola il loro rapporto), crea vita e la distruzione che crea inerzia. La continuità fa permanere, vivere il passato, la trasformazione anticipa l’avvenire, come apertura già racchiusa nel suo evolvere, la distruzione dilata il presente, lo rende immobile. Non è un caso che all’inizio del libro Freud si sofferma sulla questione della permanenza del passato, usando la bellissima metafora di Roma “città eterna” (dove le tracce persistenti di ciò che ha vissuto lo conservano vivo nel nostro mondo interno, nonostante le sovrapposizioni successive degli edifici), e si interroga sulla continuità della vita psichica, per arrivare alla conclusione che in essa “la conservazione psichica sia la regola, più che la sconcertante eccezione”. La civiltà presume sempre, accanto all’evoluzione delle forme del vivere comune, la continuità della vita psichica individuale e collettiva che è fondata sulle relazioni erotiche. La distruzione della continuità distrugge la civiltà.  

È qui che mi sento di collocare “il fattore molesto” chemetti in evidenzanel tuo acutocommentodel libro: l’onnipresenza dell’aggressività edella distruttività non erotiche.Originanti dallanecessità di rigettare ciòche può causare dispiaceree dolore: il proprio corpo,il mondo esterno e le relazioni con gli altri.Intravvedo l’opposizionetra desiderio che si nutre delle tensioni edel bisogno che le elimina.”
 


 

Alberto Luchetti: “CaroSarantis, davveroproblematicoquestoIl disagio nella civiltàche – per usare le immagini di un filmato di quarant’anni fa – ci conduce con lo sguardo dalla nostra vita quotidiana (o dal divano e poltronapsicoanalitici) alla distanza spazio-temporale di miliardi di anni luce per riprecipitarci nell’infinitamente piccolo degliÅngstromdell’atomo. Freud inserisceinfattigli interrogativi sulla nostra condizione, passata presente e futura, sul nostro funzionamento esulla nostra esistenza in cerca di “felicità”, nonché il lavoropsicoanaliticosul nostro malessere, nella cornice sempre più allargata dellesocietàe delleciviltà, e sempre più profonda nel tempo della nostra storia individuale e collettiva, prossima e remota,e dell’evoluzione della nostra specie e dell’universo. 

Eperturbante, questoDisagio, perché in tale corniceFreudinquadra la nostra condizione peculiare dianimaliinestricabilmentelinguistici e pulsionali, da cui fa discendere, suo malgrado, un “fattore molesto” inconciliabile. Quello di una equivalenza dellasessualitàpulsionale, che alimenta il nostro psichismo, e dell’autodistruttività, più originaria e potente di ogni tentativo di deviarla ineterodistruttività.Un’equivalenza in cui,più radicalmente ancora,trasformazionee distruzione, continuità e inerzia che tu menzioni in fondo convergono. 

Pessimista, questoDisagio? Sì, perché sembra non solo constatarci inadatti alla cultura/civiltà che pure ci è essenziale, ma aggiungere anchequest’ultimaa quella sconcertanteequivalenza.No, perché affida umilmente alla relazione di corpi umani (come quellapsicoanalitica con l’altro, trappola transferale per fantasmi e fabbrica del desiderio), l’impossibile ma indispensabilelavoro culturaledi curarci della nostra sofferta e sofferente umanità, per custodire un qualche futuro per noi stessi e dunque per gli altri e per il nostro mondo,conditiosine qua nondel nostro esserci ancora”. 

 

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