LA SCIENZA DELL’IMPOSTURA: IL DSM 5

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9 marzo, 2022 - 19:41
Autore: Sergio Benvenuto
Editore: Mimesis
Anno: 2021
Pagine: 192
Costo: €14.40

A proposito del libro di Sergio Benvenuto, Lo psichiatra e il sesso. Una critica radicale della psichiatria del DSM-5  

 

 ‘Scientifico’ è oggi il predicato chiave per promuovere qualsivoglia trattamento del corpo e dell’anima, dalle pillole dimagranti alla terapia delle crisi di angoscia. È un’evidenza in campo medico-sanitario, un supposto sapere nel mercato delle cure. Ovviamente l’essenziale non è che la terapia proposta sia scientifica, ma che ne sia persuaso l’utente. La credenza dell’efficacia di una terapia è efficace. E così prevale una retorica banale che degrada un’arte venerabile a tecniche minute di persuasione e di suggestione.  

Eppure, per quanto occultata, rimane ben viva la tensione tra sapere vero e credenza. La psicoanalisi di Freud è stata uno straordinario tentativo di ricondurre la suggestione alla verità, la verità del sapere inconscio. Il ritorno a Freud di Lacan ha ripreso e rinvigorito in modo geniale lo sforzo freudiano, dandogli il posto dovuto nella cultura del novecento e mantenendo la sua operatività nel XXI secolo. Freud affidava l’avvenire della psicoanalisi alla scienza: Lacan arriva a interrogarne i fondamenti, sempre restando in dialogo con essa.  
 



 

 

Nel frattempo la retorica della suggestione non è rimasta inerte: Sergio Benvenuto, con il suo libro Lo psichiatra e il sesso, mette in discussione il più famoso virgulto della medicina psichiatrica’, il DSM, celebrato come la vetta della psichiatria scientifica in campo diagnostico. È l’ennesima riprova di come l’ostentare il ricorso alla scienza – quando non mette troppo in discussione confortevoli routine – può dar luogo a inciampi francamente comici. Le cui conseguenze sono meno divertenti, se non disastrose. 

Un passo indietro: sul tema della salute mentale e sullo smascheramento di uno scientismo zoppicante, va ricordato un volumetto di qualche anno fa, L’istituzione del male mentale di Furio Di Paola.1 I due decenni passati hanno confermato le tesi di Furio Di Paola sul cattivo costume del riduzionismo biopsichiatrico, che per spiegare qualcosa che non sa definire, la mente, rinvia a un immaginario funzionamento molecolare (della mente). Di Paola si confronta con l’ambizioso ‘progetto di una psicopatologia scientifica’ di Nancy Andreasen, naturalmente ipotizzato su basi neuronali.  

È un approccio già stigmatizzato nel 1997 dal biologo Steven Rose2. Di fronte a un certo entusiasmo di chi voleva ricondurre omosessualità, delinquenza, alcolismo alla genetica, già 25 anni fa Rose definisce queste presunte scoperte delle caricature della scienza. I processi vitali, argomenta, vanno accostati come sistemi dinamici altamente complessi che interagiscono con l’ambiente. Cercare una singola causalità alla ricerca dell’evidenza, il gene egoista per esempio, è una semplificazione aberrante.  Ed è inaccettabile sul piano etico, dal momento che la responsabilità del soggetto viene subordinata a un determinismo genetico che solo il farmaco o le terapie geniche potrebbero allentare.  

Sulla stessa scia lo studio di Denis Noble, biologo ma anche linguista e filosofo3. I geni non sono i principali responsabili del programma della vita, non sono i soli depositari del mistero della vita e nemmeno del nostro destino. Non è tutto già scritto nell’organismo vivente, l’ambiente ha i suoi diritti e c’è una trasmissione epigenetica.4  

 

Sergio Benvenuto si occupa da tempo del DSM.5 Lo psichiatra e il sesso, scritto nello stile agevole e rigoroso a cui ci ha abituati, non è soltanto un lavoro critico sulla psichiatria contemporanea ma anche una riflessione ampia sulle trasformazioni culturali, sui temi della sessualità, del gender, del femminile. È un lavoro originale, che prosegue la ricerca dell’autore: possiamo presumere, con qualche distinguo, un’ascendenza in Michel Foucault, con la critica al giudizio medico, allo sguardo medico nel trattamento del corpo e della follia.  

Una parte ampia del libro è dedicata ai temi della sessualità: perversioni e parafilie, le disfunzioni sessuali, il transessualismo. E poi il rifiuto della normalizzazione: contro quelle correnti in psicopatologia che vorrebbero cogliere la malattia mentale come disfunzione di un ‘corretto’ funzionamento mentale. E ancora la cancellazione dell’isteria, l’enigma del placebo, il rapporto tra psicofarmaci e neuroscienze. Un capitolo è dedicato al lavoro di Nancy Andreasen, Il cervello rotto, del 1984, che precede le ricerche esaminate da Furio Di Paola: la conclusione è che il riduzionismo biologico ha davvero il fiato corto.6 L’autore invita in conclusione, senza concessioni ideologiche, a riflettere sul tema della psichiatrizzazione della vita come capitolo della biopolitica. Molti spunti quindi, ognuno dei quali merita di essere sviluppato in un contesto adeguato. 

Il capitolo VI rivela il filo rosso del libro: l’impianto del DSM è antiscientifico. Cerchiamo di capire perché. È un’affermazione che può sorprendere, visto che i DSM mantengono un’eco del prestigio di cui gode nel mondo l’apparato tecnico-scientifico americano. Scorriamo le pagine: col procedere nella lettura, sempre gradevole, arriva un fendente: Il DSM, soprattutto nella versione 5 è il manuale Cencelli7 della psichiatria! Sembra troppo. Ma l’autore lo spiega bene: il criterio che ha sorretto la determinazione dei disturbi non si ispira a un qualche metodo scientifico, magari specializzato all’ambito della salute mentale. No, e qui suggerisco di restare seduti: ogni qualvolta si è riscontrato un dissenso tra gli psichiatri consulenti del manuale, si è risolto il confronto tra i diversi punti di vista con delle votazioni a maggioranza!   

Ha buon gioco Sergio Benvenuto ad aggiungere che la scienza moderna non è parlamentarista! E nemmeno giudiziaria, aggiungo io: come immaginare un manuale di fisica che risolve alcuni problemi controversi, e ce ne sono, con votazioni a maggioranza? Sembra una barzelletta! Ma non lo è: anzi, ha risvolti pericolosi, visto che interessano cure mediche di massa.   

Quindi il DSM non è un trattato sui disordini mentale costruito su basi scientifiche. Che cos’è allora? Risposta dell’autore: è un manuale amministrativo-gestionale dei disturbi mentali, che cerca in un’incerta computazione i paramenti della scienza. Un manuale orientato da opzioni politico-burocratiche. È il risultato, chiarisce, di una contrattazione complessa tra le varie correnti della psichiatria americana, legate ai diversi comitati di etica, alle istituzioni interessate alla salute mentale, alle industrie private. Il DSM non è il frutto della ricerca combinata di studiosi della materia psichiatrica, come ci si dovrebbe aspettare. Il DSM è l’esito di una negoziazione politica tra gruppi di potere dominanti in America.  

Di qui la tesi lévi-straussiana: il DSM, in particolare il DSM-5, è una macchina che produce patologia. I DSM ironizza Benvenuto, ed è una deduzione impeccabile, sono il manuale Cencelli della psichiatria, perché alla ricerca di un consenso generale hanno a mano a mano aumentato le categorie nosografiche delle patologie. Ovviamente il consenso più largo possibile serve ad assicurare al DSM l’egemonia nella professione psichiatrica.  

Veniamo alla nosografia. L’autore fa un riferimento esplicito alle indagini di Ian Hacking sulla classificazione. A cui aggiungo io le riflessioni di Claude Lévi-Strauss ne Il pensiero selvaggio e in Totemismo oggi dei primi anni sessanta.8 La definizione di normale come naturale, scrive Lévi-Strauss, è servita a classificare come aberrazioni ogni divergenza: con la scusa dell'oggettività scientifica, gli scienziati hanno cercato, scrive Lévi Strauss, di rendere i malati mentali, come i presunti primitivi, più differenti di quanto non fossero. È l’operazione che oggi fanno i tecnocrati ed è esattamente il principio che informa i DSM. 

Patologizzare e sottoporre le popolazioni a una crescente psichiatrizzazione sarebbero quindi le conseguenze della macchina DSM. Una pessima macchina, non perché propone delle diagnosi, ma perché le formula in modo improbabile. Col DSM-5 molte più persone risultano patologiche, o disordinate, termine che Benvenuto ritiene una traduzione più corretta di disorder e che rivela la connotazione etico-politica della valutazione.  

È una tesi forte, scabrosa, a cui sono arrivati gli stessi psichiatri interessati. Il DSM-5 in particolare avrebbe creato un’epidemia artificiale di malattie mentali nella popolazione e favorito la super-medicalizzazione dell’infanzia e dell’adolescenza. È quanto afferma Allen Frances, che ha guidato la task force responsabile del DSM-IV ed è stato in precedenza membro del comitato che ha steso il DSM-III.9  

Si potrebbe pensare che il DSM sarebbe così al servizio delle case farmaceutiche; in effetti capita spesso di verificare che molte cure psichiatriche sono di fatto cure farmacologiche. Qui Benvenuto non è del tutto d’accordo, ma solo perché avanza un’obiezione più radicale: la proliferazione delle diagnosi ha surclassato la ricerca farmacologica, che non ha risposte efficaci se non nei casi più classici. Diciamo che il DSM mette al lavoro la ricerca farmacologica.  

La debolezza del DSM non consiste allora nell’essere uno strumento al servizio della tecnocrazia sanitaria. Questo presupporrebbe una lettura dall’alto, oggettiva e priva di pregiudizi, ‘ateorica’, termine che farebbe rivoltare Popper nella tomba. Non esiste un monarca della tecnocrazia in grado di dare una lettura oggettiva della salute mentale: gli estensori del DSM e i critici radicali sarebbero entrambi nutriti dalle visioni culturali correnti, quantomai porose e mutevoli. In realtà l’impostazione di fondo del DSM è utilitarista: di base fa suoi presupposti di Bentham, secondo cui sono il dolore e il piacere a regolare la vita umana nel suo complesso. Da questa filosofia ne segue una flessibilità etica e politica, in base al principio individualista della libertà personale. Questo vale anche nella scelta sessuale, se non lede altre persone.  

Per esempio chiarisce, l’atteggiamento riguardo all’omosessualità è cambiato grazie all’affermarsi del principio utilitarista secondo cui non può essere considerato delittuoso o patologico un comportamento che miri a produrre piacere in uno o più soggetti, purché non produca dispiacere in qualche altro soggetto. La derubricazione dell’omosessualità dalle patologie è quindi conseguenza del cambiamento etico e politico nei paesi occidentali, che non ha più considerato l’omosessuale un malato o un criminale. Ne è seguito nel 1974, con il DSM-2, un cambiamento diagnostico che ha segnato una vittoria dei movimenti emancipazionisti per i diritti civili: l’omosessualità non è più un disturbo. Questa esclusione, vale la pena ribadirlo, non è causata da una qualche nuova scoperta, neurologica, fisiologica o psicologica che sia. Il manuale in questo caso non ha fatto altro che adeguarsi a una mutazione generale della mentalità.  

1 Furio Di Paola, L’istituzione del male mentale. Critica dei fondamenti scientifici della psichiatria biologica Manifestolibri, Roma, 2000.

2 Steven Rose, 1997, Linee di vita. La biologia oltre il determinismo, Garzanti, Milano, 2001

3 Denis Noble, 2006, La musica della vita. La biologia oltre la genetica, Bollati Boringhieri, 2009

4 Cfr il colloquio di Denis Noble con Éric Laurent, in La Cause freudienne n. 70 del 2008, Navarin, Paris.

5 Cfr S. Benvenuto, 2014, “Il DSM-5. Una tigre di carta”, http://www.psychiatryonline.it/node/5368.

2016, “DSM-5, psicofarmaci e «cervello rotto»”, in Sistemi intelligenti n. 2, Il Mulino, Bologna.

6 Su questi temi si è svolto a Bruxelles a luglio 2019 PIPOL 9, il V congresso europeo di psicoanalisi dal titolo “L’inconscio e il cervello: niente in comune”.La rivista Mental ha pubblicato diversi interventi nel n. 40 del 2020, dal titolo “L’inconscient et le cerveau : rien en commun”, diffusion Seuil, Paris. Alcuni interventi sono pubblicati nel numero 66 della rivista La psicoanalisi, Astrolabio, Roma, 2021.

7 Il manuale Cencelli insegnava a distribuire i posti di governo tra i partiti e, all’interno di questi, tra le correnti.

8 Claude Lévi-Strauss,

  • 1962, Il totemismo oggi, Feltrinelli, Milano, 1964.

  • 1962, Il pensiero selvaggio, Il Saggiatore, Milano, 1964.
    9  Allen Frances, Primo, non curare chi è normale. Contro l’invenzione delle malattie, Bollati Boringhieri, 2013.

     

 

 

 

 

 

 

 

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