Riflessioni (in)attuali
Uno sguardo psicoanalitico sulla vita comune
di Sarantis Thanopulos

La psicoanalisi e l’identità transessuale

Share this
18 settembre, 2023 - 07:00
di Sarantis Thanopulos
Sabato scorso si è svolto a Milano un convegno della Società Psicoanalitica Italiana sulle differenze sessuali e di genere. Per gli psicoanalisti il compito non è semplice. Devono prendere cura della libertà degli orientamenti e delle identità sessuali. Ciò non è solo un’esigenza etica irrinunciabile, ma anche un’importante condizione del loro lavoro: la singolarità del “caso clinico”, cioè l’autonomia di ogni esistenza personale impegnata in un’esperienza analitica da ogni canone scientifico, culturale, religioso e politico. 

Al tempo stesso gli psicoanalisti devono studiare e comprendere i complessi fenomeni di natura psicosociale che influenzano il campo della sessualità e delle scelte individuali. E devono farlo in modo rigoroso e scientifico, senza farsi influenzare da ideologie o da correnti culturali. Sfortunatamente il terreno delle differenze sessuali e di genere è attualmente minato da uno scontro politico che porta a estremizzare il confronto e a favorire i pregiudizi e l’intolleranza. Questo è un problema serio, perché un tema che dovrebbe essere affidato alla libertà delle opinioni e delle scelte personali, il che implica l’assenza necessaria di dispositivi legali operanti a favore di questa o di quell’altra prospettiva, è diventata motivo di una grave divisione tra i cittadini. Così si penalizza la libertà di costruire la propria identità in modo che si accordi con la percezione soggettiva di sé. L’affermazione vera, e non velleitaria o formale, del diritto a una definizione personale del proprio modo di essere, richiede il consenso di una larga maggioranza dei cittadini che lo assumono come dovere costitutivo della loro comunità e diventa molto vulnerabile se una parte consistente (perfino maggioritaria) di essi finisce per avversarlo fortemente.  

La transessualità (che è impropriamente tirata in mezzo dagli uni e dagli altri) è, al di là della sua effettiva consistenza numerica, un fenomeno che affrontato con imparzialità (indissociabile dall’umana disponibilità) aiuta a uscire dalla confusione. Essa non è un nuovo genere. I transessuali si concepiscono come appartenenti a uno dei due generi esistenti, femminile e maschile. Sul piano dell’orientamento sono eterosessuali. Inoltre, la transessualità non origina dal genere. Il soggetto non si riconosce nel suo sesso biologico perché si sente psichicamente appartenente al sesso opposto (l’accordo tra psiche e biologia non è scontato). Non a causa dei suoi comportamenti sociali 

Il termine “genere” definisce l’impatto sociale sull’identità sessuale che precede il nostro concepimento e la nostra biologia. Poiché la nostra è una società patriarcale il “genere” ha un’influenza alienante che il sesso biologico non ha. Nel lavoro analitico con i transessuali (che si rivolge all’insieme delle forme di desiderio e di sofferenza nella loro vita e non afferma, né nega la loro identità, questa è un compito loro costruirla) è importante che essi arrivano a non considerare il loro corpo come prigione o come nemico. Questo corpo lo possono usare, poiché dotato di una sensibilità e emotività bisessuale, per soddisfare il loro desiderio nella direzione opposta a quella della sua anatomia. Per arrivare a ciò e richiesto un lavoro di lutto, perché la soddisfazione sconta un limite inevitabile che non è opportuno negare.  

Quando si procede alla manipolazione chirurgica e ormonale del proprio corpo, il che penalizza severamente il piacere sessuale, si slitta nell’assoggettamento dell’intimità psichica all’esteriorità dell’immagine che, lungi da essere una caratteristica in sé della transessualità, è un fatto preoccupante del nostro tempo che occupa un posto centrale nella gestione attuale dell’I.A. 

Costruire ad arte un corpo corrispondente all’immagine che si vorrebbe di sé, per esigenze personali, non è peccato e men che mai un crimine. A mio parere fare di ciò uno dei tanti paradigmi normativi della vita non è cosa buona. 

> Lascia un commento


Commenti

Scrittura da terza media per rendersi gradevole mentre si dicono, al solito, cavolate.

Punto positivo la parte politica... ma se ne rende conto di essere tra quelli che ostacolano la libertà delle persone Transgender?

Andiamo alle cavolate:
1) esistono le persone Non Binarie che sono circa 1/3 delle persone Transgender
2) L'uso di Ormoni e chirurgia AUMENTA l'efficacia della sessualità delle persone Transgender se non ci sono errori chirurgici (per esempio l'errore di togliere la prostata)
3) Avrà notato che scrivo Transgender invece di Transessuale...
4) il lavoro di lutto lo devono fare gli psicoanalisti ché non hanno capito niente e parlano a vanvera
5) la chiosa ambigua..."fare dei paradigmi di ciò non è cosa buona" (terminologia cristiana)... buona? Essere libere e liberi e liberə di essere sè stesse stessi stessə... LIBERI DALLA SUA OSSESSIONE TRANSFOBICA... questo è non è... buono... è... OTTIMO

Il 2 ottobre inizia il corso TRANSIT si iscriva anche lei... amigayonlus@gmail.com


Totale visualizzazioni: 1001