La Pedagogia Speciale anche denominata Pedagogia Psichiatrica

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9 gennaio, 2013 - 16:22

La Pedagogia Speciale , anche denominata Pedagogia Psichiatrica, è una branca della pedagogia che interviene, con modalità ben definite, nell’area della disabilità di varia natura ( da quella motoria a quella cognitiva, socio-affettiva).

In Psichiatria la Pedagogia speciale interviene, in sinergia con altri trattamenti educativi, riabilitativi, rieducativi, anche nelle situazioni di disagio psichiatrico, e quindi ad accompagnare la persona nel recupero e nell’attivazione del potenziale evolutivo inibito o arrestato da una crisi verso quella gradualità che caratterizza lo sviluppo e l’evoluzione dell’individuo.
In queste veste l’educazione si presenta nella doppia funzione di sostegno al soggetto nella ricerca delle proprie capacità, abilità e predisposizioni a cui non ha avuto modo di dare spazio- una sorta di incremento umano- e nella rieducazione di quelle abilità, capacità e competenze e quindi di ricostruzione e ridefinizione di se e del Sé.
La Pedagogia speciale, in generale, ha lo scopo di ricostruire un senso, un significato ove il significato della persona e del suo esistere vacilla a causa di elementi di disagio, devianza, marginalità o handicap che impediscono un pieno sviluppo e una piena espressione del potenziale umano.

Fra i padri della Pedagogia Speciale possiamo senz’altro annoverare i primi pedagogisti medici, fra cui J.M.G.Itard ,Séguin, Maria Montessori e altri come Victor Frankl, De La Garanderie, Decroly, Claparede.

 

Alcuni contributi

E’ proprio ad Itard, (1775-1838) che si fa risalire la nascita della Pedagogia Speciale, poiché fu di questo pedagogista francese del XIX secolo l’idea della educabilità dell’individuo anche in presenza di forti disabilità e dell’importanza della mediazione sociale nella crescita psicofisica della persona. Il lavoro con il ragazzo trovato nelle foreste dell’Aveyron infatti aveva dato a Itard la certezza che un lavoro educativo potesse risolvere quei deficit funzionali e non organici, e contrariamente a Pinel , che considerava Victor irrecuperabile, poiché attribuiva la sua minorazione (cognitiva-linguistica e motoria, ma anche socio affettiva) ad una causa organica, e la riteneva in ogni caso irrecuperabile, Itard riuscì a dimostrare, educando Victor, che i deficit possono essere funzionali, e quindi inerenti aree funzionali inibite ( in parte o per intero) o deviate, nel loro funzionamento dal mancato uso, dalla mancata stimolazione, e dalla mancanza di una restituzione significativa da parte di un adulto che costituisce, nella sua veste di educatore, un ponte -passaggio verso i significati del mondo e della vita.

 

Il lavoro svolto da Itard con Victor consentì di strappare quest’ultimo al destino alienante che lo attendeva all’Institute des sourds-muets de Paris prima e successivamente in una casa per malati di mente in cui lo si voleva recludere , convinti della compromissione permanente dell’intelligenza del ragazzo. Nell’Institute des sourds-muets in ragazzo era già stato osservato e la sua impossibilità ad entrare in relazione con gli altri bambini , ospiti , aveva convinto i più che fosse un idiota ( secondo una definizione in uso all’epoca) e che ogni intervento educativo sarebbe stato inutile. Itard, a sua volta, confidava moltissimo nell’efficacia della relazione e del contesto sociale che avrebbe riportato il bambino ad un vivere civile.

La Pedagogia Speciale evidenzia così la sua funzione di Pedagogia che educa e sostiene l’evoluzione in presenza di condizioni particolari di sviluppo e per incontrare questa particolarità mette in campo strumenti, strategie e metodologie speciali poiché pensate, create e progettate per rispondere ad esigenze evolutive ben precise, a canali di ricezione e comunicazioni diversi da quelli della media dei soggetti in crescita e quindi, di volta in volta,a seconda degli handicap che incontra, cerca di entrare in un rapporto che è speciale e non diverso. Peculiare di un modo di essere nel mondo, quello della persona diversamente abile.

La stessa condizione di diversamente abile determina le basi della Pedagogia Speciale, che da scienza del recupero e dell’integrazione approda alla sua connotazione di scienza della diversità ove diversità non è un termine la cui accezione va interpretata come di assenza di abilità ma di "abilità presenti in maniera diversa".

Compito della Pedagogia speciale non è quello di portare la Persona alla normalità, intesa come la media delle prestazioni nei soggetti , ma di favorire lo sviluppo pieno del potenziale umano che ogni persona porta con sé, favorire l’autonomia, la crescita, la progettazione e la partecipazione piena della persona alla vita della società e della comunità. Tale atteggiamento lo ritroviamo in Theo Peeters ma anche in de La Garanderie, più indietro nel tempo è stato osservato, in un debutto a suo tempo poco compreso, nel già citato lavoro di Itard che durante l’educazione di Victor sottolineava come questo ragazzo non potesse essere paragonato che con se stesso e valutava, sulla base di questo criterio, i progressi o i regressi.

Itard era infatti consapevole che ogni confronto delle abilità del ragazzo con i suoi coetanei lo avrebbe posto in una condizione di inferiorità e , fattore più importante, il paragone non appariva fondato poiché ciò che era mancato al ragazzo dell’Aveyron rendeva gli altri ragazzi distanti: l’educazione che Victor non aveva avuto ne faceva un a persona diversa che poteva essere paragonata solo con un’altra persona deprivata della stessa esperienza, solo in quel caso avrebbe avuto senso tentare di valutare i progressi di Victor confrontandoli con quelli di altri, ecco perché Itard usava gli apprendimenti del ragazzo per valutare l’andamento del suo percorso evolutivo e programmare le attività del piano educativo.
La pedagogia speciale quindi mette in campo la propria specialità attraverso uno sguardo che si fa particolare perché esula dal convenzionale e dal già noto orientandosi invece verso il diverso, il nuovo, l’eccezionale ed entra in relazione con queste diversità attraverso metodi e strumenti che sono speciali proprio perché creati o adattati alla specialità del caso. E’ grazie al ricorso a questi approcci, rispettosi della diversità, che si è riusciti ad ideare percorsi riabilitativi e metodologie che in altri tempi sarebbero stati scartati in quanto giudicati inadatti a portare il soggetto alla media delle prestazioni.

Theo Peeters, nell’ambito dei suoi studi sull’autismo, riconduce l’insieme delle condotte autistiche nello spazio dei significati da leggere , in chiave adattiva ad esempio, negandone invece lo status di non-senso tradizionalmente riconosciutogli. A partire da questa impostazione teorica per Peeters è possibile ipotizzare percorsi educativi che si muovono dall’ottica autistica, dal significato costruito e ricostruito a partire da chi lo agisce, seppure con modalità che non sono quelle della media pensante e parlante. Un approccio più umano quindi che si sforza di cogliere significati e messaggi ove la maggior parte delle persone vede differenze inaccessibili, insondabili, imperscrutabili.

Un’ottica che ribalta il concetto dell’educazione poiché essa non risponde ora ad una necessità di riportare alla media il soggetto ma impone una lettura di quanto osservato secondo il criterio della specialità e della specificità dell’individuo e delle condotte che agisce e verso le quali viene attivato un repertorio operativo esclusivamente ritagliato su quella situazione particolare, per quell’utente particolare. Ritorna ampiamente il principio di fondo della pedagogia speciale che si specializza per andare incontro a speciali esigenze evolutive e quindi educative.

 

De La Garanderie ( 1920) proponeva una pedagogia che entra nei processi della persona; nei processi con cui ognuno entra in rapporto con se stesso e con gli altri attraverso le diverse aree funzionali, da quella motoria a quella sensoriale. Rendere consapevole il soggetto dei processi che attiva, di come li sostiene o li boicotta, di come li ripete immodificati o di come cerca di cambiarli per ottenere risultati, comporta la possibilità di fornire alla persona un momento di riflessione importante sul proprio essere pensante ed attore di eventi che si possono modificare a partire da una necessità di cambiamento , determinata dall’errore o dalla specificità-diversità di quel processo. La diagnosi pedagogica , per de La Garanderie, quindi non mira ad evidenziare inabilità ma modalit e attitudini.

E’ opportuno ricordare che la parola "diagnosi" indica una conoscenza che passa attraverso , che differenzia, che separa contrariamente ad un’accezione di uso comune, e anche banalizzato, che identifica il termine con l’accertamento di una condizione di patologia e crea una percezione della persona come già collocata sullo sfondo di un contesto di malattia/diversità/disagio influendo prepotentemente sui processi di lettura e di analisi.

A partire da ciò che la persona è in grado di fare , infatti, è possibile ipotizzare i processi di cui si serve, analizzarne la validità, l’orientamento, la funzionalità. A partire da ciò che la persona è in grado di fare, e non da ciò che non sa fare, è possibile stilare piani educativi che prendono forza dalla consapevolezza che la persona ha già appreso, sa apprendere quindi, è possibile aiutarla ad apprendere ancora, di più e con efficacia.

Maria Montessori ( 1870-1952), donna, medico e pedagogista, rappresenta la peculiarità dell’osservazione che riesce a cogliere, a discriminare, a discernere a partire da ciò che osserva, priva di pregiudizi che inducano a sottovalutare o sopravvalutare perché ricerca i parametri di riferimenti all’esterno di ciò che osserva. Il bambino era ,per la studiosa, un mondo di conoscenza con una sua specificità a cui attingere per individuare processi, percorsi, passaggi, crescita, in sintesi.

Il termine "normalizzazione", usato dalla pedagogista per indicare l’educazione dei bambini e dei ragazzi, non era riferibile ad una normalità mediamente definita ma ad una normalità intrinseca alla persona, intesa come ritorno spontaneo alle normali attività dell’infanzia, alla curiosità, all’inventiva, alla fantasia, alla creatività. Educare, per la Montessori, corrispondeva ad aiutare il bambino, a sfruttare la potenza autoeducante di cui ognuno è portatore.

 

Ruolo del pedagogista nella struttura psichiatrica

Il coinvolgimento di più figure professionali, nella gestione del disagio mentale, vede la partecipazione del pedagogista nella struttura psichiatrica ove lo spazio di intervento è peculiare alla formazione e ai propri scopi, in sinergia e accordo con le altre figure professionali coinvolte nel trattamento. Tutte insieme, infatti, le professionalità coinvolte, concorrono al reinserimento della persona nella società, ove possibile, e ad un pieno recupero delle sue potenzialità nella prospettiva di una vita all’insegna della diversità integrata e integrabile.

Sono i singoli casi a richiedere interventi specifici da parte della Pedagogia Speciale poiché essa si rivolge sia ai soggetti adulti che a quelli in crescita, e in generale, al soggetto lungo l’arco della vita secondo la prospettiva che tutta l’esistenza umana è un evolversi inteso come progressivo adattamento alle crisi, ovvero ai passaggi da una stagione della vita all’altra, e agli eventi particolari che coinvolgono emotivamente e richiedono una elaborazione, sia riferita a fatti piacevoli che a fatti spiacevoli.

Il disagio psichiatrico, quindi, indagato nella sua originaria fonte, richiama in causa, la presa in carico globale dell’utente poiché spesso, il disagio mentale, trova origine in altre sedi dello sviluppo umano, come nelle minorazioni sensoriali ( nel caso dell’udito ad esempio) ; sono molti i casi di ritardo cognitivo attribuibili a minorazioni sensoriali e conseguentemente causa di marcati disagi psichici correlati alla difficoltà di elaborazione e lettura della realtà, ma anche di inserimento della Persona nel sociale e di elaborazione delle emozioni conseguenti alla condizione di disabilità.

Più in generale, tutte le situazioni di disagio e/o vuoto evolutivo, originano disequilibri nell’armonia psichica della persona e l’aspetto educativo, interviene quindi, come sottolinea Viktor Frankl, ( 1905-1997) padre della Logoterapia, con quella delicata funzione di "risignificare" ove il significato è andato perduto, smarrito nella crisi, nell’alienazione, nella perdita del Sé fuso e confuso negli eventi e fra le persone. Il concetto del senso, come significato, ritorna nella prospettiva di Frankl, uomo sopravissuto ai lager, ove impara che ogni esperienza ha un senso, occorre saperlo cercare e in questo la Logoterapia, come scienza delle parole che curano l’interiorità, ha lo scopo di guidare la Persona verso la ricerca del senso o la costruzione dello stesso, qualora la vita non avesse ancora offerto l’opportunità di farlo.

Per costruire e trovare il proprio senso l’uomo ha bisogno di un altro uomo e della relazione, a volte profonda della psicoterapia, a volte meno coinvolgente sul piano del Sé, ma sempre efficace , nel piano dell’educazione e della relazione d’aiuto.

Per la sua formazione il pedagogista assume, nella struttura psichiatrica, ruoli che sono riconducibili alla fase di accoglienza e a quella di intervento. Fa parte della fase d’ingresso la stesura di :

  1. Esame funzionale
  2. Diagnosi funzionale
  3. Compilazione del Profilo Dinamico Funzionale

L’Esame Funzionale è l’analisi particolareggiata di una o più funzioni ( motoria-sensoriale-emotiva-linguistica…) allo scopo di individuare handicap specifici, modalità di condotte, tempi di risposta e tutti quei parametri che possono tornare utili al momento della pianificazione dei piani di intervento (P.E.I. e/o P.E.P.) e che richiamano in causa, sempre, una attenta preparazione delle fasi e dei modi-mezzi dell’unità di lavoro, nonché di verifica e ed eventuale revisione del percorso educativo o di parti di esso.

 

La Diagnosi Funzionale ( D.F.) è un documento la cui compilazione e aggiornamento è di competenza della A.S.L.; è redatta all'atto della prima richiesta dell'intervento didattico specializzato ed è aggiornata, nell'arco della intera carriera scolastica dell'alunno, in concomitanza ad eventuali variazioni significative del quadro clinico .Si compone di una parte prettamente medica e di una a sfondo psicologico-sociale. La Diagnosi Funzionale è accolta nel P.D.F. e in esso trova corrispondenza.

 

Il Profilo Dinamico Funzionale (P.D.F.) ,è stato introdotto nella scuola italiana dalla legge sull’handicap, L.104/92. La compilazione del documento è successiva a quella della D.F., descrive il livello di sviluppo ipotizzabile che l’alunno con deficit dimostra di raggiungere nei tempi brevi (6 mesi) e nei tempi medi (2 anni), quindi in una prospettiva sincronica e diacronica.. La stesura generalmente è prevista dopo un primo periodo di inserimento scolastico, è affidata ai docenti e agli specialisti della A.S.L. ma anche alle osservazioni dei genitori.;costituisce il documento di riferimento per la stesura del Piano Educativo Individualizzato. Tra un grado e l’altro della scuola dell’obbligo il P.D.F. viene regolarmente aggiornato in sedute dell’equipe pluridisciplinare che ruota attorno all’alunno portatore di handicap.

Accanto al P.D.F. di uso scolastico il pedagogista stila il Profilo Dinamico Funzionale per i suoi interventi educativi, di presa in carico globale della persona, ove venga richiesto un intervento extrascolastico e la persona non sia più in età scolastica.

La fase educativa si articola sui percorsi del sostegno lungo l’arco della vita nel rispetto e nel recupero delle varie fasi dello sviluppo e dei momenti di passaggio da una fase all’altra e quindi:

 

  • educazione e sostegno allo sviluppo delle varie aree:

 

 

  • educazione motoria;

  • apprendimento, educazione all’apprendimento, sostegno all’attenzione, alla memoria, metacognizione

 

  • educazione linguistica e recupero dei disturbi del linguaggio;

 

  • educazione socio-affettiva e relazionale;

 

  • educazione e riabilitazione di specifiche funzioni compromesse dal deficit o disturbo;

 

 

  • educazione e sostegno alla vita di coppia e alla sessualità;

 

 

  • educazione e sostegno alla genitorialità;

 

 

  • educazione e sostegno alla vita sociale e lavorativa;

 

 

  • educazione e sostegno alla malattia, al dolore e alle disabilità ;

 

  • terapia occupazionale;
  • trattamenti educativi di aiuto allo sviluppo;
  • setting di terapia narrativa;
  • presa in carico globale;
  • parent training;
  • tecniche di gestione mentale.
  • Modalità operative

Il pedagogista ha propri strumenti di lavoro che gli consentono di osservare, raccogliere dati, pianificare interventi e relazionare il proprio lavoro in equipe così da condividere momenti di confronto e di problematizzazione.

L’osservazione vuole, secondo la più recente tradizione di pedagogia clinica, una pratica in situazioni spontanee piuttosto che in situazioni di laboratorio o in ogni caso strutturate.

 

L’osservazione condotta durante momenti di vita della persona risponde alla prospettiva ecologica dello sguardo clinico che si accosta alla persona nella totalità del suo essere pur vigilando particolari aree e aspetti del comportamento che possono richiamare l’attenzione .

La compilazione del Profilo Dinamico Funzionale consente di raccogliere un numero di informazioni sufficiente a costruire una relazione dettagliata sulla storia della persona con una descrizione particolareggiata dello sviluppo nelle diverse aree così da costituire lo strumento di lavoro per la pianificazione del Piano Educativo Individualizzato ( P.E.I. ) e del Piano Educativo personalizzato ( P.E.P.).

Entrambi i piani concorrono alle delineazione di percorsi educativi, il primo di riferisce all’ambito scolastico, il secondo,di derivazione americana, si riferisce a protocolli di trattamento sul modello del T.E.A.C.C.H. ( Traitment and Education of Autistic and Communication Handicapped Children).

 

  1. Il Piano Educativo Individuale , redatto congiuntamente dai docenti e dagli operatori sanitari, con il contributo della famiglia,richiama ad una ricerca degli obiettivi di apprendimento e di sviluppo necessari al bambino e in modo particolare agli handicap che originano dal deficit e che sono in stretta correlazione con le attività scolastiche. Non si perde di vista l’obiettivo più ampio di una integrazione del bambino nella vita della classe e della società in generale.

 

  1. Il P.E.I. sviluppa gli ambiti relativi a:

 

  1. obiettivi didattici
2) modalità di lavoro e tempi;
3) tecnologie e mezzi 
4) metodologie e verifiche;
5) aspetti relativi al coinvolgimento della famiglia

 

 

Il Piano Educativo Personalizzato, redatto dagli specialisti della riabilitazione, prevede una dettagliata serie di obiettivi educativi finalizzati all’acquisizione di abilità specifiche, spesso correlate ad esigenze di autonomia del quotidiano, che vengono insegnate anche ai genitori affinché il trattamento trovi continuità con l’ambiente domestico ove la persona vive maggiormente e incontra più stimoli all’apprendimento e più occasioni di misurarsi con le sue esigenze evolutive.

L’approccio osservativo richiede la ricostruzione della storia del soggetto in una prospettiva evolutiva di tipo globale all’interno della quale si inscrive un’analisi osservativa minuziosa delle diverse aree funzionali e del loro livello di sviluppo. Allo stesso tempo l’intervento educativo non è mai particolarmente riferito ad una area, ad una competenza ma nel suo procedere tiene conto dello sviluppo complessivo della persona e di come un apprendimento in un’area possa determinare cambiamenti in altre aree e nell’intera persona.

La presa in carico globale dell’approccio di pedagogia clinica impone di rivolgersi alla Persona nel rispetto della totalità dei suoi bisogni evolutivi, attraverso uno sguardo che parte da ciò che il soggetto padroneggia come capacità ponendolo a rampa di lancio verso nuove e più diversificate e raffinate abilità che restituiscano autonomia ove c’era dipendenza, per un incremento qualitativamente significativo della qualità della vita.

Va inoltre ricordato che l’osservazione e l’analisi della persona richiama una grande flessibilità al servizio di una lettura capace di individuare la specificità dei livelli di sviluppo e della fase dello sviluppo delle diverse aree, che possono presentarsi, qualitativamente e quantitativamente diverse fra loro, sia per il tipo di abilità-prestazione , sia per il numero di abilità —prestazioni che da esse origina.

Questo non depone a favore di una situazione grave o complessa; in pedagogia speciale la complessità perde l’accezione negativa di problema per assumerne una positiva di specificità che attiva il professionista verso la ricerca di una comprensione di ciò che, superficialmente appare diverso, e automaticamente schedato come da normalizzare; sostiene, d’altra parte, insieme alla ricerca del come entrare in quella specificità, in quel diverso, la ricerca del come procedere da quel diverso verso l’integrazione intesa come la condizione di ciò che è intatto, integro, e quindi non manca di parti, funzioni e abilità. E’ utile ricordare l’ accortezza di non cadere nell’obiettivo di volere condurre alla "norma", intesa come media dei comportamenti.

Il concetto di integrazione richiede allora una profonda riflessione affinché la condizione di pienezza sia ragionevolmente pianificata in riferimento alla reale possibilità di recupero della persona e ai suoi reali bisogni di vita.

 

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