Intervista a C. Faravelli, Università di Firenze
Domanda: Cosa è emerso dai vostri studi epidemiologici?
Risposta: E' emersa la necessità di una riappropriazione da parte dei clinici dell'epidemiologia clinica. Dal 1980 ad oggi, invece, gli studi epidemiologici sono stati effettuati per lo più da intervistatori “laici” addestrati con dei brevi corsi, ma ci vuole un filtro fra quello che dice il paziente e quello che è! Addirittura si è arrivati al paradosso di pensare che la diagnosi epidemiologiche fossero migliori, poiché più riproducibili, di quelle psichiatrica spesso diverse da medico a medico, la riproducibilità, però, non può andare a scapito della validità. Abbiamo fatto uno studio naturalistico su un campione di Sesto Fiorentino in cui le interviste erano effettuate da psichiatri o da specializzandi; abbiamo riscontrato risultati simili a quelli dei precedenti studi epidemiologici per i disturbi psichiatrici franchi e conclamati, i risultati invece sono stati sostanzialmente diversi per quel che riguarda i casi psichiatrici non trattati che nel nostro studio sono risultati molto pochi rispetto ai precedenti studi. Secondo noi questo può essere dovuto alla differente competenza degli intervistatori. Un altro diffuso problema metologico è quello riconducibile alla tendenza dei pazienti a confondere i sintomi residui o la paura di ammalarsi con i sintomi in atto il risultato è una sovrastima della cronicità ed il riscontro di una “sospetta” scarsa differenza fra la prevalenza lifetime e la prevalenza istantanea.