INTERVISTA AL PROF. P.BUCKLEY (ITALIANO)

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28 novembre, 2012 - 20:44

Come lei ha sottolineato durante il suo intervento, l'aderenza al trattamento e la compliance nel paziente schizofrenico sono degli elementi molto importanti da considerare. Quale pensa sia il modo migliore in cui in futuro si potranno affrontare entrambi?
Penso che sia un discorso complesso e c'è una sproporzione tra  le nostre conoscenze e la frequenza di queste problematiche. Circa l'80% dei pazienti non sono compliant con il trattamento, specificamente con il trattamento farmacologico, quindi vista la frequenza non abbiamo abbastanza informazioni, e l'aspettativa dei nuovi antipsicotici è che potrebbero portare ad una migliore compliance per una o due ragioni o forse per una combinazione delle due.
Una è che i pazienti potrebbero beneficiare di una migliore efficacia, la seconda è che tollerino il farmaco meglio; l'idea è che un numero significativo di pazienti non continui il trattamento o perch� il farmaco non funziona o a causa degli effetti collaterali. Quindi se abbiamo farmaci che agiscono in maniera migliore o sono meglio tollerati l'ipotesi è che questo significherà una aumentata compliance. Anche se ci sono pochi studi disponibili fino ad oggi, vi sono delle indicazioni preliminari che la compliance migliora con l'uso dei nuovi antipsicotici. Un'ulteriore aspetto è lo sviluppo di nuovi antipsicotici a lunga azione, di cui uno è già disponibile in Europa, e questo potrebbe contribuire a chiarire ciò. Penso quindi che con l'aumentare dell' esperienza nell' utilizzo e nell' ottimizzazione del trattamento con formulazioni orali di antipsicotici atipici, e l'emergenza di nuove formulazioni potremo focalizzare maggiormente il nostro interesse sulla compliance al trattamento utilizzando questa stessa come outcome.

La domanda che viene riproposta nella comunità scientifica, sopratutto nel Regno Unito, è relativa a come possiamo aiutare i pazienti a partecipare al processo decisionale riguardo al loro trattamento, nonostante ciò sia difficile a causa della mancanza di insight caratteristica di questo gruppo di pazienti. Cosa ne pensa?
Noi abbiamo studiato in parte il problema dell'insight nella schizofrenia e la mancanza di insight è il sintomo più comune tra quelli suggeriti dall'OMS. E' il problema di base ed abbiamo cercato di capire se i nuovi antipsicotici si traducono e portano ad un miglioramento dell'insight, abbiamo dimostrato che vi sono degli effetti in questo senso, ma è uno studio preliminare e ciò ci riporta indietro al discorso sulla causa della non aderenza e se essa sia dovuta ad una mancanza di benefici sintomatici e dunque alla persistenza di sintomi positivi. I sintomi positivi sono altamente correlati all'insight, anche se non in senso assoluto, vi sono dei pazienti che hanno un basso insight anche con pochi sintomi positivi; ma questi sicuramente vi contribuiscono. Così se il trattamento è più efficace e può aumentare l'insight nei pazienti potrebbe fornirci un'altro approccio. Ancora però non sappiamo abbastanza sulla relazione tra insight e decorso nel trattamento con antipsicotici atipici.

Oggi abbiamo sentito parlare del suo studio, SPECTRUM, e della sua natura naturalistica, come si situa questo studio all'interno della ricerca nel suo dipartimento?
Il nostro lavoro rispetto alla schizofrenia è in rapporto ad un numero di studi che si occupano di un aspetto critico, ovvero l'uso precoce degli antipsicotici atipici durante il primo episodio di malattia. Facciamo parte di uno studio multicentrico nazionale che valuta l'efficacia della Quetiapina, Olanzapina e Risperidone in pazienti al primo episodio di schizofrenia. Stiamo anche portando avanti uno studio molto interessante su pazienti al primo episodio schizofrenico, di cui parlerò domani, analizzando l'aspetto biologico e l'interazione con il trattamento farmacologico durante l'inizio di malattia; vi sono dei dati su come l'uso degli atipici come prima linea nel trattamento possa tradursi in un migliorato outcome in termini cognitivi e ciò possa essere associato a modifiche cerebrali. Siamo ad uno stadio iniziale, ma il nostro dipartimento sta contribuendo a ciò a livello preclinico nell'ambito della neurochimica e delle membrane cellulari, stiamo anche facendo analisi di NMR.

Vi sono ancora opinioni discordanti riguardo all'uso degli atipici e sull'uniformazione del trattamento in Europa e nel mondo. Come pensa che ciò sia realizzabile nel modo migliore?
Ne parlerò domani, dovrete venire alla mia relazione di domani per saperlo!

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