Report dalle sale congressuali

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28 novembre, 2012 - 18:28

Meccanismi molecolari del danno cellulare nelle malattie neurologiche (F. Cioli, M. Pizzorno)

Il corso di aggiornamento dell'ultima giornata ha posto l'attenzione sui meccanismi biologici e molecolari responsabili del danno cellulare nelle malattie neurologiche comprendendo una vasta panoramica dalla Corea di Hungtington alle demenze.
Il primo relatore (Prof. S. Di Donato, Universita' di Milano) ha parlato delle malattie da espansione di triplette CAG. Esse sono patologie neurodegenerative con morte cellulare quasi esclusivamente localizzata al sistema nervoso centrale. Sono causate da una tipologia di mutazione caratterizzata da espansione di un tratto ripetuto di triplette CAG contenuto in regioni esoniche, codificanti per tratti di poliglutamina nelle proteine corrispondenti. Si ritiene che queste mutazioni conferiscano una nuova proprieta' tossica alla proteina, dovuta principalmente ad alterazione del controllo cellulare dei processi di conformazione terziaria della proteina. Il "guadagno" tossico di funzione si associa a complessi, e non del tutto noti, eventi cellulari che interferiscono con i meccanismi omeostatici delle cellule neuronali postmitotiche, principalmente il controllo del "folding" proteico, la degradazione delle proteine, il controllo trascrizionale, il trasporto assonale, il metabolismo energetico.
Il Prof. C. Angelici (Universita' di Padova) ha trattato il vasto argomento "distrofie muscolari". Esse rappresentano un gruppo di malattie geneticamente determinate, caratterizzate dal coinvolgimento primitivo e progressivo della muscolatura scheletrica. Negli anni '90 gli studi di genetica e biologia molecolare hanno dimostrato, dapprima i loci molecolari, e quindi identificato una serie di proteine, la cui carenza e' responsabile delle diverse forme di distrofia muscolare. Molte malattie muscolari sono quindi state denominate in base al danno molecolare dovuto alle proteine carenti: distrofinopatia, disferlinopatia, caveolinopatia, emerinopatia, laminopatia, etc.. Quest'approccio molecolare, tuttavia, presenta il problema nosografico dovuto alla notevole eterogeneita' clinica risultante da tali difetti molecolari.
La discussione e' proseguita con la Prof. C. Bendotti (Universita' di Milano) con l'argomento malattie del motoneurone. Queste, una volta considerate come lo stato patologico di una popolazione cellulare omogenea, sono ora riconosciute come l'espressione fenotipica di una serie di processi biologici complessi ed eterogenei che coinvolgono anche altre cellule. Grazie alla scoperta di uno dei geni responsabili della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), la forma piu' comune delle malattie del motoneurone, e allo sviluppo di modelli sperimentali validi, e' notevolmente aumentata la conoscenza dei meccanismi biomolecolari coinvolti nella degenerazione dei motoneuroni. Numerose evidenze indicano che le alterazioni delle funzioni cellulari dei motoneuroni causate dalla presenza del gene mutato della SOD1, associato ad una forma familiare di SLA, convergono su dei meccanismi che possono essere attivati nella SLA sporadica, da altri fattori tossici. Inoltre, la degenerazione dei motoneuroni non e' piu' da considerare come un evento autonomo ma dipendente da un "cross-talk" con le cellule adiacenti gliali che potrebbe essere la causa della propagazione del danno.
Infine l'ultima relazione (Prof. S. Sorbi, Universita' di Firenze) si e' occupata delle malattie neurodegenerative, malattie croniche progressive caratterizzate da selettiva perdita neuronale nei sistemi motori, sensitivi o cognitivi. Il pattern di perdita cellulare associato a markers cellulari specifici ha permesso una classificazione neuropatologica di molte malattie neurodegenerative. L'aggregazione anomala di una proteina extracellulare rappresenta un elemento che caratterizza molte malattie neurologiche tra le quali la malattia di Alzheimer (AD), la malattia di Creutzfeld-Jacob (CJD), le malattie del motoneurone, la malattia di Hungtington (HD) e la polineuropatia amiloidosica familiare (FAP).
La localizzazione di fibrille proteiche nei tessuti in degenerazione suggerisce che il processo di fibrillogenesi contribuisca alla morte cellulare o ne sia un inseparabile epifenomeno. Fino ad oggi sono state identificate almeno 21 differenti proteine che, pur avendo strutture e funzioni eterogenee, sono in grado di generare fibrille di amiloide aventi caratteristiche ultrastrutturali simili. Circa mezza dozzina sono implicate nella patogenesi di alcune malattie del sistema nervoso centrale caratterizzate da demenza. La struttura secondaria e terziaria della proteina solubile nativa puo' essere modificata da diversi fattori che concorrono al processo di fibrillogenesi: le modificazioni genetiche e post-traduzionali, l'aumentata concentrazione della proteina stessa, il basso pH, fattori tissutali sconosciuti, ioni metallici e il deposito di proteine associate all'amiloide o chaperons.
Le modificazioni genetiche delle proteine precursori rappresentano l'argomento di numerosi studi volti ad indagare come la mutazione stessa possono influenzare la percentuale di conversione di una proteina dalla forma nativa a quella fibrillare. Il processo dinamico di misfolding, che avviene in parallelo o in alternativa al fisiologico ripiegamento, genera aggregati tossici insolubili che si depositano nei tessuti in fascicoli di fibrille con struttura.
La piu' comune malattia neurodegenerativa caratterizzata da progressivo deterioramento delle funzioni cognitive e associata a deposito di amiloide e' la malattia di Alzheimer . I markers neuropatologici sono rappresentati dalla presenza di perdita neuronale, placche extracellulari contenenti amiloide e filamenti neurofibrillari costituiti da proteina Tau iperfosforilata. L'amiloide contenuta nelle placche e' il prodotto di clivaggio di una proteina precursore dell'amiloide da parte di una serie di proteasi. La alfa-secretasi in particolare e' responsabile della genesi di un peptide beta-42-amiloide di importanza patogenetica in quanto capace di formare fibrille tossiche insolubili che si trovano nelle placche senili. L'importanza del peptide beta-42 e' confermata dal fatto che risulta presente in alta concentrazione in tre forme genetiche di AD ad esordio precoce, dovute a mutazioni a carico dei geni codificanti per la proteina precursore dell'amiloide (APP), la preselinina 1 e la presenilina 2, ma non nelle forme sporadiche. E' interessante inoltre l'osservazione che il trauma cranico grave rappresenti un fattore di rischio per la comparsa di malattia di Alzheimer. Alcuni pazienti con trauma cranico mostrano infatti elevati, se pur transitori, livelli di beta-42 dopo una settimana dall'evento; forse tale aumento transitorio potrebbe essere sufficiente a promuovere la nucleazione di fibrille di amiloide, che in seguito favorirebbero la comparsa della malattia.
Le malattie da prioni sono un gruppo eterogeneo di malattie neurodegenerative caratterizzate, da un punto di vista neuropatologico, da perdita dei neuroni della corteccia e dei nuclei della base, astrogliosi e depositi di amiloide nella matrice extracellulare costituiti da accumuli di proteina prionica patogena (PrPSc). La "replicazione" della proteina prionica patogena avviene attraverso l'interazione con la proteina prionica cellulare (PrPC) normale, codificata dal gene PRNP localizzato sul cromosoma 20. Una proteolisi limitata della PrPSc porta alla formazione di un frammento corto di 142 aminoacidi resistente alle proteasi che e' capace di polimerizzare in fibrille di amiloide. La conversione da PrPC a PrPSc procede con una reazione a cascata e quando viene raggiunta una concentrazione critica, le proteine patogene si aggregano e danneggiano il tessuto nervoso. I vari fenotipi clinici delle malattie da prioni dipendono in ultima analisi dal selettivo coinvolgimento di diverse aree cerebrali. Due forme rare ereditarie di demenza, la Familiar British Dementia (FBD) e la Familiar Danish Dementia (FDD), rappresentano verosimilmente il trait d'union tra le angiopatie cerebrali amiloidosiche, la deposizione parenchimale di amilioide e la neurodegenerazione. La FBD e' una malattia autosomica dominante caratterizzata da perdita di memoria progressiva, tetraparesi spastica ed atassia cerebellare con esordio intorno ai 60 anni. L'angiopatia cerebrale amiloidosica e' estesa, ma le emorragie significative sono rare. La FDD e' stata descritta come una malattia ereditaria oftalmo-oto-encefalica in una famiglia danese con esordio verso i 30 anni con cataratta ed emorragie oculari, a cui seguono poi la perdita di udito, atassia cerebellare e verso i 40 anni i disturbi psichiatrici e la demenza.
In entrambe queste condizioni, l'anomalia genetica consiste in un allungamento della proteina precursore, normalmente di 266 aminoacidi, definita BRI-PP. Mutazioni puntiormi del codone di stopo portano alla produzione di una proteina precursore lunga ben 277 aminoacidi definita proteina precursore dell'amiloide Bri nella FBD e proteina precursore dell'amiloide Dan nella FDD:entrambe sono responsabili della formazione di aggregati proteici patologici. Si puo' pertanto concludere che lo studio delle alterazioni morfo-strutturali delle proteine che concorrono alla formazione di amiloide ha permesso di identificare il substrato patogenetico di alcune malattie neurodegenerative. La comprensione dei meccanismi biochimici che conducono alla neurodegenerazione rappresenta il primo passo per lo sviluppo di possibile strategie terapeutiche eziologiche volte a prevenire la formazione degli aggregati proteici patologici.

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