Seconda giornata - Domenica 19 ottobre
CORSO D'AGGIORNAMENTO INVECCHIAMENTO DEL CERVELLO. COME DISCRIMINARE LA "LINEA GRIGIA" TRA FISIOLOGIA E PATOLOGIA?
"Contributo dei tests neuropsicologici"
Relatore: C. CALTAGIRONE (Roma)
L'intervento riguarda la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer (AD), nella quale e' predominante il contributo dei tests neuropsicologici. La relazione e' iniziata con la trattazione della AD che si sviluppa nei 4 stadi di seguito elencati: MCI (Mild Cognitive Impairment), mild, moderate, severe dementia. Durante l'intervento sono stati toccati molteplici concetti al fine di sottolineare il principio fondamentale della diagnosi pre-clinica nella demenza. Il futuro prevede una correlazione tra dati di neuroimaging e dati cognitivi (tests neuropsicologici). Nell'ambito degli studi di neuroimaging, il contributo importante e' dato dall'acquisizione di dati relativi la struttura morfologica ippocampale.
Il relatore ha focalizzato il discorso sulla "resilienza", termine coniato dalla fisica per descrivere il concetto di "riserva cognitiva".
"Marcatori biologici"
Relatore: A. PADOVANI (Brescia)
Il relatore per introdurre l'argomento dei marcatori biologici ha sottoposto alla platea alcune questioni aperte relative alla diagnosi di demenza: quali sono i meccanismi eziopatogenetici delle demenze; evoluzione dei criteri clinici; limiti della diagnosi precoce; costi.
Ha esemplificato la differenza tra biomarcatori plasmatici e liquorali. I biomarkers sono indicatori di processi biologici che siano essi normali o patologici e possono essere dosati per monitorare la progressione della AD. I biomarkers devono rispondere a criteri di specificita' e sensibilita'.
L'indagine liquorale risulta piu' invasiva e difficilmente tollerata dal paziente anziano rispetto a quella plasmatica. I sistemi maggiormente coinvolti nell'AD sono: i neurotrasmettitori, le caratteristiche ambientali ed i sistemi enzimatici delle secretasi. L'attivazione del sistema della beta-secretasi precursore della amiloide beta-42, ha conseguenze neurotossiche che implicano stress ossidativi, iperfosforilazione della proteina TAU, tossicita' e attivazione di processi infiammatori.
Biomarkers liquorali sono la proteina TAU, il peptide A-beta 42. Grande importanza riveste la SAP, il frammento "buono" dell'amiloide il cui dosaggio diminuisce nei pazienti affetti da demenza.
Ci sono markers dell'attivita' ossidativi, assai sensibili, markers infiammatori come citochine, interleuchine, ecc. che correlano nella fase iniziale della malattia.
I markers liquorali sono altamente specifici nella MCI. Esistono biomarkers plasmatici nuovi come il dosaggio della alfa-sinucleina.
In conclusione ad oggi si riscontra un'aumentata necessita' di capacita' diagnostica colmabile con lo studio della proteomica.
"Imaging strutturale e metabolico/funzionale"
Relatore: G.TEDESCHI (Napoli)
Il relatore pone l'attenzione sulla diagnosi precoce nell'ambito della "linea grigia" a cavallo tra la fase pre-sintomatica AD e MCI mediante tecniche non convenzionali di neuroimaging, quali: resting fMRI, volumetric MRI, DTI, MRS.
Il concetto � quello di separare la sostanza grigia da quella bianca in base al numero di voxel. Il nostro cervello e' mediamente composto da un numero di circa 70.000 voxel (dati ottenuti da studi fisici). La Voxel-based morphometry (VBM) permette l'approccio regionale della volumetria; e' possibile misurare l'atrofia a livello dell'ippocampo.
Viene proposto anche lo studio dello spessore corticale, tecnica che sarebbe ulteriormente da raffinare.
Un'altra tecnica esposta riguarda lo studio in spettroscopia della concentrazione dei metabolici. Un metabolico proposto e' il N-acetylaspartate (NAA), presente solo nei neuroni.
In conclusione i sistemi di neuroimaging sono in fase di notevole sviluppo e impatto sulla clinica.
"Imaging funzionale elettromagnetico"
Relatore: P.M. ROSSINI (Roma)
L'imaging funzionale e' un insieme di tecniche che evidenziano disturbi di funzione e non di struttura, prima della perdita neuronale. Il mild cognitive impairment dal punto di vista elettroencefalografico rappresenta un quadro intermedio tra l'anziano sano e l'anziano malato. L'MCI rappresenta un "settore grigio" ad altissimo rischio, da monitorare.
Al fine di pianificare una terapia ottimale e interventi riabilitativi, e' necessario effettuare una diagnosi precoce del soggetto MCI ad alto rischio AD. Un'analisi dell'attivita' elettro-magneto-encefalica (EEG/MEG), potrebbe essere la migliore candidata, in quanto non invasiva, diffusa in tutti i paesi , a basso costo al fine di attuare screening su larga scala.
Altre tecniche servono per approfondire lo studio del danno cerebrale, quali: LORETA (low resolution brain electromagnetic tomography), IFAST (implicit function as squashing time), con quest'ultima tecnica e' possibile supervisionare un numero elevato di reti neuronali.
COCHRANE NEUROLOGICAL NETWORK
TRATTAMENTO CRONICO DELLA SCLEROSI MULTIPLA: PRATICA CLINICA ED EVIDENZA
Dopo una breve introduzione del dott. Cantisani, e'stata affronta la Sclerosi Multipla tra pratica clinica ed evidenza, partendo dalla presentazione del Centro SM dell'ospedale di Vicenza e tracciando in seguito le evidenze della Cochrane nel trattamento farmacologico e riabilitativo.
La dott. Bortolon presenta il suo Centro SM attivo presso l'Ospedale di Vicenza da circa 20 anni, un Centro interdisciplinare, la cui finalit� non � la cura della sclerosi multipla, sottolinea la stessa, ma di numerose persone con questa malattia, ognuna con diverse esigenze, problematiche, diverso contesto familiare e sociale. Le prestazioni offerte dal Centro sono diverse a seconda della fase della patologia.
Nella fase di esordio importante e' la comunicazione della diagnosi. Un'adeguata informazione permette alla persona di ponderare e valutare le proprie scelte, di progettare il proprio futuro, di aderire meglio alle proposte terapeutiche, restituendogli il senso del controllo della propria esistenza.
I neodiagnosticati possono usufruire anche di un sostegno psicologico e partecipare ai gruppi di auto-aiuto specificamente riservati ai nuovi diagnosticati e/o a persone con malattia recente.
Nella disabilita' lieve e moderata i pazienti vengono sottoposti a periodici controlli neurologici, valutazioni neuropsicologiche ed eventuale riabilitazione cognitiva, sostegno psicologico, training di rilassamento muscolare progressivo secondo il metodo Jacobson, gruppi di auto-aiuto; trattamento delle ricadute; prescrizione delle terapie disease modifing.
Nei pazienti in terapia disease modifing viene monitorata periodicamente l'efficacia della terapia, mediante parametri clinici, di RM, dosaggio degli anticorpi neutralizzanti l'interferone, valutazione dello MSRV.
Nel Centro di Vicenza l'utilizzo dell'azatioprina nelle forme RR e' frequente e pi� o meno sovrapponibile a quello degli INF e del Copaxone.
Nella fase Secondaria progressiva della malattia, a Vicenza non vengono utilizzati i farmaci modificanti il decorso della malattia; modesto e' l'uso dell'INF beta-1 b, la cui efficacia nel rallentare la progressione della disabilita' e' limitata solo a quei pazienti che continuano ad avere una componente infiammatoria che contribuisce alla progressione. In questa fase di malattia sono invece importanti le terapie sintomatiche e una corretta gestione delle turbe menzionali (trattamento comportamentale, farmacologico, addestramento all'autocaterizzazione).
Un ruolo fondamentale deve essere svolto dall'assistenza domiciliare.
Sono queste alcune delle prestazioni che il Centro di Vicenza offre alle persone con SM.
Il dott. Pozzilli illustra le differenze geografiche nella gestione del paziente; non vi e' una sostanziale differenziazione a variabile geografica , piuttosto si rilevano differenze tra piccole e grandi aziende ospedaliere. Il dott. Ciccone espone le revisioni sistematiche Cochrane dei trial randomizzati e controllati di 10 diverse terapie proposte per il trattamento cronico dei pazienti con sclerosi multipla. Risultano efficaci sulla progressione e sulle ricadute di malattia l'azatioprina, gli interferoni e il mitoxantrone.
Le immunoglobuline ev risultano efficaci nel ridurre il rischio di ricaduta, ma non e' chiaro il loro effetto sulla progressione, mentre la terapia con boli steroidei periodici ev ad alte dosi andrebbe rivalutata con un trial ben fatto. Non vi sono prove di efficacia sufficienti per giustificare l'utilizzo nella pratica clinica dell'ossigenoterapia iperbarica, degli acidi grassi polinsaturi, del metotrexate, della ciclofosfamide, del glatiramer acetato e della terapia steroidea cronica.
La relazione della dott.ssa Motto, riguardo le revisioni sul trattamento riabilitativo, espone come la difficolta' della Cochrane in questo ambito si accentua per l'esiguo numero di trials randomizzati e controllati e dei trials controllati. Dallo studio emerge che la riabilitazione multidisciplinare migliora il livello di attivita' e la qualita' di vita del paziente con SM, ma non modifica l'entita' del deficit neurologico; a causa dell'insufficiente evidenza, la Terapia Occupazionale non risulta efficace nel migliorare la prognosi di soggetti con SM, sebbene alcuni studi suggeriscano un miglioramento della fatica; invece l'esercizio fisico e' efficace in termini di funzione muscolare ma non migliora la fatica.
G. Torella
Problemi etici della ricerca nelle situazioni di fine vita e di compromissione cognitiva
Moderatori: V. Bonito (Bergamo) - M. Gasparini (Milano)
La ricerca "spontanea"
V. Bonito (Bergamo)
La relazione e' stata introdotta specificando quelli che sono i requisiti etici della ricerca identificando cosi': il rispetto delle norme, la rilevanza degli scopi e la metodologia adeguata. Per quello che comporta la rilevanza degli scopi ha poi sostenuto che gran parte della ricerca biomedica e' finanziata dall'industria farmaceutica e che, ad esempio, i pazienti con malattie gravi non possono beneficiare causa un non interesse di ritorno economico. Il relatore ha definito la ricerca spontanea come quella ricerca non promossa a scopo di lucro dall'industria; per essere tale dovrebbe essere condotta da ricercatori che, in condizioni di sicurezza, non sono legati all'industria e che assumono piene responsabilit�.
Come fare quando il consenso e' impossibile
C.A. Defanti (Cazzaniga - BG)
L'intervento e' iniziato descrivendo a che livello si colloca l'itersecazione tra la ricerca nelle situazioni di fine vita e la ricerca nelle situazioni delle demenze; la risposta a questo interrogativo si trova proprio nella compromissione cognitiva che caratterizza entrambe, nelle demenze particolarmente in fase avanzata, le condizioni patologiche. La proposta per ovviare a questa problematica, e' stato poi affermato, potrebbe essere il "consenso anticipato", trattasi di una sorta di testamento biologico.
Per ovviare all'assenza di questo documento e' stata commentata l'idea di proporre al paziente o ad un familiare di entrare a far parte di un progetto di ricerca; soluzione che poi e' risultata non attuabile a livello legale dato che si tratta di pazienti che non conservano la propria capacita' decisionale.
La relazione si e' poi spostata su quella che e' la problematica nelle situazioni di fine vita nella quale esistono piu' componenti che compromettono la capacita' decisionale come la depressione, la frequente compromissione cognitiva, i trattamenti con antidolorifici e la sedazione. Purtroppo, commenta il relatore, non vi e' una risposta univoca a queste difficolta'; la proposta e' che il medico dovrebbe valutare costantemente la comprensione del malato tramite un' intervista strutturata che pero' ancora in Italia non e' stata importata.
Successivamente e' stato, forse provocatoriamente, esposto il concetto di "Contratto di Ulisse" dove il paziente stesso decide che se durante un intervento terapeutico cambia idea su l'andamento di esso il medico non e' tenuto a considerare le sue attuali idee ed a proseguire. Proprio questo e' stato poi uno degli argomenti piu' trattati nel dibattito-confronto finale.
Nutrizione e idratazione artificiale nei pazienti con demenza: aspetti etici
A.Tizzi (Arezzo)
Il Dott. Tiezzi ha introdotto la sua argomentazione con un viaggio storico che e' partito dall'Egitto, passando per gli scritti del Vangelo, per i rituali di sciopero della fame dell'Irlanda o per quello di Gandhi, arrivando ai giorni nostri con la raffigurazione delle suffragette che venivano nutrite forzatamente . I problemi etici, espone il relatore, nascono quando il malato rifiuta il ci
bo o vuol nutrirsi in modo inappropriato, rifiuta la NIA oppure la malattia � in fase estremamente avanzata o il paziente � in coma. La letteratura scientifica da dei messaggi contrastanti: da una parte pone l'accento sull'importanza della qualit� e della variet� dell'alimentazione nel prevenire l'insorgenza dell'Alzheimer e nel limitare gli effetti dell'invecchiamento e sulla necessit� di fornire un adeguato apporto calorico per impedire la riduzione del peso che � una costante nelle fasi avanzate di malattia, dall'altra ci sono i lavori, di solito su modelli animali, sull'utilit� di una riduzione calorica estrema nel prevenire la demenza e allungare la vita.
Se la NIA, continua il Dott. Teizzi, fosse una terapia sarebbe difficile somministrarla contro la volont� del paziente. Se fosse solo un supporto vitale, pur con le dovute cautele, il discorso cambierebbe.
Vi sono in merito due opinioni: quella del Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) che nel documento del 2005 sulla NIA nello stato vegetativo persistente (votato a maggioranza ma con una rilevante numero di voti contrari e dissociazioni) che la definisce come "sostentamento ordinario di base" e non "atto medico" e quella della Societ� italiana di nutrizione parenterale ed entrale (SINPE), nonch� dei membri di minoranza del CNB che invece la considerano come terapia e in tal caso godrebbe del principio che nessuna terapia pu� essere effettuata contro il parere dell'interessato, principio garantito anche dalla Costituzione italiana. La SINPE precisa che la NIA "non � una misura ordinaria di assistenza (come lavare o imboccare il malato non autosufficiente)".
La maggior parte degli anziani esprime chiaramente il proprio rifiuto anticipato all'utilizzo della NIA nel caso di demenza. La questione tuttavia non sta tanto nel fatto che le direttive siano state formalizzate o meno quanto nella non accettabilit� da parte dei familiari e dei medici del rifiuto del cibo, e dalla convinzione o meglio dalla sensazione che l'alimentazione sia sempre dovuta, anche contro la volont� dell'interessato; che il rifiuto del cibo sia una forma di suicidio; che il non alimentare il paziente sia in realt� una eutanasia passiva.
Dopo il processo di Norimberga � universalmente condannato il medico che presta il proprio aiuto ad eseguire terapie contro la volont� del paziente. Se la NIA venisse considerata come una terapia si rientrebbe in questo caso. La regola sembra venire meno se il paziente non � in grado di esprimere un valido consenso, perch� in questo caso prevale il suo "miglior interesse", cio� la sopravvivenza. Nei casi di sciopero della fame, in fase avanzata, si pu� raggiungere uno stato di obnubilamento delle capacit� cognitive che alcuni interpretano come incapacit� di dare un rifiuto valido alla nutrizione e quindi alimentano il soggetto tenendo conto della volont� attuale e non di quanto espresso, in modo fin troppo chiaro, fino a quel momento. Dobbiamo infine considerare se effettivamente la NIA abbia un effetto positivo sull'andamento della malattia e sulla sopravvivenza. E' chiaro che data la gravit� della fase nella quale di solito si presenta il problema, la questione del miglioramento clinico ha poca rilevanza. Per quanto riguarda la sopravvivenza, nonostante sembrerebbe ovvio un beneficio, non vi sono dati che confortino tale assunto. Anzi, la recente letteratura si sta orientando verso una messa a fuoco della fisiologia dell'invecchiamento e del mantenimento del peso anche in condizione di apparente denutrizione.
Di fronte al carico di angoscia che la decisione provoca nei familiari e nei medici occorre procedere con cautela e tenere un atteggiamento razionale che riconosca innanzitutto il peso enorme degli aspetti emotivi e nello stesso tempo ne contenga gli aspetti pi� dannosi. Come al solito la collegialit� nelle decisioni ed il tener conto delle volont� pregresse ed attuali del demente costituiscono la linea metodologica da seguire.
Il caso del malato in fase molto avanzata, quando non � pi� in grado di esprimere assenso n� rifiuto o addirittura � in coma, non ha una sua specificit� legata alla demenza, e pu� essere assimilato a quello della morte medicalizzata in una societ� moderna. Anche in questo caso la discussione corre su binari del tutto irrazionali: dal morire si, ma non di fame e di sete (riferito a una persona in coma) al morire in modo naturale (ma in ospedale), al continuare con estremo rigore l'uso non solo di antibiotici, ma di antipertensivi, vitamine e antilipemizzanti fino alla morte.
Lo studio PEGDEM
M. Congedo (Trieste)
Lo studio presentato dalla Dott.ssa Congedo si limita ad osservare in intervalli di tempo i cambiamenti di peso e tramite tabelle apposite descrivere gli stili di vita.
Durante la relazione sono stati esposti tutti i dati e le modalita' di lavoro che come testimonia la Dott.ssa Congedo sono stati reperiti con difficolta' causa un poco interesse generale e limitata risposta da parte dei professionisti sanitari coinvolti.
Infine la relatrice ha congedato l'attenta platea con una frase di Peter Meirlain che se vogliamo tradurla recita:"uniti nelle necessita', liberi nel dubbio, ma soprattutto la carita'".
Di seguito potete trovare il contatto della Dott.ssa Congedo dove poter chiedere ulteriori approfondimenti.
Marinella Gambineri
SIMPOSIO MENTE E MOVIMENTO in collaborazione con Novartis
Moderatori C. CALTAGIRONE (Roma) - G. ABBRUZZESE (Genova)
A TRANSDERMAL PATCH IN ALZHEIMER DISEASE
J.CUMMINGS (Los Angeles - USA)
Le terapie attualmente introdotte nell'Alzheimer disease (AD) riguardano soprattutto gli inibitori della colinesterasi (ad un livello di malattia lieve-moderato),la memantina (moderato-grave),gli inibitori della beta gamma secretasi,l'immunoterapia ecc�
L'AD � un processo neurodegenerativo cronico in cui vi e' un deficit colinergico. L'atrofia del nucleo dell'area ventricolare e delle regioni corticali contribuisce al deficit della colina nel cervello,deleterio per le attivit� cognitive. Cosi' il Dott. Cumming nella sua esposizione propone una nuova soluzione terapeutica al problema:il cerotto Exelon;cio� un inibitore della colinesterasi sottoforma di cerotto,utile sia ai medici (per migliorare le complicanze) che ai pazienti (in quanto riduce il carico di pillole e compresse soprattutto a chi ha difficolt� nel deglutire e favorisce l'autosufficienza) e ai membri della famiglia (che spesso non avendo la possibilit� di controllare se il proprio caro abbia assunto la terapia o meno). Si riducono anche gli effetti collaterali che consentono inoltre al paziente di avere un livello ottimale del dosaggio del farmaco che risulta di maggiore tollerabilit�. Il farmaco nel cerotto � costituito da una piccolissima molecola facilmente assorbibile attraverso le barriere ematiche,infatti sono necessari meno di 50 ml di sostanza al giorno. Dott. Cumming spiega infatti che in una prima fase di sperimentazione,l'esposizione del paziente al farmaco era via orale o con il cerotto. Ha quindi mostrato che un cerotto di 10 cm quadrati ha la stessa somministrazione orale di 12 mg al giorno a rilascio costante. Gli effetti collaterali come nausea,vomito,diarrea,perdita di peso potrebbero essere possibili nella concentrazione massima (Cmax). Per valutare l'efficacia del cerotto Excelon � stato fatto uno studio a doppio cieco contro placebo. I temi trattati in questo studio sono stati la memoria,l'orientamento,l'attenzione,il linguaggio e la vita pratica. Risultati: molto importanti soprattutto nelle AVQ (attivit� di vita quotidiana) ed inoltre la performance del cerotto � identica a quella della capsula somministrata via orale e la tossicit� degli inibitori della colinesterasi � ridotta. Il cerotto da 10 cm quadrati � risultato positivo nel 96% dei pazienti. Rimane adeso all'epidermide attraverso cui il farmaco entra nei vasi;viene posto sulla parte superiore della schiena o del petto (meglio al di sopra della vita) su pelle asciutta,glabra e non irritata;non va tagliato o piegato;ogni 24h va cambiato quindi � importante togliere il vecchio per il nuovo per un migliore effetto del farmaco ad un orario prestabilito con il care giver. All'inizio la dose del farmaco si stima sia 6mg;dopo tre giorni si passa a 4,6 mg.
Riassumendo,il cerotto Excelon � un innovativa sostituzione alla tradizionale pillola che permette comunque una somministrazione continua,efficace della rivastigmina, permettendo di raggiungere dosi ottimali,ridurre gli effetti collaterali e migliorare l'efficacia della cura del paziente con AD. Nota dolente:non � disponibile sul mercato.
Domanda:"Excelon come agente neuroprotettivo. Ha avuto esperienze in ambito clinico?"
-Risposta:"Excelon inibisce la colinesterasi,fattore di cura che guida il processo dell'AD,ma � pur vero che sono necessari lunghi tests prima di raggiungere un risultato effettivo (la maggior parte degli studi viene fatta sui 18 mesi). Inoltre il vantaggio � senz'altro sintomatico ma non sappiamo se potrebbe andar bene anche per la modificazione del decorso della malattia.
Domanda:"C'� la preoccupazione di avere una formulazione di 24 h. La letteratura e l'esperienza personale mi portano ad affermare che come effetto collaterale di ci� il paziente potrebbe avere degli incubi per l'effetto della stimolazione a lunga durata. Lei cosa pensa a riguardo?"
-Risposta:"E' vero che c'� un alto livello di rivastigmina durante la notte ma il cerotto non d� effetti collaterali per stimolazione a lunga durata".
QUANDO IL PAZIENTE PARKINSONIANO DIVENTA DEMENTE
P. BARONE (Napoli)
Il Parkinson (PD) � una patologia neurodegenerativa cronica a carico del sistema dopaminergico e porta ad una perdita significativa di neuroni a livello nigro-striatale. E' quindi progressiva;il tempo definisce l'evoluzione ma non tutte le persone presentano la stessa. La sintomatologia si basa su 4 cardini fondamentali: bradicinesia,tremore a riposo e rigidit� Si sa inoltre poco sull'evoluzione dei sintomi non motori come la depressione,i disturbi comportamentali nel sonno,allucinazioni visive,fino alla demenza che portano tutti ad una peggior qualit� della vita del paziente,un po' perch� si ha difficolt� nel misurarli e spesso anche in reparto manca il tempo per farlo. I criteri diagnostici sulla demenza nella PD sono recenti (pubblicati nel 2007) ci sono voluti circa due anni di lavoro per arrivare a dei risultati;forse perch� quando si parla di questo disturbo si pensa subito all'AD e ci si concentra poi su questa.
Sappiamo che se la demenza compare prima di un anno dai sintomi motori non parliamo di Parkinson ma di demenza a Corpi di Lewy. I Parkinsonismi presentano i disturbi cognitivi prima della demenza e non necessariamente portano alla stessa. I fattori di rischio per la demenza nel PD che troviamo anche in letteratura sono: l'eta',la gravit� del deficit motorio, la presenza di un disturbo posturale,la marcia,come anche il decadimento cognitivo che precede la demenza;ma poco si parla di et� della malattia,declinazione cognitiva, depressione il sesso maschile,allucinazioni,livello educazionale che possono essere parte integrante di diagnosi differenziale differenziale. Quando iniziano i problemi cognitivi?Questo � oggetto di studi recenti in popolazioni di 100/150 pazienti,uno arriva a 400 ma riamniamo in termini piccoli. C'� uno studio molto importante in cui si sono caratterizzati gli elementi cognitivi in pazienti a cui � stata diagnosticata da poco la PD, entro i primi sei/sette mesi, si stimano molti domini cognitivi alterati nella demenza in corso di PD (PDD) presenza di disturbi di attenzione,delle funzioni esecutive nel 100% dei casi Il deficit cognitivo precoce accompagna o forse precede i segni motori ma che evolve in demenza in corso di PD. In uno studio pi� recente su una popolazione di 100 pazienti 71 risultavano cognitivamente intatti, circa il 30% presentano declinazione cognitiva con possibilit� di alterazione di un singolo dominio o di domini multipli. La dimensione temporale o spaziale � dovuta al numero e tipo di domini che sono coinvolti nella comparsa di malattia. In un' altra esperienza sulla pop di 130 individui in fase iniziale di malattia che non hanno demenza ci sono molto funzioni che risultano alterate .Uno dei problemi attuali da affrontare � quello di "mild cognitive impairment in PD". E' difficile identificare questa come condizione molto probabilmente si tratta di un quadro sintomico che mette in relazione sintomi diversi; non si hanno criteri clinici diagnostici ed una validazione di questi in base ai referti neuropatologici. Se il paziente si lamenta di disturbi cognitivi si pu� parlare di demenza. Dal punto di vista operativo bisogna dare una soglia perch� il test cognitivo,psicologico,possa essere considerato anormale. Si arriva ad una forma amnestica,ad una in cui un solo dominio viene colpito e ad una in cui pi� domini lo sono. Ci sono dei caveaz, che sono osservazioni del relatori per cui � ancora sconosciuta la relazione tra questi domini e si ha bisogno di studi prospettici sulle popolazioni. Un gruppo di pazienti che non avevano demenza (o erano intatti dal punto di vista cognitivo o appartenevano ad una delle tre forme)a distanza di 4 anni solo il 20 % la sviluppavano e di questi il 62% erano quelli che avevano un dominio singolo o multipli). Se questa � una funzione continua nel tempo cio� se in una popolazione di pazienti di PD in cui tutti hanno disfunzioni cognitive solo alcuni possono essere fotografati come mild cognitive impairment in PD e se questi diverranno una vera e propria PDD o se la PD � un patologia in cui i disturbi cognitivi fanno parte del quadro clinico neurologico e che si pu� passare ad una PDD senza avere una condizione di passaggio intermedia. Questo � oggetto di studio che ha ricadute dal punto di vista del trattamento. I criteri diagnostici per arrivare al PDD sono recenti e si basano su 5 osservazioni principali:-diagnosi PD prima di quella di demenza;-Pd associato alla riduzione del declino cognitivo;-diagnosi di PD;-il deficit cognitivo non deve alterare la qualit� di vita del paziente:-confermare la presenza di almeno due dei domini cognitivi alterati. E' necessario che ci siano sintomi comportamentali per fare una diagnosi di PDD.
E' necessario screenare la popolazione di controllo ad esempio il livello di sceening a letto in ambulatorio. Studi prospettici sono in grado di dare stime di incidenza del PD. A distanza di � anni le incidenze sono variabili. Le variabili che predicono lo sviluppo della demenza sono legate ai disturbi cognitivi. Prima di arrivare alla demenza le alterazioni delle funzioni cognitive con sintomatologia che conferma il rischio di andare incontro alla demenza. I fattori di rischio (bisogna cercare di capire se c'� un'interazione tra questi):
-allucinazioni visive:uno studio recente e non ancora approvato afferma che non sono generate dai farmaci che possono ridurre la soglia ma � una condizione che fa parte della malattia (diffusione dei corpi di Lewy in corteccia);non sono mai benigne perch� a lungo andare l'insight viene perso;problema che compare tra il 60 ed il 70 % della durata di malattia. E' importante testare pazienti con allucinazioni e senza demenza comparata con popolazioni in cui sono presenti allucinazioni (riguardano alcune batterie come ad esempio la memoria,che si possono rimandare alla funzione del lobo frontale). Peggioramenti in pazienti che hanno allucinazioni all'inizio.
-freezing:difficile da caratterizzare;non risponde ai farmaci dopaminergici. Ci sono diverse funzioni frontali alterate specificamente in pazienti che presentano freezing rispetto a quelli che non lo manifestano
-depressione:argomento solo accennato dal relatore.
E' importante identificare i fattori di rischio.
Neuroprotezione:impiego di farmaci che possono cambiare il decorso della patologia.
I soggetti che iniziano il trattamento a rivastigmina dopo 24 settimane non hanno miglioramenti come quelli che la iniziano da subito.
Conclusioni: i disturbi cognitivi si verificano nella fase precoce della PD,sono associati ai domini e accompagnati da sintomi non motori:freezing,depressione. La domanda quindi rimane:di deve o meno trattare le disfunzioni cognitive nel PD?
Domanda:"Qual � il momento giusto per trattare il PD con demenza?
Risposta:"Il tema del trattamento della demenza nel PD � recente. Vanno trattati molto prima i disturbi cognitivi. Nel paziente con disturbo cognitivo e allucinazioni,il trattamento � precoce e si riscontra un miglioramento nell'attenzione e nella allucinazioni stesse. I farmaci sono molto pi� precoci rispetto alla demenza.
THE OPTIMIZED LEVODOPA THERAPY IN PATIENTS WITH PARKINSON'S DISEASE
R.A. HAUSER (Tampa- USA)
Ottimizzazione della terapia con levodopa. Il trattamento della PD con questo farmaco � quello, fino ad ora, pi� efficace;migliora la qualit� di vita dei pazienti in termini anche di sopravvivenza da un lato,ma sono molteplici gli effetti collaterali dovuti alla sua emivita dall'altro. Passa attraverso lo stomaco,il sangue,poi vi sono dei trasportatori per farla arrivare al cervello. La forma cinetica della levodopa non cambia ma ci� che muta � la risposta clinica. Per risolvere il problema delle fluttuazioni cognitive che spesso si verificano nel PD si potrebbe aumentare la dose di questo farmaco ma arriva un momento in cui � difficile per il paziente assumere quantitativi pi� elevati della sostanza. Tra gli inibitori delle COMT l'entacapone � quello usato pi� di frequente:riduce il metabolismo periferico della levodopa e ne aumenta l'emivita. E' un aggiuntivo della levodopa o della carbidopa Il relatore propone inoltre un altro farmaco,lo Stalevo, alla base dei suoi studi,che d� pi� benefici rispetto alla levodopa senza provocare troppe complicanze motorie.
VALENTINA D'ORAZIO