"INFIDA IMMAGINE SATURNINA". IMMAGINI DELLA MALINCONIA DALLA ANTICHITA' ALLA ETA' MODERNA
Seminario organizzato dal Centro Studi Storici di Psicoanalisi e Psichiatria e dal Centro di Documentazione per la Storia della Sanita' fiorentina, ottobre 1999
"Infida immagine saturnina", un bellissimo emozionante titolo (creato da Dührer anche figurativamente) allude e quasi conclude una definizione della malinconia (che è turbamento di immagini dell'uomo-nell'uomo) termine antico mai abbandonato che, dai medici e per i malati, sarà modernamente via via mutato/sostituito in depressione. E, proprio, come malattia della psiche, curato o "tentato" di curare.
Un arco di sviluppo del pensiero storico, filosofico, scientifico, medico - che se fosse vero e obbligante/impegnativo il sottotitolo del nostro incontro "dall'antichità ad oggi" richiederebbe un Corso di molti giorni per essere solo narrato, e da numerosi esperti di diversa competenza.
Lo spunto di questo incontro è stata la pubblicazione di un libro, apparentemente piccolo ma ricchissimo di informazioni di varia natura di Antonella Mancini - psicoterapeuta e docente della Accademia ligustica (cioè ligure !) di belle Arti, dal seduttivo titolo "Un dì si venne a me Malinconia...", un verso di "rime" molto riconoscibile e di casa, nostra, fiorentina. Le immagini così intrinseche alla malinconia e, cioè le figure, di cui si sente la mancanza nel libro, verranno mostrate e commentate nel convegno. Con una presentazione del tema (e dei relatori), questa mia, molto elementare, e due brevi relazioni di necessità parziali a illustrazione dell'argomento da due "angolature" di cui sono particolarmente esperti gli amici Vittorio Biotti, psicologo e psicoterapeuta ("Ricerche di storia della follia e delle istituzioni manicomiali") e Paolo Lombardi, storico delle idee ("Dall'immagine alla malinconia: aspetti ideali e artistici del tema melanconico in età moderna").
Io, sono un medico, un vecchio medico (a questa prerogativa anagrafica devo forse l'incarico gentile di "introdurre"), un medico universitario che oltre alla sua materia, la dermatologia, come ordinario, ha insegnato per qualche anno per affidamento, storia della medicina, occupandosi anche a lungo di rapporti fra letteratura e scienza (medica) e di rapporti mente-corpo, di ricerche diciamo "psicosomatiche". E del resto la melancolia - come la chiamava il mio antico predecessore all'ospedale di S.M. Nuova e all'ospedale di Bonifazio lui, sette-ottocentesco, Vincenzio Chiarugi - il carattere saturnino, la depressione, sono di casa nelle malattie di area - ripetiamo faute de mieux il termine ambiguopsicosomatica.
In un notissimo racconto, un capolavoro del venticinquenne Anton‡echov ottimo medico e geniale scrittore (uno dei miei temi di studio), dal titolo russo Tôska, tradotto (da Agostino Villa) Malinconia (e da Ettore Lo Gatto) Angoscia, ci offre una indimenticabile immagine letteraria, il vecchio vetturino coperto di neve che non riesce a parlare della morte del figlio. "A chi mai canterò la mia tristezza", premette l'epigrafe del racconto che esprime come il termine russo tôska (Kovalev) il senso dimancanza, (il vetturino finirà per raccontare del figlio morto al cavallo, alla cavallina - che soffia sulla sua mano e sembra ascoltare); quella difficoltà, che noi medici leggiamo spesso negli occhi dei nostri malati depressi, mancanza di essere ascoltati, in empatia...
La mélas cholé (nera - atra - bile ippocratica) è termine medico che precede di molti secoli quello di depressione. Un accumulo di umor nero da "purgare" (possibilmente) come tutti gli umori in eccesso, ma a cui l'individuo atro-biliare (melanconico, saturnino, depresso) è già predisposto (si direbbe, anticipando, costituzionalmente, caratterologicamente). Ma se gli altri umori sono in parte precisati, poco il flegma (il temperamento flemmatico e il flemma, forse nella saliva, forse nel muco nasale e "cerebrale") e poi bene il sangue (e il temperamento sanguigno), la bile gialla(biliare e il temperamento bilioso), la bile nera infine (anche se qualcuno l'ha riferita alla milza) è secrezione misteriosa, umore immaginario, fantastico ... Anche per i dogmatici alessandrini, per i latini (Galeno, il turco a Roma!) sono fondamentali gli umori pur collegabili con gli elementi cosmici; così per gli Arabi (Ibn-Sina, Avicenna; Ibn-Rushd, Averroé) e per tanti pensatori e medici del Rinascimento.
Per Marsilio Ficino, medico e amico di Lorenzo, Lorenzo il Magnifico (un altro dei miei personaggi *) è "in salute e in malattia" un carattere saturnino (nato nel Capricorno), melanconico ("melancholia generosa" e "melancholia poetica", "ambiguo", dolcemente pensoso e nostalgico, a volte è, addirittura, "due persone con impossibile congiunzione congiunte" (Machiavelli) e, a suo stesso dire, di Lorenzo, in rima "... per uscir di morte, morte chiamo / cerco quiete ove non fu mai pace".
Ma altri eletti del resto fanno parte del gruppo: Dante "malinconico e pensoso" per Boccaccio, Michelangelo che dice di sé: la mia allegrezz' è la malinconia" e, dicono a Ferrara, che Raffaello "incline alla malinconia, come tutti coloro che sono dotati di simili doti eccezionali"; immagini queste che stanno "fra letterario e psicologico" della malinconia. Ne potremmo aggiungere anche di musicali (penso alla cameristica di Shostakovic ... specialmente ai famosi "adagi" degli ultimi quartetti e alla malinconia del fado di Amalia Rodriguez).
Così, domina il termine malinconia diciamo fino al ‘700, il nostro Vincenzio Chiarugi incluso, che ha nel libro Della Pazzia, in genere e in specie, 1794, un capitolo dedicato alla "Essenza Generica e Specifica della Melancolia (cito: "una pazzia o error di giudizio e di raziocinio parziale"...ecc., "un abito, o assuefazione a non occuparsi d'altro che di quella idea stessa ... "e -cito- la Fantasia d'altronde si assuefà egualmente a rappresentarla all'anima di continuo". Ne delinea tre specie Chiarugi: melanconievere (quelle con tristezza e timore), spurie (quelle con "allegrezza", anticipando, penso, la ciclotimia in fase maniacale), quelle furenti (accompagnate da parziale furore e audacia - anche con "attentati contro la propria e altrui esistenza" e, il "melanconico delirio"). Dice in particolare per l'immagine della malinconia: "basta dare un occhiata a un melancolico"...vero... "per vedere scolpiti ad'esso sul volto i caratteri della sua dominante passione". E ancora: "stupore, aspetto "cogitabundo", pseudo-"sordità", distrazione, inerzia, aria "sognante".
Molto più tardi: Charcot mostra a Parigi immagini della malinconia (disegni, fotografie dei pazienti), e Freud le descrive, come un romanziere. In Emil Kraepelin c'è già il capitolo "psicosi maniaco depressiva"; le classificazioni moderne dal famoso/famigerato DSM-IV (americano) all'ICD-10 (dell'Organizzazione Mondiale della Sanità) classificano la depressione nei disturbi dell'umore, il primo e nelle sindromi affettive, l'altro.
Lasciatemi finire con le parole di Nikolaj Alekseevi¹ Ivanov (ancora Cechov versus Duhrer, Dante e il DSM-IV...). Parla Ivanov (cioè, per i russi, "uno qualunque"):
"prima lavoravo e pensavo molto ma non mi stancavo mai, adesso non faccio niente, non penso a niente e sono stanco nel corpo e nell'anima" ... "mi sono trasformato in un Amleto ... in un li nij eloviek [l'uomo "inutile" di tanta letteratura russa]. Non mi ubbidiscono né il cervello, né le mani, né le gambe" ... "l'anima trema di fronte al domani"... "Malinconia ! [ironico:] Nobile mestizia, inesplicabile angoscia" ... In realtà "Mi sono arrugginito, abbandonato alla debolezza d'animo, infognato in questa turpe malinconia" ... "ovunque vado porto la (gelida) noia, la tristezza, l'insoddisfazione, [la repulsione per la vita]." E' la penultima scena del IV atto del primo dramma di Anton ‡echov, ottimo medico e grande talento letterario. Poche battute dopo, Ivanov, perfetta immagine di depresso ... di melanconico, si suicida ... in scena, unico modo perché anche gli altri credano alla sua sofferenza.